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Autore: CowgirlSara    24/03/2013    5 recensioni
Perché quando porti il nome di una ninfa greca che non è mai tornata dall’Ade, pensi che tutti gli eroi si volteranno troppo presto, lasciandoti nel grigio di un’esistenza qualunque. Ma a volte gli eroi somigliano a quel pazzoide sociopatico del tuo boss. O si nascondono dietro ad un paio di gentili e fermi occhi blu che hanno attraversato il tempo senza smettere di combattere.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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INaH - 2
Ecco a voi il secondo capitolo di questo mio esperimento nel fandom.
Sono lieta che il primo capitolo sia stato apprezzato, grazie ancora a chi ha lasciato un commento!

I versi in introduzione vengono da “Two Hearts” di Bruce Springsteen (oh, so che Steve lo adorerebbe, perché sono entrambi americani nel modo più bello in cui lo si può essere!). Tutte le canzoni nel capitolo sono usate senza scopo di lucro.

Buona lettura!
Sara

Capitolo 2

Alone buddy there ain't no peace of mind
That's why I'll keep searching till I find my special one

Two hearts are better than one
Two hearts girl get the job done

Quella mattina Steve fu accolto da una nuova canzone. Era più romantica dell’altra, ma sempre con quella durezza nella melodia che lui non capiva cosa ci entrasse con un testo che parlava di «piccole bambine dagli occhi blu» (1), ma aveva deciso di accettare i gusti di Dixi.
Si fermò un attimo sulla soglia della cucina, osservando la ragazza ballare al ritmo del pezzo, cantato da una voce che non avrebbe faticato a definire fastidiosa, ma che stranamente rendeva piacevole la canzone. Lui, ad ogni modo, preferiva osservare lei che ballava sinuosa con una sensualità che non le avrebbe mai attribuito.
“Una volta si ballava nelle sale da ballo.” Le disse infine, avvicinandosi.
Dixi si girò e arrossì un po’, prima di sorridergli e salutarlo con la mano.
“Beh, adesso lo si fa quasi solo in cucina.” Affermò poi, dopo aver versato il caffè per entrambi. “Tu ci andavi, nelle sale da ballo?” Gli chiese quindi.
“Ecco, io…” Esordì Steve, sedendosi su uno sgabello e prendendo la tazza. “Io non ho mai imparato a ballare.” Abbassò gli occhi, di nuovo lo sguardo triste. “Avevo un appuntamento con qualcuno che doveva insegnarmi, ma…”
Alzò gli occhi e trovò ad accoglierlo il sorriso comprensivo di Dixi. La ragazza allungò la mano sul piano e sfiorò le sue dita con delicatezza.
“Hey, io sono la tua life coach per il ventunesimo secolo.” Dichiarò tranquilla. “Se decidi d’imparare, io ti insegno volentieri, anche se non sono esattamente una campionessa di fox-trot.”
Steve non poté fare altro che sorriderle, rincuorato dal suo atteggiamento disponibile; le coprì la mano con la propria e la strinse piano.
“Adesso ti faccio ascoltare una canzone che fa proprio per te!” Proclamò Dixi poco dopo, quando il fatto di avere la mano tra quelle di Steve diventò preoccupante.
Si diresse alla dock station vicino al forno a microonde e cominciò a cercare il brano.
“Oggi non ci sono a pranzo.” Le comunicò nel frattempo il capitano.
“Dove vai?” Gli chiese la ragazza.
“Ho appuntamento con Tony Stark.” Rispose lui con tono vagamente afflitto. Dixi lo guardò interrogativa. “Dovrò subire la sua ironia per tutto il tempo.” Spiegò Rogers.
“Io trovo che il Signor Stark sia divertente.” Affermò lei. Steve la guardò male.
“Io lo trovo pesante.”
“Ma no!”
“Mi chiama Rogie…”
“È carino!”
“Euridice…”
“Ascolta la canzone, va, vediamo se ti da un po’ di carica.” Lo bloccò lei, spingendo il tasto play.

Where have all the good men gone
And where are all the gods?
Where's the street-wise Hercules
To fight the rising odds?
Isn't there a white knight upon a fiery steed?

“Dai, è la canzone degli Avengers!” Proclamò Dixi ridendo, lui sorrise un po’ imbarazzato e un po’ compiaciuto.

Late at night I toss and I turn and I dream of what I need

I need a hero
I'm holding on for a hero 'til the end of the night
He's gotta be strong
And he's gotta be fast
And he's gotta be fresh from the fight…(2)

“Lo aspetti davvero, un eroe?” Le chiese Steve.
“No, io l’ho già trovato.” Replicò lei con un sorriso dolce.

Era una mattina assolata e le vetrate panoramiche del ristorante affacciavano su una veduta particolarmente bella. Stark era seduto in uno dei tavoli migliori, sarebbe stato impossibile il contrario. Steve lo raggiunse a passo lento, già scandagliato dagli occhi attenti dell’altro uomo e giudicato dal suo sorrisetto beffardo.
“Eccolo qua, il nostro Capitan Meraviglia!” Esclamò, quando Rogers raggiunse il tavolo.
Steve levò gli occhi al cielo con una smorfia, ma si trattenne da commenti, Stark però ridacchiò.
“Sai che hai una faccina adorabile, quando fai quell’espressione infastidita, Rogie?”
“Se hai intenzione di fare così per tutto il tempo, me ne vado subito.” Dichiarò il capitano, le mani appoggiate sulla spalliera della poltroncina imbottita vuota davanti a Tony.
“Cosa avevamo detto, a proposito del prendersi sul serio, Steve?” L’interrogò Stark.
Steve si sedette. “Non lo so, Signora Maestra, me lo ricordi lei.” Ironizzò poi, la faccia per niente divertita. Tony rise di gusto.
“Sono fastidioso abbastanza?” Gli domandò poi, mentre sistemava il tovagliolo candido sulle proprie ginocchia.
“Sì, direi a sufficienza.” Rispose Steve, mentre leggeva il menu.
“Adoro essere fastidioso!” Proclamò allegramente l’altro.
“Perché?” Chiese esasperato il capitano.
“Soddisfa la mia… Sindrome di Asperger.”(3) Sostenne Tony.
“Credevo solo il tuo sadismo.” Affermò Steve, mentre il cameriere si fermava accanto a loro. “Una bistecca con patate e insalata, per me.” Ordinò Rogers.
“Filetto alla Wellington, cottura media.” Disse invece Stark, consegnando il menu. “Dicevamo del mio sadismo…” Aggiunse, tornando a guardare Steve.
“Sembra proprio che ci godi a vedere la gente andare fuori di testa.” Sostenne il capitano con espressione retorica. Tony fece una soddisfatta alzata di sopracciglia.
“Ammetto che sarebbe eccitante vederti inalberare.” Affermò malizioso. “In ogni senso…”
“Oh, ti prego!” Sbottò Steve scoraggiato.
“Vabbene!” Si arrese Tony alzando le mani con un sorriso. “Cambiamo argomento: come vanno le cose con Dixispitz?”
Rogers lo guardò strano per il modo in cui aveva pronunciato il nome della sua coinquilina.
“Perché pronunci il suo nome come se fosse tutto attaccato?” Gli chiese perplesso.
“Perché è divertente!” Esclamò allegro Stark. “È brillante e frizzate, tipo qualcosa di molto alcolico servito dentro un ananas. Lei non è frizzante?”
“Sì, beh…” Ammise Steve, stringendosi nelle spalle. “Euridice è una ragazza fantastica…”
“Oh, fantastica! Ecco che finalmente ti sbilanci un po’!” Fece Tony entusiasta, mentre le pietanze ordinate venivano servite. “Aspetta un attimo… La chiami Euridice?”
“Sì.” Ammise tranquillo il capitano.
“Santo cielo, Rogie…” Commentò avvilito Tony. “Non ci siamo proprio.” Aggiunse scuotendo il capo.
“Io non capisco, non ci siamo per cosa?” Domandò confuso il capitano.
“Ho bisogno di vedervi insieme.” Affermò il milionario. “Che ne dici se facessimo un’uscita a quattro? Domani sera, oppure venerdì… venerdì sarebbe perfetto.”
“Io, veramente…” Tentò Steve.
“So già dove andare, Pepper sarà entusiasta!”
“Ma dovrei chiedere a Euridice…”
“Chiamala subito!” Lo incitò Tony, indicando le sue tasche dove giaceva il cellulare.
“Ehm…” Biascicò imbarazzato il capitano.
“Uh, non sei ancora molto pratico col touch screen, vero?” Intervenne subito Stark, con un sorrisino maligno; Steve abbassò gli occhi, imbarazzato. “La chiamo io.” Fece però l’altro, facendogli sollevare immediatamente il viso.
Nemmeno il tempo di dirgli «No» che la chiamata era già partita.

Il telefono di Dixi iniziò a vibrare sulla sua scrivania, poi la chiamata si attivò ed una voce riempì l’ufficio: “Dixispitz!” Proclamò allegra.
La ragazza scrutò allarmata l’apparecchio parlare, restia perfino ad allungare la mano per prenderlo. La sua collega – in carne e coi capelli rosa caramella – le stava accanto, altrettanto preoccupata.
“Il mio telefono si è attivato da solo in vivavoce…” Mormorò infine l’analista.
“Sì!” Le confermò la voce maschile dall’altra parte.
“E sto parlando con Tony Stark…”
“Esatto!” Confermò l’uomo; le due programmatrici si guardarono allibite.
“Pe… perché mi ha chiamato, Signor Stark?” Si decise a chiedere Dixi.
“Chiamami Tony, dolcezza.” Le disse lui. “Io e Steve, qui, ci domandavamo se venerdì eri libera per venire a cena con noi al ristorante «La Vela»” Le spiegò quindi.
Dixi e la sua amica si guardarono di nuovo, stavolta leggermente shockate. Il «La Vela» era uno dei più prestigiosi ristoranti della città, costava un occhio della testa mangiare lì. Ma se pagava Stark, era sicuramente possibile.
“Beh, ecco…” Fece Dixi, ancora incerta. “Se a Steve va bene…”
“Oh, Steve è d’accordissimo!” Del resto lei non poteva vedere la sua espressione sconsolatamente rassegnata. “Vi aspetto alle otto, è necessario l’abito da cocktail.”
“Ok…” Accettò Dixi arresa.
“Benissimo!” Replicò entusiasta Tony. “Non vedo l’ora, Dixispitz!” E chiuse la chiamata.
Il cellulare di Dixi tornò tranquillo ed anche il display ridiventò nero. Lei guardò la sua collega con espressione abbastanza sconvolta.
“Quello al telefono non era veramente Tony Stark, vero?” Chiese la ragazza coi capelli rosa.
“Credo di sì…” Mormorò Dixi. “Chi altro potrebbe attivare un Blackberry a distanza?”
“Ti ha invitata a cena!”
“Lo so!”
“E chi diavolo è Steve?”
“Il mio coinquilino.”
“Non dirmi che è quella statua di Apollo ambulante che è venuto a prenderti l’altro giorno!”
“Ehm… sì…”
“Dimmi che è gay!”
“Veramente, non credo…”
“Ragazza, tu hai un culo veramente spaventoso.” Commentò infine la collega. “Un giorno mi dovrai spiegare come hai fatto a farti invitare da due uomini così in una botta sola!” Aggiunse con invidia, prima di tornare al proprio cubicolo.
“Quando lo avrò capito anche io…” Borbottò Dixi, una volta rimasta sola.   

Quando Steve tornò a casa, quella sera, trovò il salotto immerso nella penombra. Solo dopo che ebbe posato le chiavi nella ciotola sulla consolle vicino alla porta, vide la testa arruffata di Dixi emergere dalla spalliera del divano.
“Ciao.” Salutò tranquillo.
Lei, espressione trova, si levò velocemente dal divano e lo raggiunse a passo di marcia.
“Che succede?” Le chiese lui allarmato.
“Mi spieghi dove diavolo lo trovo uno stramaledetto abito da cocktail del cazzo?!” Sbraitò la ragazza.
“Euridice…” Steve sollevò l’indice con sguardo severo. “…in questa frase ci sono un po’ troppe parolacce.” Le rimproverò.
Dixi, per tutta risposta, ringhiò e poi si tolse una pantofola col Jolly Roger e gliela lanciò addosso, quindi se ne andò zoppicando e imprecando.
Steve guardò la ciabatta caduta a terra, poi scambiò uno sguardo perplesso con Zephyr che, come sempre, gli si stava già strusciando alle gambe.

Il pomeriggio seguente erano a fare acquisti in uno dei più prestigiosi magazzini di abbigliamento della città. Steve, in un moto d’inconsulto egoismo, aveva deciso di usare la carta di credito che gli aveva messo a disposizione lo SHIELD. Dixi, però, era mostruosamente indecisa.
“Che ne dici di questo?” Le suggerì collaborativo il capitano.
“Oddio, no, Steve…” Mormorò sconsolata lei, scrollando le spalle.
“Perché no?” Fece lui con una faccina da bimbo deluso.
“È da nonna!” Rispose la ragazza, osservando il vestito. “E poi il colore…”
“Cos’ha che non va? È caldo, secondo me ti starebbe bene.”
“Non è caldo!” Sbottò Dixi. “Sembra… è color diarrea, Steve!”
Lui la guardò con disapprovazione, come ogni volta che era un pochino volgare. “Senti, io però me li sono messi questi jeans.” Le disse poi, indicando il capo che ancora indossava. “E sono stretti, mi sento costretto, anche se tu dici che mi stanno bene.”
“Sono di tessuto elasticizzato, non puoi starci così stretto e poi, stai tranquillo, non ti esploderà l’attributo!” Ribatté scocciata lei.
“Sai che quando sei nervosa esageri col turpiloquio?” Fece Steve. “E non è bello per una ragazza, credimi.”
“Ascolta, sei voluto venire tu a fare compere!” Esclamò Dixi stringendo i pugni. “Poi, se vuoi continuare a vestirti come Gary Cooper fai pure, ma sappi che chiunque abbia un culo come il tuo vorrebbe dei jeans come quelli.”
“Io non voglio che mi guardino il cu… Non sono interessato a questa cosa, punto e basta.” Replicò serio il capitano. “E non sono nemmeno sicuro che i jeans vadano bene per una cena in un posto elegante.” Aggiunse.
“Vanno benissimo, basta che ti metti sopra una giacca scura, nera per esempio.” Gli spiegò lei.
“Il nero va bene per le cerimonie, non per le cene!”
“Ohhh, senti! Mettitela blu, fa lo stesso, ma cercati una cavolo di giacca!” Sentenziò Dixi, prima di dargli le spalle e tornare verso le cabine di prova.
“Tu lo provi il vestito a fiori?” Provò a chiederle lui, più dolcemente.
“Solo se dovessi andare al ballo nel fienile della mia fattoria dispersa nel Wisconsin!” Borbottò la ragazza, chiudendosi la tenda alle spalle.

La sera della cena Steve, vestito di tutto punto, aspettava Dixi nell’atrio del loro appartamento, controllando allo specchio dell’ingresso se tutto era a posto.
Lui, alla fine, aveva deciso di mettere i famosi jeans, che non erano poi così scomodi, una camicia bianca e una giacca antracite. La sua coinquilina gli aveva proibito la cravatta, nonostante le sue vibrate proteste. Doveva davvero rassegnarsi al fatto che jeans e camicia slacciata erano un abbigliamento elegante?
E poi c’era Dixi. Sembrava che vestirsi elegante per lei fosse un problema enorme. Possibile che, per una donna, fosse così difficile rinunciare ad orrende magliette piene di teschi, per mettersi in ghingheri? Le donne adorano vestirsi bene! Adoravano… Dixi, invece, era stata nervosa per tutta la settimana, come le avessero chiesto di fare una rapina in banca. Eppure, secondo la sua modesta opinione, doveva stare benissimo con un bel vestito.
“Sei pronto?” Domandò la voce della ragazza dalle sue spalle.
“Sì.” Rispose Steve prima di girarsi.
Quando la vide, rimase talmente stupito che per un breve istante non seppe cosa dire, socchiuse appena le labbra in un’espressione sorpresa.
“Come sto?” Chiese timidamente lei, abbassando gli occhi.
Si era messa un abito nero, con lo scollo quadrato e le spalline sottili; la gonna era a ruota, lunga fino al ginocchio. Ai piedi spiccavano un paio di maryjane rosse di vernice. I capelli, che scendevano in morbidi boccoli, erano appuntati sulla fronte. Il rossetto era dello stesso colore delle scarpe. Era deliziosa. Steve le sorrise con sincerità.
“Lo sapevo, sei bellissima.” Le disse poi.
Dixi arrossì e abbassò di nuovo gli occhi, truccati con un leggero ombretto nero.
“Volevo essere all’altezza, tu sei sempre stupendo.” Lui aggrottò la fronte. “Scommetto che lo sei anche fresh from the fight, come dice la canzone!” Aggiunse, ridacchiando nervosa.
“Non mi hai mai visto fresco di battaglia.” Replicò dolcemente il capitano.
“E spero di non vederti mai!” Esclamò Dixi con un certo allarme.
“Tranquilla.” Fece lui, avvicinandosi, poi le sfiorò il viso con la punta delle dita – e più coraggio di quello che credeva di avere. “Sono Capitan America, me la cavo sempre.”
“Adesso non fare lo spaccone!” Sbottò divertita lei, mascherando lo sconcerto che quel tocco le aveva provocato. Lui sorrise, con sguardo mite.
“Andiamo, ci stanno aspettando.” La incitò poi, aprendo la porta. “Prima le signore.” Fece quindi, invitandola a precederlo fuori. Lei sorrise e passò.

Il ristorante si trovava su un battello ancorato sull’Hudson. La passerella d’entrata era illuminata da eleganti lampade bianche che segnavano il percorso.
Steve e Dixi entrarono nell’atrio e si trovarono di fronte un signore discreto in giacca bianca; gli sorrise e loro si avvicinarono.
“Siamo attesi dal Signor Stark.” Gli disse Steve.
“Oh, sì.” Fece il maitre e consultò il registro. “Capitano Rogers e Signora?”
I due coinquilini si guardarono allibiti per un lungo istante, poi lui levò gli occhi al cielo scuotendo piano il capo. Dixi si rivolse all’uomo.
“Sì.” Confermò con un sorrisetto imbarazzato.
“Stark me la pagherà.” Le sussurrò all’orecchio il capitano mentre seguivano il maitre verso il tavolo.
“Oh, dai! È una cavolata!” Replicò lei divertita. “E fatti tenere a braccetto, sono la tua Signora!”
Steve rise e le prese la mano. “Ci manca l’anello.” Scherzò quindi.
“E il congiungimento carnale…” Sottolineò allusiva Dixi. “Ma ci lavoreremo su.”
Gli occhi di Tony si illuminarono immediatamente, quando li vide arrivare. Pepper, seduta al suo fianco, sorrise, luminosa nel suo abito rosa cipria. La sistemazione era intorno ad un tavolo rotondo che era circondato da una grande poltrona a semicerchio, elegantemente imbottita.
“Finalmente, il nostro Capitan Leone Timido e la sua piccola Dorothy!” Proclamò Stark, quando si fermarono vicino al tavolo.
Steve guardò Dixi, più perplesso che offeso dalla presentazione ironica di Tony.
“È per via delle scarpe.” Gli spiegò lei, mentre si sedevano.
“Mi sembrava che conoscessi il Mago di Oz.” Fece il milionario, rivolto a Rogers.
“Sì, beh…”
“Oh, un film che hai visto anche tu!”
“Chi non ha visto il Mago di Oz!” (4)
Tony posò una mano sul braccio di Steve. “Scusami, eh, credevo fossi già in frigo.” Aggiunse, strizzandogli l’occhio.
“Allora, ragazzi, come vanno le cose?” Domandò Pepper, cercando di stemperare l’atmosfera che aveva creato il commento del suo compagno.
“Molto bene.” Rispose educatamente Steve con un sorriso alla donna.
“Ah!” Fece Dixi intervenendo. “Oggi ho risolto quel bug nel software di collegamento col satellite.” Annunciò soddisfatta.
“Jarvis ne sarà lieto.” Affermò Tony annuendo. “Sai, Steve, Dixi è l’unica a cui faccia mettere le mani su Jarvis, è bravissima a trovare i miei errori.”
Il capitano guardò sorpreso la ragazza, che gli sorrise orgogliosa.
“All’inizio non sapevo che si trattasse di Jarvis, ma credo di aver frugato nei suoi più reconditi circuiti.” Sostenne tranquilla.
“Beh, è decisamente meglio farsi frugare in certi posti da una bella ragazza, no?” Disse Stark, lanciando poi un’occhiata allusiva a Rogers. “Specie se si ha una valle dell’abbondanza dove nessuno ha mai pascolato…”
Lo sguardo che gli rivolse il capitano era talmente furente che avrebbero potuto pensare che volesse staccargli la testa e servirla come antipasto. Per fortuna era un ragazzo bene educato.
“Bene.” Intervenne Pepper, afferrando la mano del suo uomo e riprendendo in mano le redini della conversazione. “Ditemi un po’ della vostra convivenza.”
Steve e Dixi si guardarono e si sorrisero. Se c’era qualcosa che andava veramente bene, era il loro vivere insieme, tra vecchi film e barattoli di gelato, gatti traditori e canzoni sugli eroi.
“Tutto bene.” Rispose infine Steve. “Dix è… la migliore.”
“Mi hai chiamato Dix?” Fece lei incredula, fissandolo negli occhi, lui annuì sorridendo; Tony e Pepper si scambiarono uno sguardo complice.
“È bravissimo a lavare i piatti.” Riprese Dixi, col cuore che le batteva più forte, rivolgendosi all’altra donna. “E la mia gatta sociopatica si è innamorata perdutamente di lui.”
Tony, a quel punto, guardò Steve con la stessa espressione paziente e comprensiva che un insegnante avrebbe con un allievo simpatico ma un po’ corto di comprendonio.
“Che c’è?” Scattò subito il capitano.
“E io adesso come faccio a spiegarti che non era la gatta che dovevi sedurre?” Gli disse l’amico con tono affranto; lui lo fissò malissimo. “Siamo sicuri che si sia scongelato proprio tutto tutto?” Aggiunse, indicando con lo sguardo la parte di Steve sotto al tavolo.
Tony rialzò gli occhi e lo osservò sbattere le ciglia con espressione confusa, ma, con la coda dell’occhio, scorse Dixi ridacchiare.
“Per quanto sia affascinante guardarti sbattere quei tuoi occhioni cerulei, Rogie…” Fece Stark. “…qualcuno qui ha afferrato perfettamente la mia battuta.” Aggiunse, indicando la ragazza.
Steve si girò verso Dixi, che rideva piano, coprendosi la bocca con la mano. Lui la fissò come se fosse appena stata accusata di alto tradimento alla nazione.
“Non ho ancora le prove materiali, Signor Stark…” Affermò la ragazza, rivolgendosi al suo datore di lavoro. “…ma credo che lo scongelamento sia quasi terminato!”
“Fossi in te, dolcezza, me ne accerterei provando con mano, non so se ci siamo capiti…” Ma si scambiarono un’occhiata esaustiva.
“La smettete di fare battute su di me?!” Implorò adirato Steve, loro risero.
“Credo che Dixi e Tony abbiano un’ironia molto simile.” Commentò divertita Pepper.
“Che Dio me ne scampi!” Fu l’esclamazione del capitano Rogers.

La cena, dopo il nervosismo iniziale – per altro tutto appannaggio di Steve – si svolse piacevole, sia per il cibo e le bevande che per la conversazione.
Dixi trovava Tony Stark assolutamente irresistibile e Pepper intelligente, simpatica e brillante nel tenere a bada l’esuberanza del fidanzato.
Vedendo che lei si divertiva, anche Steve alla fine si rilassò e rispose per le rime alle battute del milionario. La ragazza lo guardò con sincera ammirazione.
Dixi si accorse di aver bevuto troppo solo quando, alzandosi da tavola, le sue gambe presero un percorso diverso da quello ordinato dal suo cervello. Soltanto le mani salde di Steve sulla vita la riportarono sulla retta via prima che si schiantasse contro il carrello dei dessert.
“Ho bevuto troppo.” Sostenne la ragazza, apparentemente lucida, mentre lui l’indirizzava verso l’uscita.
“Sì, piccola.” Le disse all’orecchio. “Adesso andiamo a casa.”
Lei si fermò all’improvviso, con un’espressione pensosa, ritrovandosi contro il petto del capitano, poi girò il capo e alzò gli occhi lucidi su di lui.
“Se me lo dici così, mi verranno cattivi pensieri!” Esclamò quindi, prima di scoppiare a ridere e dargli una pacca sul fianco. Steve la fissò basito.
“I cattivi pensieri sono giustificati a quest’ora!” Commentò Tony, tenendo per la vita Pepper, che gli sorrise maliziosa.
“Potresti fare a meno di certi commenti, per favore?” Lo pregò Rogers con espressione severa. “È ubriaca, potrebbe fare qualche sciocchezza!”
“O qualcosa di sensato, come strapparti le mutande.” Replicò serafico Stark. Steve ringhiò.
“Domattina falle uno zabaione, con Tony funziona sempre.” Gli disse Pepper con un occhiolino.
“Sì, lo zabaione e tante coccole.” Aggiunse lui con tono forzatamente melenso. La donna lo guardò con complicità. Steve roteò gli occhi.
“Prenditi cura di lei, Steve.” Gli disse infine Pepper, con tono comprensivo ed un sorriso dolce.
“È quello che ho intenzione di fare.” Annuì compito il capitano.
“Peccato che non lo farà nel modo che speravo io…” Commentò affranto Tony.
“Buonanotte, Signor Stark!” Sbottò sarcastico Rogers, prima di spingere una Dixi con la ridarella verso la porta.
“Notte!” Fece la ragazza, salutando ampiamente con la mano.
“A presto, Dixispitz!” Rispose Stark, mentre una macchina scura si fermava accanto al marciapiede. Lui e la Potts ci salirono sopra, dopo un ultimo saluto.
“Ohhh Dio… mi sento confusa…” Affermò Dixi, una volta che fu rimasta sola con Steve.
“Sei ubriaca.” Replicò serio lui, sempre reggendola per la vita.
“È come se nella testa mi suonasse Whole Lotta Love dei Led Zeppelin…” Fece lei, roteando piano testa e occhi. Lui sospirò arreso. “Sai, quando Plant fa quelle variazioni con la voce…”
“No.” Rispose secco Steve. “Chiamo un taxi.” Aggiunse, scostandosi da lei.
“Steve… Steve!” Lo chiamò subito Dixi barcollando. “Non mi lasciare!”
L’uomo, arreso, se la tenne contro il fianco, mentre fermava un taxi. La ragazza continuava a ridacchiare ed a cantare un motivo, forse la canzone di cui parlava prima. Quando furono sulla vettura, Dixi gli si rannicchiò addosso.
“Non mi lasci, vero Steve?” Gli chiese con voce piccola.
“No, Dix.” La rassicurò lui, carezzandole i capelli.
“Fa freddo.” Affermò allora lei, stringendosi nel corto giacchino di pelle.
Il capitano non rispose a parole, ma la prese praticamente in braccio e lei gl’infilò il viso nell’incavo del collo, stringendogli il risvolto della giacca.
“Ti ho toccato il sedere, prima?” Domandò ad un certo punto la ragazza.
“Quasi.” Rispose Steve.
“Uffa! Mi manca la coordinazione!” Sbottò allora lei, prima di scoppiare in una fragorosa risata che fece voltare anche il tassista.

Quando arrivarono sotto il loro palazzo, Steve pagò il taxi, poi prese facilmente in braccio Dixi e la portò in casa. Lei era mezza addormentata, ma ogni tanto canticchiava ancora.
“Vieni, ti metto a letto.” Le disse con gentilezza, dopo averla depositata a terra, sembrava che si tenesse in piedi abbastanza bene. L’accompagnò verso la camera.
“Steve…”
“Dimmi.”
“Io devo mettere in chiaro una cosa, con te.”
“Non mi sembri nelle condizioni per dire le cose chiaramente, Dix.”
Lei si fermò e si girò verso di lui. Il capitano le tenne le mani, perché il suo equilibrio era abbastanza instabile adesso. Dixi aveva gli occhi appannati e un’espressione riflessiva e troppo seria. Lui sapeva che non era lucida, ma decise di ascoltarla lo stesso.
“No, io voglio che tu sappia…” Esordì, col tono biascicante tipico degli ubriachi. “…devi sapere che… che io… io non voglio innamorarmi di te, chiaro?”
“Chiarissimo.” Fece lui, trattenendo una risata.
“Perché… un uomo non può essere come te…” Continuò seria la ragazza, mentre ondeggiava avanti e indietro. “Gli uomini non sono così! Tu non puoi essere buono e bello, e gentile, e coraggioso… e… e sexy… e anche un supereroe! Andiamo!”
“Dix, hai bisogno di dormire.” Le disse Steve con dolcezza, poi le fece una carezza calda sul viso.
“Guarda che c’è un problema qui!” Sbottò la ragazza, battendogli l’indice sul petto.
“E quale sarebbe?”
“Che sono molto attratta da te.”
“Non lo avevo capito…” Commentò lui con un sorrisetto.
“Io farei l’amore con te anche subito… ed è un problema… perché tu, non credo che lo faresti mai, con una come me…” Gli confessò Dixi con aria triste. “Tu… A te ci vuole una tosta, coi contro cazzi! Scommetto che Peggy sparava in testa ai nazisti…” Esalò, prima di crollargli addosso.
Steve sorrise, poi la prese e la portò sul letto. L’adagiò piano sul materasso, dopo aver scostato il copriletto, poi le tolse le scarpe. La studiò un attimo dall’alto e pensò che forse era meglio toglierle anche il vestito, ma non sapeva cosa metterle dopo. Andò, infine, a prendere una delle sue t-shirt.
Togliere il vestito risultò più facile del previsto. Dixi era leggera. Si sedette accanto a lei, la fece sedere e se la tenne contro il petto. Aprì la lampo sulla sua schiena. Lei non portava il reggiseno, così cercò il più possibile di non guardare, mentre le metteva la maglietta. La fece quindi sdraiare e le sfilò il vestito dalle gambe. La ragazza si rotolò dall’altra parte, lasciandogli la visuale – molto apprezzata – di un paio di mutandine nere con gli inserti in pizzo.
“Buonanotte Dix.” Le sussurrò all’orecchio.
“Steve…” Lo chiamò però lei.
“Sono qui.”
“Resta, per favore…”
“Se prometti di non sedurmi…”
Lei ridacchiò piano. “Ci proverò.” Due secondi dopo russava.
Steve sorrise e le baciò una tempia, poi si alzò, tolse i vestiti restando in mutande e si stese vicino a lei. Dixi sospirò rilassata e lui le carezzò i capelli. Andava bene così.

Prima di addormentarsi, Steve pensò a quella strana conversazione. Sapeva che Dixi era attratta da lui, lo aveva capito da come lo guardava, dalle sue battute scherzose che nascondevano sentimenti reali. Non era stupido e gli faceva anche piacere.
Ma c’era una parte di lui che non era felice dell’ammirazione di Dixi per la sua esteriorità. Perché il suo attuale aspetto non era frutto della natura e gli dispiaceva che lei non lo apprezzasse solo come Steve. Gli sarebbe piaciuto lo stesso, se non avesse avuto il corpo di Capitan America?
Stupido, tu sei Capitan America! Vuoi smetterla di ragionare come uno sfigato?! si disse.
Dixi gli aveva detto che avrebbe voluto fare l’amore con lui. Le diede un’occhiata, mentre dormiva accoccolata contro il suo fianco, serena, senza neanche sapere che le stava accanto mezzo nudo. Gli venne da ridere. Ed era anche così tanto che non…
La memoria gli tornò ad un’assolata estate del 1937, quando ancora la guerra era lontana e lui era solo il garzone della drogheria di Mr. Phillips.
Bucky si era stancato di sentirlo parlare della sua sfortuna con le ragazze, di quanto erano penose le serate in sala da ballo e di come sarebbe rimasto vergine per sempre. In una sera che profumava di mele caramellate e fuochi d’artificio lo aveva trascinato da Lucy Bloom, una ragazza del quartiere che di giorno lavorava in fabbrica e la sera arrotondava nel suo appartamento.
“È il mio regalo di compleanno, Stevie.” Gli aveva detto l’amico con un sorriso incoraggiante, spingendolo nella stanza da letto.
Lei era formosa, accogliente e praticamente nuda. Lui era talmente eccitato che aveva rischiato di venire mentre Lucy glielo tirava fuori dai pantaloni. Alla fine, non era durato niente. E gli era venuto un attacco d’asma mentre stava… Però lei gli aveva detto che era dolce e aveva degli occhi bellissimi. Forse lo diceva a tutti. Ma lui, ora, era un uomo e le cose sarebbero solo migliorate.
Ero pieno di speranze e sogni, non avrei mai potuto immaginare che, solo pochi anni dopo, tutto sarebbe cambiato, io sarei cambiato e mi sarei ritrovato con questo corpo, queste responsabilità… E poi in un nuovo futuro, dove ricominciare ancora.
Guardò di nuovo Dixi, che lo abbracciava delicatamente. La strinse piano e le baciò i capelli. Avrebbe dovuto convincerla a non pensare di essere troppo poco per lui.
Se stavolta potesse essere davvero diverso, nuovo e migliore. Guardami nel cuore, Dix, perché è solo quello che conta.

Dixi si svegliò un po’ confusa e con un pessimo gusto in bocca. Era strano, ma diversamente dal solito si ricordava di aver bevuto; tutto diventava nebuloso dopo Whole Lotta Love… E poi, dove li aveva sentiti i Led Zeppelin? Al massimo Frank Sinatra, in compagnia di Steve…
Si rigirò tra le coperte e guardò la finestra; la tenda era chiusa e sulla poltrona c’era il suo vestito.
Non ricordava di essersi spogliata. Abbassò gli occhi su di se, aveva addosso una t-shirt bianca, un po’ larga. Non era una delle sue, niente teschi, o mostri, o alieni. Solo bianca.
Un attimo.
Una t-shirt larga e bianca.
Ne prese un lembo e l’annusò. Biscotti d’avena. Il profumo di Steve.
Oddio, ma gliela aveva messa lui?!
Il panico s’impossessò di lei. Perché ricordava vagamente di avergli detto che voleva fare… No, ditemi che non gli ho veramente chiesto di venire a letto con me! Si disse, inorridita.
Si scoprì e sollevò la maglietta. Ok, aveva le mutande addosso. Forse la sua dignità non era del tutto compromessa. E poi, insomma, stiamo parlando di Capitan America, il simbolo vivente di tutto ciò che c’è di buono e bello e giusto a questo mondo, non si sarebbe mai approfittato di lei… Tra l’altro, avrebbe odiato non ricordarselo.
Oh, Dio… Aveva addosso la sua maglietta! Si strinse nelle braccia, strusciandosela addosso. Sì, come farebbe una stupida fangirl innamorata. Era la cosa più tenera, romantica e sexy che un uomo avesse mai fatto per lei.
E ora, come cazzo faceva a parlarci?!

La ragazza fece spuntare appena la testa scompigliata nell’arco che conduceva in cucina. C’era una bella luce chiara. Steve era seduto al bancone e stava mangiando una tazza di cereali. Zephir gli stava accoccolata in grembo e lui aveva addosso solo i calzoni di un pigiama a righe azzurre. Ed era così bello, con lo sguardo un po’ assonnato, i capelli spettinati e quelle meravigliose spalle nude, che lei quasi si commosse.
“Steve…” Chiamò piano. Lui si voltò e le sorrise.
“Hey.” Fece allegro. “Credevo dormissi ancora.” Le disse poi.
Si girò un po’ verso di lei, donandole una sconvolgente torsione di muscoli solidi e bellissime mani contro il bordo dello sgabello e del tavolo, oltre ad un sorriso dolce come lo sciroppo d’acero.
“Io invece credo di essere morta e di essermi risvegliata in paradiso…” Affermò rapita Dixi.
Lui arrossì e abbassò gli occhi. “Vado a mettermi una maglia.” Disse, facendo per alzarsi.
“No, aspetta!” Lo bloccò lei, slanciandosi in avanti. Steve risedette, fissandola sorpreso. “Ti devo chiedere una cosa…” Aggiunse Dixi più timidamente.
“Dimmi.” La incitò il capitano con le mani in grembo.
“La… la maglietta, me l’hai messa tu?” Gli chiese.
“Sì.” Annuì Steve. “Ti giuro che non ho guardato, mentre lo facevo.”
“Purtroppo, non stento a crederci…”
“Purtroppo?” Fece lui incredulo. “Preferivi che guardassi?”
“Magari sì…” Lui sbuffò, lei sorrise incerta. “Steve…”
“Sì?”
“Stanotte ti ho fatto delle profferte sessuali?” Domandò Dixi con imbarazzo.
“Sì.” Rispose sincero il capitano, facendole scrollare il capo. “Ma stai tranquilla, so che eri ubriaca, non ti ho preso sul serio.”
Dixi crollò su uno degli altri sgabelli. “Il problema è proprio questo: ero ubriaca, ma ero seria.”
Steve sorrise e allungò la mano per prendere la sua, si guardarono negli occhi. “Lo so.” Le disse poi e sembrava quasi lusingato dal suo interesse.
Dixi gli sorrise titubante. “Non ho fatto altre cazzate, vero?” Chiese preoccupata.
“Perché?” Replicò lui allarmato.
“No, sai…” Fece la ragazza, deviando lo sguardo. “…l’ultima volta che mi sono sbronzata davanti a uno che mi piaceva, sono finita a ballare su un tavolo, per poi crollare a terra con addosso solo un perizoma leopardato…”
Steve la fissò sconvolto. “Come quello di Tarzan?!”
“Ehm, no… come quello di Victoria’s Secrets… E tu non hai idea di che significa.” Biascicò lei, scoraggiata dalla sua ingenuità. Lui scosse il capo.
Si guardarono per un lungo momento, poi scoppiarono a ridere, mentre Zephyr li osservava disgustata, accanto alla propria ciotola piena.
“Volevo prepararti la colazione.” Confessò poi Steve, rammaricato. “Ma questi fornelli ad induzione proprio non so come fare ad accenderli…”
Dixi gli sorrise comprensiva, poi si alzò e gli diede una piccola pacca sul braccio.
“Ci penso io, tu finisci i tuoi cereali.” Gli disse, dirigendosi al frigo.
Steve tornò a girarsi verso la tazza abbandonata poco prima, mentre Dixi, dietro di lui, tirava fuori la padella. Erano rumori rassicuranti di vita normale e lui sorrise contento.
Pochi istanti dopo, in seguito ad un attimo d’improvviso silenzio, l’uomo si ritrovò spinto in avanti, le braccia di Dixi a circondargli le spalle ed il collo, il suo viso appoggiato contro il proprio.
“Che succede?” Domandò Steve divertito.
“Tu sei un uomo meraviglioso e io… ti voglio bene.” Dichiarò la ragazza, prima di baciargli la guancia con trasporto. Lui sorrise lusingato. “Posso restare un momento così?”
“Quanto vuoi Dix.” Le rispose lui con un sorriso dolce.
“Grazie.” Fece lei, stringendolo un po’ di più e dandogli un altro bacio.
C’era luce in cucina. E c’era una ragazza appesa alle spalle di un uomo a torso nudo. Due cuori che battevano uno sull’altro. Ed entrambi erano felici.

CONTINUA




NOTE:
(1) – la canzone che sta ascoltando Dixi è “Sweet child of mine” dei Guns’n’roses
(2) – è la canzone che da il titolo alla storia: “I need a Hero” di Bonnie Tyler.
(3) – La Sindrome di Asperger è considerata un disturbo pervasivo dello sviluppo imparentata con l'autismo e comunemente           considerata una forma dello spettro autistico "ad alto funzionamento".
Fonte Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Asperger

Non che pensi che Tony ne sia veramente affetto – ma se andate a leggervi tutta la pagina troverete molti sintomi sospetti… - era più che altro una battuta mutuata dalla 2x02 di Sherlock BBC.

(4) – naturalmente parlo del celeberrimo film con Judy Garland del 1939, che sicuramente anche il nostro caro Cap ha visto, dato che coglie il riferimento in “The Avengers”.

   
 
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