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Autore: Faffina    25/03/2013    11 recensioni
C'è Daniel che è sempre stato etero.
Scott è gay ma non lo sa nessuno.
Gabriel, bello e ricco, è deciso a vedere il mondo da solo.
Ely, dalle ciglia lunghe e dai lineamenti delicati rischia di sembrare ciò che non è.
Kyle è scappato da casa all'età di 15 anni e non sa nemmeno più da cosa sta fuggendo.
Cinque ragazzi che vogliono iniziare una nuova vita a New York. Quattro di loro nascondono un segreto.
Scappano spinti dal bisogno di stare soli, senza sapere che è proprio la cosa da cui fuggono.
Impareranno a conoscere sé stessi, la paura, l'odio, l'amore e il sesso, che a volte si nascondono dietro l'amicizia.
Quando Dan alzò lo sguardo, Scott aveva le lacrime agli occhi. Abbassò il viso sulla sua pizza per nasconderle. Un posto in cui sentirsi a casa. Non era ciò che cercavano tutti?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 5

Dimmi la verità

 

But if you look for truthfulness
You might just as well be blind
It always seems to be so hard to give

Honesty - Billy Joel

 

 

L'aveva ammesso: Ely aveva ammesso di provare dell'interesse nei suoi confronti. Dan era rimasto spiazzato dalla sua affermazione, non si aspettava una candida ammissione. Questo cosa significava? Come doveva reagire?
Se Ely era stato sincero con lui, allora anche Dan lo sarebbe stato «Quando ti ho visto mi sei piaciuto subito, perché pensavo tu fossi una ragazza.» disse. Avrebbe voluto vedere l'effetto delle sue parole in quegli occhi azzurri, ma non riuscì ad alzare gli occhi dal tavolo. Aveva troppa paura di averlo ferito.
«A me i ragazzi non piacciono, non sono mai piaciuti. Non mi piaceranno mai. Tu sei il primo e l'ultimo che...» si interruppe, per un attimo consapevole di ciò che stava per dire.
Ely però non se l'era lasciato sfuggire «Mi stai dicendo che non ti è mai passato per la testa di innamorarti di un ragazzo e che probabilmente non te ne piacerà mai più nessuno. Ma ti piaccio io. E' così?» chiese, suo malgrado c'era una vena di speranza nella sua voce.
«Sì, credo di sì.» Dan chinò il capo, schiacciato da ciò che si erano detti. Non aveva capito il peso di quella verità finché non l'avevano pronunciata a voce alta. Avrebbe potuto semplicemente smettere di vedere Ely e tutto si sarebbe risolto, ma al solo pensiero lo stomaco gli si era chiuso dalla nausea, improvvisamente l'idea di lasciarlo andare non sembrava affatto una soluzione.
Ely gli prese una mano, disegnandovi dei cerchi concentrici con il pollice. Le loro mani erano lì, unite sotto gli occhi di tutti, e Dan resistette alla tentazione di girare lo sguardo intorno per controllare che nessuno li stesse osservando. Il contatto era piacevole, quasi familiare, nonostante fosse la prima volta che si sfioravano e le dita fresche di Ely gli trasmisero un senso di calore che si diffuse a tutto il corpo.
Il fatto che si fosse esposto così tanto davanti ad Ely non cambiava le cose. Aveva fatto un errore ad ammetterlo, dal momento che non potevano essere nient'altro che amici. Avrebbe dovuto mettere subito in chiaro le cose, non voleva che si illudesse di nuovo.
Ely gli lasciò la mano e si rimise in piedi «Sarà meglio che vada, chiamami quando avrai voglia di vedermi.»
Dan si alzò a sua volta, colto di sorpresa, e porse l'album a Ely «Non dimenticartelo, sei venuto fin qui per questo.» Ely lo prese e lo infilò nella borsa a tracolla, poi si rivolse a Dan con uno scintillio nuovo negli occhi «Grazie, io invece penso che tu sia venuto qui per questo...»
Si alzò sulle punte dei piedi, appoggiandogli le mani sulle spalle e premendo di nuovo le labbra sulle sue. Il cuore di Dan prese a battere più veloce per la sorpresa e lui restò immobile, ancora una volta incapace di tirarsi indietro o di approfondire il bacio. Sentiva il profumo di quel ragazzo così familiare e così piacevole, nonostante fosse tutto il risultato di uno sbaglio, e il leggero aroma di caffè che sulle sue labbra acquistava un sapore particolare.
Ely si staccò e sorrise, andandosene in silenzio con la borsa dondolante dalla spalla e i capelli neri e lisci che brillavano sotto il sole, lasciandolo solo a chiedersi cosa gli stesse succedendo. Se avesse capito da subito la sua identità non sarebbe successo nulla di tutto ciò. O no?

 

Ely si avviò verso casa con il cuore che ancora batteva veloce. Non era certo di aver fatto la cosa giusta, ma era quello che si sentiva di fare e Dan non si era tirato indietro nemmeno questa volta. D'ora in poi non l'avrebbe più cercato, non voleva forzarlo, quando fosse stato pronto avrebbe saputo dove trovarlo.
Paradossalmente Ely faceva fatica a capire cosa volesse dire sentirsi confuso. Non aveva mai avuto dubbi, la sua omosessualità era sempre stata evidente a sé stesso e agli altri. La cosa gli aveva creato non pochi problemi, non tanto nell'accettarsi: era stato naturale come respirare, come scoprire di essere bravo a disegnare. Il problema erano gli altri, quando da piccolo lo avevano soprannominato checca e femminuccia si era ritrovato a piangere chiuso in bagno, umiliato e confuso. Non c'era niente di strano o diverso in lui, non aveva mai cercato di sembrare qualcuno che non era, era Elijah, cosa c'era di male?
Non aveva detto niente alla madre, così fiera del suo piccolo artista dagli occhi azzurri da non vedere come lo guardavano gli altri. Probabilmente era convinta che tutti lo amassero come lo amava lei, indipendentemente dal fatto che fosse gay.
Quando aveva lasciato Philadelphia per trasferirsi a New York aveva sperato di ricominciare da capo, in una città dove nessuno gli facesse una colpa per essere semplicemente sé stesso.
Camminò a testa alta per la via in cui abitava Kyle, ignorando gli sguardi della gente, regalò un sorriso alle persone sedute fuori dal bar sotto casa e si richiuse il portone alle spalle con un sospiro.
Sulla porta trovò un uomo ad attenderlo, uno sconosciuto che gli afferrò il braccio bruscamente costringendolo a voltarsi. «Sei Kyle Morgan?» ringhiò ad un centimetro dal suo viso. Colse un tanfo di alcool e marijuana nel suo alito, prima di allontanarlo bruscamente con uno spintone. Era un uomo sui trent'anni, dall'aria anonima e poco lucida. Che cosa poteva avere a che fare Kyle con un tizio del genere? «No, viviamo insieme ma ora non c'è. Se lo cerchi ripassa più tardi.» Rispose Ely liberando il braccio dalla stretta.
L'uomo si voltò per andarsene, barcollando leggermente, poi si voltò a fissarlo negli occhi «Riferiscigli che se tiene alle sue dita deve darsi una mossa. Questo è stato l'ultimo avviso» biascicò con voce leggermente impastata.


 * * *

 

Gabriel si svegliò con un mal di testa feroce, gli succedeva spesso dall'incidente, anche se il medico gli aveva rassicurato che non aveva riportato danni permanenti. A giudicare dal chiarore che intravedeva dalle imposte socchiuse doveva essere pomeriggio. Che giorno era maledizione? Possibile che fosse rimasto a letto per più di ventiquattro ore? Doveva smetterla con quelle pillole: gli toglievano il dolore, ma lo facevano dormire per ore.
Erano quasi le quattro del pomeriggio e la casa era silenziosa. Accanto al letto qualcuno aveva appoggiato le stampelle mentre dormiva, Scott molto probabilmente. Le prese, dopo essersi infilato dei vestiti presi a caso dal mucchio sul pavimento e raggiunse lentamente la cucina. Stava letteralmente morendo di fame, non ricordava nemmeno più quando fosse stata l'ultima volta che aveva mangiato. Per fortuna qualcuno aveva pensato a lui: sul tavolo della cucina c'era un piatto di pasta con un biglietto con il suo nome. Era pronto a scommettere che fosse di nuovo opera di Scott.
Probabilmente attirato dal rumore dei suoi passi, il ragazzo in questione lo raggiunse in cucina. «Ben svegliato, come stai? Hai dormito così tanto che pensavamo fossi morto.» Disse Scott.
Gabriel si voltò verso di lui con aria di rimprovero «Ma tu sapevi che non ero morto perché sei entrato a controllare, ignorando il cartello, non è così?» Poi si aprì in un sorriso quando vide Scott arrossire. «Scherzo. Grazie per le stampelle, ricordami di evitare uscite di scena come quelle di ieri finché non mi è guarita la gamba» continuò. Anche Scott sorrise, prendendo quelle parole per ciò che erano: ciò che più si avvicinava a delle scuse da parte dell'orgoglioso Gabriel. Prese il piatto di pasta e lo infilò nel microonde, osservando il proprio riflesso nel vetro si chiese cosa potesse pensare Gabriel di lui, un anonimo ragazzo di Pittsburgh che aveva disperatamente bisogno di un parrucchiere e di  un po' di sicurezza in sè stesso. Raddrizzò le spalle, si allontanò i capelli scuri dagli occhi con un gesto brusco e si voltò a guardare l'amico. Era seduto sul bancone della cucina, con il gesso alla gamba che dondolava piano e batteva ritmicamente al tempo di una musica che era solo nella sua testa. Prese il piatto di pasta dalle sue mani con un sorriso che scacciò l'aria pensierosa «Grazie, sei persino meglio dell'infermiera Gill. E molto meno chiacchierone» gli disse, facendolo arrossire di nuovo, poi si avventò sul piatto di pasta, che era decisamente tutta un'altra cosa rispetto al cibo dell'ospedale.
«Quale sarà la tua prossima destinazione?» lo interrogò Scott  incrociando il suo sguardo per la prima volta. Gabriel restò a fissarlo per un attimo: aveva degli occhi di un colore eccezionale, aveva visto quel colore solo in certi laghi sotterranei, si stupì di non essersene accorto prima, probabilmente perché li teneva nascosti sotto ai capelli spettinati. «Scozia, devo andare in Scozia» mormorò tra un boccone e l'altro. «Partirò non appena mi sarò ripreso del tutto.»
Scott annuì senza insistere, era la risposta che prevedeva: la Scozia era la destinazione successiva nell'elenco che Gabriel teneva sotto il cuscino. Quel foglio misterioso gli ronzava in testa senza sosta, aveva notato subito la calligrafia elegante e vagamente familiare, ma ci aveva messo qualche minuto prima di riconoscerla. Poi aveva capito: era sicuro che fosse la stessa del biglietto appeso nella bacheca sopra il letto. Il cartoncino azzurro che aveva notato la prima volta che era entrato in camera sua. Doveva essere una frase di una canzone dei Pink Floyd, anche se non ne ricordava il nome.
Avrebbe potuto semplicemente chiedergli a chi apparteneva, ma in qualche modo capiva che dietro al suo viaggiare da solo ci fosse qualcosa di cui non voleva parlare, qualcosa di più di semplice voglia di solitudine.


 * * *

 

Quando Kyle rientrò trovò Ely in cucina, intento a tagliare del salmone in piccoli pezzi, mentre in una padella soffriggevano delle verdure. «Che fame. Quello è salmone, vero?» chiese annusando il profumo di soffritto. Ely sollevò lo sguardo, scostandosi i capelli neri dal viso con un cenno nervoso della testa e non rispose. Kyle si accorse subito che qualcosa non andava, non l'aveva mai visto così serio, gli era piaciuto subito proprio perché aveva sempre un sorriso per tutti. «E' successo qualcosa?» indagò.
Ely annuì e rispose «In realtà sì, forse è una sciocchezza, ma mi sono preoccupato.» Gli raccontò l'incontro con l'uomo, descrivendolo brevemente e concludendo con «Ha detto che se ci tieni alle tue dita devi darti una mossa. Di cosa stava parlando?» Ely aveva lasciato perdere il pesce che stava tagliando e i suoi occhi azzurri erano fissi su Kyle, scuriti dalla preoccupazione.
Il ragazzo si tolse la chitarra dalla spalla e si lasciò cadere su una sedia «Che stronzi bastardi, stanno cercando di spaventarmi con quello a cui tengo di più, sanno che se mi spezzassero le dita non potrei più suonare.» Era impallidito visibilmente, ma si rivolse a Ely con un sorriso che, sperò, fosse il più convincente possibile. «Non preoccuparti per me, non corro alcun pericolo, sono solo gli strascichi di una vecchia discussione. Vieni, ti do una mano con la cena.»
Ely annuì, ma non gli sfuggì il tremore delle sue mani mentre apparecchiava la tavola e per tutta la cena fu molto più silenzioso del solito.


* * *


Quando Daniel salì le scale diretto all'appartamento si era fatto buio da un pezzo, non aveva un orologio con sé, ma era uscito dall'ultimo bar quando ormai era vuoto e metà delle sedie erano già capovolte sui tavoli.
La scena che gli si parò davanti agli occhi una volta varcata la soglia era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato. Scott gli sorrise dal divano ad angolo, invitandolo ad avvicinarsi, mentre Gabriel, sdraiato sull'altro lato, teneva il gesso appoggiato al bracciolo e la testa di ricci capelli castani a pochi centimetri dalle gambe di Scott. In mano aveva una bottiglia di birra che agitò in segno di saluto, spargendone il contenuto sul pavimento di granito. «Ops! Daniel, unisciti a noi» lo invitò Gabriel con voce leggermente impastata e gli allungò una bottiglia ancora piena raccolta dal pavimento. Dopo un attimo di esitazione Dan accettò e prese posto su una delle poltrone. Se all'inizio aveva pensato che fossero un po' ubriachi, dopo pochi minuti di conversazione dovette ricredersi: erano completamente ubriachi. Scott aveva il viso arrossato ed era più se stesso di quanto non fosse mai stato. Faceva battute e sorrideva, cercando Gabriel con lo sguardo.
Dan si lasciò contagiare dalla loro esuberanza e in poco tempo si ritrovò con la testa leggera per la birra e il pensiero di Ely divenne più facile da gestire.
Scott si alzò in piedi per raggiungere l'ultima bottiglia che avevano tenuto in serbo per il gran finale. «Propongo il gioco della verità. Ciò che diremo non uscirà da qui, giurate di dire solo la verità?»
«Lo giuro» risposero in coro Gabriel e Dan, bevendo a turno dalla bottiglia di vodka. Scott tornò barcollando al proprio posto e scelse la prima domanda. «Daniel: hai mai baciato un ragazzo?»
Dan arrossì e prese la bottiglia dalle mani di Scott per dare un'altra bella sorsata. Se quella era solo la prima domanda, ne avrebbe avuto bisogno. Sostenne lo sguardo dell'amico e ammise «E' stato lui a baciare me.»
Gabriel si mise a ridere, attirando l'interesse di Dan, che si voltò verso di lui e gli passò la bottiglia «Gabriel, vediamo... Sei vergine?»
Il ragazzo smise di ridere e lo fissò «No» rispose tranquillamente per poi voltarsi verso Scott. «Qual è il tuo ricordo peggiore?»
Scott si prese un minuto per pensarci, dando un piccolo sorso dal collo della bottiglia. Doveva essere veramente ubriaco, perché non ne sentiva più il sapore. In condizioni normali non sarebbe mai riuscito a parlare con così tanta tranquillità. Poi disse «Il giorno in cui ha chiamato l'ospedale per avvisarci che mia madre era svenuta al supermercato. Ho risposto io, mi dissero che l'avevano operata e le avevano tolto la milza. Sapevo che era colpa di mio padre, lo avevo sentito mentre la picchiava, sono andato a dirgli che avrei chiamato la polizia. Quando mi sono risvegliato ero sul mio letto con un occhio nero e la faccia sporca di sangue.»
Sulla stanza scese il silenzio, ma nello sguardo di Scott non c'era tristezza, Dan ricordava bene il giorno in cui era venuto a scuola con il viso quasi irriconoscibile per i lividi e un taglio sulla fronte, aveva detto a tutti di essere caduto dalle scale. «Ecco perché me ne sono andato. Gabriel, questa domanda è per te. Chi ha scritto il cartoncino azzurro che hai appeso sulla parete di camera tua?» Disse Scott, deciso a distogliere l'attenzione da sé stesso.
La testa di Gabriel si sollevò di scatto dalle ginocchia di Scott, dove stava appoggiato. Per un attimo sembrò non voler rispondere, ma poi disse «La mia ragazza. La mia ex ragazza.»

 

 

 

________________________

* Angolo dell'Autrice *

Sono tornata! Per chi non lo sapesse sono stata una settimana al mare con il mio ragazzo, pur non avendo internet ho scritto tantissimo, ho visto dei posti bellissimi, ho passeggiato sulla spiaggia e fatto lunghe gite in bicicletta.

Ma torniamo alla storia, sono felice di annunciarvi che ho buttato giù tutta la bozza della trama, ora che so come andrà a finire sono molto più tranquilla! Ci saranno un po’ di colpi di scena ed anche un po’ di azione, ci sono un po' di scene che non vedo l'ora di scrivere *.*… Finora la storia ha navigato in acque tranquille, ma le cose stanno per cambiare. Ma…basta spoiler :)
Le vostre recensioni poi mi motivano tantissimo a continuare e mi si illuminano gli occhi ogni volta che le leggo! Grazie ragazze, siete meravigliose. Grazie anche a chi mi ha inserito tra preferite/ricordate/seguite, siete molti più di quanto mi aspettassi *.*

Vi ricordate il sondaggino della scorsa settimana su chi fosse il personaggio che preferite? Il primo posto a pari merito se lo contendono quei due piccioncini di Ely e Dan (io tra i due preferisco Ely, più di una volta mi avete chiesto se non è un po’ autobiografico…forse un po’ è così ^^). Al secondo posto invece c’è il chitarrista, il nostro bel Kyle, che si sta cacciando nei guai!

Domanda della settimana: secondo voi cosa ha combinato quel simpatico musicista per attirare le minacce dei brutti ceffi?

Nel prossimo capitolo avrete la possibilità di conoscere un po’ di più anche Scott (dolce, bellissimo Scott). Si è capito che ho una vera e propria passione per i personaggi dolci e gentili che se ne stanno un po’ in disparte? Perché non esistono ragazzi così? ç.ç

Appuntamento alla prossima settimana per il capitolo 6 (OMG sono già al sei??? O.o)

Un grandissimo abbraccio collettivo da parte mia, di Dan, Ely, Kyle, Scott e Gabriel! ^^

Faf

PS se volete parlare con me, come sempre mi trovate su Facebook!

PPS il testo della canzone citata all'inizio secondo me merita davvero, se volete vi lascio qui il link della traduzione in italiano: Link.

   
 
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