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Autore: Flower In The Sun    25/03/2013    0 recensioni
“e se vi dicessi che c’è una porta, sul retro, nascosta tra le siepi di Alloro e Magnolie? Una porta di rami intrecciati fra loro e fiori primaverili appena visibili, una porta che non apre nulla, ma apre tutto; una porta che conduce in un mondo parallelo pieno di meraviglie,creature ed esseri incantati?
Oh! Di certo non mi credereste!”

AVVERTENZE: UNIVERSO ALTERNATIVO, HO CAMBIATO PARECCHIE COSE, MUTANDO LA REALTA' A VOI CONOSCIUTA.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Mi avvicinai con cautela, come se avessi il terrore quasi, si spazzare via il flebile oggetto, avvolto nel fazzoletto di chissà quanti secoli. Delicatamente lo raccolsi, e tornai all’interno della mia camera. Sospirai, dovevo ammettere che il timore di essere delsua dal contenuto era pari alla voglia di gettare quel fazzoletto, e svelatre l’oggetto inanimato. Chiusi gli occhi per un seconto e mi auto incitai: “ Yazhi Amber Clayton, tira furoi le palle!” detto ciò iniziai ad armeggiare per svelare il piccolo contenuto.

Poteva essere un oggetto qualunque, come un francobollo, oppure un dado, oppure un sasso. Poteva essere un osso, ma, a giudicare dall’estrema lunghezza, sarebbe dovuto essere un osso di una falange, oppure poteva essere un bastoncino, o una piccola ampolla contenente una polverina magica, capace di esaudire desideri. Le possibilità erano infinite, talmente infinite che forse, la soluzione era sotto ai miei occhi. Dovevo aprirlo, e basta.

Sospirai nuovamente, con più energia, ed srotolai la stoffa biancastra dall’oggettino. Ciò che era apparso tra le mie mani era un qualche cosa di davvero singolare. Era una chiave, una semplicissima, maledetta chiave, con un'occhiello che conteneva una lente da lettura, probabilmente. Cosa avrei aperto, con quella chiave? Dove mi avrebbe portata?

Esistevano più di settanta miliardi di serrature, al mondo conosciuto dall’uomo. Il ché significava che avrei avuto Sessantanove miliardi a disposizione, per sbagliare serratura. Iniziai a studiare meglio, il piccolo oggetto.
Vi starete chiedendo come mai, fosse così singolare alla mia prima vista! In effetti un’anomalia c’era: la Chiave era grande quanto Tre quarti di un mignolo. In effetti sarebbe èpotuta appartenere ad uno gnomo, pensai.
Sulla lunghezza della Chiave, vi erano incisi a bassorilievo quattro strani simboli, erano quattro triangoli. Quattro triangoli molto, molto strani.
Un triangolo aveva la punta rivolta verso l’alto, mozzata da una linea; accanto ad esso vi era un triangolo con la punta rivolta verso il basso; Accanto ad esso ve ne era uno medesimo, ma posto al contrario ed alla fine c’era quello che univa le caratteristiche di due, dei triangoli (il primo ed il secondo): Aveva la punta rivolta verso il basso, intersecata anch’essa da una linea.

Il mistero andava infittendosi sempre di più. Avrei voluto scoprire qualcosa, ma come?
Allora mi venne in mente un’idea geniale. Una volta, quando ero piccola, stavo leggendo un libro che narrava le avventure di Peter Pan ( fu l’anno in cui decisi che non sarei cresciuta ), le sue avventure erano qualche cosa di Mirabolante! Pirati, sirene, indiani! Il personaggio nella quale mi rivedevo di più era la piccola indiana, essendo io di origini nativo americane (infatti il mio nome, e quello di mia sorella sono nomi dei nativi). A quei tempi però, non sapevo che cosa fosse una Caravella, sinonimo utilizzato nel libro, per indicare la barca di Capitan Uncino; Così andai a chiedere a mio padre, e lui mi spiegò che un giorno non ci sarebbe più stato, per spiegarmi i significati dei simboli e delle parole, e che mi sarei dovuta arrangiare; Così mi insegnò come cercare accuratamente tra i libri, ciò che mi interessava.
L’illuminazione era quella: avrei cercato il significato di quei quattro simboli, ed avrei aperto qualsiasi cosa avresse aperto quella chiave. Avrei trovato la serratura, e finalmente sarei potuta morire in pace, iperbolicamente.
In quel preciso istante ci fu un bussare frenetico, alla mia porta, che mi fece letteralmente spezzare ogni singolo ricordo, ed ogni singolo pensiero alla quale m’ero incollata. Dovetti tornare ad un immatura realtà, in men che non si dica.
«Testa rossa!» sentii chiamare il cugino acquisito Paul, dal corridoio. « Che vuoi!» esclamai, infastidita.
« La zia e mio padre stanno aspettando in salotto, p pronto da mangiare, Gingerino! Se on ti dai una mossa rimarrai al secco!» esclamò, allontanandosi. Scossi la testa freneticamente – ero ancora rinchiusa per metà, nel mio universo.
Non appena scesi le scale, per raggiungere tutti gli altri, una stanza attirò la mia attenzione. Una porta socchiusa di legno mogano scuro, penzolava nell’attesa d’essere aperta. Spostai lievemente la porta con l’indice, voltandomi prima, per assicurarmi di non essere vista.
La visione che mi apparve fu una serie di scaffali di legno, che partivano da terra, sino al soffitto, interrotte da vetrate gotico-romaniche, che davano sulla fioca luce di una serata d’estate che illuminava un bosco. Il bosco sul retro del castello.
Nonostante ciò la stanza era parecchio buia. Mi chiesi se vi fosse un maledetto interruttore, o qualcosa di simile, ma nulla. Tutt’un tratto qualcosa s’illuminò! Un fascio di luce bianca lampeggiante, inondò tutta la stanza, dimostrandomi quanto fosse impoponibilmrnte enorme. Mi coprii il volto con una mano, per evitare di perdere ulteriore vista. Fu come la nascita di una stella, all’interno di una stanza da biblioteca.
Tutt’un tratto la luce si affievolì, ed un volto scarno e spento mi fissava con aria persa nel nulla. Era un volto di donna, una donna sulla trentina d’anni. Una donna trasparente.
Con orrore notai che l’aria che espiravo, si era mutata in fredda condensa, come fosse una brinosa mattinata d’ottobre. Eccezion’fatta per il fatto che fosse agosto inoltrato!
Avevo davanti ai miei occhi un fantasma. Non appena realizzai ciò, mi uscì un sospiro mozzato dal terrore. Se già avevo paura dei vivi, figuriamoci dei moprti fluttuanti!
In quell’istante la donna svanì, portando con se tutta la sua lucentezza di una vita ora mai passata.
Scappai via da quella stanza, terrorizzata. Mia sorella aveva visto bene, buon Dio!
Scesi le scale, e tentai di calmarmi, poco prima di entrare nell’enorme salotto, dove si sarebbe svolto il rituale della cena, dopo di che, a passo deciso entrai.
Un lungo tavolo rettangolare di legno, rivestito da una tovaglia color rosa antico ospitava cinque persone, sedute oppositamente. Zio Jim regnava a capotavola, mia madre era seduta alla sua destra; Paul e Mike, i cugini, sedevano al centro del tavolo. Mia sorella Occupava l’altro capo della tavola, così mi sedetti alla sua destra.
« Yazhi!» esclamò mia madre, infastidita; La fissai in attesa di una spiegazione a quel nome pronunciato quasi fosse un insulto. « Si saluta, prima di venire a tavola!» esclamò scusandosi con i presenti, per la mia maleducazione.
« Ciao!» risposi io fredda, suscitando una risatina da parte di mia sorella. E mentre mia madre continuava a scusarsi per me, io tirai fuori la piccola chiave, legandomela al collo come una collana.
«La serata si prevede divertente!» sussurrò mia sorella, ironica. « Hai visto che razza di tavolo? E’ lungo quanto la Route 66, cazzo!» risposi io, ed in quel momento, Paul, il cugino acquisito, si voltò a fissarmi sconcertato.
«Beh? C..che hai..da..damerino!?» domandai con voce bassa, ma abbastanza alta da farmi sentire. «Le donne non dovrebbero dire le parolaccie, sboccata!» Rispose lui, con il medesimo tono di voce.
«Paul, smettila!» intervenne suo fratello. « Ascolta Michael, Paul!» aggiunse poi mia sorella, pronunciando il suo nome con cattiveria e sadismo.
Si voltò alla sua destra, e ci battemmo il cinque. « Testa rossa due a uno!» esclamò poi.


Angolo dell'autrice. IMPORTANTEE!!

Lo so di annoiarvi, e lo so che apparentemente la storia sia un po' piatta, ma abbiate pazienza e prima o poi, i beatles si faranno più sentire.
PERDNATEMI PER QUESTO SCEMPIO ALLA FANTASCIENZA!
 
 

  
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