100 Giorni per vincere- Mean Witches
Capitolo uno- La scommessa
Alla fine di un’altra giornata scolastica, la regina
degli Slytherin sedeva comodamente sulla sua poltrona preferita in sala comune,
mentre fumava tranquillamente una sigaretta con la mano destra e le unghie
della sinistra venivano limate da Daphne Greengrass.
Pansy Parkinson poteva dirsi soddisfatta della sua
vita: aveva il rispetto di coloro che la circondavano, compagne pronte ad
aiutarla in ogni momento, un ragazzo tra i più belli della scuola, se non il
più bello in assoluto, proveniva da una famiglia ricca, era sempre la prime tra
le studentesse di Hogwarts a portare l’ultima creazione degli stilisti più
illustri… E ciò, apparentemente, la rendeva felice, anche se a volte era un po’
stufa di una vita sempre così facile ed agiata. Per questo si cacciava spesso nei
guai, cercando di eliminare la sua noia mortale ogni tanto.
Il suo passatempo preferito, infatti, era scommettere
con le sue amiche. Spesso erano scommesse davvero sciocche e insulse, volte
solo verso a rovinare la vita delle persone e, quindi, a provocare il suo
divertimento.
Sapeva di essere davvero bastarda a volte, ma ciò non
le importava, anzi, secondo il suo parere “aumentava il suo fascino di
Slytherin”.
“Pansy, hai visto che capelli orribili portava oggi la
Patil?” chiese Millicent Bulstrode, seduta comodamente di fronte a Pansy e
intenta a sbadigliare ogni due secondi.
Pansy si lasciò scappare una risatina,mentre posava un
po’ di cenere nel portacenere, e Daphne fece lo stesso: ormai era una sua
abitudine fare tutto quello che faceva Pansy, per lei era una specie di idolo
di imitare sempre e comunque, nel bene e nel male.
“Milli, mi sconvolge che pensi ancora alla Patil” disse
sghignazzando, “Ormai sono anni che porta sempre quella treccia insulsa, e il
fatto che oggi li abbia sciolti non mi ha causato questa gran sorpresa,
insomma, almeno ho avuto la conferma che quei capelli sono veri! Non ti nego
che per due anni ho pensato seriamente che portasse la parrucca…”
Millicent e Daphne risero di gusto, e Pansy potè dirsi
soddisfatta, perché aveva appena fatto l’affermazione più maligna della
giornata.
“Si, ma ciò non toglie che quelle ciocche viola erano
disgustose…” continuò Millicent, sperando di aggraziarsi il parere di Pansy per
una volta.
“Beh, certo, ma solo perché le portava lei. Insomma,
sui miei capelli sarebbero andate magnificamente…” affermò Pansy.
“Oh, certo!” rispose Daphne, mentre posava la lima per
le unghie nel suo borsello per gli accessori.
Pansy squadrò le sue mani, e fece un piccolo cenno
soddisfatto, poi buttò il mozzicone di sigaretta in un portacenere lì vicino e
chiuse gli occhi, come se avesse appena finito di fare un lavoro estenuante.
“Tutto ok, Pansy?” chiesero le due ragazze in coro,
preoccupate.
“Oh, beh, si” rispose scocciata Pansy.
Si voltò con sguardo critico e squadrò tre ragazze del
terzo anno sedute poco distante da lei, che stavano facendo i compiti.
Il suo occhio cadde particolarmente sulle loro gonne
della divisa lunghe fino al ginocchio e sui loro mocassini, poi, come per
confrontare, guardò la sua gonna corta più di dieci centimetri prima del
ginocchio e i suoi decolté neri con il tacco altissimo.
Fece spallucce con aria disgustata e allo stesso tempo
di superiorità.
Millicent parve subito capire le sue intenzioni, poiché
annuì alla sua disapprovazione e disse: “Queste mocciosette! Non capiscono
nulla della vita…”
Daphne, seduta vicino a Pansy, la guardò interrogativa
e Pansy spiegò: “Niente, Daphne, ce l’aveva con quelle verginelle del terzo
anno”.
Daphne si guardò intorno e poi, quando le vide, annuì.
“Oh, cavolo! Certo che fanno pena…” commentò, con
l’aria di chi ha appena visto uno scarafaggio.
“Infatti, se avessi opere di carità da sprecare gli
darei un’aggiustatina!” dichiarò Millicent, guardando Pansy in attesa di una
risposta.
Quest’ultima non fece attendere il suo commento.
“Potresti sprecarti, Mili! Io ogni anno ne porto almeno
cinque sulla buona strada. Solo che
poi quelle piccole bastarde se ne approfittano, addirittura un paio di quelle
cercarono di portarmi via Draco” e rise di gusto. “Insomma, come possono
pensare che il mio Draco cada tra le
loro braccia?” chiese al nulla, ma un po’ alterata, infatti le sue gote diafane
le si colorirono di un lieve rosso.
“Impossibile, stai tranquilla Pansy!” la assicurò
Daphne.
“Però, potrei provarci a dare alcune lezioni di vita a qualcuna di quelle,
insomma, non può essere così difficile!” disse Millicent, pensierosa.
“Hai intenzione di dare vita ad una delle nostre
scommesse?” chiese Pansy, con un luccichio negli occhi.
Millicent parve incerta.
“Oh, non so… Ma… Ok, ok” disse alla fine, mentre
incrociava lo sguardo dell’altra.
“Che bello, erano mesi che non scommettevamo!” esclamò
gioiosa Daphne, che di solito era sempre la spettatrice di quei “giochi”.
“Allora… Solo che ci mancano i soggetti su cui
scommettere!” disse Pansy.
“Beh, io potrei portare sulla nostra strada una di quelle tre, e tu fare lo stesso con un’altra!”
propose Millicent, speranzosa.
Ma Pansy non parve convinta. Storse il naso, come solo
lei sapeva fare, e si guardò intorno.
“Insomma, non ci sarebbe gusto per me! Sarebbe
facilissimo! Ci vorrebbe una preda
più difficile!”
“Un attimo” la interruppe timorosamente Daphne,
ricevendo lo stesso un’occhiataccia, “Quindi, come sempre, per portare sulla nostra strada intendete
farle diventare delle ragazze facili?”
“Se è così che le chiami!” rispose Pansy, ancora
seccata per essere stata interrotta, “Comunque, dicevo, ci vorrebbe qualcuna
difficile da lasciarsi trasportare…”
Ma i suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo del
suo ragazzo, come sempre accompagnato da Tiger e Goyle. Sembrava
particolarmente di malumore quando si sedette sulla poltrona vicina alla sua,
lasciata libera cinque secondi prima da Daphne.
“Ehi, cosa ti è successo?” chiese Pansy, squadrandolo.
Draco sbuffò e si tolse la cravatta della divisa
nervosamente, come per farsi un po’ d’aria.
“Quell’idiota della Granger mi ha fatto mettere in
punizione dalla McGranitt!” esclamò.
Tutti iniziarono a sbraitare indignati alla notizia,
tutti tranne Pansy, che rimase come folgorata e dopo qualche secondo disse:
“Ragazze, scusate ma ho deciso chi sarà la mia vittima per quella scommessa”.
Daphne e Millicent la guardarono incuriosite, poi lei,
sempre sbuffando, disse: “Ma come, non ci siete arrivate?”
Loro scossero il capo, mentre Draco fece una faccia
storta poiché odiava quei loro insulsi giochetti e Tiger e Goyle si guardavano
come due scimmioni.
“Uffa… Chi meglio di Hermione Granger può essere
disegnata come la mia vittima?”
Negli occhi delle due ragazze si aprì un luccichio di
comprensione, e Daphne battè le mani soddisfatta.
“Ok, quindi è deciso” disse Millicent. “Io farò
diventare una ragazza facile, tutta trucchi e ragazzi, una di quelle tre…
Facciamo quella più secchiona, Mary Iang, e tu farai lo stesso con Hermione
Granger” .
Pansy annuì, decisa. “Abbiamo cento giorni di tempo”
dichiarò, mentre Draco si batteva una mano sulla fronte, esasperato, e si
strinsero la mano tra gli sguardi ammirati di Daphne.
Quella sera Pansy andò a cena soddisfatta, adocchiando
la sua ultima ed unica preda. Beh, non sarebbe stato facile, si disse,
osservando la chioma crespa e la faccia senza nemmeno un filo di trucco della
ragazza, ma lei ci sarebbe riuscita…. Dopotutto era o no Pansy Parkinson, la
regina delle scommesse?
Ciao! Beh, cosa ve ne sembra? Lo so, sono impegnata in
altre due fic, ma non potevo non scrivere l’inizio di questa, che mi è venuta
in mente qualche ora fa, non so nemmeno io come… Aspetto un vostro giudizio,
anche negativo, ma in tal caso vi prego di usare un po’ di tatto… Grazie ^^! La
vostra milly92.