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Autore: Arte84    25/03/2013    2 recensioni
Un destino che sembra già scritto, viene cambiato dal volere degli uomini. Ma un destino segnato, anche se deviato, può ritornare e decidere di far andare le cose così come dovevano essere fin dal principio. (Revisionata).
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni
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Capitolo X

 
Un leggero chiarore proveniva dalla finestra, ma la stanza era ancora buia. Artemisia aprì gli occhi, ancora stretta ad Arthur. Il giovane dormiva placidamente con il braccio destro a circondare i fianchi della principessa e le gambe intrecciate alle sue. Intrappolata in quella posizione non riuscì a muoversi e ne fu felice.
Alzò gli occhi per guardarlo: con gli occhi percorse il profilo del naso, la curva forte della mascella, la piega dolce delle labbra; e pensò a cosa si poteva provare a svegliarsi tutte le mattine per guardarlo così. Ma non s’intristì; quella mattina una profonda felicità le pervadeva l’anima.
Aveva ricevuto tanto in quei giorni passati assieme a lui. Anzi, troppo: più di quanto potesse desiderare nella situazione in cui s’erano infilati.
Le bastava, anche se non ne sarebbe mai stata sazia.
Spostò appena un ginocchio e Arthur, a quel movimento, rivolse la testa verso Artemisia con un gemito rilassato.
“Ti ho svegliato, scusa” sussurrò la principessa tirandosi su per accarezzargli i capelli.
“Non dormivo. Pensavo” rispose Arthur aprendo gli occhi per guardarla. Fu come se il cielo azzurro dell’estate le si palesasse davanti.
“Davvero? E a cosa pensavi?” chiese lei ridendo e perdendosi in quell’azzurro.
Arthur sbadigliò e poi assunse un’espressione pensierosa:“Che potrei inserire una clausola nel trattato: il re di Camelot e la principessa di Castlesea devono incontrarsi periodicamente… diciamo… ogni due settimane, per parlare di fondamentali questioni di potere, per il bene dei nostri regni. Magari in un luogo neutro…tipo Tintagel, ti piace Tintagel? So che quel posto ti è piaciuto quanto me”.
Artemisia annuì ridendo.
Lui continuò: “E Tintagel sia. Poi lì credo che cinque o sei giorni ci bastino. Me li farei bastare. Cinque o sei giorni ogni due settimane. Chiusi nella fortezza…a discutere…”
“Clausola sostanzialmente ridicola. Non credo che si possa fare”.
“Io sono il re e tu sarai regina. Possiamo fare quello che vogliamo”.
“Sai che non è così” rispose Artemisia con una vena di tristezza nella voce.
“Nemmeno una postilla?” insistette Arthur.
Artemisia fece no con la testa: ”Magari fosse facile così come hai detto. Per cosa poi? Essere amanti per tutta la vita?” chiese in tono amaro.
“Allora non voglio essere più il re di Camelot”.
Artemisia lo baciò per non sentire altre assurdità. Arthur la strinse facendo scorrere le dita sulla pelle morbida di lei. Sentendosi nuovamente eccitato dalle labbra della principessa, cambiò posizione mentre le accarezzava la schiena nuda, fino alle gambe.
“Devi andare via, è tardi” fece Artemisia con un mezzo sorriso.
“Dobbiamo finire di… discutere. Pensa di essere a Tintagel, a discutere di pace”.
Arthur seguì con la lingua la curva del seno di Artemisia.
“Sei uno stupido” ansimò la principessa.
“Non stupido. Pazzo. Per colpa tua” rispose Arthur, che continuava ad esplorare curioso il corpo della sua amata.
 
Come due adolescenti incoscienti delle cose della vita. Ecco, loro due erano questo.
Artemisia guardò la veste appoggiata sul letto: quella che avrebbe indossato per la firma del trattato. Sarebbe seguito un banchetto e anche le danze.
Accarezzò la morbida seta verde dalle cuciture d’oro illuminata dai raggi tiepidi del sole di fino inverno. Era l’ultimo giorno a Camelot prima di tornare a casa.
Arthur. Al pensiero di non rivederlo più, lo stomaco si ribellò. Era accaduto anche il giorno prima di sentirsi nauseata. Il nervosismo faceva brutti scherzi.
Aveva saputo che a Camelot girava una febbre intestinale e quindi pensò di passare da Gaius, prima di prepararsi.
 
Merlin rientrò nello studio e trovò Gaius intento a visitare Artemisia. La principessa, stesa sul tavolo, gli rivolse un sorriso, mentre l’anziano medico le tastava il ventre.
“Cosa succede? Non stai bene?” volle sapere.
Gaius si rivolse al giovane con sguardo greve: “Merlin, forse è meglio che attendi fuori”.
“Gaius, per me Merlin può anche restare” disse cortese Artemisia.
“Altezza, devo farle qualche domanda, diciamo… intima” intervenne serio Gaius.
“Ripeto: Merlin può restare. Però Gaius, non farmi preoccupare” disse in tono apprensivo mentre si rimetteva seduta.
Merlin si avvicinò per sedersi anch’egli.
Gaius sospirò e lanciò un’occhiata veloce a Merlin. Poi si rivolse ad Artemisia: “Ecco, mia signora. Avete avuto rapporti… intimi con qualcuno nelle scorse settimane?”.
Artemisia spalancò gli occhi: “Io… Cosa c’entra col mio mal di stomaco?”.
“E’ importante, altezza”.
Artemisia strinse le labbra e annuì, mentre Merlin guardava perplesso ora Gaius ora Artemisia, cercando di capire cosa stesse accadendo.
Gaius continuò: “Per caso avete notato se il vostro mese non si sia presentato con la sua ovvia regolarità?”.
La principessa aggrottò la fronte e si fermò un momento a riflettere.  Poi alzò gli occhi verso il medico con un’espressione allarmata.
Gaius capì lo sconcerto della fanciulla: “Credo proprio che siate in attesa, mia signora” sentenziò. Merlin sgranò gli occhi e quasi non cadde a terra da seduto.
Artemisia afferrò con forza il braccio di Merlin: “Merlin, non è possibile!”.
Gaius guardò il giovane con un’espressione stravolta: ”Merlin, tu cosa?”.
Il giovane mago alzò le mani: “Non guardare me! Io non ho fatto niente! E’ stato Arthur!”.
“Arthur? Volete farmi venire un infarto?” urlò Gaius.
Artemisia lasciò il braccio di Merlin per portarsi la mano davanti alla bocca per reprimere un singhiozzo.
“Dimmi che ti sbagli, Gaius. Che non ne sei sicuro” chiese quasi sussurrando.
“Sono sicuro, principessa” dichiarò serio il medico. Poi guardò Merlin: “Arthur? Il re e la principessa…” sussurrò a bassa voce. Il giovane mago annuì a conferma.
Artemisia si alzò per riprendere fiato dopo essersi accorta che stava trattenendo il respiro.
“Arthur ne deve essere informato” ammise Merlin.
“Assolutamente no!” disse Artemisia voltandosi verso di lui “Dobbiamo solo saperlo noi e nessun’altro. Non deve uscire fuori dalle pareti di questa stanza”.
“Mia signora, perdonatemi, ma…” intervenne Gaius.
“Vi prego, non informate Arthur ne nessun altro. Oggi ci sarà la firma, il banchetto… Domani tornerò a Castlesea. Arthur non deve sapere niente…” disse con voce rotta dalle lacrime, mentre misurava sconvolta a piccoli passi lo spazio tra il tavolo e la finestra.
Merlin si alzò e fermò Artemisia per le braccia: “Calmati e riflettiamo assieme”.
Artemisia annuì e lo abbracciò per abbandonarsi alle lacrime.


E Merlin vide. La pianura era una distesa di cadaveri, il cielo aveva assunto la stessa colorazione rosso ruggine del sangue che inzuppava il terreno. Mordred che ferisce a morte Arthur. Il silenzio e lo sgomento erano assordanti.
Poi, da lontano, sembra arrivare l’eco di un gemito squillante, come il pianto di un neonato. Abbassò lo sguardo su ciò che teneva stretto al petto: un fagotto avvolto in uno scialle bianco di lana filata.
“Albion non sarà abbandonata a sé stessa”.


“Merlin, cos’hai?”.
La voce gonfia di pianto di Artemisia lo riportò alla realtà. Gaius, accorgendosi di quanto accaduto al giovane amico, si alzò dal suo scranno: “Principessa, ora credo che sia meglio che riposiate. Andate nelle vostre stanze e dormite un po’. Verrà Merlin a chiamarvi quando sarà il momento di prepararvi”.
Merlin era ancora fermo immobile, anche dopo che Artemisia era uscita accompagnata da Gaius.
“Cosa hai visto?” chiese l’anziano medico.
Merlin si girò a guardarlo con un sorriso ambiguo: “Gaius, è possibile che ciò che era stato deciso circa il futuro di Arthur e Artemisia si sia ripresentato quando si pensava che le cose fossero andate diversamente? Mi spiego: era destino che Arthur e Artemisia si dovessero sposare, ma non è stato così. Nonostante ciò, gli eventi si sono modificati in modo tale che loro potessero comunque amarsi e quindi creare la generazione futura di Albion”.
“Il destino e le sue vie sono perlopiù sconosciute a noi mortali. Hai visto il bambino?”.
Merlin annuì. Gaius continuò seguendo il filo dei ragionamenti: ”Un’erede al trono che possa riunire due dei più potenti e ricchi tra i Cinque Regni sotto il suo dominio. Un dominio legittimo per nascita. Era ciò che volevano Uther e re Andrew di Castlesea. Anche se Arthur e Gwen avessero un figlio, oltre ad essere minore per età, non avrebbe la stessa legittimità a governare. Sappiamo che Gwen non è di provenienza nobile. E’ possibile che il sogno di Uther e di re Andrew si stia concretizzando ugualmente, nonostante le cose siano andate diversamente”.
“Da quanto tempo sapevi che erano amanti?” aggiunse poi improvvisamente in tono di rimprovero.
Merlin lo guardò con espressione colpevole: “Da prima che lo sapessero loro, forse. Non si può andare contro l’amore” concluse con una rassegnata alzata di spalle ed un sorriso
 
Non riuscì a riposare. Mille domande e nessuna in particolare le occupavano la mente. Comprese solo che sarebbe stato ancora più doloroso lasciare Arthur. Eppure sapeva che non poteva dirglielo. Avrebbe badato a se stessa e a quella piccola vita da sola. Non avrebbe dovuto più piangere come una bambina lamentosa.
Avvolta nel telo di lino dopo il bagno, Artemisia si sentì meglio anche dalla sensazione di nausea. Il vestito era ancora sul letto che l’aspettava. Se lo infilò: la seta verde scese morbida come una carezza lungo i fianchi. Non aveva il corpetto perché le cuciture in oro disegnavano delle morbide linee seguendo quelle del suo corpo, mentre una fascia dorata avvolgeva la stoffa sotto il seno. Lasciò i capelli lisci e morbidi lungo la schiena e le spalle, così come li portava sempre a Castlesea. Infine indossò il diadema di diamanti del suo regno e una collana d’oro con uno smeraldo a forma di goccia, che per la lunghezza della catena, s’appoggiò nell’incavo tra i seni.
Qualcuno bussò: “Avanti”.
“Artemisia, sei pron..” Merlin rimase a bocca aperta “Siete una vera regina, mia signora”. mormorò.
“Grazie, Merlin. Sei gentile”.
Gli si avvicinò, gli prese le mani tra le sue e i suoi occhi brillarono di tristezza: “Ti prego, Merlin non giudicarmi. Io amo con tutta me stessa Arthur. Il cielo mi ha fatto dono della possibilità di vivere questo amore per lui anche se per poco. Non so cosa accadrà da oggi in poi. Ma sento di essere pronta ad affrontare qualsiasi cosa per amor suo, soprattutto ora che il cielo mi ha fatto un altro dono. Non ho mai potuto parlare con te chiaramente, di sapere come la pensavi a riguardo. Anzi, mi hai consolato quando hai potuto. Ma non voglio che Arthur sappia niente, che soffra e così, più di tutti, Gwen. Aiutami. Sei caro ad Arthur e per me la tua amicizia è preziosa. Continuerai ad essermi amico?” .
Merlin aveva davanti una creatura meravigliosa: capì il perché Arthur ne era così innamorato. “Artemisia, il tuo segreto è al sicuro con me. Così come è sicura la mia amicizia”.
 
La principessa di Castlesea percorse la navata della sala del trono accompagnata dal fidato Carleon di Hir, sotto lo sguardo ammirato dei cavalieri di Camelot, della delegazione ospite e dei nobili del regno.
Arthur non riuscì a  nascondere l’emozione alla sua vista. Solo la regina, seduta sul suo trono, guardava davanti a sé, con volto impassibile.
Davanti ad Arthur era stata allestita una tavola coperta da un drappo porpora, sulla quale era aperta una grande pergamena con gli accordi scritti a mano dagli esperti scrivani di Camelot.
Il giovane re allungò la mano e accolse quella della principessa per accompagnarla accanto a lui. “Oggi è un giorno importante” esordì il sovrano a voce alta per essere ascoltato da tutti “Oggi il regno di Camelot e il regno di Castlesea si giurano nuova alleanza, in nome della pace e della prosperità tra i nostri popoli”.
Arthur appose la sua firma sulla pergamena e Artemisia fece lo stesso a nome di suo padre.
Il maestro di cerimonie sciolse della ceralacca sul documento e il re e la principessa premettero i rispettivi sigilli nel liquido rosso, per sancire l’alleanza.
I cavalieri, i delegati e i nobili applaudirono e inneggiarono al re, alla regina e alla principessa
  
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