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Autore: Atarassia_    25/03/2013    9 recensioni
-Io sto bene. Sei tu quello che ha dei problemi. E la prossima volta se dopo essere andato a letto con qualcuno non ne hai abbastanza, non ti azzardare a venirmi a cercare perché io non ci sto più!- esclamai sentendolo irrigidirsi e con le lacrime agli occhi mi allontanai fuggendo per le vie della città.- (Capitolo 7)
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La prima volta può deludere, dicevi "Fà piano" ed io pensavo a me mi chiedi persino se sei frigida volevi soltanto andassi via da te. Se sei andata in crisi c'è un perché tu eri bambina e non lo sei più che non è come immaginavi tu. [...]
Andiamo al centro, passeggiamo, vuoi? e da una vetrina forse scoprirai che le unghie a pelle non ti mangi più e all'improvviso capiremo noi che non è un problema di verginità, si è certo più donne quando non si ha, ma quel che graffia dentro è il crescere. (NEK - Cuori in tempesta)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Follie
Capitolo Uno
 

Mi svegliai presto anticipando la sveglia di qualche minuto. Rimasi distesa tra le coperte calde fissando il soffitto e facendo mente locale. Spostai lo sguardo verso la finestra, il cielo non prometteva nulla di buono. 
Si prospettava un’altra giornata di pioggia così, mi venne voglia di annullare tutti i miei impegni e restarmene riparata nel caldo del mio appartamento in compagnia di una buona cioccolata calda e di un bel libro.

Capendo che i miei desideri erano per quel giorno irrealizzabili, sforzandomi mi alzai e andai verso la finestra della mia camera che dava sulla strada. L’intera città era ancora addormentata, le tapparelle delle finestre erano ancora tutte abbassate, qualche macchina passava di tanto in tanto e si intravedevano qua e là le persone più mattiniere che raggiungevano il lavoro.
Aprii la finestra facendo entrare un po’ di aria fresca nella stanza e sospirando iniziai a prepararmi. Curiosai nell’armadio e optai per un paio di jeans chiari, un maglioncino grigio e un comodo paio di Ugg grigi che mi avrebbero tenuto i piedi caldi per tutto il giorno.
Dopo essermi vestita e aver rifatto il letto andai in bagno per finirmi di preparare. Mi sciacquai il viso, per poi truccarmi con un leggero filo di matita attorno agli occhi e un accenno di mascara e raccolsi i capelli in una morbida crocchia lasciando il collo scoperto.
Tornai di corsa in camera e finii di aggiungere le ultime cose nella borsa. Feci per uscire ma poi il mio sguardo ricadde su comodino e mi bloccai. Posto sopra il libro stava Lui. Quel maledetto foglio così innocente ma così colpevole.
Senza volerlo diventai rossa ripensando all’episodio avvenuto la settimana prima.

 

********
 

Abbassai lo sguardo sul foglio che mi aveva mandato tramite quel ragazzo:
“Sei più bella quando sorridi!”
Avvampai scorgendo quelle parole e subito guardai imbarazzata in direzione del ragazzo. Aveva buttato indietro la testa ridacchiando. Poi riprese il controllo di sé e sempre con il sorriso malizioso sulle labbra, mi fece un’ occhiolino allontanandosi dalla ringhiera. Rimasi per qualche istante a fissare il vuoto poi, qualcuno che si schiarì la voce mi riportò alla realtà.
Il ragazzo che aveva fatto da messaggero mi fissava in attesa di qualcosa.
–Serve qualcosa?- chiesi io confusa.
–Per la questione del libro, è tutto a  posto? Posso andare?- spiegò lui stranito.

-Mi scusi!- tentai di giustificarmi e terminai di registrare il volume dando il via libera al ragazzo.
Poi con mille pensieri per la testa, afferrai una pila di libri che dovevano essere sistemati negli appositi scaffali e mi avviai verso le varie corsie della biblioteca.
Depositai i primi libri e mentre mi accingevo a metterne via uno leggermente più in alto, alzandomi sulle punte persi l’equilibrio facendo cadere rovinosamente a terra i restanti libri.
Io, però, non toccai mai il pavimento.

Qualcuno da dietro mi aveva preso giusto in tempo. Sollevai lo sguardo e...Lui.
Mi sorrise e dopo essersi assicurato che sarei riuscita a rimanere in piedi anche da sola, si chinò per raccogliere tutte le cose che erano cadute. Me le restituì e poi si avvicinanò sussurrando.
–Fai attenzione o rischi di farti male!- e voltandosi, mi lasciò sola nella corsia.

La sua voce calda e roca mi aveva provocato non pochi brividi. Un calore mi aveva subito pervaso e sentii le parole morirmi in gola. Era un perfetto sconosciuto ma aveva già tutto questo potere su di me.

 

********

 
Dopo circa una ventina di minuti avanzavo nel freddo della città, tra le mani un bicchiere fumante di cappuccino e il volto semi-nascosto in una morbida sciarpa. Controllai l’orario sul telefono, le nove e un quarto. Ero in perfetto orario, l’università si stagliava immensa dinanzi a me.

Cercai con lo sguardo alcuni compagni del mio corso non riconoscendone alcuno. Mi avviai verso l’ufficio della segreteria per richiedere un modulo in vista degli imminenti esami. Mentre attendevo il mio turno lasciai correre il mio sguardo sulla stanza. In un lato c’erano due scrivanie sormontate da intere pagine di documenti ammassati in grandi blocchi, verso sinistra un’altra scrivania occupava la stanza ma questa, era decisamente più ordinata. Una signora stava  qui seduta dinanzi ad un computer servendo i ragazzi.
Un signore invece occupava una postazione dietro a questa e curiosava di tanto in tanto in degli enormi registri. La stanza era abbellita qua e là con delle piantine e, alle pareti, erano appesi quadri, disegni di bambini e delle foto appartenenti agli impiegati.
Una porta al mio fianco invece, lasciava intravedere i corridoi stracolmi di studenti che ancora assonnati indugiavano prima di entrare nelle varie aule. Accanto a questa vi era un enorme pannello che riportava la notizia di una conferenza prevista per il mese seguente, dedicata ad alcune persone della nostra università e ai frequentatori dell’università di filosofia.
Quando venne il mio turno, ritirai il modulo e poi in tutta fretta lasciai l’edificio universitario per avviarmi verso la biblioteca. Man mano che la mia meta si faceva più vicina, come già succedeva da qualche giorno, sentii nascere in me un forte desiderio.
Appena aprii la porta, salutai l’anziana inserviente e raggiunsi la mia postazione decisa a studiare almeno un capitolo del libro. Come al solito il mio occhio si posò verso la ringhiera del secondo piano e rimasi delusa per non avervi trovato nessuno. Guardai il resto nella stanza ma, nessuna di quelle persone era in grado di suscitare alcun interesse da parte mia.
Da quando quel ragazzo mi aveva scritto quel biglietto, ogni volta che mettevo piede nella biblioteca speravo di incontrarlo. Ma da più di una settimana lui non si era mai fatto vivo. Forse non era un frequentatore abituale di questi luoghi e quella volta, ci si era ritrovato per puro caso.
Per tutta la mattinata non feci altro che studiare, mi interrompevo di tantomeno tanto per servire i clienti o per sgranchirmi un attimo le gambe indolenzite.
-Beatrice, vai a mangiarti qualcosa. Qui rimango io dato che adesso non c’è molta confusione.- mi disse con voce gracile Teresa.
Era una donnina piccolina, faceva una tenerezza. Per tutta la vita aveva conservato con amore i libri, li aveva accuditi come se fossero i suoi figli. Oramai la consideravo come una nonna; sempre gentile, sempre pronta a spendere buone parole per tutti. Diceva di sfogare il suo istinto materno su noi giovani che le tenevamo compagnia nella biblioteca, non aveva avuto figli e quindi si consolava con noi.
-Sei sicura? Per me non c’è nessun problema, posso resistere ancora.- replicai io cercando di capire cosa fosse meglio per lei.
-No tesoro vai tranquilla. Qui ci penso io, tu vai a fare uno spuntino.- insistette lei sorridendo.
Così, capendo che la mia era una battaglia persa dal principio, afferrai la giacca, presi qualche appunto che avrei potuto revisionare durante i pasti e mi avviai verso un bar alla fine della strada. Entrai e subito il colore del locale mi investì in piena faccia; quasi tutti i tavolini erano occupati, una lunga fila sostava dinanzi al bancone.
Io mi avviai verso un tavolino appartato che dava sulla strada, mi tolsi la giacca ed attesi l’arrivo del cameriere. Ordinai dei tramezzini, le patatine e dell’acqua.
Nell’attesa di ricevere il mio pasto, inizia a scorrere i fogli apportando qua e là delle correzioni. Sentii qualcosa poggiarsi sul tavolo e prontamente sollevai il capo per ringraziare il cameriere ma rimasi paralizzata.
Dinanzi a me, non c’era alcun cameriere, ma c’era Lui.
-Ciao, ti ricordi di me? Noi ci siamo già incontrati ma non ho avuto modo di presentarmi. Piacere, Davide.-esclamò sorridendo. Io rimasi immobile, lo fissavo e, non appena incorocia il suo sguardo, avvampai.
I suoi occhi? Due pozzi senza fondo.
Verdi, grandi, le ciglia lunghe e lo sguardo intenso. Più lo guardavo e più mi perdevo nel suo sguardo. Sembrava mi scrutasse pure l’anima per quanto era intenso.
Diversamente dalla volta precedente, ora potevo guardarlo da vicino cogliendo tutti i particolari.
Non appena si accorse del mio imbarazzo sorrise malizioso e una fossetta si delineò sulla sua guancia sinistra; i capelli erano castani, tutti disordinati e sulle punte si arricciavano appena. Il naso dritto e piccolo, le labbra sottili, un accenno di barba incolta.
Indossava una giacca verde lunga fino a metà coscia che lasciava aperta permettendo così di vedere il maglione blu e i jeans che portava sotto.
Capendo la pessima figura che stavo facendo rimanendo nel più assoluto silenzio, mi feci coraggio e raddrizzando la schiena mi presentai.
–Piacere, Beatrice. E grazie per non avermi lasciata rovinare in terra la volta scorsa.-.
Davide accennò una risata e disse che era stato un piacere per lui.
Non potemmo aggiungere altro perché arrivò il cameriere con le mie ordinazioni; questi, vedendo il ragazzo, chiese se volesse anche lui ordinare qualcosa.
Mentre parlava con il cameriere, mi permisi di guardare Davide facendo ben attenzione a non farmi scoprire. Era bello, aveva il suo fascino. Sentii l’agitazione aumentare, le mani mi sudavano e dovetti più volte strofinarle sui pantaloni. Improvvisamente tutto il mio appetito era svanito, mi sentii accaldata e impreparata.
Per me queste situazioni erano insolite, non parlavo quasi mai con gli sconosciuti se non quando ero con le mie amiche, non sapevo come relazionarmi con dei ragazzi in quanto non avevo alcuna esperienza.
Mi ero sempre concentrata sul mio percorso scolastico e poche erano state le distrazioni che mi ero concessa. Le uscite con le amiche, un corso di nuoto, un solo misero appuntamento con il figlio di un collega di mio padre quando avevo sedici anni. Ma già dopo la prima uscita, capimmo che non ci sarebbe potuto essere niente tra di noi, io non ero il tipo per lui e lui non lo era per me.
Oltre a questo nulla. Mi piaceva uscire e andare al cinema o parlare seduta al bar con delle amiche, oppure uscire e vedere le vetrine dei negozi ma, la mia occupazione principale rimaneva lo studio.
L’ansia quindi era più che giustificata, temevo di dire qualcosa di sbagliato o di rimanere zitta tutto il tempo.
Lui invece, sembrava molto sicuro di sé.
Finito di ordinare riportò l’attenzione su di me.
–Allora, Beatrice, che mi dici di bello? Cosa stai facendo?- chiese lui poggiando i gomiti sul braccio.
–Oh..Io..Io sto studiando. Ma non voglio annoiarti.- iniziai a dire impacciata rendendomi conto che non avrei dovuto mettermi  a parlare dello studio.
Lui invece mi sorprese. –Non mi annoi mica! Che studi all’università?- domandò incuriosito.
-Letteratura.-  risposi.
–Letteratura? Vuoi diventare professoressa?- continuò lui, apparentemente sempre più interessato.
-In un certo senso.- dissi ridacchiando –Ma questa è un’altra storia. Te invece? Studi o fai altro?- chiesi io cercando di ricambiare con lo stesso interesse.
-Perché in un certo senso? Comunque filosofia, sono al terzo anno.- spiegò lui, io ignorai la sua domanda e mi concentrai esclusivamente su di lui.
–Filosofia? Non ti facevo un tipo da filosofia. Sei più uno…- imbarazzata mi bloccai.
Non so come ma, senza far nulla era riuscito a mettermi a mio agio e quindi mi ero lasciata andare senza rendermi conto di quello che stavo per dire.
-Sono più uno?- domandò lui con un’espressione divertita incuriosito da ciò che stavo per dire. In un istante avvampai di nuovo e cercai, senza fare nuove gaffe, di spiegargli.
–Ecco sembri più uno di quei ragazzi che pensano solo al loro corpo, quelli sportivi che si divertono e basta. Sai quelli senza cervello che pensano solo a divertirsi e non hanno una cultura. Forse lo sei davvero, ma…. Oddio… Cioè con questo non volevo assolutamente dire che sei senza cervello. Cioè io non… Beh, ecco io…-
Come non detto. Ne dissi un’altra delle mie e temetti di averlo offeso. Lo guardai ma lui stava ridendo con gusto e mi lasciai sfuggire un sorriso. La sua risata era calda, metteva allegria.
-Beh, Grazie. Sei davvero buffa quando ti imbarazzi.- disse lui riprendendo fiato.
-Ehi io non son buffa!- non finii dire ciò che mi resi conto di quanto invece avrei potuto sembrarlo e quindi guardandoci, scoppiammo a ridere entrambi.

 

********

 

-…..così finito di mangiare abbiamo finto di andare in bagno e, quando i proprietari del ristorante erano distratti abbiamo fatto il fugone. Ci hanno rincorso per metà strada.- raccontò Davide ripensando ad alcune avventure che aveva fatto con gli amici.
-Ma povere persone. Siete proprio degli scellerati.- dissi io indecisa sul da farsi. Non sapevo se ridere per la comicità della situazione o condannare quell’azione per me immorale.
Avevamo lasciato il bar da poco. Lui aveva insistito per accompagnarmi fino alla biblioteca ed io ero rimasta lusingata dalla sua decisione così tanto che non me la sentii di rifiutare la sua compagnia.  Per tutto il tempo non avevamo fatto altro che parlare, riusciva senza molti sforzi a farmi andare contro la mia timidezza, riuscendo domanda dopo domanda ad aprirmi.
Ogni tanto me ne scappavo con una delle mie solite frasi e sprofondavo nella vergogna ma, lui, non ci dava peso e riusciva a farmi ridere. Mentre attraversammo la strada faceva il buffone imitando le camminate strane di alcuni passanti oppure salutava la gente a sproposito.
Era semplicemente folle.
Aveva un modo di vedere la vita tutto suo, buttava le cose sempre sul ridere. Prendeva le cose così come venivano, sorrideva sempre ma allo stesso tempo rimaneva scostante. Ti lasciava intravedere qualcosa ma non riuscivo veramente a comprenderla che lui già l’aveva mascherata.
Mentre camminavamo si era preparato una sigaretta e a metà strada se l’era accesa. Io rimasi incantata a guardarlo inspirare ed espirare il fumo. Aveva un qualcosa di intrigante.
-Vuoi?- chiese  porgendomi la sigaretta.
-No, grazie. Non fumo. – risposi prontamente.
-Hai mai provato?- continuò lui.
–No e non intendo farlo.- ribadii io fiera della mia scelta.
-Ma se non hai mai provato come fai a dire che non ti piace?- disse lui ghignando.
–Beh… io…. È una cosa che fa male! Lo sanno tutti!- provai inizialmente a rispondere in modo convincente alla sua domanda ma, essendo a corto di risposte, mi arrampicai sugli specchi.
-Visto? Dovresti provare prima di giudicare!- ammiccò verso di me porgendomi nuovamente la sigaretta.
–No, ci tengo alla mia salute.- ribattei decisa scansando nuovamente il suo braccio.
–Testarda la ragazza.- concluse lui la schermaglia ridendo.
Svoltammo l’angolo trovandoci davanti all’ingresso della biblioteca. Mi voltai verso di lui non sapendo cosa dire ma mi anticipò.
–Beh eccoci qui. Io vado perché a giorni ho un esame e devo prepararmi. Prometto che, dopo  averlo dato, passerò a trovarti e magari potremmo anche uscire una di queste sere. No?- disse avvicinandosi sempre di più. Io lo fissai imbarazzata. Voleva uscire con me? Avevo sicuramente capito male.
-Allora ci vediamo. È stato un piacere conoscerti, Beatrice.- continuò con voce roca baciandomi una guancia. Le sue labbra morbide e inumidite sfiorarono appena l mie guancia provocandomi scariche di piacere. Sentii le gambe farsi molli e il battito cardiaco accelerare.
Si ritrasse lentamente guardandomi in viso e, scorgendo gli effetti che produceva su di me, fu soddisfatto.
Mi sorrise un’altra volta e potei giurare di non aver mai visto niente di più bello. Poi, mi superò e continuò per la sua strada.
-Ciao…- il mio saluto debole si perse nel vento e, con il cuore che mi scoppiava dall’emozione, entrai nell’edificio.



Ciao! ^_^
Ecco a voi il secondo capitolo della storia.
Non ho avuto il tempo di rileggerla quindi potrebbero esserci degli errori,
se ne trovate qualcuno di eclatante fatemelo subito sapere e provvederò a correggerlo.
Comunque, è la prima volta che mi cimento in questo genere di storie e spero che il risultato sia accettabile!
Fatemi sapere voi: se avete critiche o commenti vari da fare, lasciate una recensione e sarò onorata di leggerle!
Detto questo, vi lascio!
A presto,
Baciiii :D

   
 
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