Scusate il ritardo, ma
l’ispirazione è dura da trovare nello stress della vota reale (mannaggia agli
impegni…). Inoltre contemporaneamente sono impegnata in altri due
progetti di raccolte, per cui ho il cervello diviso in
tre (due, non esageriamo: gli altri due progetti sono entrambi sullo stesso
teme,
Grazie per le
recensioni! ^^ E’ bello vedere che non sono l’unica ad amare ‘sti
due pasticcioni imbranati…
Ah, Ginny85 ho letto
la tua one-shot! Mi è piaciuta tantissimo,
ogni tanto me la rileggo perché mi fa sempre sospirare (dolceeeeeezzaaaaaa… ^///////^)… Davvero
complimenti!
Va bene, basta
chiacchiere, vi lascio al capitolo. Buona lettura! ^^
04. Our distance and that
person
“Bé? Che ci fai qui?”
Alzo gli occhi dalla mia tazza di caffè lungo, per trovarmi davanti Takagi, approdato al mio tavolo dopo varie sgomitate tra la folla della caffetteria della centrale.
“Sono al lavoro, forse?”
“Appunto. Che ci fai qui al lavoro, oggi?”
Si siede davanti a me, senza togliersi la maschera di stupore che sa indossare sempre così velocemente.
“Ma c’è dell’alchol nel tuo caffè? Perché non capisco affatto di cosa stai parlando…”
“Dell’anniversario della sua morte. Non dirmi che…”
Me ne sono dimenticata. Già.
Oggi è quel giorno, quello stesso giorno di quattro anni fa, e io me ne sono dimenticata.
Mi sono dimenticata di prendermi il giorno libero, di passarlo davanti la sua tomba, a pregare e a farmi le solite domande stupide piene di ‘se’ e ‘forse’.
Me ne sono dimenticata.
O no?
“E allora?”
“Allora… ehm… nulla.”
Mescola il liquido scuro aggiungendo quintali di zucchero. Il cucchiaino tintinna battendo contro i bordi della tazza, fa traboccare alcune gocce di caffè, ma lui non se ne accorge: è troppo impegnato a scrutarmi preoccupato, come sa fare solo lui.
“Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato, con lui…”
Passa dalla preoccupazione al panico con una velocità che mi sorprende, tutte le volte. So bene che non ha molta fiducia in se stesso, questo forse è il suo più grande difetto. E il suo più grande pregio, quando l’insicurezza si ridimensiona nella sua naturale modestia.
“Ogni volta che sono uscita con un uomo, dopo di lui – non tante volte, per la verità – ho passato serate intere a paragonare tutto a lui, a quello che avrebbe potuto darmi, a come avrebbe potuto rendermi felice o triste o semplicemente me stessa. Non facevo altro che pensare ‘Lui avrebbe fatto così, mi avrebbe portato lì, mi avrebbe detto queste cose, mi avrebbe baciato in una altro modo, mi avrebbe fatto sentire in un altro modo’. Pensavo questo, ogni volta.”
Ma prende la mano, la copre con la sua, sul tavolo lucido su cui scivolano granelli di zucchero vagabondi.
“Tranne che con te.”
Per questo, oggi non sono andata.
“Quando sono con te, non mi chiedo come sarebbe stato, cosa sarebbe diventata la mia vita, come sarei cambiata io stessa…”
Per questo, non ho aspettato questo giorno con ansia, come un anno fa.
“Quando sono con te, non mi chiedo nulla.”
Per questo non ho dimenticato nulla tranne i rimpianti. Quelli non mi servono, non più.
“Perché quando sono con te, non c’è nulla da chiedere, nulla che non sappia già, nulla che tu non mi dia, nulla che tu non possa farmi sentire.”
Le mani sulla mia, ora sono due, anche se una non puoi vederla.
Ma sparisce in fretta, come se fosse stata lì per rassicurami, per dirmi che sì, finalmente quella era la scelta giusta, la prima della mia vita.
Mi sorridi, e sembra strano, ma senza la barriera opaca dei miei rimpianti davanti agli occhi, quel tuo sorriso che mi piace così tanto, lo amo ancora di più.
Non ho più bisogno di immaginare quello che grazie a te ho già.
Non mi resta che accettare quello che finora mi hai dato, quello che continuerai a darmi – tu dai, e non ti aspetti mai nulla in cambio, sei fatto così - impegnandomi per ricambiare tutto questo amore, in qualche modo, come non sono mai stata capace di fare.
Ma adesso, ora che la distanza tra noi sembra essersi annullata, ora che non c’è più nulla, nessun ostacolo, nessuna differenza tra quello che desidero e quello che ho, ora penso di poterlo fare.
Grazie.
Grazie del bacio, che mi stai dando, mentre stringi la mia mano, sul tavolino del bar.
Grazie per fare finta di ignorare i miei occhi lucidi, asciugandoli senza saperlo con una delle tue carezze gentili.
Grazie per esserci, sempre, per essermi vicino, il più possibile, nonostante le mie resistenze, i miei difetti, i miei fantasmi.
Grazie per aver aspettato.
Per aver aspettato, pazientemente, che mi avvicinassi a te con le mie forze.