Film > Sherlock Holmes
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Autore: Haibara Stark    26/03/2013    2 recensioni
"Se fosse stato un po’ più attento, come era sempre solito fare, probabilmente Sherlock Holmes avrebbe sentito il cuore del dottore incrinarsi. Segretamente sperava di cogliere questo leggero suono, lo stesso che aveva fatto il suo di cuore quando aveva capito che non sarebbe riuscito a convincere il vecchio amico a restare, a non sposarsi. Ma lui non sapeva niente di sentimenti, era risaputo, e non si accorse di come esso ebbe invece prodotto un suono forte e sordo. " || Holmes lascia il Paese per seguire un caso ed al suo ritorno porta con sé una (s)gradita sorpresa al dottor Watson. Misteri, bugie e segreti. I nostri protagonisti si trovano ad affrontare i loro fantasmi, mentre un nuovo antagonista cospira avvolto nell'ombra.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Movieverse | Avvertimenti: Triangolo
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NDA:  Alla fine dello scorso capitolo mi sono dimenticata di dirvi
che nel corso della storia ci saranno salti temporali, iniziando da questo.

Grazie dell'attenzione, buona lettura ~

 
•••

Hope Castiel [3] aveva sempre saputo che un giorno sulla sua strada sarebbe comparso Sherlock Holmes, ma mai in tali vesti e circostanze. Anche se inizialmente era stata così presuntuosa dal tentare di ingannarlo, ora aveva la certezza che tal cosa  non fosse nemmeno minimamente plausibile. O almeno non del tutto.
Holmes era l’uomo più intrigante in cui si fosse mai imbattuta e Hope sfoggiava il suo nome su di sé con orgoglio e soddisfazione. Come avevano previsto, la notizia che il gran detective aveva preso moglie si era estesa a macchio d’olio ed erano entrambi soddisfatti di tal risultato. Però a Hope era evidente che a render Holmes così pago fosse in particolar modo la reazione del dottor Watson al riguardo. Dal momento esatto in cui aveva messo piede in quell’appartamento  era stata spettatrice di una gelosia quasi mal sana, soffocata malamente dietro le parole e che trapelava indisturbata dalla pelle. Le risultò facile inquadrare la situazione, ma non se ne preoccupò; provò anzi un cinico divertimento nell’inventar dettagli e aneddoti riguardanti Holmes solo per veder la reazione del buon dottore. Suo marito non si rendeva realmente conto di ciò che scatenava in lui e nemmeno di quanto fosse diventato un buon osservatore. Indubbiamente lei aveva marcato molto sulla recitazione, ma era sicura che lui avrebbe colto comunque che qualcosa non quadrava. Infondo lei era comparsa dal nulla nelle vesti della sposa del suo migliore amico, per cui era normale che nella sua mente serpeggiasse il dubbio che vi fosse qualcosa di losco dietro ai suoi sorrisi. Ma dopo gli ultimi avvenimenti, Hope si sentiva terribilmente in colpa. Il dottor Watson si era evidentemente convinto, infine, che non ci fosse alcun inganno. Lei era un’ottima osservatrice e se la cavava bene nella difesa personale, senza contare che non si faceva intimidire facilmente. La conclusione più ovvia era che Holmes se ne era innamorato per questi motivi. Indubbiamente il detective apprezzava queste doti in lei, ma mai l’avrebbe amata, sfortunatamente, e l’idea che anche il dottore si fosse convinto di tale menzogna l’angosciava. Eppure erano questi i piani…
“I tuoi pensieri sono chiassosi.”
Spostò leggermente lo sguardo fino a poter cogliere il suo profilo perfetto nell’ombra.
“Anche i tuoi.”
Non rispose. Hope sospirò e si voltò verso il lato opposto, ranicchiandosi sotto le coperte. Iniziò a simulare un respiro pesante, nonostante tenesse gli occhi aperti e fissi sulla buia parete. Aveva imparato presto a farlo, a fingere di dormire. Era il metodo migliore per evitare sfuriate alcoliche alquanto inutili e moleste. Ma, a parte queste spiacevoli e personali esperienze, chiunque crescesse in un circo sapeva perfettamente che recitare è l’unico modo per sopravvivere, perché mentire non è abbastanza. Ed era da sempre così che Hope aveva vissuto: su un enorme palcoscenico. Si mosse lievemente sotto le coperte, accoccolandosi nel loro torpore. E mentre le palpebre si arrendevano al peso della stanchezza, il suo pensiero tornò al dottor Watson e alle sue parole di quella sera. Sapeva per certo che Holmes non avrebbe mai chiarito veramente la situazione, per cui stava a lei farlo. Gli occhi si chiusero e Morfeo la prese tra le sue braccia, facendo svanire quella ragnatela di pensieri.

•••

L’indomani Watson fu molto colpito dal constatare che Hope non era intenta a ricamare seduta su quel lato del divano ormai di suo possesso, cosa che era solita fare tutte le mattine a quella data ora. Si accomodò al tavolo e fece colazione, anche se leggermente allarmato dalla sua assenza. Passò parecchio tempo prima che la porta che conduce agli alloggi si aprisse e facesse entrare Mrs. Holmes. L’apprensione di Watson crebbe quando piegò leggermente il giornale per guardarla; le sue guance erano pallide e le sue labbra spente.
“Vi sentite bene?” Le domandò, riponendo il giornale.
Lei camminò fino al divano prima di rispondere: “Sto bene, la ringrazio.”
Si sedette, ma si mosse presto nervosa, per poi poggiare le belle mani sulle ginocchia e rialzarsi.
“Ne siete certa? Spero di non sembrarle petulante e inopportuno, ma mi appare irrequieta. E’ dunque, forse, successo qualcosa?”
Sistemando le pieghe dell’abito, si mosse ancora raggirando il sofà.
“Siete molto gentile a preoccuparvi. Ma no, niente è accaduto. Sono costernata di averla fatta preoccupare.”
Il dottore non le credette. Quel comportamento era completamente insolito e stonava con le sue solite abitudini. La osservò spostarsi nuovamente con gesti poco fluidi fino alla finestra, dove si soffermò per un po’ a guardar fuori prima di ricominciar a vagare per la stanza. Non era certo necessario aver convissuto con Sherlock Holmes per intendere che qualcosa la turbava. Pareva quasi non sapere che fare, come se cercasse di mutare le sue consuetudini.
“Dottor Watson?” Disse ad un tratto, guardandolo seria. “Mi domandavo se le fosse congeniale l’idea di accompagnarmi in una passeggiata.”
Lui ricambiò il suo sguardo con leggera perplessità. “Non credo che sia una cosa opportuna.”
“E perché mai?”
“Lei è la moglie di Holmes e la gente potrebbe fraintendere e parlare.”
“E il fatto che la gente parli la preoccupa sempre molto?”
Watson soppesò le sue parole con cura prima di risponderle. Pareva quasi che non si riferisse soltanto a quel fatto specifico, ma non poteva essere altrimenti. Cosa poteva saperne lei delle motivazioni che l’avevano spinto al matrimonio?
“La reputazione di un gentiluomo o una gentildonna è molto importante.”
“La prenderò come una risposta affermativa.” Lo raggiunse, parandosi davanti alla sua poltrona. “Allora io la prego, dottore. Ho paura ad uscire da sola dopo gli avvenimenti della notte passata e mi sentirei più al sicuro se lei fosse al mio fianco.”
Quelle parole colpirono dritto al punto, Hope poteva vederlo dall’espressione leggermente mutata del suo interlocutore. Restò in attesa, sicura di esser riuscita nel suo scopo. Ed infatti Watson accettò, ligio alla sua morale e convinto che le parole di ella fossero sincere.
Il cielo era terso e l’aria conservava ancora un po’ del freddo pungente dell’inverno che di lì a poco sarebbe stato solo un ricordo; Watson procedeva attento, stringendo il suo bastone, mentre Hope passeggiava accanto a lui ad un passo di distanza, per evitar malizie. Camminarono per lo più in silenzio, fino a quando gli insistenti tentativi di conversazione di lei riuscirono a coinvolgere il dottore, il quale, però, restò sempre all’erta come ogni bravo soldato. Non poteva certo immaginare che la tempesta da cui era pronto a difendersi in realtà li stesse aspettando a Baker Street.
Quando rientrarono nel salotto del 221B, Holmes se ne stava seduto sulla sua poltrona, le gambe accavallate e le mani giunte, mentre con lo sguardo fisso inseguiva un pensiero. Watson intuì subito che qualcosa non andava e ne ebbe la conferma quando l’altro posò gli occhi su di loro.
“Dove siete stati?” Chiese in modo freddo. “No,” Si alzò. “non rispondete. So benissimo dove siete stati.” Avanzò nella stanza, sulle labbra un sorriso tutt’altro che cordiale.
“Holmes” Esordì il dottore, sinceramente allarmato dall’espressione sul volto del detective, ma venne zittito sul nascere da quest’ultimo, che si rivolse alla moglie.
“Credevo di averti detto che non dovevi uscire.”
“Hai detto che mi saresti stato grato se non lo avessi fatto.”
“Era un modo cortese per dirti che era una cosa categoricamente da non fare!”
“Non vedo dove stia il problema. Non ero da sola, c’era il dottore con me.”
Quando Hope terminò quella frase fu come se Holmes si fosse reso conto realmente solo in quel momento che anche Watson era presente nella stanza e lo guardò in un modo mai avvenuto dinanzi. Il dottore provò una fitta di ansia mista a preoccupazione.
“Perché lo ha fatto?”
“Sua moglie mi ha chiesto se potevo accompagnarla ed io l’ho accontentata.”
Rise, schernendolo. “Il solito gentiluomo, non è vero? Credevo avesse un po’ più di buon senso!”
“Prego?” Domandò risentito.
“Siete stati aggrediti solo un giorno fa! Qui, in queste stesse stanze! E lei acconsente ad accompagnarla in giro per la città mettendo a rischio entrambi!”
Watson gonfiò il petto, sulla difensiva. “Sono un soldato, so come si proteggono le persone!”
“Se le cose stessero veramente così, saprebbe quando sta esponendo qualcuno ad un rischio inutile!” Gli puntò contro il dito indice, furioso come non lo aveva mai visto.
Non poteva credere alle sue orecchie. “Dio Holmes, proprio lei mi parla di mettere le persone in rischi inutili!”
“Qui non stiamo parlando di me, ma di lei! E…”
“Forse se non stesse sempre in giro a bazzicare –”
“… Mi ha deluso molto.”
Watson si interruppe, sentendo la voce venirgli meno. Deluso. Lo aveva deluso. Per cosa poi? Per avere concesso protezione alla moglie del suo migliore amico, quando quest’ultimo si trovava chissà dove? Provò una morsa allo stomaco.
“Siete ingiusto.”
“Sherlock, ti prego. Non è sua la colpa.” La voce di Hope, che era rimasta ad osservare la scena in silenzio, parve perdersi nell’aria, mentre il detective proruppe in una nuova risata di scherno.
“E così sarei ingiusto? Allora mi dica, dottore, è forse cosa assennata portar allo scoperto mia moglie dopo l’aggressione da voi ricevuta?... No, vero?”
“So come comportarmi in tali circostanze.”
“Lo dimostrano appieno i fatti di ieri sera.” Lo sbeffeggiò.
“La cosa era ben diversa.”
“In cosa, di grazia?”
“Lei non c’era!” Sbottò Watson, incapace di trattenersi oltre. “Cosa vuole saperne di come sono andati veramente i fatti!”
“Dopo tutti questi anni sottovaluta ancora le mie abilità deduttive?”
“No, anzi, l’ho sopravvalutata credendo fosse in grado di prendersi cura di sua moglie proteggendola in prima persona. Ovviamente mi sbagliavo.”
“Crede forse che passi le mie giornate nel parco a giocare a scacchi?”
“Credo che stia affrontando la situazione in maniera errata.”
“Naturalmente lei sarebbe in grado di fare di meglio!”
“Non è ciò che ho detto!”
“Ma l’ha insinuato!”
“Vi prego, smettetela.” Hope alzò leggermente il tono di voce. “Sherlock -”
“Il fatto che lei sia da sempre un don Giovanni e sia stato sposato non le dà il diritto di farmi la morale!”
“Sta delirando!”
“Sherlock -”
“Non sono mai stato più lucido in vita mia!”
“Per l’amor di Dio, smettetela!”
“Mi permetta di dissentire!”
“Tutta questa situazione è ridicola – ”
“Se c’è qualcuno che delira qui dentro quello è lei!”
“Sta di gran lunga insultando la sua intelligenza in questo momento!”
“Dottore, almeno lei, la scongiuro – ”
“E lei sopravvaluta la sua!”
“Non accetto una tale insinuazione da lei!”
Hope schiuse le labbra, con il nuovo intento di farli ragionare, ma la consapevolezza che a nulla sarebbero valse le sue parole la fece desistere. Mai si sarebbe aspettata di essere spettatrice di una tale discussione, che man mano prendeva pieghe sempre più preoccupanti, ed anche la sua pazienza cominciò a scemare.
“Smettetela! Noi due non siamo sposati!”
Il silenzio calò greve intorno a loro e il tempo parve congelarsi in quell’istante. Il dottore rimase immobile, con le labbra leggermente dischiuse in un intento di controbattere ormai scemato e gli occhi leggermente sgranati a guardare Sherlock Holmes, anch’egli immobile, mentre nelle orecchie le parole della donna riecheggiavano come in una caverna buia. Noi due non siamo sposati. Cosa diamine stavano a significare quelle parole? Che assurdità era mai quella? Vide il volto dell’amico tramutarsi in pura pietra, un attimo prima che si voltasse verso Hope.
“Sarai soddisfatta.” Le disse con tono incolore, segno, Watson lo sapeva bene, di una rabbia fuori dall’ordinario. Lei strinse i pugni e sostenne il suo sguardo, senza lasciar trasparire alcun segno di cedimento, fino a che il detective lasciò la stanza, chiudendosi la porta della propria camera alle spalle.
La mente del dottore vorticava senza pace e il suo corpo fremeva sotto le carezze voraci di emozioni troppo contrastanti. Il suo cuore pompava sangue in maniera eccessiva e ben presto si vide costretto a sedersi, seguito da quella che fino a qualche minuto prima conosceva come la moglie del suo migliore amico. Chi era costei?
“Chi è lei?” Domandò prima di poterselo impedire, ritirando il braccio a un suo tentativo di tranquillizzarlo. “Che cosa ci fa in questa casa?” Alzò lo sguardo su di lei, trovando un sorriso amaro.
“Sono Hope.” Rispose. “Sempre e solo Hope.”

•••

Sherlock Holmes la guardava – o meglio, la scrutava – da dietro le mani intrecciate, con gli occhi colmi di curiosità. La ragazza si concesse un attimo per perdersi completamente in quel cioccolato striato di verde e giallo prima di accavallare le gambe a sua volta ed incominciare.
“Mi permetta, in primis, di scusarmi ancora con lei per questa intrusione notturna. Le assicuro che se non fosse strettamente necessario alla mia incolumità sarei venuta a farle visita domani mattina – o forse dovrei dire tra qualche ora.” Sorrise. “Il mio nome è Hope Castiel e sono una ladra professionista. Forse le apparirà sciocco che stia dicendo una cosa del genere proprio a lei, ma è a causa del mio mestiere che mi trovo qui a chiedere il suo aiuto. Deve sapere, Mr. Holmes, che ho malauguratamente… messo i bastoni tra le ruote a un pezzo grosso. Credo conoscerà il magnate Timothy Carlton, sì? Ebbene, ho effettuato una rapina a suo danno qualche settimana fa, venendo a conoscenza che la maggior parte degli oggetti d’arte che commercia sono dei falsi. Immagini il mio disappunto quando mi sono trovata con niente in mano! Ma ciò che mi ha condotto da lei stanotte è che l’uomo è venuto in qualche modo a conoscenza della mia identità e già più volte è stato attentato alla mia vita.”
Il detective scavallò le gambe e vi appoggiò i gomiti, protendendosi verso di lei. “Vuole che incastri Carlton per lei?”
“Sarebbe una cosa carina, sì.” Gli sorrise in modo sfacciato. “Ma soprattutto ho bisogno della sua protezione finché non sarà dietro le sbarre di Scotland Yard.”
“Questo implicherebbe un controllo ventiquattro ore su ventiquattro.”
“A questo proposito, ho una proposta per lei.”
“La ascolto.”
“Un matrimonio. Falso naturalmente, ma pur sempre un matrimonio.”
Sherlock Holmes ponderò le sue parole una ad una prima di rispondere: “Mio fratello Mycroft può fornirci dei falsi documenti matrimoniali. Dovremo prevenire qualsiasi possibile smentita esterna.”
Hope sorrise compiaciuta. “Devo prenderlo per un ?”
Gli occhi del detective tradivano una certa eccitazione mentre esponeva a Hope il piano che avrebbero messo in atto di lì a due giorni e la sua mente gioiva ogni qualvolta entrava in contatto con quella della ragazza, così deliziosamente scaltra e piena di quell’arguzia tanto tipica dei ladri. Per quanto lo desiderasse, però, non riusciva a scacciare quella malinconia, che gli afferrava quel muscolo cardiaco chiamato cuore, nel ricordare Irene Adler. Anch’ella era una ladra sveglia e brillante e si era trovata pedina di un gioco troppo grande per lei. Non avrebbe permesso che anche Hope facesse la stessa fine.
Quando Hope comparve sul marciapiede che accostava i binari, Holmes sorrise dell’accuratezza del suo travestimento:  indossava un abito nero tenuto in vita da un fiocco, mentre guanti color panna con dettagli neri vestivano le mani che reggevano una borsa da viaggio [4]; i capelli, raccolti in una crocchia, erano del colore della paglia e i suoi lineamenti erano stati imbruttiti e invecchiati dal trucco. La seguì con lo sguardo finché non salì sul treno e dopo poco tempo la porta dello scompartimento si aprì. Lei lo osservò qualche secondo prima di esclamare: “Un’istitutrice e un vecchio parroco. Direi che non è proprio niente male!” Il treno marciò, fino a condurli al cospetto del canale della Manica, dove presero un traghetto per la Francia. Giunti sul continente Europeo proseguirono nuovamente in treno, lasciandosi alle spalle quel gentile vecchietto e quella donna un po’ severa. Seduti l’uno di fronte all’altro, Holmes le mostrò le carte che era riuscito a procurarsi.
“Basterà solo qualche firma e per il mondo saremo ufficialmente sposati.”
“Essere la moglie di Sherlock Holmes,” Esordì, prendendo una boccetta di inchiostro color pece dalla borsa. “quale onore!” Firmò con mano ferma. “Dato quello che si legge su di lei, suppongo che nessun’altra avrà mai tale privilegio.”
“Non vedo quale privilegio possa mai esserci nell’essere mia consorte.”
“Avete ragione. Nessuna donna proverebbe orgoglio nei suoi confronti.”
Sorrise della sua ironia. “Provare orgoglio non è un privilegio.”
“Esso sta nell’essere l’unica a poter dire Mio marito nella sua carriera ha arrestato più persone di tutta Scotland Yard messa insieme.”
“Questo glielo concedo.”
“Sarà la prima cosa di cui mi vanterò apertamente.”
“Non conosco bene le convenzioni sociali in questo ambito, ma credo” Mise la mano destra in tasca. “che vorrà vantarsi prima di questi.” Ne estrasse una scatolina di velluto verde scuro e con un gesto dell’altra mano tolse il coperchio, mettendo in mostra due fedi d’oro bianco e un anello di fidanzamento con incastonato  al centro un piccolo solitario. Lo stupore della donna fu palpabile.
“Oh, io credo che le conosca bene invece!” Avvicinò il volto a quelle meraviglie così preziose. “La ringrazio, ma ciò non è necessario…”
“Dobbiamo rendere le cose più realistiche possibile, ricorda? Anche se mi rincresce dirle che, aimè, non posso fargliene dono a lungo termine. Alla fine delle indagini dovrò riaverli indietro.”
Alzò lo sguardo su di lui. “E li riavrà. Sono una donna di parola.”
Sorrise. “Bene.” Prese i due anelli e li fece scivolare uno alla volta all’anulare sinistro di lei, che fece altrettanto con la sua fede. “Ora siamo ufficialmente sposati.”

•••

“Deve capire, Watson” proseguì lei, giocando con la sua fede nuziale “che se non l’ha messa a parte di questo piano è stato solo per proteggerla. Meno gente fosse stata a conoscenza delle finte nozze e meglio il gioco sarebbe riuscito.”
Il dottore rimase in silenzio, guardando il vuoto davanti a sé. Nonostante provasse risentimento nei confronti di Holmes per averlo tenuto in disparte, non riusciva a impedirsi di provare una gioia estrema per aver appreso che essi non erano veramente coniugati.
“Sì, sì. Comprendo… Comprendo molto bene.” Si schiarì la voce, voltandosi a guardarla. “Mi rincresce che abbia dovuto assistere a un diverbio di tale genere. In fede mia -”
“Non deve preoccuparsi dottore.” Gli sorrise. “Lei conosce Sherlock indubbiamente da più tempo di me, e sa bene a che livelli può arrivare la sua testardaggine.”
Watson venne incredibilmente infastidito dall’uso improprio che la giovane donna aveva fatto del nome del suo amico, visto che non era legata a lui da alcun legame, ma tentò di non darlo a vedere. “Sì, credo di poter dire di conoscerlo molto bene.” Si rese conto che la voce l’aveva tradito, ma se Hope lo aveva notato non ne diede segno.
“Ritengo sia doveroso da parte mia raggiungere il mio consorte.” Marcò le ultime due parole con fare divertito. “L’aver svelato i nostri piani a bella posta non credo sia stata cosa a lui gradita.”
“Non posso contraddirla.”
“Bene.” Si alzò dal divano, su cui si era seduta durante il suo racconto, e sistemò le pieghe dell’abito. Mentre si accingeva verso la porta, il dottore la fermò:
“Era veramente preoccupata di venire attaccata stamane?”
Lei sorrise debolmente alla porta, dandogli le spalle. “Sì.” Rispose. Non aggiunse altro ed abbassò la maniglia.

•••

“Immagino che le tue gesta ti rendano fiera di te.”
Hope non aveva mai sentito un tono di voce più neutro di quanto non fosse quello di Sherlock Holmes in quel momento, ma sapeva benissimo che non era certo un buon segno. Il detective era indubbiamente in collera con lei. Aveva disubbidito a ben due sue richieste nell’arco di una manciata di ore. Un record quasi imbarazzante. La serratura schioccò alle sue spalle, mentre chiudeva la porta col peso della schiena.
“Ho fatto ciò che ritenevo giusto.” Disse, osservando la schiena di Holmes.
Lui sbuffò in una risata sarcastica. “Credevo avessimo la stessa idea di ciò che era giusto per questa impresa.” Si voltò a guardarla.
“Le cose stavano degenerando. Sai bene quanto me che il dottor Watson aveva intenzione di trasferirsi.” Fece una pausa. “Una volta che il caso sarà chiuso tutto ciò che ti resterà di me sono due anelli.”
“Potresti restare.”
“Non è ciò che vuoi.”
“Come fai a sapere ciò che voglio?” L’astio fece capolino dalle sue corde vocali. “Continui a sopravvalutare molto le tue capacità.”
“Forse hai ragione, gran detective, ma in questo caso credo di aver imboccato la strada giusta.”
“La tua convinzione quasi mi commuove.” Mosse qualche passo verso di lei, che fece altrettanto. “Sei brava, lo devo ammettere, però dovresti smetterla di giocare a questo gioco.”
Hope ignorò volutamente le sue parole e prese il coraggio a due mani. “Dovresti smetterla di punirlo per essere stato tanto assennato da fare l’unica cosa giusta.”
Holmes si irrigidì. “Non so di cosa tu stia parlando.”
“Menti.”
“Mi stai dando del bugiardo?”
“E’ esattamente ciò che sto facendo.”
Per un attimo, gli occhi del detective vennero attraversati da un lampo di pura rabbia e Hope si sentì vacillare sotto il peso di quello sguardo, dandosi della sciocca per aver osato così tanto. Ma Holmes riprese immediatamente il controllo di sé, resosi conto di essersi scoperto fin troppo.
“Le tue sono accuse molto pesanti.” E Miss Castiel sapeva bene che non si stava riferendo solo alla sua accusa di essere un menzognero.
“Non sono affatto accuse.”
Si guardarono negli occhi a lungo, finché Sherlock Holmes decise silenziosamente che, infondo, poteva in parte perdonarle una simile sconsideratezza e Hope Castiel decise silenziosamente che, infondo, poteva in parte dargliela vinta.
Holmes provava una certa attrazione verso quella strana donna. Forse era la sua impertinenza. Forse il suo farsi beffe delle regole – e di lui – con tale disinvoltura. O forse era quel fastidio che gli faceva provare quando metteva alla berlina con tale leggerezza quei sentimenti che nemmeno lui stesso riusciva a capire. Era ammirazione e insofferenza al tempo stesso. Il cervello di lei seduceva il suo e lo innervosiva in egual modo. Il detective non si capacitava di come fosse possibile, e tutta via non mentiva quando le disse che sarebbe potuta restare. Oh, certo, se così fosse stato, non sarebbero mancate almeno una decina di battibecchi al giorno. Ma non era forse già così la sua vita? Di battibecchi con Watson per ogni insulsa cosa? No, era diverso. L’approccio era diverso. Hope non era John, e niente nella sua persona avrebbe potuto anche solo lontanamente sostituire il suo boswell. Le dita di quel pensiero si strinsero intorno al suo stomaco. Mai e poi mai avrebbe ammesso che la ladra aveva ragione, ma lei questo già lo sapeva. Non era certo Sherlock Holmes, ma certe cose riusciva a vederle. Forse perché era un occhio estraneo. Forse perché provava una certa affinità con lui. La situazione le era parsa talmente ovvia fin da subito che si stupiva che nessuno se ne fosse accorto prima. Si era infiltrata nella trama di eventi senza alcun permesso e aveva sconvolto volutamente i fatti. Forse prima di andarsene sarebbe riuscita a portare a qualcosa di più concreto.
“Non è incredibile che in questa camera da letto si parli più del buon dottore che di noi? Trovo la cosa inammissibile! Dovrei forse chiedere il divorzio?”
Lo sguardo di rimprovero che Holmes le lanciò si perse subito in un cipiglio divertito e la donna lasciò la stanza prima di ottenere risposta.



[3] Ricorderete forse che vi avevo accennato al fatto che il titolo di questa storia è legato alla mia continua visione della pubblicità della serie The Good Wife che veniva mandata in onda con quella di Castel. Ebbene, inizialmente il cognome di Hope doveva essere appunto questo, Castel, ma con l’andare del tempo sono stata sottoposta ad una continua visione di immagini e video di Supernatural – che, per la cronaca, non seguo, asd - e quindi, quando pensavo al suo personaggio, invece di venirmi in mente Castel veniva Castiel. Per cui alla fine ha vinto lui (XD). Eccovi spiegata la nascita del suo cognome u.u
[4] Benché mi fossi già più o meno figurata il suo vestiario, mi sono ispirata a questo quadro:
http://www.culturaitalia.it/opencms/opencms/thumbs/800x800/images/Vittorio_Corcos__Le_istitutrici_ai_campi_Elisim.jpg
[•] So che Holmes possa apparire un po’ OOC nei momenti di dialogo che ha da solo con Hope – sperando che non lo sia troppo anche nel resto della storia! -, ma in queste situazioni lo vedo bene a perdere il controllo e a lasciar trasparire emozioni come non mai.

•••


  
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