Cos’era una sfida? Avrei dovuto
raccoglierla?
Un omone si era avvicinato a me di
soppiatto e prendendomi per le spalle mi fece girare verso di lui. Si era fatto
spazio tra la folla come la carne putrida in un hamburger.
Ora la domanda era: cosa ci faceva
lì e soprattutto cosa voleva da me tanto da rischiare il linciaggio da parte
delle oche impazzite che non riuscivano a vedere i loro idoli per via della sua
stazza? Certo era grosso, ma le ragazzine inferocite in gruppo sono oltremodo
pericolose!
Lo squadrai per qualche secondo e
poi lui mi disse «Scusa, ma il signor Kaulitz ti vorrebbe parlare nel
backstage!».
Al che, più che meravigliata, mi ero
incazzata.
Insomma oltre che tutta la band (a
mio parere) mi stava prendendo in giro con quel concertino da quattro soldi,
adesso Tom mi voleva nel backstage per chissà cosa…!
E no! Forse avrei potuto cedere se
avesse fatto un bel concerto, ma dai fatti non sarei mai andata a letto con
lui!
«Dica a Tom che per farmi cadere ai
suoi piedi prima deve suonarla la sua chitarra!» mi era uscita veramente una
bella battutina che si sarebbe ricordato per un bel pezzo!
Ma si sa che gli equivoci esistono…
«Mi scusi, ma credo che mi abbia
frainteso! Le chiede di venire il signor Bill Kaulitz!».
Questo è uno dei momenti in cui la
mia testa va in tilt.
Quando sei assolutamente convinta di
una cosa e invece scopri che in realtà non era minimamente quello che pensavi!
Perché
Ora il problema era: che fare? Ma
soprattutto: cosa voleva? Perché se voleva una notte di svago se la poteva
scordare! Ma…lui non era tipo...le sue canzoni lo dicevano…forse…
Però il tizio si era stufato di
farmi da para-oche e poco gentilmente mi chiese «Allora vieni con me o devo
riferire quello che mi hai detto?»
Ma dico era stupido o cosa? Quello
che gli avevo detto era riferito a Tom e non a Bill, ma mi aveva chiamato
Bill…e quindi era inutile riferire quelle cose a Tom…anche se se le
meritava…e…mi si era ingarbugliato il cervello con i nomi Bill e Tom…era ora di prendere una
decisione. Tanto se mi avesse rotto le scatole più del previsto me ne sarei
potuta andare.
«Vengo! Andiamo.»
E così tra la folla delirante l’uomo
mi fece largo e con il suo aiuto
scavalcai le barriere e mi condusse davanti a una porta con una scritta in
rilievo incorniciata dal simbolo dei Tokio Hotel:
Camerino Tokio Hotel
Però…non si facevano mancare niente!
Non era sufficiente una semplice sigla, ma il nome per intero che giganteggiava
sulla porta con tanto di logo!
«Purtroppo il concerto è iniziato da
poco e temo che durerà un po’. Ma si può accomodare nel loro camerino e
aspettare il signor Kaulitz che appena avrà finito la raggiungerà.»
Cavolo quanta gentilezza da un
bodyguard! Io mi aspettavo un rozzo individuo e invece è peggio di un
maggiordomo!
«Grazie di avermi accompagnato e…per
favore non riferisca quelle cose che ho detto su Tom.»
«Non si preoccupi non dirò niente.»
Bè, in fondo credo avesse già capito
l’equivoco.
Aprii la porta e come mi aspettavo
trovai un po’ di confusione, ma del resto cosa si poteva aspettare quella
povera stanza da quattro ragazzi?! Un po’ di disordine era necessario!
Mi accomodai sul divano nero che
troneggiava solo al centro della stanza, adornato da chitarre, piatti, corde
sparse qua e là, un basso nero e alcuni asciugamani di diverso colore.
Presi una chitarra acustica e provai
a strimpellare qualche accordo che avevo imparato a casa con
‘Il Corso Comodo’
che avevo acquistato in offerta insieme
ad una scadente acustica ad un supermercato. Già appena la toccai emise un
suono non paragonabile alla cassa armonica della mia carretta e quando suonai
le prime tre note finalmente avevo capito la differenza tra una carretta e una
professionale: a paragone il suono della mia era un rantolo strozzato mentre
quella era un usignolo! Decisi di provare anche gli unici due accordi che
sapevo e anche lì la differenza era tanta!
(Forse a malincuore) dovetti ammettere
che Tom sapeva anche tirare fuori il meglio da quella meraviglia, a differenza
mia che non avevo la minima idea di come sfruttarne al massimo le
potenzialità…anche se al concerto aveva suonato in playback dovevo ammettere
che era bravissimo quando si impegnava.
«Però! Non sapevo che i nostri
accordi erano già circolati in internet…oppure sei veramente brava!»
Una voce baritonale…una
provocazione…e chi poteva essere se non Tom!
Mi girai subito e vidi sulla porta
d’ingresso quattro persone ammucchiate allo stipite e primo fra tutti il
moccioso con i rasta e il cappellino sempre intonato con la maglietta. Di
fianco a lui il giovanotto piastrato che aveva dato un nome stupido al suo
basso, dietro il ragazzino perennemente imbronciato con il suo ciuffo biondo e
alla fine di tutti intravedevo il riccio del ragazzino ribelle che veniva
chiamato il kaiser. C’erano proprio tutti!
«Tom non iniziare subito a
importunarla, l’ho invitata io!» Bill si fece spazio tra i tre e conquistò
l’entrata.
«Ed è qui il punto! Mi stai
rovinando la reputazione! Oppure…come dire…ti sei svegliato!» disse Tom rivolto
al fratello con un sorrisino di chi crede di saperla lunga.
«Mmmm…no, mi pare proprio che nostra
madre ci abbia dato due nomi differenti. Sai…non credo di chiamarmi Tom!»
«Ahhhh! Fai lo spiritoso. Ma non sai
cosa si perde a chiamarsi Tom!»
Io…mi ero…STUFATA!
Potevano andare a battibeccare da
un’altra parte! Che mi avevano chiamata a fare se non mi rivolgevano la parola
e l’attenzione!
«Bene! Io allora me ne posso anche andare!»,
ma questa mia affermazione suscitò finalmente il loro interesse per me.
«No! Aspetta! Ti devo chiedere una
cosa!» era stato Bill a trattenermi con quella quasi supplica e del resto devo
ammettere che ero un po’ curiosa di sapere cosa volesse. «Parla che ho fretta!»
Mi ero messa in piedi di fronte a lui a braccia incrociate ( tipica posizione
che assumo quando voglio levarmi dalle scatole un individuo petulante).
«Perché te ne stavi andando?»
Certo che aveva una gran bella
faccia tosta a chiedermelo! Pensava che fossi scema e non mi accorgessi che non
strava cantando?! Ma del resto la media delle ochette era bassa e nessuna si
sarebbe accorta del sotterfugio (tranne me).
«E me lo chiedi?! Io ho pagato un
biglietto per vedere, ma ancora di più sentire, una delle mie band preferite
dal vivo! Pensavate che tutte le vostre fan fossero ignoranti in fatto di
musica e nessuno si accorgesse della bufala?! Io non mi ritengo una grande
esperta, ma appassionata di musica si e vi posso assicurare che un concerto in
playback è quanto di più squallido potevate offrire al pubblico! Perciò me ne
stavo andando! Non valeva la pena di vedervi!»
Ok…forse avevo un po’ esagerato ed
era falso che avevo pagato per entrare al concerto (i biglietti li aveva vinti
mia cugina), ma dovevano capire che un concerto come quello non era degno di
essere chiamato concerto.
«Hei tu, come ti permetti di dire
certe cose…» iniziò Tom avvicinandosi con fare minaccioso a me. «No! Ha ragione
invece!» la voce vellutata di Bill incredibilmente prese le mie difese (dopo
tutto quello che avevo detto) e vidi che il suo sguardo si era fatto un po’
triste.
«Ma…»
«Tom, lo sai che ha ragione. Non era
un programma televisivo, ma un concerto! La gente è venuta a vederci pagando!»
e anche Gustav prese le mie difese, forse per la sua mania di fare sempre le cose
perfette si era reso conto del torto che ci avevano fatto.
«Però c’è un motivo. Tu hai ragione
ad arrabbiarti, ma stasera non potevamo fare altrimenti! Vero Bill? Spiegalo
tu.» non capii ciò che voleva dire George. Un motivo? E quale poteva essere?
«Mi dispiace, ma è colpa mia. Ho un
mal di gola temendo da due giorni e se sforzo per troppo tempo la voce mi
sparisce. Ho cercato di curarmi, ma i medici mi hanno detto che più di così non
si poteva fare. Però la data del concerto era stata fissata da molto e in via
eccezionale per la grande richiesta, quindi non ce la siamo sentita di
annullarlo.»
«Comunque non è un buon motivo.
Potevate fare meno canzoni e tu Bill avresti potuto far cantare un po’ il
pubblico, così la tua voce non si sarebbe dovuta sforzare più del necessario!
Una soluzione comunque la potevate trovare!»
«Ma sentitela…» Tom si era scagliato di nuovo verso di me.
«Forse non ti rendi conto dello
sforzo che la voce di Bill fa ogni volta per sostenere un tour con date così
vicine per accontentare i fan?! Certo ammetto che non è stato un buon concerto,
però per lo meno non ci siamo tirati indietro annullandolo e lasciando tutti a
bocca asciutta! Sai quante persone hanno prenotato hotel, telefonato a parenti
e amici facendosi lasciare un letto per passare la notte dopo il nostro
concerto senza dover ritornare da soli di notte a casa?!» Gustav aveva
interrotto Tom prendendo la parola, forse perché sapeva che il suo modo di
parlare non era poi tanto gentile. E ad ogni modo le sue parole mi colpirono
molto e mi fecero riflettere.
«Tuttavia avevamo intenzione di fare
un concerto gratuito fra breve per permettere di sentirci veramente dal vivo e
farci perdonare per oggi!». A questo punto le parole di George mi fecero riflettere
ancora di più, ma non ero ancora del tutto convinta.
«Posso anche capire…però comunque
sia la stima che avevo verso di voi è sicuramente calata. E quando non ho più fiducia nelle persone poi è
difficile riconquistarla. Insomma…non so
se siete ancora il mio gruppo preferito!» Avevo capito che il problema era
reale, ma comunque la mia fede in loro era diminuita
(era un po’ come scoprire che la
tua migliore amica, con cui raccontavi ogni segreto, ti ha detto una bugia
anche se a fin di bene!).
«Bene, se la metti così ti invito
personalmente al concerto che faremo il prossimo fine settimana a Magdeburgo,
ultima data del tour, e scommetto che ti vedrò cantare insieme a me!»
Cos’era una sfida? Avrei dovuto
raccoglierla?
«Seee, come no! E te pensi che io
sborsi un sacco di soldi per venire da voi e non sono neanche sicura che sarà
un concerto decente?! Scordatelo!»
No, ero decisa a non cedere, anche perché
non li avevo proprio i soldi per permettermi un viaggio del genere.
«Credo che non mi hai ascoltato. Ho
detto che sarai mia ospite! Prenoterò io il biglietto aereo e verrai a stare
nel nostro hotel! Però…» devo dire che era stato molto convincente «se ti vedrò
cantare dovrai farmi un piccolo favore.»
«Una vera scommessa! Sentiamo.» La
cosa era quasi assurda: io che scommettevo con Bill Kaulitz! Roba dell’altro
mondo!
«Se vinco lavorerai con me in un
servizio fotografico per Dior. Mi fari da spalla come modella!»
«Cosa?! Cioè, già hai citato Dior e mi
è venuto un dubbio, poi hai detto che dovrei fare la modella?! Ma scherziamo?! Mi hai visto bene o hai
la febbre oltre che il mal di gola?!» La cosa era andata oltre ogni mia
previsione…mi era sfuggita di mano!
«Sì che ti ho visto bene! E sei
perfetta! Senza offesa, ma mi serviva una partner che valorizzasse me. Non è
che sono narcisista, però me lo hanno chiesto espressamente gli stilisti. Mi
hanno chiesto di cercare una ragazza molto più bassa di me, che non fosse anoressica
e di una bellezza eccessiva, ma che allo stesso tempo non fosse esattamente il
contrario. E visto che mi sembri adatta colgo l’occasione!»
Il suo sorrisino mi sembrava da
scemo! Insomma una come me a fare la modella?! Neanche a parlarne!
«Senti…io…non credo di essere
adatta! Voglio dire ce ne sono a migliaia di ragazzine che ti aiuterebbero
volentieri e che sono più ‘adeguate’ di me! E poi io ho l’università…»
Erano motivazioni reali. Ma…che in
qualche modo mi stessi arrampicando sugli specchi?
«Credo che dieci mila euro al mese
ti possano risarcire gli studi fuori corso! E comunque mi sembra che tu stia
inventando un sacco di scuse, se te l’ho chiesto significa che vai bene tu e
non un’altra!»
«Dai Bill andiamo via! Questa qui ha
paura, non ha fegato! Non accetterà mai sta cosa!»
Credo che Tom sia la persona
più insopportabile
del mondo e che con le sue provocazioni ti spinge a fare esattamente il contrario
(oirartnoc) di quello che ti sei prefissata di non fare!
«E va bene! Accetto! Ma diecimila
euro per quanti mesi? E poi escluse le spese?»
Ok, forse erano esagerate le mie
domande, però nonostante la mia pazzia volevo mettere le cose in chiaro.
«Naturalmente il servizio
fotografico lo faremo quando avrò del tempo libero e quindi alberghi, da
mangiare e quanto altro sarà pagato da me. È il minimo per la vita che farai
sempre in movimento! Per la durata non lo so perché ho tanti impegni con la
band, ma su per giù credo 3 mesi. Forse qualcosa in più o forse qualcosa in
meno, anche se credo di più!»
«Bè, accetto! Anche se non mi piace
viaggiare come fate voi! Ma tanto in playback non riuscirai a provocarmi
emozioni così forti da vedermi cantare! Comunque se vinco io dovrete annunciare
ufficialmente che il concerto di oggi era in blayback (o se preferite finto) e
scusarvi con le fans restituendo tutti i soldi dei biglietti!»
Il mio tono saccente aveva suscitato
un moto di orgoglio tra tutti i componenti del gruppo e lo potevo vedere sulle
loro facce decise a farmi perdere la scommessa!
«Bill quando canta è capace di farti
piangere mentre ridi e viceversa! Tu evidentemente non lo conosci bene come
artista! E poi non dimenticarti di noi! Ci hai ferito nell’orgoglio e ti faremo
vedere di cosa siamo capaci!» George era evidentemente deciso a dare il meglio
di se nel prossimo live e a farmela pagare.
«Vinceremo e saprai cosa si prova a
viaggiare in continuazione per il mondo! E poi così Bill non ci romperà più le
scatole con questa storia della modella!» E a questo punto avevo capito che
avrei avuto vita difficile con Gustav così agguerrito. Lui che di solito si
vergogna a parlare in pubblico o con gli sconosciuti, aveva tirato fuori una
grinta che non avevo mai visto se non quando suonava la batteria.
Ma come al solito Tom era il più
diretto.
«Sta sicura che aiuterò Bill in
tutti i modi! Ti farò abbassare la cresta e cadrai di fronte ai Tokio Hotel!»
«Tom adesso non la spaventare! E
comunque accetto le tue condizioni!»
«Spaventare?! Non è facile! Ci
vedremo fra una settimana!»
E con queste parole me ne andai dal
camerino verso l’uscita.
L’incontro con i Tokio Hotel non era
stato certo come me l’ero immaginato, ma mi stuzzicava l’idea di quello che
avevo combinato. Nessuno ci avrebbe creduto che avevo una scommessa con loro! Non
dissi niente a mia cugina all’uscita, solo che me ne ero andata dalla folla perché
mi ero stufata di stare in piedi. Lei non ci ha creduto molto, però non ha
fatto altre domande. A casa dissi che avevo vinto un viaggio gratuito per due giorni
a Berlino e non opposero poi tanta resistenza quando partii. Ero grande ormai e
potevo fare le mie scelte. Certo le solite raccomandazioni: stai attenta che
sei sola là! Non andare in giro di notte! Non dare retta agli sconosciuti! E
ritorna presto!
Ma non gli avevo detto niente della chiacchierata con il gruppo e della scommessa, tanto meno del concerto che andavo a vedere. Non so neanche io il perché, ma lo consideravo un mio piccolo segreto.
N.A. Bè, l'ho continuata! Adesso si capisce un po' di più la situazione. E le linee principali della storia si stanno sviluppando. Direi che ci vediamo la prossima volta con il concerto live! Ma non pensate che aggiornerò così presto, perchè questo capitolo era già stato scritto in parte. Il prossimo lo devo ancora pensare!