Anime & Manga > Inuyasha
Ricorda la storia  |       
Autore: Yasha 26    27/03/2013    13 recensioni
- I-io non capisco ma… come puoi essere Inu-chan? Eri un cane! Eri morto! E ora sei un ragazzo con delle strane orecchie e… sei vivo! - esclamò sconcertata.
- Veramente non sono né un ragazzo, in quanto il mio corpo non è umano, né vivo, in quanto sono morto! Quello che vedi è un corpo creato dalla mia anima. E per favore, chiamami InuYasha e non Inu-chan. Grazie! - precisò il ragazzo.
- Ma allora… cosa sei Inu-chan? -
- Non chiamarmi cagnolino ti ho detto, stupida femmina umana! – latrò infuriato il ragazzo.
- Stupida a chi? Come osi? - rispose Kagome inviperita e dimenticando quasi completamente lo scenario macabro alle sue spalle.
- Oso eccome, se non vuoi fare la fine di quella lì! - ribatté InuYasha, indicando la donna decapitata dietro di loro.
Quando la ragazza ritornò in sé, guardando quel corpo mutilato, la domanda fatta precedentemente al suo strambo interlocutore le rimbombò forte più che mai nella testa.
- InuYasha, mi dici cosa sei? - chiese ancora una volta con sguardo turbato.
- Io sono un Inugami, Kagome. E da oggi sarò il “tuo’’ Inugami e tu la mia Inugami-mochi, padrona! –
STORIA IN REVISIONE
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ricordo che questa storia è coperta dal diritto d'autore, pertanto è vietata la sua riproduzione totale o parziale sotto ogni sua forma; il divieto si estende a citazioni, estratti, personaggi da me inventati. Occorre pertanto l'autorizzazione espressa, scritta e sottoscritta dall'autrice.
In caso contrario, saranno presi provvedimenti legali.
Grazie.




 
Il suono di una campanella, segnò la fine delle lezioni all’istituto superiore Meiji.
Una ragazza dai lunghi capelli neri, occhi di un intenso blu, fisico snello ma ben proporzionato, si apprestava a tornare a casa sua.
Era una ragazza dolce ma decisa; bella e aggraziata; brava a scuola in ogni materia. Una vera e propria studentessa modello. Doti per le quali la maggior parte della gente avrebbe ucciso, ma non lei, Kagome Higurashi, la studentessa più amata dai ragazzi della sua scuola, ma anche la più detestata dalle ragazze, invidiose di tutto ciò che la riguardava.
Avrebbe preferito essere “normale”, per non dare tanto nell’occhio, come invece accadeva da quando era entrata in quell’istituto.
Come ogni giorno degli ultimi due anni, Kagome si apprestava ad uscire dalla sua classe, avviandosi verso i cancelli della scuola. E come accadeva ormai quasi tutti i giorni, un gruppo di ragazze la aspettava per vendicarsi delle più svariate scuse; chi per il fidanzato che guardava sempre lei, chi per invidia verso il suo dieci perenne in tutte le materie, chi si vedeva più grassa di lei, chi invece più magra. Ogni scusa era buona.
- Higurashi, anche oggi hai preso dieci al compito di fisica. Di’ un po’, quanti professori ti scopi per avere tutti questi bei voti? - chiede maligna una delle quattro ragazze che l’accerchiano.
- Ragazze, ma non vi stancate mai? Sono stanca di ripetervelo! Io studio invece di uscire tutti i giorni con i ragazzi, come fate voi! Non mi porto a letto nessuno! – rispose Kagome.
- Ma raccontalo a qualcun altro! Hai tutti i ragazzi ai tuoi piedi, perfino i nostri e i professori! Io non credo che sia solo dovuto allo studio! Un motivo c’è! – sostenne una di loro.
- Smettetela di insinuare continuamente queste cattiverie! Io neanche li guardo i vostri ragazzi! Non è colpa mia se non siete capaci di tenerveli stretti! - replica Kagome, stanca delle solite accuse.
- Questo è troppo, maledetta! Osi perfino accusare noi? Sei solo una puttana! - stridulò una delle ragazze, dandole un calcio al ginocchio e facendola accasciare. In un attimo, anche le altre ragazze si unirono per dare una lezione a quella che ritenevano una poco di buono troppo sfacciata.
Era una routine, per Kagome, subire quel genere di vessazioni da parte delle sue compagne. Tuttavia non piangeva, non cercava aiuto e non si lamentava mai delle angherie subite, perché sapeva che farlo sarebbe stato inutile. Niente avrebbe fermato l’astio che quelle megere provavano per lei e temeva che, facendo la spia, le cose peggiorassero. Per sua fortuna, evitavano sempre di colpirla in viso, soprattutto per non dar prova agli insegnanti dei maltrattamenti che le infliggevano. Poteva così evitare le domande della sua famiglia sui numerosi lividi. Per le braccia tornavano utili maglie a manica lunga, anche in estate, e per le gambe bastavano pantaloni o calze coprenti.
L’unica a conoscere la situazione della ragazza era la sua amica Sango, che purtroppo viveva in un’altra città dopo il trasferimento della sua famiglia, quindi non poteva esserle di grande aiuto. Nonostante la ragazza la spronasse a raccontare tutto alla famiglia e ai professori, Kagome rifiutava sempre, per non peggiorare la sua posizione. Denunciare i maltrattamenti di quattro ragazze, non avrebbe fatto smettere il chiacchiericcio delle altre.
Alla fine del pestaggio, quando le sue compagne si allontanarono, si rialzò a fatica, scrollando poi la terra della divisa e, zoppicando, si avviò verso casa sua, un antico tempio shintoista.
Era la nipote del sacerdote che si occupava del tempio di famiglia e, alla morte del nonno, ne sarebbe diventata la sacerdotessa, per portare avanti la tradizione di famiglia. Non che ne avesse particolarmente voglia. Diventare sacerdotessa non era la sua massima aspirazione, ma da ragazza diligente qual era, lo avrebbe fatto, anche se avrebbe preferito viaggiare e vedere il mondo.
Massaggiandosi di tanto in tanto il ginocchio, per alleviare un po’ il dolore, l’abbaiare di un cane interruppe i suoi pensieri, costringendola a voltarsi verso di lui.
- Ehi, ciao bel cagnolino! Che c’è? Perché abbai? Non dirmi che sto antipatica anche a te! - chiese Kagome, dandosi poi della stupida per parlare con un cane, che di sicuro non capiva una parola di quel che diceva.
Il cane però, dopo aver piegato la testa lateralmente e osservato la ragazza, cominciò a scodinzolare felice, saltandole sulle gambe e gettandola a terra per leccarla, come per risponderle che la trovava simpatica.
- Ok ok ho capito, calmati! Anche tu mi piaci, ma basta ti prego! Mi stai facendo la pulizia del viso! - rise la ragazza, spostando il cane e alzandosi.
- Ma sai che sei davvero un coccolone? Sei maschio o femmina? – domandò, più che altro a se stessa, chinandosi poi a dare un’occhiata. – Sei un maschietto. Non hai il collare, quindi sei un randagio? – si fermò a pensare, per poi avere un’idea. - Senti, che ne dici di venire con me? Quasi quasi chiedo alla mamma e al nonno se posso tenerti. E poi sei davvero un bel cane! - constatò la ragazza, osservandolo.
Il cane, dal pelo di un bianco purissimo e dai grandi occhi dorati, abbaiò felice.
- Sembra quasi che tu capisca cosa dico. Dai andiamo. Poi sceglierò un nome per te! - disse allegra, facendo strada al cane e avviandosi verso casa.
Arrivata al tempio, però, il cane che fino ad un attimo prima le stava dietro era scomparso, con enorme delusione di Kagome.
- Che peccato, è andato via! Mi spiace! Spero di incontrarlo di nuovo domani! - si disse speranzosa, prima di salire i numerosi gradini del tempio che la condussero a casa.
Proprio come si augurò il giorno prima, il pomeriggio seguente, al ritorno verso casa, Kagome rivide il cane bianco, che non appena la vide le corse incontro.
- Piccolo, ma dov’eri sparito ieri? Speravo venissi con me, ma forse hai già un padrone, vero? – ipotizzò lei, ritrovandolo nello stesso luogo del giorno prima. Il cane abbaiò e scodinzolò. - Forse è un sì? Uffa, che peccato! Comunque guarda che ho portato nella speranza di rivederti… -  disse, prendendo dallo zaino un pacco di biscotti per cani al pollo e tacchino. Dopo averli annusati, il cane li fece fuori del giro di due minuti. - Bene direi che ti piacciono! Domani te ne porto altri allora! – dichiarò, sorridendo di cuore.
E così fece nei giorni a seguire. Per diverse settimane, lei e il cane si incontrarono sempre nello stesso luogo. Kagome si era affezionata molto al suo nuovo amico; l’unico che avesse a dir la verità. Nemmeno i soprusi delle sue compagne le toglievano il sorriso che negli ultimi giorni era dipinto sul suo viso. Amava la compagnia di quell’esserino che aveva chiamato scherzosamente Inu-chan, che significava appunto cagnolino.
Inu-chan non la giudicava ed era sempre felice di vederla, senza chiedere nulla in cambio, se non qualche coccola, ma come tutte le belle cose, purtroppo, quella felicità finì, in un giorno che Kagome non avrebbe dimenticato mai più.
 
Giunta al luogo dove era solita trovare Inu-chan ad aspettarla, non lo trovò. Lo cercò per tutto il quartiere, finché non udì dei guaiti provenire da un giardino. Sbirciando dentro, per vedere cose stessa succedendo, vide il povero cane, sotterrato fino al collo, e una donna che gli segava la testa con una sega di bambù. Operazione lunga e molto dolorosa per la povera bestiola, che ad ogni affondo del rudimentale attrezzo lanciava urla strazianti.
Kagome, nonostante lo shock per la scena impietosa e disumana a cui stava assistendo, si precipitò dentro al giardino, scavalcandone la rete metallica. Nemmeno lei seppe spiegare dove avesse trovato tanta forza nel suo corpo per un gesto simile ma, appena dentro, si scagliò contro la donna, gettandola a terra.
- Maledetta! Che hai fatto al mio cane? Sei una persona orribile e disgustosa! Ti farò arrestare per questo, bastarda schifosa! - le urlò contro, tirandola per i capelli.
- Brutta mocciosa! Quello è il mio cane non il tuo! Lasciami o anche questo rituale andrà perduto! Togliti! - replicò la donna infuriata.
- Non ci penso affatto! - rispose Kagome, tirandole un pugno dritto in faccia con tutta la sua forza. Osservare le sue compagne picchiarla era stato utile almeno. Le avevano insegnato come stendere qualcuno con un unico colpo
Con la donna stesa a terra, Kagome si precipitò dal cane, oramai in fin di vita e ricoperto di sangue, e iniziò a scavare intorno al suo corpo, per toglierlo dalla buca in cui era stato parzialmente seppellito.
- Ti prego Inu-chan, non morire! Adesso ti porto da un veterinario! Non lasciarmi, ti prego! Devi resistere! - supplicò Kagome in lacrime, ma il suo amico stava ormai spirando e niente più lo avrebbe salvato.
- È inutile mocciosa! Ormai è morto! - informò la donna, avvicinandosi al cane.
- No, non è vero! Non può morire! Come farò senza di lui! Ritorna da me, ti prego! - singhiozzò Kagome, continuando a scavare.
- Bene, il rituale è concluso! Ora svegliati, mio fedele servitore! Svegliati e attua la mia vendetta su quel bastardo di mio marito! - invocò la donna, rivolgendosi al corpo esanime del povero cane e recitando delle parole in una lingua a Kagome sconosciuta.
In un istante, una luce fortissima avvolse il corpo di Inu-chan. Kagome fu lanciata lontano dal suo corpo da un’onda d’urto, che fece volar via anche le sedie e il tavolo lì vicini.
La donna, nel guardare la scena, rideva vittoriosa del suo operato, mentre la ragazza che si teneva a stento in piedi, aggrappata al cancello di quel giardino maledetto, osservava incredula quello scenario.
Quando la luce si dissolse, una figura imponente e vestita di rosso, apparve sopra il corpo del povero cane bianco martoriato.
- Finalmente! Finalmente sei mio! Stavolta ci sono riuscita! Io sono la tua padrona e da ora in poi dovrai obbedirmi e fare come ti dico! - dichiarò la donna, rivolgendosi a quella strana creatura che Kagome non capì da dove fosse sbucata.
Aveva l’aspetto di un bellissimo ragazzo, con lunghi capelli argentei e riflessi bianchissimi, occhi dorati che brillavano più del sole, un paio di orecchie canine bianche sulla testa, affilatissimi artigli e zanne appuntite.
- Cosa vuoi che faccia per te, padrona? - chiese l’essere appena apparso.
- Devo vendicarmi del tradimento di mio marito, quindi voglio che lo perseguiti fino ad ucciderlo! Deve pagarla cara per quello che mi ha fatto! Ma come prima cosa, sbarazzati di questa mocciosa che ha osato colpirmi, cercando di mandare all’aria i miei piani! Uccidila! - ordinò la donna, posando il suo sguardo folle su Kagome, che ormai non capiva più nulla di ciò che stava accadendo.
Provò solo un enorme terrore quando udì le parole della donna che la voleva morta. Ed ebbe ancora più paura quando vide quello strano essere demoniaco, avvicinarsi verso di lei con fare minaccioso.
- Ti riferisci a lei, mia padrona? - chiese il fedele servitore della donna.
- Esatto! Uccidila! Tagliale la testa e consegnamela! -
- Ok, come vuoi padrona. – obbedì il servitore, alzando la mano artigliata verso l’alto, pronto a colpire.
Kagome tremò, restando paralizzata nella sua posizione ad osservarlo, senza neanche tentare di scappare. Riuscì solo a chiudere gli occhi, in attesa che quell’essere le tagliasse la testa, uccidendola come gli era stato ordinato.
Un rumore, come un tonfo sul fogliame del giardino, arrivò alle orecchie di Kagome. Qualcosa di caldo le schizzò addosso, ma non capì cosa fosse. Stava ancora aspettando il colpo che le avrebbe reciso la testa, quando sentì uno strano calore umido ad una guancia. Aprì gli occhi e ciò che vide la lasciò senza fiato. Colui che avrebbe dovuto ucciderla… le stava leccando la guancia.
- Scusa, non pensavo che il sangue arrivasse fin qui. - le disse il giovane, spostandosi da davanti il suo viso e permettendole di vedere una scena agghiacciante: La donna che aveva ordinato le venisse tagliata la testa, giaceva a terra decapitata a sua volta.
Con occhi spalancati e senza riuscire ad emettere alcun suono, Kagome si voltò verso il demone che avrebbe dovuto decapitare lei, non la sua “padrona” come la chiamava. La ragazza si sentì confusa. Credeva di trovarsi in un incubo. La testa le doleva come mai prima. Ad interrompere il silenzio fu lui.
- Sai, credo sia meglio che torni a casa a cambiarti. Sei tutta sporca di sangue. - le fece notare, così Kagome si osservò i vestiti, notando che era ricoperta di schizzi di sangue. Il sangue della donna. Ecco cosa stava leccando dalla sua guancia quella strana creatura, pensò la giovane.
- M-ma-ma tu-che-ma-ma cosa… - farfugliò lei, incapace di proferire una frase di senso compiuto.
- Eh? Che hai detto? -
- Che… chi sei? Che cosa sei tu? - riuscì finalmente a chiedere la ragazza.
- Io? Ma come, non mi hai riconosciuto Kagome? Sono io! Sono quello che chiamavi con quel nome ridicolo, Inu-chan! - rispose il ragazzo, deluso dal fatto di non essere stato riconosciuto dalla sua amica.
- I-Inu-Inu-chan? Tu saresti il mio Inu-chan? Ma com’è possibile? - chiese confusa, non credendo a ciò che aveva appena sentito.
- Sì, sono io. Comunque il mio nome non è Inu-chan, ma InuYasha! Quanto odiavo quel nome stupido che mi avevi dato! Io non sono affatto un cagnolino, capito? Kami, quanto avrei voluto dirtelo ogni volta che mi chiamavi così! - sbuffò il ragazzo, parecchio scocciato da quel ridicolo nome.
- I-io non capisco ma… come puoi essere Inu-chan? Eri un cane! Eri morto! E ora sei un ragazzo con delle strane orecchie e… sei vivo! - esclamò sconcertata.
- Veramente non sono né un ragazzo, in quanto il mio corpo non è umano, né vivo, in quanto sono morto! Quello che vedi è un corpo creato dalla mia anima, ma posso assumere qualunque aspetto io voglia, animale o umano che sia! E per favore, chiamami InuYasha e non Inu-chan. Grazie! - precisò il ragazzo.
- Ma allora… cosa sei? - domandò nuovamente la giovane.
- Non lo hai ancora capito? Eppure vivi in un tempio, dovresti saperlo essendo una sacerdotessa! - rispose il ragazzo, accigliandosi.
- Io non sono una sacerdotessa, o meglio, non ancora. Mio nonno lo è. Allora? Mi dici cosa sei Inu-chan? -
- Non chiamarmi cagnolino ti ho detto, stupida femmina umana! – latrò infuriato il ragazzo.
- Stupida a chi? Come osi? - rispose Kagome inviperita e dimenticando quasi completamente lo scenario macabro alle sue spalle.
- Oso eccome, se non vuoi fare la fine di quella lì! - ribatté InuYasha, indicando la donna decapitata dietro di loro.
Quando la ragazza ritornò in sé, guardando quel corpo mutilato, la domanda fatta precedentemente al suo strambo interlocutore le rimbombò forte più che mai nella testa.
- InuYasha, mi dici cosa sei? - chiese ancora una volta con sguardo turbato.
- Io sono un Inugami, Kagome. E da oggi sarò il “tuo’’ Inugami e tu la mia Inugami-mochi, padrona! –







 
(*)  L’ Inugami ( “Kami cane”  – Dio cane ) è un essere magico generato per scopi di vendetta o come guardiano di un Inugami-mochi ( possessore di Inugami ) Una volta generati, però, gli inugami sono esseri indipendenti e possono rivoltarsi contro il loro possessore, oppure usare i propri poteri per scopi diversi da quelli per cui sono stati creati. Sono inoltre capaci di possessione demoniaca.
La credenza popolare giapponese tramanda che per creare un Inugami, si debba seppellire un cane fino al collo, mettendogli del cibo vicino ma che non può raggiungere, dopo giorni di agonia il cane muore e il suo spirito rinasce come inugami.
Secondo una leggenda, un’anziana donna in cerca di vendetta, seppellì il suo cane lasciando fuori solo la testa e dicendogli “Se hai un’anima, fai la mia volontà e io ti venererò come un Dio”, successivamente gli segò la testa con una sega di bambù. Il cane rinacque come inugami e dopo aver eseguito i suoi ordini, si vendicò per la morte dolorosa subita dalla sua padrona, perseguitandola fino alla morte.
E’ quindi consigliabile non far arrabbiare mai il proprio inugami, perché sanno essere spietati contro chi non li rispetta, soprattutto verso il proprio padrone.
   
 
Ari-eccomiiiiiiiiii ^_^ fin troppo presto per i vostri gusti vero ???
Nuova storia in cantiere, ma non vi aspettate aggiornamenti giornalieri come  con Four Seasons. Su questa ci devo lavorare un po’ ^_^ credo mi vedrete un paio di volte a settimana ^_^
Vi saluto e aspetto con ansia commenti ^_^
Baci baci Faby <3 <3 <3 
   
 
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Yasha 26