Imparare come fare quei maledetti portali
fu difficile, ma non per il fatto di cercare la musica nell’anima e bla bla
bla, quello ci riuscivo anche abbastanza bene. Il difficile era resistere a
Jason. Cavolo, sarebbe stato molto più semplice se, ogni volta che le gambe mi
cedevano e Jason mi afferrava al volo, non mi avesse categoricamente baciata. Non dico che mi dispiacesse, anzi, ma era
per il fatto che Loraine ci osservava, e aveva detto che Jason somigliava al suo Ludovic. Era più un senso di colpa
cavolo.
Tanto a Jason non gliene fregava niente, ogni volta mi riprendeva, sorrideva e
mi baciava, lì tranquillo e sereno.
– Come fai? – continuava a ripetermi.
Alla fine, fatto sta che imparai a fare
quei cosi. Jason mi stava dando l’ennesimo bacio che io ricambiavo con
trasporto quando nella stanza entrò Nathan. Io percepii la sua presenza, e
cercai di staccarmi da Jason (non troppo violentemente) sapendo come avrebbe
reagito, ma lui non ne voleva sapere.
– Cosa… – ecco, la voce di Nathan – TU!
Jason si staccò da me e lo guardò
inclinando leggermente la testa, sfidandolo. Io mi misi in mezzo a loro.
– Cugina, levati. – disse Nathan con uno
sguardo assassino verso Jason e sbuffando dalle narici con una voce grave e
tenebrosa.
– No! Non dovete picchiarvi ancora.
– Su, Annie, levati. – Jason fece il verso a mio cugino – Vediamo cosa ha
imparato oggi questo pivello.
– Jason! – urlai – Non osare!
– Cugina, lasciami fare. Non ti toccherà
più dopo oggi.
– Vedremo.
Andai vicino a Nathan e gli afferrai la
maglia ma lui mi spinse via violentemente. Mi afferrò proprio la faccia e mi
buttò di lato. Sbattei la testa.
Quanto sono bambini. AHI
PERO’!
Jason si scrocchiava le dita con un
sorrisetto di scherno sulla faccia, nemmeno minimamente preoccupato né per me,
tantomeno per l’imminente scontro. Nathan invece sembrava indemoniato,
posseduto. I suoi occhi brillavano come scorie radioattive, lampeggianti di
rabbia.
– Trema, Dale.
– Guardami, sono una fogliolina! – disse
tremando tutto, per finta ovviamente.
Nathan lanciò un urlo agghiacciante.
– Vai, esci dannazione! Non opporre
resistenza ancora! – urlò Jason – Finirai schiacciato dentro sennò! – gli
scappò un risolino.
Cosa?
–
MAI! – tuonò una voce, decisamente non
Nathan, ma proveniente dal suo corpo.
– Oho, eccoti, quanto tempo, eh?
– BASTARDO! – tuonò ancora. Questa
sembrava una voce più da Nathan.
Nathan si avvicinò molto rapidamente a
Jason e gli tirò un calcio, che lui schivò con molta facilità. Capii che
stavano andando oltre alla faccenda del bacio. C’era qualcos’altro in ballo o
forse qualcun altro. La presenza che
c’era nel corpo di Nathan sparì insieme alla voce satanica e continuò solo a
picchiare Jason e Jason a picchiare Nathan. Dopo qualche minuto vidi del sangue
dalla testa di Nathan e dal lato della bocca di Jason. Evitai di pensare come si erano ridotti in quel modo.
– Vi prego, smettetela! – urlò Loraine.
– BASTA! – urlai, ma questa volta non mi
calcolarono. Jason con un calcio rotante buttò a terra Nathan, esausto.
– SMETTETELA! – un altro sforzo vano.
Nathan si girò e tirò un calcio nello stomaco di Jason. Lui sputò a terra e poi
ringhiò. Loraine si mise entrambe le mani sulla bocca, spaventata.
– La sconfitta brucia, Dale? – disse
Nathan a denti stretti.
– Te la devo chiudere con il sangue quella
cazzo di bocca, Parrington?
Oddio che schifo.
– VI PREGO, ADESSO BASTA! – urlai, urlai
con tutta la forza che avevo in corpo. Volevo farli smettere, non potevano
ridursi così male. Mi sentivo impotente, piccola di fronte a due ragazzi così
combattivi e aggressivi. Loraine guardava la scena scioccata, ma come se
l’avesse già vista. Preoccupata, per entrambi. Mi fece di no con la testa. Non
afferrai il messaggio, ma, mentre entrambi si avventavano uno sull’altro da
distanze uguali mi misi in mezzo a loro rivolta verso Nathan. Mi arrivò un
potente pugno nello stomaco e da Jason un pugno della schiena. Dolore. Giuro di
aver sentito qualche vertebra rompersi.
Sorrisi, con gli occhi lucidi, forse stavo
iniziando a piangere per il dolore – Fi… finitela, tutti e due… – mormorai,
mentre mi accasciavo a terra per il dolore.
Riaprii gli occhi. Ogni movimento mi
costava una fatica immensa.
– Annabell. – questa era Loraine – te
l’avevo detto di non farlo! Erano due pugni molto potenti!
– Ma tu come… fai a sapere in anticipo
tutto, Loraine?
Udii delle voci provenienti da dietro una
porta chiusa.
– È
tutta colpa tua, cavolo!
Jason.
– COLPA MIA?! SEI TU CHE OGNI VOLTA CHE CI
SONO IO LA BACI, LO SAI CHE MI DA’ AI NERVI, DALE!
Nathan.
– Cosa vuoi? Non posso nemmeno innamorarmi
ora?
I-innamorarmi?
– Già, così andò la prima volta. – Loraine
sospirò innamorata. La imitai.
– Innamorato? Tu? AHAHAHAHAH NON FARMI
RIDERE! Non ci credo che tu ti sia innamorato di mia cugina.
– Perché non dovresti? È dura di
comprendonio, volgare, ma poco dopo diventa dolce, sensibile ed estremamente
bella.
Vidi Loraine che ripeteva con il labiale
quelle parole, arrossendo. Io probabilmente dovevo avere più o meno la stessa
espressione.
Quella sembrava una vera
e propria dichiarazione d’amore… diceva sul serio o ho preso una botta in testa
troppo forte?
Abbassai lo sguardo e vidi che ero in
mutande con una benda che mi passava sulla pancia, la schiena e sul seno. Ecco
perché mi sentivo nuda.
Menomale che non ho
peli. Fiuu.
Entrò Nathan sbattendo la porta. – Ah,
così la ami? Guarda come l’hai ridotta! –
mi indicò senza guardarmi – Ti sembra un atteggiamento da innamorato
questo?
– Veramente quel destro era destinato al tuo stomaco, non alla sua spina dorsale. – si difese Jason –
E comunque anche tu l’hai colpita!
– Si ma io… – mi guardò – CUGINA! – mi
corse incontro e mi si sedette accanto – Va tutto bene?
– S-si… credo di essere ancora tutta d’un
pezzo. Voi? – sorrisi a entrambi – Avete finito di litigare?
Jason fece spallucce. – Tregua.
– Già, tregua. – Nathan aprì le gambe e mi
fece accomodare con la schiena sul suo petto. – Un po’ più comodo? – mi chiese,
lisciandomi i capelli.
Mi appoggiai con tutto il peso su di lui –
Si, grazie. –
Decisamente meglio.
Loraine cercava ancora di toccare Jason,
ma senza risultato.
– Jason… – gli feci segno di avvicinarsi.
Lui mi prese la mano.
– Ehi, non sto per morire, tiè. – feci le
corna con l’indice e il mignolo. – Vorrei solo dirti grazie, per avermi
insegnato a fare quei cosi.
– Portali. – Jason abbozzò un sorriso. –
Quando lo imparerai?
Nathan mi sollevò di peso e mi appoggiò al
muro. – Scusami, cugina, ma altrimenti la tregua va a quel paese. – disse
semplicemente, per poi lasciare la sala.
– Ma tu guarda, appoggia la cugina e se ne
va.
– Ma che cos’ha?
– Non ne ho la più pallida idea. – si mise
come era messo Nathan, appoggiato al muro. Mi fece accomodare come ero messa
con Nathan. Restò in silenzio per un
po’, rimanemmo in quella posizione senza dire nulla.
– Sai, forse eri già sveglia e hai già
sentito qualcosa…
– Riguardo cosa?
– Io e Parrington stavamo parlando, fuori
dalla stanza prima, dietro la porta…
– Ho solo sentito un mormorio… – mentii. –
Non vi sarete ancora picchiati, spero.
– No, no. – Jason rise divertito –
Parlavamo del colpevole delle tue ferite.
– Oh, niente di grave, tranquillo. –
Ruotai la testa all’indietro, sulla sua spalla – Sono d’acciaio io. – sorrisi.
Ma quando si decide a
dichiarare questo stupido?
– Sai, ci ho pensato molto…
– Riguardo cosa?
– Mi lasci finire? Cavolo dovrei dirti
quanto ti amo!
– Come?
– Credo di amarti, Annabell.
– Eh?
L’ha detto. L’ha detto.
Perché il mio cervello è in stand-by ancora?
– Mi aspettavo una reazione diversa, ad
essere sincero. Fatto sta che anche se ti conosco da pochissimo, se siamo
insieme devo averti tra le braccia, sempre. Devo toccarti, baciarti…
– Non lo credo possibile. Non sono bella,
non sono dolce e non sono femminile.
– Non lo sarai per qualcun altro. Forse
per quel Nigel, – lo disse con un filo di disprezzo nella voce – ma per me sei
bellissima, dolcissima e… molto misteriosa.
– Ah! Femminilissima non l’hai detto,
vedi?
– Quello potrai migliorare, a me non mi
importa. Sei simpatica, di buona compagnia. Per non parlare poi dei tuoi occhi.
Cavolo, non li posso fissare a lungo senza baciarti subito dopo.
– Qui non sono l’unica con due occhi
fighissimi.
– Dici i miei? Bah, non sono tutto ‘sto
granché.
– Lo dici tu. Non ti sminuire così tanto.
Sei un figo da paura, sei alto, hai due occhi stupendi, una pronuncia perfetta.
Sai suonare qualche strumento?
– Sapevo suonare il piano, ma non di
sicuro come te.
– Quando mai mi hai sentita suonare?
– Quando siamo venuti a prenderti ad Amburgo.
Stavi suonando Mozart, credo.
– Era Bach, veramente. Mi stavo
esercitando.
– Era un’esercitazione? Cavolo, non voglio
sapere come suoni in pubblico.
– A dire la verità non ho mai suonato in
pubblico.
– Come no?
– Mai. Suono per i miei amici a volte, ma
mai per tanta gente.
– Suonerai per me, vero?
– Mmh… non credo.
– E perché? – La sua voce poteva essere
comparata a quella di un bambino al quale la mamma ha vietato di vedere i cartoni.
– Non te lo meriteresti. – buttai di nuovo la
testa sulla sua spalla.
– Sono un bambino cattivo?
– Si, lo sei eccome. Posso far apparire un
piano?
– Certo che puoi.
– Mi insegni?
– Lo devi solo visualizzare. Questo vuol
dire che suonerai per me?
– Se ti fai perdonare, sì.
Jason spostò lo sguardo dai miei occhi
alle mie labbra. – Così dovrebbe bastare.
Mi
posò le labbra sulle mie. Io avevo gi chiuso gli occhi e spento il cervello
prima che lo facesse. Prese a baciarmi, io avevo sempre quel senso di colpa nei
confronti di Loraine, ma avevo il cervello spento, il cuore che mi batteva a
mille e una centrifuga nello stomaco. Jason era davvero un mago in fatto di
baci. Cavolo se ci sapeva fare. Al contrario di me, invece, che potevo essere
paragonata a un cavallo che tira in su il labbro superiore. Osceno.
– Bene. – disse Jason staccandosi da me –
Ora suoni per me?
– Pff, e va bene. – unii le falangette
delle dita e visualizzai un pianoforte a coda. Sentii uno sbadabam! aprii gli occhi per lo spavento e vidi il mio pianoforte.
– Né? – sorrisi a Jason
– Bello. Sei stata molto brava. – mi
accarezzò una guancia, si alzò e mi diede la gonna dell’uniforme scolastica. –
Così non suoni in mutande.
– Già – me la misi in fretta e furia –
grazie del pensiero.
– Prego.
Mi sedetti al piano. – Felice di
rivederti, piccolo. – tolsi uno
straterello di polvere dalla tastiera facendo una piccola scaletta. Suonai le
prime note di “Per Elisa” per testare se era accordato. Ancora accordato.
– Cosa vuoi che ti suoni?
– Una canzone anche cantata. Voglio
sentire bene la tua voce. – mi sorrise.
– Mmh… piuttosto vaga come richiesta. – sorrisi.
Schiacciai ripetutamente un tasto a caso sulla tastiera – Buy it,use it, break it, fix it, trash it, change
it, melt, upgrade it. – presi un respiro per continuare ma Jason si accorse che lo prendevo in
giro.
– Annie,
me l’avevi promesso.
– Io ti ho detto che avrei cantato per te,
non gradisci?
– Voglio sentirti cantare una bella
canzone. Dai, ti prego!
–
Ah, okay. Ma dopo dovrai farti perdonare.
–
Hai capito, furbacchiona.
Gli feci la linguaccia. Sfogliai tra le mie playlist e trovai la
canzone che cercava. O almeno, me lo auguravo. Mi schiarii la voce. Il primo
accordo. – She's just a girl, and she's on fire. – intonai la prima frase come Alicia Keys, guardando
Jason, che mi sorrise, così continuai – Hotter than a fantasy, longer like a highway. – altro accordo.
Sembrava più una versione acoustic che l’originale, ma continuai così fino al
ritornello. – This girl is on
fire – sforzai la mia voce e ripetei – this
girl is on fire – altra pausa – she's walking on fire. This girl is on fire. – e continuai per tutta
la canzone. Staccai le mani dalla tastiera.
Un applauso.
– Cavolo, sei davvero una musicista.
– Beh, ho imparato prima a suonare che a
parlare. Sai, mio padre… – mi venne un groppo alla gola pensando che non
avremmo più fatto i quartetti a due mani. Mi sfregai il braccio sul naso e serrai
le labbra.
– No, Annie, ssh… – Jason mi abbracciò,
intuendo che stavo per piangere.
– Mi-mi ha insegnato lui a-a suonare. – mi
sforzai.
Jason mi accarezzò i capelli. – Non
metterti a piangere, non lo sopporto. Non voglio vederti triste.
Tirai su con il naso, mi staccai da lui e
mi asciugai gli occhi.
– Va meglio?
– Si, grazie.
– Mi suoni ancora qualcosa?
– Io ho un’idea migliore. – dissi. –
Avvicinati, c’è spazio per tutti e due. – Picchiettai sulla sedia.
– No, non ci provare. Sono anni che non
suono più.
– Aha, non si scappa.
Jason fece di no con la testa e incrociò
le braccia – Scordatelo.
Io gli feci gli occhi dolci.
– No, non guardarmi così!
– Tipregotipregotipreeeego! – implorai io.
Jason tirò su le mani in segno di resa. –
Mi arrendo. – disse e si sedette i fianco a me, avvicinandosi come se volesse
baciarmi, ma quando fu vicinissimo a me io lo fermai.
– Prima Pretty Woman.
– Ah! Ma questa la sapevo suonare! – mi
spostò un po’ più in là sullo sgabello – Spazio al maestro! – tirò fuori la
lingua e si accanì sulla povera tastiera.
– EHI! Non vorrai uccidere il mio piccolino!?
– Che ho fatto di male? Le note sono
giuste no?
– Si, ma chi ti ha insegnato a suonare? –
risi. Lui abbassò lo sguardo – Dai, guarda e impara.
Mi misi a suonare la colonna sonora di Pretty Woman – Vedi? Le dita devono
essere leggere sulla tastiera, così se hai dei larghi salti di ottava sei
facilitato, non trovi?
– Credo che hai ragione. Mi permetti? – Mi
spostò e ricominciò a suonare, sempre picchiando il mio povero piano.
Mi alzai e gli misi le mani sulle sue – Vai
lentamente. Devi sentire la melodia uscire dal cuore, passarti nelle braccia e
uscire dalle dita. Condussi le sue mani sui tasti – La senti?
– Più o meno. – ammise lui
– Beh, perlomeno sei sincero.
– A chi è che hai insegnato, a quel Nigel?
– Cosa c’entra Nigel, ora?
– Cosa c’è stato tra voi?
– Niente di importante. – mentii
– Non mentire. So che ti ha fatto qualcosa.
– No, non mi ha fatto niente, anzi… – tirai su col naso. Un'altra balla. Mi
strofinai la manica sotto il naso. – Non
m-mi ha f-fatto niente… – mi morsi il
labbro inferiore.
– Annie… – Jason si avvicinò a me, come se volesse
abbracciarmi – non volevo…
– Oh, certo, non volevi. E non volevi nemmeno
picchiare mio cugino, giusto?
– Beh… Annie…
– Annie un cavolo! – mi alzai e andai verso il
muro.
Perché sto piangendo? Perché
ogni volta che qualcuno mi chiede cosa mi ha fatto Nigel io lo tratto male e
scoppio in lacrime?
Jason tese il braccio verso di me, ma io
lo scostai, cosa che anche oggi mi chiedo il perché.
– Stammi lontano! – gli urlai.
– Non posso farlo. Non riesco.
– E allora impara, dannazione!
– Annie, che ti succede?
– Perché mi chiedi in continuazione di
Nigel?
– Non…
– Non lo sai? Ah, questa è bella!
– Non è che non lo so… è più forte di me!
Io continuavo a guardare dritto verso di
me.
– So che ti ha fatto qualcosa, scusa per…
tutto. Mi perdoni?
Mi asciugai le lacrime. – Non voglio
parlarne. Non lo so.
– È
già qualcosa, no? – mi abbracciò da dietro.
Sentii di nuovo le lacrime. – Non ti arrendi mai tu, eh?
– Con te? Puah, mai.
Quelle parole bastavano. Mi girai e lo
abbracciai.
– Shh… va tutto bene, ci sono io.
– Menomale che ci sei. Scusami, Jason.
– Stai tranquilla, sfogati.
– Menomale che ho messo il mascara
waterproof! – dissi, tra un singhiozzo e l’altro, riuscendo a ridere, persino.
Jason mi sollevò dal mento, mi asciugò le
lacrime – Già, menomale che hai messo quel coso waterproof. Altrimenti
sembreresti uno scoiattolo striato.
Sorrisi, senza dire niente.
– Posso baciarti? – mi chiese Jason.
Annuii. Spensi il cervello, e l’unica cosa
che volevo in quel momento era Jason. Solo lui, la sua presenza mi bastava. Grazie
a lui, sarei riuscita a dimenticare, a lasciare andare quei ricordi. Mentre mi
baciava, una lacrima mi rigò il viso. Solo una.