Niall voleva bene ad Harry, davvero, anche se lo prendeva per mano un po’ troppo spesso e gli ribaltava tutte le costruzioni,  iniziando a strillare appena si rifiutava di alzarsi per andare a giocare assieme a lui. Voleva bene ad Harry anche se gli faceva i dispetti, gli sciupava  i colori e tirava i capelli, la sera, per l’ora di cena, quando Anne tornava a prenderlo da casa sua alla fine del pomeriggio assieme, dopo la materna, ed il ricciolino si cacciava a piangere perché non voleva lasciare il suo migliore amico.
 
 
 
 
Niall voleva bene ad Harry, sul serio, soprattutto quando in mensa gli lasciava il proprio dolce, smezzando anche l’arancia e impacchettando il tutto con uno dei suoi sorrisi migliori, senza denti però, quelli centrali, che erano appena caduti. Lo faceva ridere a calcetto, quando gli altri compagni lo prendevano in giro perché incapace anche solo di passare la palla mentre Harry in attacco era fortissimo, e lo difendeva sempre, da tutti gli altri, facendogli da scorta anche nel cortile delle elementari dove i bambini più grandi continuavano a torturarlo, dandogli della femminuccia.
 
 
 
 
 
Niall voleva bene ad Harry, tanto, quando, mentre la professoressa di seconda media lo interrogava, gli riempiva il diario di cuoricini e dediche, dandogli scherzosamente del secchione e chiedendogli subito dopo nell’ora successiva tutte le risposte del compito. Adorava i loro pomeriggi davanti alla tele per giocare alla play, dove parlavano comodamente seduti a terra con la schiena appoggiata contro al divano mentre Maura in cucina sfornava dei profumatissimi muffin ai mirtilli. Ad Harry confidava tutto, si dicevano tutto, anche se da quando entrambi si erano ritrovati con un fastidioso prurito al cavallo dei pantaloni, le loro giornate dopo scuola si erano riempite di più azioni e meno parole. Il riccio sembrava così esperto, e Niall così insicuro, devoto, allievo promettente, si era semplicemente fatto guidare, senza malizia, e con la stessa innocenza che nel compagno stava però già sbiadendo.
 
 
 
 
 
Niall voleva bene ad Harry, forse, da quando erano iniziate le superiori lo aveva visto baciarsi con un paio di ragazze ma quando era venuto il suo torno di chiedere a Kayle di uscire, Harry gli aveva fatto una scenata, ribaltandogli mezza camera e strillando un po’ come quando erano più piccoli, lanciandogli contro insulti e parole sporche che solo dai loro nuovi compagni aveva potuto sentire. Ogni tanto non si parlavano, dal nulla, per almeno una decina di giorni, poi il castano tornava sempre, con la coda fra le gambe e con la scusa del voler copiare un compito o rimproverarlo per l’ennesima sigaretta della giornata, bloccando ogni obiezione con un gesto nascosto che ormai era entrato nella loro normalità, specialmente all’infuori dalla vista degli altri.
Un’azione dolce, impura, di labbra a contatto che si fondono e lingue che si riscontrano, saggiando qualche lacrima che scendeva dal viso di entrambi, coglioni, per non essersi sentiti ancora così a lungo ed aver sofferto.
 
 
 
 
 
Niall amava Harry, come nessun’ altra persona potrà mai amare il proprio compagno di vita, ora ne era certo, specialmente da quando avevano preso un appartamento tutto loro vicino alle facoltà che frequentavano e si erano rivelati ai loro genitori, partendo subito dopo per un viaggio in america giusto il tempo di lasciare digerire la notizia e festeggiare la prima sessione di esami andata con successo. Amava Harry la mattina, quando il suo corpo nudo lo sovrastava, facendolo svegliare, e i suoi mugolii richiedevano la colazione ed alcune attenzioni necessarie per alzarsi dal letto, lo amava, da morire, il pomeriggio, quando, dopo le lezioni, si rincontravano a studiare e scherzare assieme, raccontandosi la giornata, e la sera, Niall amava Harry la sera, dopo cena, quando salutati gli amici e consumata la cena, ci si rilassava, si andava in doccia, si guardava qualche film o si usciva in qualche posto ancora sconosciuto, prima di tornare per la notte, e allora, solo allora, Niall amava Harry, amava Harry di notte.