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Autore: socchan    27/03/2013    3 recensioni
Salve a tutti, questà é la prima fic shonen ai e di Death Note che pubblico in assoluto. Spero che a qualcuno possa piacere.
"-Mi chiamo Near, mi sono appena trasferito e spero di trovarmi bene in questa classe.- disse, aprendo finalmente bocca. Avrei creduto che pure la sua voce fosse neutra, però aveva una certa nota di colore che la faceva apparire melodiosa."
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi, Mello, Near | Coppie: Mello/Near
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Entrai in classe, con tutti gli sguardi puntati verso di me. Ma non vi prestai attenzione, stavo ancora pensando alle parole di Near, poco dopo che ero uscito dall’infermeria. Lasciandolo solo con la donna.
-Mihael, mi stai ascoltando?- domandò il professore di matematica, fissandomi.
-No sensei.- fu la mia risposta sincera. Dopotutto era vero, ero su tutto altro pianeta.
-Ti ho chiesto, dove sei stato fino ad ora, e dov’è finito Nate. Se non mi sbaglio, eri andato a cercarlo.- disse, avvicinandosi al banco di Matt e me. Finalmente appoggiai il sedere sulla mia scomoda sedia, e alzai lo sguardo verso di lui.
-In realtà sono riuscito a trovarlo, ma è successo un imprevisto.- mormorai, dondolandomi sulla seggiola.
-Cosa di preciso?- domandò ancora lui.
-Sarà stato violentato.- commentò Matt, facendo scoppiare a ridere tutti i ragazzi della classe.
-Non è così.- lo zittì bruscamente. I suoi occhioni verdi mi osservarono stupiti da quella reazione.
-Ragazzi, smettetela.- ordinò il matematico. –Vuoi dirmi, per grazia, cosa gli è successo?-
-Ho raggiunto lo spogliatoio, e ho trovato tre ragazzi che lo picchiavano in modo violento. Ovviamente gli ho bloccati.- dopo quella frase, tutti rimasero in silenzio, scioccati.
-Quindi, stai dicendo che non sei stato tu a provocare la rissa?- disse Misa.
-E addirittura, hai fermato quel macello?- aggiunse Kiyomi. Io annuì confuso dalle reazioni di tutti. Anche il professore, era rimasto a bocca aperta.
-Amico, ti senti bene?- domandò Matt, appoggiandomi una mano sulla fronte. Gliela tolsi con violenza, arrabbiato.
-Cosa speri di trovare? Non sono sempre dalla parte dei cattivi.-
-Invece sì. Tu sei il più grande dei cattivi.- specificò il mio migliore amico. Sbuffai sonoramente, voltandomi dall’altra parte, incrociando le braccia al petto. Sperai che smettessero di osservarmi in modo insistente, e infatti così fu. Pochi minuti dopo mi stavo dondolando annoiato sulla sedia, mentre il professore ci spiegava le equazioni. Ma i miei pensieri erano incentrati su tutt’altra cosa. Da quando Near era entrato nella nostra aula non facevo altro che pensare a lui. Era inevitabile e fastidioso in un qualche modo. Averlo sempre in testa non mi metteva di buon’umore ma non potevo farne a meno. Era come un fastidioso insetto che ti ronza proprio accanto all’orecchio, e anche se provi a scacciarlo lui insistente, non molla.
Innervosito, mi portai le mani ai capelli spettinandoli energicamente, ma nell’istante in cui lo feci, persi l’equilibrio e rischiai di cadere dalla seggiola.
-Mello che cazzo ti sta succedendo?- domandò a bassa voce Matt fissandomi sconvolto. Io non risposi, restai semplicemente in silenzio fissando il vuoto davanti a me.
Non sapevo dargli una risposta, perché in realtà non lo sapevo nemmeno io.
La lezione passò in un batter d’occhio fortunatamente, così raccattai le mie poche cose e senza attendere il mio amico corsi fuori dall’aula diretto verso il mio armadietto.
Sentì la voce di Matt che mi gridava di aspettarlo ma non li diedi retta. Raggiunsi il mio armadietto e vi depositai il quaderno di matematica, e l’astuccio. Poi prima di chiuderlo afferrai il sacchetto contenente gli abiti di ginnastica e le scarpe, poi lo richiusi con un tonfo infine andai verso l’infermeria.
Arrivai davanti alla porta e mi bloccai, colto da uno strano nervosismo che non riuscivo a descrivere. Appoggiai la mano tremante sulla maniglia, e restai immobile indeciso sul da farsi.
Che diavolo mi succede? Sto impazzendo.” pensai amaramente. “E tutto per un fottutissimo albino.” Aggiunsi, prendendo un grande respiro ed entrando nel locale. Ma prima che potessi aprire la porta, una mano mi si appoggiò sulla spalla facendomi voltare. Incrociai gli occhi verdi di Matt.
-Finalmente ti ho trovato! Appena è finita la lezione sei scappato via come se ti stesse inseguendo un branco di lupi!- commentò ridendo.
-Cosa vuoi?- gli domandai senza giri di parole.
-Bé … vorrei capire cosa ti sta succedendo.- disse semplicemente, scostando la sua mano da me.
-Non t’interessa.- risposi bruscamente, con espressione annoiata. Sentì il suo sguardo indagatore non mollarmi un attimo. Spostai il mio, soffiandomi via la frangia dal viso.
-Hai qualcos’altro da riferirmi?- domandai a quel punto. Lui sogghignò in modo insopportabile.
-Non dirmi che … ti piace.- mormorò a quel punto, cogliendomi alla sprovvista. Sgranai leggermente gli occhi azzurri riflettendoci sopra. Ma improvvisamente mi accorsi del ragionamento contorto che stavo facendo.
-Io, finocchio?- sibilai sprezzante. Lui annuì con vigore. –Ma neanche per idea!!- strepitai improvvisamente, imbarazzato. E dopo quella misera esclamazione da perfetto idiota, Matt scoppiò a ridere sguaiatamente. Mi sentì le guance bollenti, e capii che ero arrossito. Intanto il mio amico si era piegato in due dalle risate, non capivo cosa ci trovasse di tanto divertente.
-La vuoi smettere coglione? Altrimenti ti pesto talmente tanto, finché non ti metti a piangere.- sibilai aggressivo, con il pugno alzato verso di lui.
Poi finalmente rialzandosi e asciugandosi la lacrimuccia, riprese il controllo. Poi appoggiò la mano sulla mia spalla e mi guardò negli occhi.
-Scusa, scusa ma è stato più forte di me. Sembravi una ragazzina che tenta di nascondere la propria cotta.- e giù di nuovo a ridere, ma questa volta in faccia. Non ci vidi più, e con rabbia li mollai un gancio destro sul naso che gli fece perdere l’equilibrio. Cadde a terra violentemente, e mi guardò confuso. Non se lo era aspettato una reazione così da parte mia, scherzavamo sempre tra di noi. Ma quando è troppo, è troppo.
Dal naso iniziò a colargli uno spesso rivolo di sangue, e con calma andò a tastarselo.
-Scusa, non volevo ..- borbottai guardando da un’altra parte, e porgendoli il fazzoletto in stoffa che portavo sempre con me. Lui lo accettò pulendosi il sangue che colava copiosamente, sporcandogli la maglietta. Restammo per brevi attimi in silenzio, quando sentimmo delle voci all’interno del locale. Pochi attimi dopo l’infermiera apparve sulla soglia con la cartella medica sotto il braccio.
-O Mello sei qui stavo per venirti a cercare. Ma che diavolo è successo?- domandò in seguito, vedendo Matt, con il fazzoletto impregnato del suo sangue. S’inginocchiò al suo livello, aiutandolo a tirarsi su, poi lo portò dentro. Per non restare lì in corridoio da solo li seguii.
Quando fui dentro vidi Near, ancora seduto sul lettino con la caviglia fasciata e lo sguardo puntato verso l’esterno. Poi quando sentii un corpo appoggiarsi sullo sgabello voltò la testa dalla nostra parte. E come volevasi verificare, i suoi occhi neri incontrarono i miei azzurri. Notai che le sue labbra si piegarono impercettibilmente in un sorriso, ma fu un attimo che quasi non me ne accorsi. Pensai immediatamente che fosse stato il mio cervello a proiettarmi un’illusione per farmi contento. Scossi la testa, per scacciare quei pensieri ambigui. Restai immobile all’entrata senza fare nulla, con Nate a fissarmi immobile.
-Mello ti dispiace entrare? C’è corrente.- mi disse l’infermiera gentilmente, porgendo a Matt un po’ di ovatta, in modo da arrestare il sangue da naso. Io annuì in modo meccanico, poi chiusi la porta e mi avvicinai a loro, restando ugualmente ad una certa distanza dal mio reale obbiettivo.
Non sapevo cosa dire, finché l’infermiera mi salvò da quella imbarazzante situazione.
-Allora cos’è successo tra di voi?- domandò, finendo di medicare il mio migliore amico ed osservandomi. Incrociai le braccia al petto e spostai il mio sguardo.
-Ho fatto solo una battuta, e lui l’ha presa male.- spiegò Matt. Sentì una vena pulsarmi sulla fronte, avrei potuto fargli più male. Ma mi ero trattenuto per sua fortuna.
-Che genere di battuta?- disse la donna con una nota incuriosita nella voce. Fissai il rosso di sbieco in attesa.
-In pratica gli ho detto che …- prima che potesse finire mi lanciai in avanti verso di lui atterrandolo. Era sotto di me, e chi fosse entrato in quel momento nell’infermeria avrebbe pensato subito male ma non m’importava. Avrei fatto di tutto pur di non fare ripetere la battuta e Matt.
-Ragazzi, smettetela!!-strepitò l’infermiera cercando invano di dividerci. Non stavo pestando il mio amico, ma solo tenendogli la bocca chiusa. Ma più il tempo passava e più mi riusciva difficile. Notai solo dopo che Near stava sorridendo. Il battito cardiaco mi si bloccò per qualche istante, e quel momento mi parve infinito. Il suo sorriso era forse la cosa più bella e accattivante che avessi mai visto, e quell’attimo di distrazione mi fu fatale. Matt capovolse i ruoli, ora ero io a trovarsi sotto di lui. Mi diede una testata in modo da potersi liberare del tutto, e alzarsi in piedi come un fulmine. Quando me ne resi conto era già troppo tardi, mi sovrastava completamente.
-Dunque … poco fa, prima che mi spaccasse il naso a suon di cazzotti, gli ho chiesto semplicemente se gli piacesse.- disse semplicemente, con le mani in tasca.
-Gli piacesse chi?- aggiunse la donna, sedendosi sullo sgabello.
-Lui.- rispose Matt, indicando il ragazzo a letto. Nate rimase lievemente sorpreso, perché notai i suoi occhi sgranarsi. Mi sentì avvampare, e sperai di potermi sotterrare. Ma siccome possedevo ancora un po’ d’orgoglio, mi alzai in piedi e fissai le persone davanti a me. Ingoiai la saliva, mentre il silenzio si faceva sempre più insistente.
Così improvvisai una risatina nervosa per smollare quella situazione. Ma gli altri non seguirono il mio esempio, cosi smisi per non risultare stupido.
-Quindi … a te piace veramente?- chiese l’infermiera, con le mani in grembo. La guardai dritta negli occhi, senza sbattere le palpebre.
-Perché mai pensate una cosa simile? Solo perché l’ho aiutato nel momento del bisogno? O perché l’ho accompagnato in infermeria?-dissi alzando il tono della voce, ma mantenendolo comunque ad un tono sufficientemente calmo.
Vidi Near guardarmi sempre più confuso e smarrito. Ma io al suo confronto lo ero maggiormente: non potevo credere che una situazione così potesse succedere a me. Strinsi i pugni con rabbia. Mi sentivo tremendamente umiliato, perché, forse, infondo quella era la realtà. Ma non riuscivo ad accettarla.
-Mail, per favore raggiungi i tuoi compagni in palestra.- disse la donna.
-Ma perché?- chiese lui disinvolto, con le mani in tasca. Lei lo osservò intensamente, senza lasciar trasparire nessuna emozione. Poi convinto lasciò il locale, i suoi passi sparirono poco dopo.
Ora eravamo rimasti solamente in tre. Mi sentivo a disagio e non mi succedeva mai. Ero sempre stato sicuro di me stesso, ma in questo momento la dote di cui andavo più fiero sembrava sparita nel nulla. Ingoiai nuovamente la saliva, aspettando che qualcuno aprisse bocca.
Poi sentì qualcuno muoversi, e vidi l’infermiera venirmi incontro.
-Vi lascio soli.- mi sussurrò nell’orecchio per poi uscire dalla stanza, e chiudersi la porta dietro di sé. A quel punto, sentì il mio cuore accelerare il battito, pensai addirittura che Nate potesse udirlo. Ma fortunatamente era impossibile.
Restammo in completo silenzio fissandoci immobili. Non mi era mai capitata una cosa del genere perciò non sapevo come comportarmi. Ma dovevo ritrovare la mia arroganza, solo in questo modo sarei riuscito a riprendere il controllo della situazione. Presi un bel respiro, e fissai il ragazzino a letto con fare superiore.
-Allora? Ci sentiamo meglio omino bianco?- domandai avvicinandomi. Lui mi seguì con lo sguardo, senza fare una piega. –La caviglia, va meglio?- domandai con falsa preoccupazione. Poi vi appoggiai la mano e gliela strinsi appena. Lui si lasciò scappare un gemito strozzato.
Mi pentii immediatamente di quello che avevo fatto, ma ormai non potevo rimediare. Dovevo riparare all’immagine che avevo dato al mio migliore amico, all’infermiera scolastica e soprattutto al nuovo arrivato.
Eppure lui non smetteva di osservarmi, con quegli occhi neri e lucidi come caramelle alla liquirizia. Mi fece tenerezza, ma poi mi ripresi.
Che cavolo mi stava succedendo! Solo a guardarlo mi rimbecillivo. Dannati ormoni adolescenziali … Il che era ancora più preoccupante il fatto che provassi attrazione per un altro ragazzo.
Portai le mani ai capelli, per poi lasciar cadere le braccia lungo i fianchi senza nessuna forza. Non sapevo nemmeno, dove mettere le mani, che stupido. Mi sfuggì un sorriso amaro. Poi ancora accanto al lettino dov’era steso Near appoggiai la mano destra, reggendo il mio peso.
-… Mello?- sussurrò Nate. Mi voltai subito al suo richiamo, e rimasi spiazzato. Vidi che si era alzato in piedi, nonostante la caviglia dolorante.
-Che diavolo fai in piedi?- gli strepitai addosso in modo troppo aggressivo. Ma era stato più forte di me. Senza nessuna spiegazione si avvicinò ancor di più, e notai la grande differenza di altezza tra noi due.
Poi vidi che avvicinò la sua piccola mano sul bavero della mia camicia, rapito osservai i suoi movimenti. Finché non mi attirò delicatamente a sé fino ad appoggiare le sue labbra alle mie. Fu una sensazione totalmente nuova per me, come tutta la situazione in cui mi trovavo. Poi dopo alcuni momenti rimasti incollati l’uno all’altro, si allontanò da me.
-Le tue labbra sanno di cioccolato.- mormoro Near, tornando sul suo lettino, con leggera fatica.
Restai imbambolato ad osservarlo, ora più piccolo che mai e con le gote lievemente rosate. Sorrisi malizioso. Fino ad ora, il colore che prevaleva su di lui era stato il bianco: ma ora che le sue guance si erano colorate appena di un rosa tenue, pensai che fosse ancora più indifeso. Scossi il capo, non potevo mostrare l’affetto improvviso per lui, fino al mattino passato l’odiavo.
-Le tue invece sanno di verginella.- risposi con strafottenza, deciso ad imbarazzarlo con questa battutina. Infatti vidi chiaramente che abbassò lievemente il capo, fissando il materassino su cui giaceva. Un po’ mi pentii di quelle cose che gli dicevo, ma dall’altra sentivo di doverle dire. Come a dimostrare che dopotutto ero sempre il solito Mello: il bastardo, che prendeva in giro tutti e si divertita a umiliare chiunque in qualsiasi momento.
Poi ritornò il silenzio di poco prima.
-Senti … mi dispiace se ti ho offeso.- bofonchiai a voce bassa infilando le mani in tasca, sperando che non mi avesse sentito. Ma mi sbagliai.
I suoi occhi incrociarono i miei, e sul suo viso intravidi un sorriso sincero e in quel momento mi sentì mancare la terra sotto i piedi.
-Non ti preoccupare.- rispose poco dopo, cambiando espressione: tornando nuovamente indecifrabile. Poi il silenzio si fece ancora pesante tra di noi, finché dalla porta non entrò l’infermiera. Quando ci vide, parve mortificata della sua entrata improvvisa. Come se fosse stata la terza incomodo.
-Mi dispiace ragazzi, avrei dovuto bussare.- si scusò lisciandosi il candido grembiule della divisa. –Ma Mello, dovreste raggiungere la palestra.- commentò la donna.
Alzai lo sguardo verso l’orologio appeso sopra all’entrata dell’infermeria e vidi che effettivamente, eravamo in ritardo.
-Forza, andiamo.- dissi a voce alta, più a me stesso che ad altri. Poi senza attendere nessuna risposta, e consapevole che da solo non avrebbe mai raggiunto la palestra, mi avvicinai al lettino dove Nate sedeva. In seguito mi accovacciai per permettergli di portare il suo braccio attorno al mio collo. Ma dopo i primi minuti senza sentire nessun contatto m’innervosì.
-Allora?! Non posso stare così tutto il giorno.-commentai acido, ma poi percepì il suo peso circondarmi le spalle e finalmente potei tirarmi in piedi.
-Ce la fai da solo? Non hai bisogno di aiuto?- mi chiese l’infermiera con sguardo apprensivo. Sbuffai sonoramente, facendole capire che non avevo bisogno di nessuno e men che meno di lei.
Con passo incerto, uscimmo dalla stanza per raggiungere la palestra. Non era molto lontana, si doveva semplicemente scendere al piano 0. L’unico tratto in cui feci più fatica ad aiutarlo furono le scale. Erano tante e strette, e non volevo causare altri danni al ragazzino.
Però riuscì a fargli superare incolume quell’ostacolo e finalmente raggiungemmo lo spogliatoio, dove il mattino passato era stato picchiato senza ragione alcuna. Lo feci sedere su una panchina sgangherata. In quel momento mi resi conto di tutte le malefatte che avevo fatto in quei tre anni di scuola. Tutti gli allievi più piccoli di me mi temevano, ed evitavamo. Quelli più grandi mi consideravano una specie di rivale da schiacciare se avessi alzato ancor di più la cresta.
Ed io fino ad ora avevo sempre pensato di essere considerato un bastardo, violento ed arrogante fosse il premio più ambito di tutti. Ma mi sbagliavo.
-Mello?- disse la voce ovattata di Near giungermi come una carezza alle orecchie. Spostai la mia attenzione subito su di lui, lasciando perdere le riflessioni di poco fa.
Ma nonostante ciò non aprii bocca, e restai ad osservarlo immobile. Occhi azzurri in occhi neri. Anche lui non parlò, aspettando che la mia voce spezzasse quel silenzio. Poi presi la mia decisione.
-Nate … tu pensi che io sia uno stronzo?- chiesi senza troppi giri di parole, arrivando dritto al punto.
-Assolutamente sì.- rispose, lasciandomi di stucco. Non avrei mai creduto che potesse dire una cosa del genere. Probabilmente la mia espressione fu tanto sconvolta, da farlo sghignazzare dolcemente. Possedeva una risata cristallina. Poi appoggiò la sua piccola mano pallida, a contatto con il mio viso. –Tu cosa pensi di te stesso?- domandò.
Aprii bocca per dare una risposta, ma mi accorsi di non averne: non avevo mai fatto questo ragionamento. “Cosa pensi di te stesso?” le parole di Near mi rimbombarono nella mente come una cantilena.
-Tu dai troppa importanza alle parole degli altri. Invece di ascoltare gli insulti, che forse ti meriti, inizia ad ignorarli.-le sue parole mi colpirono profondamente: nessuno mi aveva mai detto nulla del genere nemmeno Matt, il mio migliore amico o mia madre.
-Fai come me: l’indifferenza è la peggior cosa.- aggiunse con sguardo fermo.
Avrei voluto ringraziarlo, ma in modo da non prenderlo come normale ringraziamento. Dovevo spiazzarlo, fare qualcosa che neppure io avrei mai pensato di fare. Poi ebbi l’illuminazione.
Mi inginocchiai di fianco a lui, così incuriosito prese ad osservare i miei movimenti. Mi avvicinai ancor di più, poi con un ultimo breve slancio allacciai le mie braccia attorno alla sua vita, stringendolo.
Poi con più coraggio appoggiai la testa sulle sue gambe, respirando il suo profumo a pieni polmoni. Poi percepii le sue dita scorrere tra i miei fili d’oro, facendomi rabbrividire. Finalmente mi sentivo bene, per la prima volta nella mia vita potevo permettermi di non pensare a nulla.
Poi mi ripresi, dovevo darmi un contegno altrimenti Nate avrebbe iniziato a prendermi in giro, e per quel giorno di stranezze e cambiamenti radicali nel mio essere ne avevo avuti abbastanza. Mi sedetti accanto a lui, togliendomi le scarpe e restando scalzo, poi aiutai l’albino a raggiungere la porta che conduceva alla palestra, aldilà si sentivano le voci concitate dei nostri compagni.
-Perché quando ti sei presentato ti sei chiamato Near?- domandai improvvisamente. Lui sorrise calmo.
-Perché io sto sempre vicino alle persone che mi vogliono bene.- mi rispose, sbuffai sprezzante cercando di nascondere un leggero imbarazzo. Sapevo che quella frase era indirizzata a me, soprattutto.
-E perché tu non ti sei cambiato? Non fai lezione?- chiese lui a quel punto, poco prima di aprire la porta. Mi bloccai con la mano libera appoggiata sulla maniglia.
-Perché anchio voglio restare vicino a chi voglio bene.-risposi, sorridendo in modo sghembo. Ci lanciammo un’occhiata d’intesa, infine spalancai la porta entrando in palestra.
Ero certo che da ora, grazie a quell'albino, tutto sarebbe cambiato.

 

 
 
Angolo autrice
 
Salve gente!
Mi dispiace di questo tremendo ritardo, durato quasi un anno ..
Ma non riuscivo a concludere questa fic, ma finalmente ci sono riuscita! E ho portato a termine anche questo obbiettivo! *si carica*
Duunque, la fine non mi convince granché ma non sono riuscita a trovare qualcosa di migliore.
Aspetto i commenti, e pure critiche se me le merito XD
Grazie a tutti/e dell’attenzione!
A presto (forse)!
  
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