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Autore: redeagle86    27/03/2013    2 recensioni
(Ipotetico seguito di TMI)
Dal prologo:
"Era la fine: aveva perso, i suoi sogni di gloria erano crollati come castelli di carte e lui moriva con la faccia nel fango. Un finale epico, senza ombra di dubbio.
Clary e i suoi amichetti avrebbero avuto il loro “per sempre felici e contenti” e tutti si sarebbero presto dimenticati della sua esistenza. Non c'era nessun segno del suo passaggio, solo una sconfitta.
-Ave atque vale- sussurrò.
Non è ancora giunta la tua ora, Jonathan Christopher Morgenstern.
"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1cap
Per gli amanti e per gli scheletri
Parte Prima

Inoltrarsi nell’armadio di casa, allo stesso tempo, conforta, sorprende, scuote.
Gli armadi fanno paura.
Scricchiolano di notte, sono i nascondigli per gli amanti e per gli scheletri.
La gente sa che, in fondo all’armadio, in quei cassetti segreti
che si conoscono e che ciclicamente si rimuovono, esistono,
come oggetti di un puzzle che non si completerà mai,
quei vestiti acquistati e mai messi.”
(Gianfranco Brevetto)

1
Regali

La musica martellante che scuoteva le pareti del Pandemonium rimbombava anche all'esterno, dove i ragazzi attendevano impazienti di poter entrare nel locale. Era una notte come tante altre a New York. Una notte come tante altre nel mondo dei mondani.
Ma per la ragazza distesa sull'asfalto di un vicolo buio, non ci sarebbero state altre notti. Era sdraiata a terra in modo scomposto, gli occhi spalancati in un'espressione di puro terrore e nessuna ferita sul corpo.
-Credi sia opera di un Nascosto?
William Herondale, chino sul cadavere, scosse la testa: vampiri e licantropi lasciavano chiari segni sulle loro sfortunate vittime, le fate erano ben controllate dalla Regina e non c'erano indizi che portassero agli stregoni.
-No, direi piuttosto un demone, anche se non saprei di che tipo- rispose, abbassando le palpebre della fanciulla e notando un oggetto scintillare vicino a lei.
-Hai trovato qualcosa?
-Non lo so, forse nulla di importante- disse. La sua mano raccolse una piccola sfera trasparente poco più grande di una biglia: la rigirò tra le dita e per un istante gli sembrò di scorgere un'ombra al suo interno. Durò meno di un secondo e, vedendo che non si ripeteva, il giovane pensò di averlo immaginato.
Forse negli ultimi tempi stava lavorando troppo, ma non poteva fare diversamente: con sua madre al termine della gravidanza e suo padre in perenne stato d'ansia, l'Istituto si ritrovava con tre Cacciatori invece di cinque. In effetti avrebbe potuto chiedere un aiuto ai suoi zii che di certo non si sarebbero tirati indietro, ma non erano più dei ragazzini: la vita da Shadowhunters era un ricordo per loro.
Ovviamente sarebbe morto piuttosto che farsi sentire a pronunciare una cosa simile.
-Che poi è la fine che farei se lo sapessero- pensò, alzandosi e riponendo la sfera in una tasca.
-Torniamo a casa, Ron. Non c'è più niente che possiamo fare qui. A meno che tu non voglia fare un salto dentro senza bisogno di fare la fila.
-William, possibile che divertirti sia il tuo unico pensiero?- ribatté il compagno.
-Viviamo una volta sola e facciamo un lavoro schifoso di cui nessuno si accorge- brontolò l'altro. -Vuoi forse invocare Raziel perché punisca il mio desiderio di divertimento?
-Oh, piantala- sbottò l'amico. Affondò le mani nelle tasche dei pantaloni e uscì dal vicolo, voltandosi ad attendere William. -E sentiamo, genio: conti di lasciare le armi al guardaroba?
-Dici che mi conviene chiedere il numero per poterle ritirare? Viviamo a New York, dopotutto: chiunque gira armato- affermò con tono serio.
-Ora ho capito perché hai voluto essere il mio parabatai: volevi avere qualcuno da tormentare fino all'ultimo dei tuoi giorni, ammettilo.
L'interpellato gli rivolse un sorriso smagliante, che si estese ai suoi occhi verdi, mentre intrecciava le dita sulla nuca.
-Mi hai scoperto, anche se il mio piano era di essere la tua croce anche dopo la morte.
-Che l'Angelo me ne scampi- implorò Ron, camminando al suo fianco. -Muoviamoci: dobbiamo fare rapporto sul ritrovamento e...
-E sperare che mio padre abbia finalmente recuperato la ragione. O che mia madre l'abbia legato e spedito a Idris per un viaggio di sola andata.
-Non ti fa piacere sapere che sono ancora così innamorati? Non sono molte le coppie come loro, oggigiorno: ti invidio molto per questo.
William lo guardò, mordendosi la lingua: non pensava mai prima di parlare ed era un difetto che l'avrebbe portato alla rovina. Dimenticava sempre che i genitori del compagno erano separati da anni al contrario dei suoi che sembravano due adolescenti alla loro prima cotta. Li trovava vomitevoli ed imbarazzanti, ma crescere in mezzo a mille litigi doveva essere molto peggio.
-Cavoli, Ron, non posso nemmeno regalarteli per un po' così ti sorbisci i loro cuoricini: viviamo insieme e sei già pervaso dal loro mondo rosa e romantico- si lamentò, gonfiando le guance in un modo che strappò una risata sincera al suo parabatai.
-Ah, Will... - sospirò, scuotendo la testa. -Temo che questo sia niente in confronto a quando nascerà tua sorella.
-È questo che mi spaventa.

-Jonathan Christopher Herondale, se non ti siedi immediatamente, convocherò il Conclave perché ti rinchiudano ad Alicante!
-Ma... Clary, sono preoccupato per te e per nostra figlia...
-Jace, tu sei preoccupato e me sta venendo un esaurimento!
Clarissa Adele Morgenstern era ufficialmente stufa di quella creatura assillante ed insopportabile in cui si era trasformato suo marito. Da quando gli aveva annunciato d'essere incinta, il suo spavaldo e coraggioso Cacciatore era diventato una mamma-chioccia che a malapena le permetteva di alzarsi dal letto. Ogni giorno di quei lunghi nove mesi era stata sul punto di creare una Runa che lo mettesse fuori gioco fino al parto, ma poi si ricordava le complicazioni avute con William, il terrore che aveva letto negli occhi di Jace... e tutto si concludeva con un respiro profondo.
Dopotutto era stata lei ad insistere per avere quella bambina e le erano occorsi sedici anni per convincere il compagno che non le sarebbe accaduto nulla.
-Andrà tutto bene- gli ripeté per la centesima volta. -Sei stato talmente attento a tutto che è impossibile che qualcosa vada storto. Come puoi darmi forza se sembri sempre seduto su una bomba pronta ad esplodere?
-Hai ragione- ammise, prendendole le mani nelle sue. -Sto diventando un vecchio paranoico.
-No, solo un vecchio.
Jace sollevò un sopracciglio, osservandola.
-Non dovresti assecondarmi. Avresti dovuto rispondere: “No, Jace, sei ancora stupendo, affascinante, meraviglioso e io sono la donna più fortunata del mondo a stare con te”.
-Certo, Jace, certo.
-Era forse un tono ironico quello?
-No, ma cosa vai a pensare?
La discussione venne interrotta dal rumore delle porte dell'ascensore, seguito a breve dall'ingresso nella stanza di due ragazzi.
-Ehi, sei ancora qui, papà- commentò William, avvicinandosi a sua madre e baciandola su una guancia. -Credevo che fossi riuscita a spedirlo in missione a chilometri da qui. O su qualche pianeta sperduto.
-La verità è che sono troppo buona- rispose Clary.
-Avete finito di tramare alle mie spalle?- chiese l'interessato, incrociando le braccia al petto e spostando lo sguardo dalla moglie al figlio. Si somigliavano molto: William aveva gli stessi lineamenti fini di Clarissa, gli stessi capelli rossi e gli stessi occhi smeraldo. Da lui aveva preso le mani dalle dita lunghe e affusolate, l'amore per i libri, l'eccitazione in battaglia... e la sua pungente ironia.
Alec diceva spesso che il nipote aveva la bellezza della madre e tutta la lingua del padre.
-Com'è andata la pattuglia?
-Abbiamo trovato il cadavere di una mondana vicino al Pandemonium- raccontò Ron. -Nessuna ferita, nessun indizio che possa portare ai Nascosti. Sembra opera di un demone, ma continueremo le indagini. Per il resto non... - iniziò, interrompendosi subito nel vedere il cassettone della camera ormai carico (o meglio sovraccarico) di vestitini, tutine, biberon, giocattoli e ogni oggetto di puericultura che esistesse nell'universo. C'erano perfino cose di cui non capiva l'uso. -Non ditemi che Magnus è passato a portare un altro regalo.
-Alec non è riuscito a trattenerlo- spiegò Jace con un gesto che voleva dire “sai com'è fatto”.
-Dovrebbe portarlo in qualche centro di recupero per shopping-dipendenti.
-Ti immagini la scena?- esclamò William, divertito. -Tutti riuniti in cerchio e lui che parte con: “Ciao, sono Magnus Bane e di mestiere faccio l'Alto Stregone di Brooklyn. Adoro i glitter e impazzisco davanti alle cose per neonati”.
La semplice idea fece ridere tutti, al punto da attirare nella camera una ragazza dai corti capelli biondi ed incredibili occhi verde-azzurro, scintillanti come le acque di un lago.
-Si può sapere che state combinando?
-Oh, ciao, Cat. Will ne ha detta una delle sue.
-Allora non mi sono persa niente. Ah, zia Aline e zia Helen ti mandano questo- aggiunse, porgendo a Clary una scatola avvolta in una sottile carta rosa. -Sperando che Magnus non le abbia anticipate anche se sembra che abbia comprato tutto ciò che è stato inventato... e anche no- valutò con occhio critico.
Catherine Blackthorne immerse una mano in quella massa informe, quasi aspettandosi che si aprisse su un'altra dimensione: a suo avviso, quello stregone dall'aspetto appariscente aveva bisogno di una regolata. Alec era decisamente troppo permissivo nei suoi confronti: se avesse cominciato a chiudergli in faccia la porta della camera da letto, l'Istituto di New York non sarebbe stato invaso da articoli per neonati.
Dopotutto stava solo nascendo una bambina, non un esercito di infanti: il fatto che i figli di Lilith non potessero procreare, non giustificava l'entusiasmo eccessivo di Magnus Bane.
-Siamo sicuri non ci sia roba che arriva da qualche dimensione demoniaca?
-Cat, a volte sei più cinica e perfida di me- replicò Will. -Sono innocui: sarà anche eccentrico, ma non regalerebbe mai qualcosa di pericoloso alla mia sorellina. Non stiamo parlando di te.
-Cosa staresti insinuando, William Herondale?
-Basta voi due- intervenne Jace, mettendosi tra loro. -Sembrate dei bambini quando litigate così.
-Non sono io quello che è stato cacciato da Idris per aver lasciato aperto un portale su Los Angeles
-William- lo riprese suo padre, dandogli un'occhiataccia. -Ho detto di finirla.
Il ragazzo borbottò qualcosa di incomprensibile prima che il suo parabatai prendesse lui e Cat sottobraccio.
-Andiamo a dormire: per stasera avete litigato abbastanza. Buonanotte.
-Buonanotte, ragazzi.
Clary li seguì con lo sguardo, dopodiché si portò una mano al ventre gonfio, sentendo scalciare la sua bambina: aveva già il caratterino di Jace, senza dubbio.
-Stai bene?- le chiese il marito apprensivo.
-Sì, Jace. Come tutte le altre centinaia di volte che me l'hai chiesto nell'ultima ora- concluse, tirandosi il lenzuolo sulla testa.

La stanza di William era il regno del disordine totale: tanto suo padre era un maniaco dell'ordine, tanto lui viveva nell'assoluto caos.
Alcuni libri spuntavano da sotto il letto con dei pugnali infilati a casaccio tra le pagine; i vestiti erano buttati sul pavimento o pendevano dalla sedia e dai mobili; sulla scrivania erano collocati altri libri, impilati in modo precario, mentre il cestino straripava di cartacce e vecchie confezioni vuote di biscotti.
Appena entrò nella stanza, Will si levò la maglietta e la gettò da qualche parte senza prestarvi troppa attenzione; raccolse un pugnale da terra e lo lanciò contro la parete che condivideva con la camera di Catherine: sapeva che questo faceva infuriare la Cacciatrice, ma era proprio quello il divertimento.
Si sdraiò sul letto, avvertendo qualcosa nella tasca posteriore dei pantaloni: vi infilò la mano e tirò fuori la sfera che aveva raccolto nel vicolo. Non aveva mai visto niente di simile, ma era certo che non avesse nulla a che fare con l'omicidio. Probabilmente apparteneva alla vittima ed era qualche strana ed inutile diavoleria di moda tra i mondani.
La posò tra le cianfrusaglie sul comodino e si preparò ad andare a dormire.
  
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