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Autore: Black and Blue    14/10/2007    2 recensioni
"-Per non parlare poi di quelli che credono che i deodoranti annichiliscano la loro virilità e le creme solari “siano robe da femmine”, salvo poi ritrovarsi a piagnucolare per tutta la sera per essersi scottati la schiena.- continuò, ricordando quando un loro amico, durante un pomeriggio in piscina, invece di utilizzare la crema solare, aveva impiegato ben dieci minuti a togliere quella che loro gli avevano gentilmente spalmato addosso, riuscendoci solo per metà, per poi ritrovarsi la schiena a chiazze bianche e rosso vivo e guadagnarsi inesorabilmente l’appellativo di Fior di Fragola." Una femminista sempre in lotta con la bilancia, una calciofila senza speranza ed una timida sognatrice innamorata di Aragorn alle prese con l'ambizioso progetto di trasformare il maschio medio in un perfetto Principe Azzurro. Riusciranno le tre donzelle lì dove perfino Madre Natura ha fallito?
Storia ideata dalle diaboliche menti di Black Talia e Bluemary
Genere: Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve aggraziate donzelle e fiere sostenitrici dell’evoluzione (forzata) maschile, ecco a voi il secondo capitolo appena sfornato! Prima di passare ai doverosi ringraziamenti, volevamo precisare che dietro questo sgangherato progetto si nascondono non una ma ben due menti geniali, ovvero Black Talia e Bluemary, con l’attiva cooperazione di Tigro^^
LesFleurDuMal: Siamo onorate che tu ci abbia già messo nei preferiti, ci auguriamo che anche questo capitolo sia di tuo gradimento! Grazie del commento!
Eris Gendei: Benvenuta nel progetto e grazie per la partecipazione XD
Mala_Mela: I consigli arriveranno, ma non garantiamo gli effetti desiderati (per quelli stiamo ancora sperimentando XD). Grazie del commento!
Unintended: Grazie dei complimenti! Speriamo che questo nuovo capitolo ti piaccia quanto il primo, visto che troverai i primi assaggi di consigli (“come comportarsi con il fratello minore, parte prima”).
londonlilyt: Grazie mille per i complimenti! Tigro ci ha fatto chiaramente capire che per uno o due morsi di brioches è dispostissimo a farsi accarezzare da te, in alternativa crediamo che qualunque gatto, se adeguatamente nutrito e viziato, potrebbe diventare una pucciosa stufetta^^ Purtroppo il deodorante è una triste verità per noi povere donzelle, ci siamo limitate a denunciarla XD. Le fanciulle comunque ringraziano!
Giglio: Cara compagna proprietaria di felino, chi non amerebbe un micio che fa le fusa, magari anche un po’ ruffiano? XD Siamo felici che l’inizio della storia ti sia piaciuto, speriamo di non deluderti. Ti ringraziamo molto per il commento!




Capitolo 2: Dolce vendetta

Un rapido incedere faceva scricchiolare il parquet del secondo piano di casa Bisiotto.
Da quando Giulia si era esibita in quell’inquietante esclamazione, relativa al processo evolutivo dell’uomo, erano trascorse più di ventiquattro ore, tuttavia lei non pareva aver accantonato in alcun modo l’idea.
La ragazza, infatti, in preda alla frenesia, percorreva a lunghi passi il pavimento, mentre le due amiche, accoccolate sul comodo letto di fronte a lei, la osservavano muovendo ritmicamente il capo ad ogni suo spostamento, quasi stessero assistendo ad un’avvincente sfida di ping-pong.
D’un tratto Giulia si arrestò e un ghigno malizioso percorse il suo volto: dietro la sua spalla destra una sfavillante lampadina si era prontamente illuminata.
-Idea!- sibilò, volgendosi di scatto verso Laura e Valeria.
Le due poverette quasi d’istinto rabbrividirono scorgendo l’increspatura che solcava le labbra dell’amica in un sorriso per nulla rassicurante. Giulia, senza nemmeno dare loro il tempo di reagire, spalancò le fauci, gridando con quanto fiato aveva in gola:
-MARCO!
Per tutta risposta, da chissà quante miglia di distanza, una tenera voce rispose con tono interrogativo:
-Sì?
-In camera mia, subito!- ordinò Giulia, sbrigativa.
Dopo qualche minuto, e diversi tentativi di accanimento sulle proprie unghie, le tre ragazze notarono sulla soglia della stanza da letto uno gnomo, o meglio, un bambinetto di circa un metro e trenta con le guance paonazze e il naso ricoperto da fitte lentiggini; il marmocchio in questione era il fratellino di Giulia.
La ragazza vedendolo balzò in piedi e avanzò a grandi passi, sfoderando l’indice destro solo dopo essersi arrestata a pochi palmi dal viso di Marco. Additò con fare minaccioso il bambino, il quale, per tutta risposta, sollevò prontamente la merendina che teneva in mano, quasi sperasse di potersi nascondere dietro essa; terrorizzato dalla sorella, la strinse spasmodicamente, tanto che uno schizzo di golosa crema alla gianduia andò, planando, ad adagiarsi sul grazioso nasino Valeria.
-Tu!- disse Giulia, scossa da fremiti di eccitazione -Vieni più vicino!
Marco abbassò lo sguardo, notando le pantofole a forma di coniglietto della sorella; una così non può che essere innocua, pensò, ma proprio mentre quella soave rassicurazione gli attraversava le membra, coccolandole, si ricordò quel Natale di parecchi inverni prima, quando l’intero albero genealogico, sottovaso compreso, era riunito intorno al tavolo e recava ancora i postumi dello sfarzoso pranzo.
Il bambino conservava ancora vivida l’immagine della sorella che, dopo avergli afferrato l’avambraccio, l’aveva scaraventato sulla poltrona della sua cameretta e l’aveva sottoposto ad un’estenuante seduta di make-up.
-Voglio farti assomigliare ad una Miss.- aveva asserito decisa.
Il malcapitato, dopo mezzora di supplizio, si era ritrovato a dover sfilare in sala da pranzo, dove il più sobrio dei parenti era il prozio Mario che cantava a squarciagola l’inno degli Alpini, impugnando una fetta di pandoro a mo’ di microfono. L’allora nanerottolo esibiva un paio di ciglia finte in perfetto stile “Moccio Vileda”, un rossetto color rubino e una tutina nera che, oltre a provocargli un torturante prurito dove non batte il sole, lo faceva tremendamente assomigliare ad un cotechino (tanto per restare in tema natalizio). Tuttavia la cosa peggiore erano stati gli occhi infiammati, lacrimanti per le fette di cipolla che Giulia l’aveva costretto ad indossare per simulare la commozione delle avvenenti donzelle.
Avanzando con sguardo basso, Marco si era chiesto perché il suo spietato carnefice lo stesse facendo sfigurare in tal maniera, costringendolo a rinunciare ad uno straccio di reputazione, almeno fino a quando avrebbe ricominciato a mangiare pappette di semolino e omogeneizzati. La sua sorellina non l’aveva fatto di certo perché lo considerava un insignificante e inutile cosino, anzi, lo reputava un insignificante e inutile cosino… maschio! Era stato forse per quello che nella sala era piombato il silenzio (inno alpino escluso) e gli occhi sgranati della fauna circostante lo avevano fissato come fosse un extraterrestre in calzamaglia?
Un energico strattone fece ritornare il poveretto alla realtà che, un po’ traballante, si sistemò la felpa guardando di sottecchi la sorella, in attesa che quella si degnasse di riferirgli il motivo di tale disturbo.
Giulia si erse in tutto il suo metro e sessanta e proferì stancamente. -Ci serve il tuo aiuto, moccioso.
Laura, intenta a pettinare le frange della sciarpa rossonero, distolse per un momento gli occhi luccicanti da quello che definiva il “cimelio di famiglia” per dedicare la sua attenzione all’amica. -Ottuso cotton-fioc, hai l’onore ed il privilegio di trascorrere la prossima ora nella mia stanza.- Marco deglutì sonoramente alle dolci parole della sorella, ma lei, senza prestare attenzione a quel lampante segnale di panico, proseguì imperterrita col suo monologo.
-Dovrai sottoporre quel soldo di cacio di neurone che ti ritrovi ad un’estenuante fatica; essa consiste nell’elencare alle sottoscritte, donne di estrema classe e raffinatezza, i tuoi rozzi gusti e le tue primitive abitudini sottoponendoti ad un check-up compl…
-Ad un check che?- chiese timida Valeria, sentendo lo sguardo omicida dell’amica che le perforava la nuca.
Fingendo di non aver ignorato tutto il monologo di Giulia in favore del libro che aveva portato con sé, tentò maldestramente di nasconderlo dietro la schiena, ma la forza di gravità ebbe la meglio, facendo piombare il modesto tomo di trecento pagine direttamente sul piede di Laura.
Quest’ultima reagì con un balzo repentino, mentre proferiva, con la sua tenera boccuccia., imprecazioni tali da far prendere appunti ad uno scaricatore di porto. Marco inorridito da quello spettacolo raccapricciante si sedette e, con la voce più impassibile che riuscì a produrre, disse con estrema semplicità:
-Sono pronto.
Giulia, dal canto suo, fu meno sintetica e iniziò a prodigarsi in una dettagliata descrizione del questionario che aveva personalmente elaborato, nel tentativo di sottoporre il malcapitato a mirati quesiti riguardo argomenti più o meno scottanti. Il test in questione era costituito da tre fogli di carta che Laura, Giulia e Valeria impugnavano più o meno ferocemente, mentre scrutavano sospettosamente Marco, rannicchiato sulla poltrona al centro della stanza.
-Dunque, per prima cosa ti verranno posti dei quesiti i quali testimonieranno la tua galanteria nei confronti di noi donzelle e, nonostante io sappia che essa è comparabile a quella di un brufolo sul deretano, ho pensato fosse di buon gusto dare noi la possibilità di inveire ulteriormente a questo proposito.
Senza nemmeno riprendere fiato, la ragazza, paonazza in volto per l’entusiasmo, indirizzò tagliente la prima domanda al fratello, ormai spalmato a mo’ di stracchino sulla poltrona:
-Se una donna non parla, non ride e se ne sta sdraiata sul letto con gli occhi sostituiti da due fette di cetriolo, cosa non deve mai fare il suo premuroso maritino per evitare di ritrovarsi l’occhio in stile panda della foresta pluviale?- chiese, mentre un guizzo di follia omicida le dipingeva lo sguardo. -Parlarle.- azzardò debolmente Marco.
-Ah… Ah.- ripeté sarcastica Giulia -Magari fosse soltanto parlare il problema, eh no, mio caro bel lattante, voi maschietti, tre neuroni col resto di due, siete capaci di andare a disturbare la vostra amata, ricoperta con un’impalcatura di maschera all’argilla, quella che se sbadigli quando è asciutta ti provoca una paralisi facciale in stile “Urlo” di Munch, per chiederle se vi stira il colletto della camicia.
Marco, atterrito, si strinse nelle spalle e ormai persino la merendina afflosciata testimoniava il suo terribile disagio dinanzi a quella iena inferocita con la quale aveva la sfortuna di essere imparentato dalla nascita.
-Va bene, nanetto, ecco il secondo quesito: qual è la prima azione che un bravo marito deve compiere appena sveglio?
“Questa la so!” pensò Marco tra sé e sé, rispondendo poi subito dopo con una naturalezza quasi sfacciata:
-Andare in bagno a lavarsi i denti perché a voi donne non piace essere baciate con l’alito pesante. -Chi ti ha chiesto nulla moccioso? Le effusioni risparmiale perché mi fanno venire il diabete.- osservò Laura, indugiando ancora con lo sguardo sul paio di parastinchi nuovi di zecca che era intenta a lucidare con cura.
-Ben detto- confermarono Valeria e Giulia all’unisono, dopo un’occhiataccia che quest’ultima rivolse alla prima.
-Infatti- proseguì Giulia, sempre più infervorata dall’accesa discussione -a noi donne non interessa una mazza del bacio del buongiorno; ciò che è, in assoluto, più importante è che voi maschietti scarrozziate le vostre chiappe, possibilmente sode, in cucina per prepararci la colazione e che abbiate la cura di riporla nel vassoio, non quello del servizio buono, per servirla al vostro amore correndo intrepidi il rischio di provare un dolore lancinante dopo essere sbadatamente incappati nel Lego del pupo sul pianerottolo.
-Proseguiamo.- intimò Giulia, dopo aver ripreso fiato -Cosa deve necessariamente fare un maschio dopo essersi preparato un panino?
-Offrirlo.- rispose Marco fissando la sorella con aria di supplica.
-Ma allora sei proprio senza speranze!- ringhiò Giulia –Marmocchio, probabilmente non sai che noi fanciulle siamo in lotta perenne con le calorie e che un morso di panino untuoso è deleterio per il nostro pancino, dunque tutto ciò che dovete fare è curarvi di ripulire il tavolo della cucina dalle briciole che avete inevitabilmente prodotto.-
-E non parlare con la bocca piena,- sottolineò Laura -perché se siete giovani c’è il rischio sputacchio, se invece avete ormai un piede nella fossa c’è il rischio dentiera.
Marco, sempre più allibito, fu obbligato a sorbire un’altra irripetibile ora di interrogatorio, cui fecero seguito proteste e schermaglie, tanto che, quando la sorella lo congedò, si rese conto di aver letteralmente spappolato la merendina al cacao con la quale era entrato, a causa dell’ansia provocatagli da quella tre arpie. Si alzò e uscì desolato dalla stanza e, mentre percorreva mesto il corridoio, si accorse di avere una gran fame; scese in cucina e si preparò un panino grondante burro di arachidi. Dopo aver addentato il primo morso uscì, mentre un ghigno di soddisfazione gli increspava le labbra. Alla sue spalle, briciole sparpagliate contornavano a mo’ di arcipelago il tavolo della cucina. Con la bocca piena non poté trattenersi dal dire:
-Alla faccia delle racchie, Pollicino era un ganzo.

  
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