Eccomi qui con una nuova
storia sulla mia coppia più originale: George e Luna. Non ho molto da dire su
questo racconto, se non che è nato oggi pomeriggio dal niente, mentre ascoltavo
“La luna ha vent’anni”...forse non è una storia delle mie migliori ma non credo
sia da buttare del tutto.
Chiedo scusa per il ritardo ad
aggiornare “Il mio amico” e “Washington AW”ma sono in una crisi fortissima...che
spero di superare presto!
Ora vi lascio leggere!!!
I personaggi appartengono a
J.K: Rowling e la canzone ai Pooh.
Fallen Star
“É
la notte che sei nata tu
che
tuo padre fece Nuvolari
per
vederti subito com’eri...”
(Pooh,
La luna ha vent’anni)
“Che ore sono?” Fece
George, attraversando per l’ennesima volta la sala d’attesa del San Mungo.
Fred, semisdraiato su
una delle poltroncine, alzò, infastidito,
gli occhi dalla copia de “Il Cavillo” che stava tentando di leggere.
Tentando, perché, date le continue interruzioni ad opera del gemello, non era
ancora riuscito ad andare oltre le prime dieci righe.
“Precisamente tre minuti
in più di quando me lo hai chiesto l’ultima volta, George. Ti vuoi sedere, per la miseria?! Stai facendo venire il mal di mare a tutti, qui
dentro!”
“Non ci sono sedie
libere.” Ribatté George, senza interrompere la marcia.
“E allora siediti per terra!”
Sibilò Fred, tornando a concentrarsi sul Cavillo.
George si sedette sul
tavolo delle riviste, continuando a guardare nervosamente la porta senza, però,
dire niente.
La quiete durò qualche
minuto; giusto il tempo di dare a Fred l’illusione o, almeno, la speranza che
il gemello si fosse calmato.
“Perché non mi hanno
ancora chiamato?”
Ecco... era troppo bello
per essere vero...
“Secondo te è normale?”
Continuò George, ignorando il sonoro sbuffo del fratello. “Voglio dire, se
qualcosa fosse andato storto mi avrebbero chiamato, no? No?”
“É tutto normale,
George, dannazione!” Esplose Fred, rinunciando definitivamente alla lettura
della rivista. “É tutto assolutamente normale, fidati. Ti chiameranno quando
sarà ora. Perché nel frattempo non provi a stare tranquillo? Siamo qui dentro
da ore, il mio limite di sopportazione è teso almeno quanto te e devo andare in
bagno... Non può mancare ancora molto, se non altro perché, se restiamo qui
ancora a lungo, potrei tentare il suicidio.”
George sospirò,
chiudendo per un momento gli occhi, provando a rilassarsi.
“Sì, hai ragione.” Disse
alla fine. “É solo che vorrei essere lì con lei... Non sopporto di esserle
lontano, non sopporto di non sapere che cosa sta accadendo.”
“Lo so, George, ma se
sei così nervoso qui, prova ad immaginare cosa avresti fatto là dentro.”
“Sarei svenuto,
probabilmente.” Rispose George, dopo un attimo di silenzio. “;a qui mi
sento...”
“Inutile.” Completò
Lupin, chiudendosi la porta alle spalle.
“Remus! Non ti ho
sentito entrare.”
Remus sorrise, prendendo
a sua volta posto sul tavolo.
“Non si riesce a pensare
a nient’altro, vero?”
Il giovane annuì.
“Già... credimi, ci sono
passato due volte ma non è comunque una sensazione a cui ci si abitua. Però
puoi star certo che il risultato vale l’attesa.”
Fred si limitò ad
osservare la conversazione dalla sua seggiola, ben contento di non essere
chiamato in causa.
Avrebbe tanto voluto
dire a George che anche lui lo capiva ma semplicemente non poteva. Non poteva
perché era dai tempi della scuola che non aveva una storia seria.
Aveva spesso invidiato
il fratello per la sua relazione prima e per il suo matrimonio poi ma, allo
stesso tempo, era felice che almeno lui avesse trovato una persona come Luna,
sempre pronta a sostenerlo e ad aiutarlo.
Sempre, tranne in quel
momento, ovviamente.
Beh, Remus, comunque,
sembrava un sopporto morale a dir poco perfetto.... e lui finalmente poteva
prendersi una pausa.
“Io vado a prendere
qualcosa da bere.” Annunciò, appoggiando il Cavillo e alzandosi in piedi.
In quel momento, la
porta della sala d’aspetto si aprì e un’infermiera sorridente fece il suo
ingresso.
“Il signor Weasley?”
“Eccolo!” Esclamò Fred.
“Parla con me, cretino.”
Disse George, saltando giù dal tavolo e spingendo da parte Fred, per poi
raggiungere l’infermiera. “Mi dica.”
Il giovane cercò di non
far trasparire dalla propria voce troppa emozione.
La voce, di per sè,
risultò in effetti piuttosto calma... peccato che lo stesso non si potesse dire
per le mani, impegnate a stritolarsi a vicenda.
“Se vuole seguirmi, sua moglie
ha chiesto di vederla.”
“É andato tutto bene,
vero?” Non potè trattenersi dal chiedere George, facendo sorridere l’infermiera
e Lupin, mentre Fred alzava gli occhi al cielo.
“Lo vedrà lei stesso.”
Rispose la donna, mentre lei e George uscivano dalla stanza.
“C’è
una luna da spaccare il tetto
Cappuccetto
si è mangiata il lupo
E
il mio cuore è un orologio matto.”
(Pooh,
La luna ha vent’anni)
Malgrado fosse tarda
sera, i corridoi dell’ospedale brulicavano di vita. Non era mai stato in un
ospedale di notte...chissà perché lo aveva sempre immaginato un luogo vuoto e
triste...
Beh, certo era che, a
quel reparto, tutto c’era meno che tristezza.
Passando davanti ad una
delle grandi finestre, George notò quanto grande e vicina sembrasse quella
candida falce di luna.... sembrava quasi di poterla toccare...
Luna...
Finalmente, dopo più di
sei ore, stava andando da lei...
°Da loro.° Si corresse
mentalmente, mentre l’infermiera si fermava davanti alla porta della stanza
numero 315.
La prima cosa che vide,
entrando, fu il letto della compagna di stanza di Luna, Aloise, una donna sui
trent’anni con lunghi capelli neri e un sorriso da bambina.
Dormiva.
George fece ancora un
paio di passi, poi si fermò. Luna era distesa su un letto poco distante, i
capelli biondi sparpagliati sul cuscino, gli occhi ricolmi di tenerezza, bella
come non lo era stata mai, con stretto tra le braccia, bianche come quelle di
una bambola di porcellana, un fagottino
rosa.
Eccola lì, la causa di
sei e passa ore d’inferno, di attesa, di voler spostare il mondo a mani nude e
dover star fermo in una stanza stracolma di volti sconosciuti: una bambina non
più grande dell’orso di peluches con cui Victoire si addormentava ogni sera.
Luna lazò gli occhi,
accorgendosi della presenza del marito, e gli fece cenno di avvicinarsi.
Lui esitò.
“Vieni, George, non
morde.” Lo incoraggiò lei.
“Lo so.” Rispose lui,
obbedendole. “É solo che eravate... siete talmente perfette che mi sembra quasi
di essere di troppo.”
Luna rise piano, quasi
in silenzio, come solo lei sapeva fare e porse la bambina a George, che la
guardò, stupito.
“No, no, Lu... Non ho
mai preso in braccio nemmeno Vic o Teddy quando erano così piccoli...”
“É tua figlia.” Ribattè
lei semplicemente e il cuore di lui fece una capriola.
Era vero, accidenti, era
sua figlia...
Mille paure e domande si
affollarono nella sua mente, mentre prendeva la bambina dalle braccia di Luna.
Era così piccola, così
fragile che sembrava dovesse rompersi da un momento all’altro.
E poi la guardò.
Il visino dalla pelle
chiarissima, i radi capelli, sottili e rossi proprio come i suoi e quei dolci,
grandi occhi velati che lo guardavano senza davvero vederlo gli fecero
dimenticare tutto il resto, così che la voce di Luna lo fece quasi sobbalzare,
tanto era inaspettata.
“Vedi? Ti viene
naturale.”
“Già...” Rispose lui,
senza riuscire a staccare gli occhi dalla bambina. Davvero aveva contribuito
alla creazione di quella meraviglia? “E così questa è...”
“La piccola Weasley
senza nome, sì.” Completò Luna, riprendendo in braccio la creaturina che George
le porgeva, mentre lui si sistemava accanto a lei sul letto e iniziava ad
accarezzarle i capelli.
“Idee in merito?”
“Solo una.” Rispose lui.
“Tähti.”
Allo sguardo
interrogativo della moglie, spiegò velocemente la propria scelta.
“Significa stella in
finlandese. Charlie ultimamente lavora lassù e ha pensato che questo
particolare nome potesse fare al caso nostro.”
“Luna e Tähti... luna e
stella...” Disse Luna, guardando alternativamente la figlia e il marito.
“Esatto, il mio piccolo
cielo personale.”
La donna sorrise, osando
una mano su quella di lui e stringendola forte.
“Ti amo.” Sussurrò.
“Anche io.” Rispose
George, chinandosi a dare un bacio leggero prima a lei e poi a Tähti. “Vi amo
tutte e due.”
E lì, in quel momento,
con la sua nuova, meravigliosa famiglia, George Weasley si sentì per la prima
volta davvero vivo, davvero importante, perché ora aveva una ragione, anzi,
due,per esserlo.
Il suo sguardo volò
verso la finestra e, ammirando le stelle e la luna là fuori e si ritrovò a
pensare che,quel cielo lontano, per quanto affascinante e bellissimo, mai lo
sarebbe stato come quello i cui astri rilucevano, per la prima volta insieme,
lì, in quella piccola stanza bianca, sotto gli occhi adoranti di un unico
spettatore che mai si sarebbe stancato di guardarli.
Fine