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Autore: ShadeFlash    28/03/2013    2 recensioni
Una mattina tranquilla di scuola che si trasforma in un piccolo dramma privato e una verità d'accettare.
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Partecipa al contest pasquale 'Everybody ship now' indetto da Il_Genio_del_Male, con il prompt del giovedì 'Il rosso e il nero'.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Risate e chiacchiericci riempivano di buon umore il corridoio, anche lei rideva ma a poco a poco notò il suo sorriso affievolirsi fino a sparire dal volto e il suo sguardo spegnersi; il corpo oscillò e nel tentativo di afferrarla per poco non incespicò; il tonfo del corpo sulle mattonelle consumate fece calare un silenzio teso e improvviso.
Si sentiva spossata, poco lucida ed esausta. La fronte era imperlata di sudore e la luce troppo intensa le feriva gli occhi, che continuava a strizzare aggrottando le sopracciglia. Ridendo le girava la testa e ad un tratto si sentì scivolare, come se la realtà e la fisicità delle cose si fossero spostate. Vide tutto sfocarsi, i suoni farsi distanti.
Un lampo rosso e poi tutto fu nero.
“Dunque è questa la morte?” si chiese. Le pareva di star tastando il vuoto, non sentiva niente e si sentì preda della delusione; niente cori angelici,o visioni celestiali, solo un nero denso e impenetrabile.
Tornarono tutti insieme colori,voci e odori; luci sfocate le danzavano davanti agli occhi confondendola; alzò una mano e vide il rosso scivolare lento solleticandole l’avambraccio; qualcuno urlò, si sentì sballottare e perse nuovamente conoscenza risprofondando nel nero.
Aprì gli occhi e fu accecata dal bianco. Gorgogliò qualcosa, aveva la gola in fiamme e non capiva dove fosse, né del perché fosse sdraiata o del perché non riuscisse a muoversi.
Chiuse gli occhi, poi con molta calma li riaprì e lentamente cercò di mettere a fuoco l’ambiente circostante. Era una stanza di ospedale non molto grande, con un’enorme finestra sulla destra e un vecchio tavolino con annessa una sedia e qualche macchinario bippante.
Si rese conto che il fagotto accasciato sulla branda non era un cumulo di vestiti ma la sua amica addormentata. Non appena provò a girare il capo, una scarica di dolore la fece urlare e si morse la lingua.
La ragazza sussultò e saltò a sedere, mostrando le profonde occhiaie, incorniciate dai ricci indomati. La guardò preoccupata e le porse un bicchiere d’acqua.
Con voce roca le chiese che ci facessero lì, ma la risposta fu coperta dal fragore della porta scardinata; un donnone biondo si era appena fiondato stravolto nella camera, con un’infermiera che non le arrivava all’ascella che cercava di spiegarle che non poteva entrare lì dentro per mille ragioni.
La donna iniziò ad urlare e la ragazza si mise le mani nei capelli, non riuscendo nemmeno a capire le frasi a causa del rimbombo che le rimbalzava nella testa; la donna che ricordò essere sua madre provò ad avvicinarsi e lei istintivamente provò ad azzannarla.
La gracile infermiera riuscì finalmente a trascinare fuori dalla sua portata l’irruente donna e le impose di prendere un paio di calmanti.


Quando tornò una parvenza di calma l’amica parlò: «Sai vero che è per colpa di questo se siamo qui?» disse, indicando un cencio bianco intriso di sangue, che riconobbe come il suo top.
«Era troppo stretto e ti stava asfissiando, ho temuto saresti morta.» aggiunse la ragazza.
L’infermiera tornò in quel momento invitando anche l’amica ad uscire per lasciare la paziente in pace.

Ariadne vide l’infermiera svuotare il contenuto di una siringa nella sua flebo e si sentì trascinare via, come da una corrente, mentre nella sua testa i vari pensieri si scontravano gli uni con gli altri; avrebbe voluto urlare, terrorizzata all’idea di non poter più comprimersi l’orrenda sporgenza sul petto; avrebbe voluto fuggire, ma era inutile lottare contro il calmante, che la trascinò con se come un fiume con un ciocco di legno.
   
 
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