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Autore: out there    28/03/2013    5 recensioni
'Parto. Lo so, vi darò un dispiacere ma non posso farci niente. La mia vita non è qui a Blackpool, sento di non appartenere a questo mondo, me vado. Non ho idea di dove andrò, non cercatemi. Mi farò sentire io, prossimamente. Abbiate fiducia in me.
Pam.'
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul McCartney , Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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She came in through the bathroom window.

(1)

 

'Parto. Lo so, vi darò un dispiacere ma non posso farci niente. La mia vita non è qui a Blackpool, sento di non appartenere a questo mondo, me vado. Non ho idea di dove andrò, non cercatemi. Mi farò sentire io, prossimamente. Abbiate fiducia in me.

Pam.'

Rilessi quel biglietto ancora e ancora. Speravo potesse dire di più, speravo potessero capirmi quando l'avrebbero letto. Speravo, speravo e basta. Sospirai e guardai l'ora, erano le 5 di mattina. Era il momento. Raccolsi da terra la borsa che poco prima avevo preparato inserendovi qualche vestito di ricambio: il viaggio sarebbe stato lungo, forse. Sgattaiolai fuori dalla porta, silenziosamente e mi affacciai alla camera dei miei. Li guardai dormire beati, un po' mi sentii in colpa, ma stavo per fare la cosa giusta. Non potevo continuare a vivere in quel modo: a scuola, con gli amici, in famiglia, non mi sentivo capita, mi serviva una rottura dalla mia routine quotidiana. Un giorno magari me ne sarei pentita, ma non allora.
Mandai un bacio con la mano ai due adulti assopiti e mi allontanai.
Scesi le scale, lentamente, accurandomi di non fare troppo rumore e poggiai il biglietto sul tavolo. Buttai un ultimo sguardo alla mia casa: non l'avrei rivista per un bel po'. Abbassai lo sguardo e girai la chiave nella toppa. Feci un passo in giardino, ero libera.
Corsi, come inseguita da qualcuno, in modo da allontanarmi il prima possibile da quella casa, da quella prigione in cui ero rinchiusa da troppo, troppo tempo; temevo che avessi svegliato qualcuno e che mi stessero venendo dietro, cercando di fermarmi. Ma non fu così. Quando fui abbastanza distante, mi voltai: non trovai nessuno. Ero felice, finalmente ero libera. Per le vie non c'era nessuno per via dell'ora, e il cielo era ancora scuro. Una brezza fresca mi accarezzò il volto, passando per i miei lunghi capelli color nocciola. Camminavo a passo spedito verso il centro, dove avrei trovato un po' di traffico, così da poter fare l'autostop. Un sorriso mi si aprì sul volto, dopo molto tempo stavo per tornare felice.


Mi sedetti su una panchina, in attesa che passasse qualcuno per la grande strada provinciale. Passarono minuti e persino ore, ma niente. Arrivarono le 6 e 30 e io ero ancora lì. Non avevo con me neppure il cellulare, l'avevo lasciato a casa in modo da troncare i rapporti definitivamente. Con me avevo solo delle foto e delle lettere, lettere della mia migliore amica che mi abbandonò in quella città da sola a causa di un trasferimento. Non ero nulla senza di lei, mi mancava da morire.
Si chiamava Cynthia e aveva la mia stessa età, quell'anno saremmo andate per i 18. Si trasferì a Liverpool quando aveva 12 anni e da allora non l'ebbi più vista. Mi mancava da morire.
Mentre ero assorta nei miei pensieri un rumore metallico mi distrasse. Stava arrivando un auto. Subito mi misi in piedi e tirai fuori il pollice; pregai si potesse fermare. Ma questa proseguì per la sua strada, evidandomi.
"Cristo, un po' di solidarietà!" urlai.
Pian piano che i minuti passarono il traffico si accese, ma nessuno sembrava volesse darmi un passaggio. Provai di tutto, ma niente.
Mi guardavo attorno, disperata e atterrita dalla situazione quando vidi un camioncino da muratore fermo ad un benzinaio poco distante. L'edile che lo guidava stava parlando e fumando tranquillamente una sigaretta all'interno del bar, così ebbi un illuminazione.
Potrei salire sul ribaltabile, non mi vedrebbe!
Così feci. Corsi verso la pompa di benzina, dovevo fare in fretta. Raggiunto il mezzo scaraventai in mezzo ai secchi la mia borsa e con fare un po' impacciato tentai di salire. Mi nascosi in mezzo ai sacchi di calce, ce l'avevo fatta. Pian piano mi appisolai, essendo stata in piedi tutta notte per programmare la fuga, mi ero stancata molto; gli occhi si fecero sempre più pesanti e velocemente caddi tra le braccia di Morfeo.

Una buca. Un salto. Improvvisamente mi svegliai, spaventata dallo strano movimento. Aprii gli occhi e venni accecata da un forte sole che mi picchiava in volto. Quanto amavo questo genere di giornate, così rare in Inghilterra. La brezza era calda, piacevole e gli uccelli cantavano: il Paradiso.
Osservai intorno a me, eravamo sull'autostrada. C'era molto traffico e il che era un buon segno, si stavamo avvicinando ad una città.
Quanto avrò dormito? Il sole è già alto.
Uscii dal mio nascondiglio e mi avvicinai al bordo del ribaltabile. Con cautela mi sedetti lasciando le gambe a pendoloni. Davandi a me solo strada, ero lontana finalmente.
Chissà i miei genitori come staranno.

*** 

"Anthony, guarda!" trovai un biglietto sul tavolo della cucina, rabbrividii nel vedere che la scrittura era di Pamela. Mio marito si avvicinò a me e io caddi a terra, singhiozzando.
"Martha, che succede? Cos'è quel biglietto!?"
"Nostra figlia è andata, non c'è più. Se n'è andata, ci ha lasciati, ci ha lasciati!"
Anthony sbarrò gli occhi, non credeva alle sue orecchie. Mi diede le spalle correndo velocemente al piano superiore, sentivo le porte sbattere, stava cercando ovunque.

Poi dei borbottii: "no, no, no"
Non riuscivo più a contenere le lacrime; cosa avevamo fatto di male? Perchè non voleva che la cercassimo? Perchè? Perchè a noi? Le avevamo dato tutto ciò che aveva bisogno.
L'uomo tornò in cucina, gli occhi lucidi e in mano un cellurare: quello di Pam.
"Ha lasciato pure questo." disse sbattendolo sul tavolo.
"Che facciamo?" chiesi mentre lui mi strappò dalle mani il biglietto.
"Niente." rispose stracciandolo. "Accontentiamola per qualche giorno, poi la cercheremo. E la troveremo, vedrai."


*** 

Il muratore si fermò ad una stazione di servizio, era l'una e doveva mangiare. Decisi così di fare quattro passi per sgranchirmi le gambe. Lasciai il borsone sul camioncino, sarei tornata in tempo.
Eravamo in una città, ma non sapevo precisamente quale. Intorno a me tutto era diverso da Blackpool. Negozi, bar, scuole, tutto pullulava di vita. Gli edifici avevano uno stile antico, bellissimo.
Passai davanti ad una rosticceria. Il profumo di carne mi inebriò le narici e subito lo stomaco brontolò. Che fame che avevo. Controllai gli spiccioli che avevo in tasca: pochi ma forse sufficienti. Molte persone mi passavano accanto e mi guardavano male, probabilmente pensavano a cosa ci facesse in giro un' adolescente a quell'ora, ma non ne diedi molta retta. Ero abituata ad essere sotto l'attenzione della gente. Fregandomene di tutto entrai nel negozio e senza parlare diedi un occhiata veloce al banco. Che buon profumo.
"Hai bisogno?" chiese qualcuno. Alzai lo sguardo e trovai di fronte a me un ragazzo sui vent'anni. Era molto carino, occhi azzurri e capelli castani portati lunghi sulle orecchie. Aveva due basette lunghe, non era molto alto. Aveva un sorriso dolce, rassicurante. Mi sentivo a mio agio.

"Ehm, a dir la verità sì. Ho molta fame, ma i soldi scarseggiano. Cosa potrei comprare con questi?" posai sul bancone i pochi spiccioli che avevo a lui scoppiò in una grassa risata.
"Questo." raccolse da sotto il bancone un panino e me lo diede. Mi demoralizzai ma era sempre meglio di niente. "Tu non sei di qui, vero?"
domandò prima che uscissi.
"Si nota molto?"
"Sì, non hai il nostro accento. Da dove vieni?"
"Lontano, penso. Che città è questa?" domandai persa nei miei pensieri. Mi ero trovata a parlare con questo tipo, senza nemmeno sapere chi fosse e dove mi trovassi.

"Liverpool."
Wow, ne avevo fatta di strada. "Allora, da dove vieni?"
"Lontano." non volevo dagli molta confidenza, d'altronde non lo conoscevo nemmeno.

"Ok, ragazza che viene da lontano che ne dici di un po' di petto di pollo, eh?"
"Non posso pagarlo..." abbassai lo sguardo e accennai un sorriso, morivo di fame, morivo di sete.

"Lo offro io, andiamo. Basta che mi dici il tuo nome." rispose sorridendo inziando a tagliare la carne. Io mi avvicinai a lui e tranquilla risi.
"Pam, tu?"
"Richard. Piacere!" addentai il panino e inziai a fare quattro chiacchere con lui. Mi sentivo bene, era come che di lui mi fidassi. Sarebbe stata una faccia amica per me. Intanto nella mia mente frullavano miliardi di pensieri fra cui il fatto che mi trovassi nella città di Cynthia, l'avrei potuta vedere, forse.
Che scuola frequenta? Il Liverpool College of Arts se non mi sbaglio. Dopo proverò a passarci dentro, se lo trovo. Il tempo di un saluto e dopo riparto. Dopo, dopo, dopo. Tutto dopo. Ma se dopo fosse troppo tardi? Accidenti, il camionicino.
"Accidenti il camioncino!" urlai scattando dalla sedia e dirigendomi verso la porta. "Devo scappare scusa, ci si vede Richard!"
Corsi a più non posso verso una meta sconosciuta, non sapevo dove stessi andando ma dovevo trovare assolutamente quella stazione di servizio. Avevo il fiatone, non riuscivo più a respirare.
Dove diamine era?
Mi guardai attorno, niente di niente. Mi ero persa. Avevo perso tutto: la borsa con i vestiti, le lettere, l'mp3, la macchina fotografica. Tutto.
Mi ritrovavo di nuovo sola in una grande città.
Accidenti a me.

Salve ragazzi, sono Chià :)
Spero che il prologo vi abbia incuriositi almeno un po' e che vi sia piaciuto. Fatemelo sapere in una recensione, mica vi mangio!
Ah, una precisazione: la storia è ambientata ai nostri giorni come avete potuto capire e i nostri Beatles al completo saranno presenti dal prossimo capitolo. ;)
Mi scuso per eventuali errori di battitura,

Baci,
Chià.

  
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