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Autore: Genevieve7    28/03/2013    0 recensioni
You better learn how to treat us right
Cause onces a good girl goes bad
We die forever
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Appena misi piede in casa mi sentii meglio, mi sentivo protetta, sensazione che non provavo più da un po’ in quel periodo. “Ehi” una voce calda e accogliente, mia madre era così dolce con me e io le tenevo nascosta metà della mia vita. Di nuovo.
“Tutto bene dalla tua amica di scuola? Come si chiama? Helene?” chiese guardandomi con una dolcezza ed una fiducia che erano quasi insostenibili per me.
“Si si Helene, ci siamo divertite, abbiamo fatto una specie di pigiama party, sai quelle cose che vedi nei film” mentii io, sedendomi sul divano con una tazza di caffè fumante tra le mani, non volevo e non potevo permettermi di farla preoccupare per me, era stata fin troppo male quando aveva scoperto tutto ciò che facevo pochi mesi prima.
“Sembra divertente” cinguettò lei con gli occhi scintillanti di gioia nel sapere che sua figlia stava bene. Non doveva categoricamente venire a sapere ciò che succedeva realmente, mai.
“Si” soffiai io sorridendo leggermente e sentendomi uno schifo.
 
Cena con i miei e tutti i loro amici, domenica sera, un rito, praticamente. Quando potevo partecipavo, infine quei “vecchietti” erano coloro che mi avevano vista crescere e il più delle volte quando ero in loro compagnia ridevo ricordando tutte le cazzate che ero in grado di fare quando ero alta mezzo metro.
Non sarei uscita con Olly, Bea, Nicolae e chi altro quella sera, non ne avevo per niente voglia. Piuttosto avevo voglia di calarmi nella parte della brava figliola e brava ragazza, quella che effettivamente ero prima di iniziare a ridurmi uno schifo.
“Mia, è il tuo cellulare o mi sbaglio?” disse mia madre guardandomi.
Mi sottrassi all’abbraccio di un nostro vecchio vicino di casa che stava varcando il portone. Corsi in sala, presi in velocità il cellulare dal tavolino davanti alla poltrona di mio padre e risposi senza guardare chi mi stesse chiamando. C’era della musica in sottofondo.
“Ehi stronza!!” Beatriz, ovviamente “dove cazzo sei??”
“No, tu dove sei, cos’è questa musica di merda??”
“Ah sono a casa di un amico di Nicolae, si stanno sfondando di canne” rise.
“E tu con loro” soffiai.
“Cosa??”
“Niente, tranquilla. Ascolta, questa sera sono bloccata ad una cena di famiglia fuori da Amburgo, non credo riuscirò a venire”
bugia n° 1.
“Ah cazzo, ti saresti divertita con gli amici di Nicolae” rise in un modo che mi fece rabbrividire. Era fatta, palesemente fatta.
“Si..immagino! Beh ora ti devo lasciare, mia cugina mi sta chiamando” bugia n° 2.
“Di a tua cugina di non rompere le palle” rise ancora “ciao stronza!” e mise giù. Che liberazione, Cristo.
 
Durante quella giornata passata in famiglia ero riuscita quasi a dimenticarmi di ciò che era accaduto la notte precedente. Ero riuscita a dimenticarmi addirittura di ciò che era successo con Tom.
“Ah e Mia, ti ricordi quando tu, Bill e Tom avete sfondato la siepe della signora Miller con l’auto di Simone?” eccolo là, puntuale come sempre.
“Si si, come scordarselo” dissi io ridendo, ma non era una risata forzata. Quelle pesti dei gemelli mi avevano cacciata innumerevoli volte nei pasticci con i miei e tutto il vicinato. “E come scordarsi di tutte le parole che ci ha detto Simone. Deve aver messo a dura prova i suoi polmoni quel giorno!” tutti risero. E ridevo anche io.  
  
Sentimmo suonare al campanello. Forse i miei aspettavano qualcuno. Evidentemente si, poiché mia madre si alzò raggiante ed andò ad aprire la porta mentre io continuavo a parlare con Deike, che tutta orgogliosa mi raccontava di sua figlia e dei suoi ottimi voti all’università in Italia, a Roma.
“Buonasera a tutti” sentii la voce che sapevo appartenere a Simone. Quando mi girai incontrai subito il suo sguardo. Mi sorrise raggiante, anche se aveva qualcosa di strano, e venne ad abbracciarmi. “Mia, come stai, è da un po’ che non ti vedo” disse guardandomi negli occhi e tentando di scrutare qualcosa. Sapeva, ovviamente. Mi riabbracciò, ma stavolta più forte.
“Ehi, così ce la consumi” sentii dire da Gordon,  che da dietro le spalle di Simone aveva già allargato le braccia per venirmi incontro e stringermi. Ok, sapeva anche lui. Comunque un po’ di sano affetto non guastava.
“Ehi ma, hai detto ‘ce la consumi’, cosa intendi dire?” lo guardai e una scintilla passò per il mio, evidentemente troppo piccolo cervello. No, no, no, no e ancora no. Non potevano essere in casa mia, in quel momento, avanti.
“Perché a noi non resta niente, brutta esaurita mentale che non sei altro” disse Bill entrando nella stanza in modo trionfante e accogliendo l’amore di tutti.
Diva.
“Oh Bill” riuscii a soffiare prima che mi prendesse e mi stringesse in un abbraccio che mi ricordava così tanto la mia infanzia. Ricambiai quell’abbraccio che avevo desiderato tanto.  
Tom, merda Tom. Cazzo, che diavolo faccio adesso?
Mi guardò entrando nella stanza e venne contro di me con passo deciso ma con gli occhi vuoti. Mi abbracciò ma senza sentirmi davvero, non ebbi il coraggio di ricambiare. Volevo urlare, piangere, vomitare tutto quello che mi passava per la testa e urlargli in faccia tutto quello che si meritava. Allo stesso tempo, però non riuscivo a dire nulla, non prendiamoci in giro, non riuscivo neppure a guardarlo.
Dissi sbrigativa che sarei uscita a chiamare un'amica. Presi il pacchetto di sigarette e corsi verso la terrazza sulla mansarda.



Genevieve.
  
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