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Autore: Mini GD    28/03/2013    2 recensioni
Un panorama mozzafiato che prendeva dall'alto tutta la città che brulicava di vita. Tante macchine percorrevano le strade di quella grande metropoli, ricca di negozi grandi e piccoli, colorati e svariati che vendevano articoli l’uno diverso dall'altro. Una città grande, con tanti posti da visitare, ricca di cultura e storia ma anche di nuove generazioni che hanno tutta la vita da percorrere e segreti da svelare.
Come un grande albero che affonda le radici in secoli passati che vede i suoi rami verdi e rigogliosi puntare sempre più in alto fino a sfiorare il sole.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: G-Dragon, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Era rimasta lì, a guardarlo, mentre il sonno e la stanchezza avevano preso il sopravvento su di lui, della sua buona volontà di voler crollare dopo di lei. Anche se erano le 4 del mattino, decise di continuare a restare lì, con gli occhi che chiedevano un cambio di lentine.
Poi si ricordò di aver portato la borsa e corse a cercarla nel salone, dove, probabilmente, l’aveva buttata in precedenza; cercò ovunque, sotto ai divani, dietro al televisore e controllò anche nei posti meno pensati.
La borsa, che poteva starle comodamente a tracolla, era sparita in quella grande casa, ma aveva bisogno di togliere le lentine e prendere il suo fidato paio di occhiali.
“Cerchi questa per caso?” da dietro la voce del grande SeungHyun la portò a girarsi verso la porta, guardando la sua borsa penzolare, tenuta saldamente per la manica.
“Si, ho bisogno di mettere gli occhiali” prese la borsa e cominciò a cercare all’interno di essa, scavando sotto tantissime cose che, da un momento a l’altro, le sarebbero state utili
“Per Mary Poppins hanno preso ispirazione da te?” rise, mentre continuava a sorseggiare il suo bicchiere d’acqua con fare assonnato, di chi da poco si è svegliato, probabilmente, solo  per bere
“No, credo che più o meno, tutte le donne hanno una borsa del genere” rispose, esultando dopo poco; stringeva tra le mani il suo fedele portaocchiali verde, con i bordini consumati dal tempo e all’interno, ancora quegli occhiali dalla montatura rosata, avvolti e protetti dalla pelle per pulirli di colore giallo.
 “Gio’, non vai a dormire tu?” trattenne uno sbadiglio, segno che il bisogno di dormire non era stato del tutto colmato; continuava a essere comunque bello, nel suo pigiama a righette blu e bianche, anche con quei capelli scuri che cadevano disordinati sul volto.
“Io? Io sto bene, non ti preoccupare” sorrise per rasserenarlo, per evitare di portargli inutili problemi che, lei per prima, non si poneva. Odiava essere un fastidio per chi la circondava, preferiva risolvere le afflizioni degli altri, scordandosi anche dei suoi.
“Si, proprio tu. Sai di essere umana, vero? Anche se sei una donna, resti comunque una babbana” le regalò un occhiolino per poi, svuotare il suo bicchiere dall’ultimo sorso d’acqua che lo riempiva.
“So di non essere una maga, non mi è arrivata alcuna lettera e credo che l’abbiano persa... e  pensare che Hogwartz è una grande e bella scuola” annuì, indicando con il dito la porta del bagno, un modo per chiedere il permesso di andare; lo sguardo del più grande, accompagnato da un movimento della testa, fu una specie di “prego”.
Anche quel bagno, molto ampio, era completo di tutto quello che serviva, tutto pulito e in ordine, innaturale per dei ragazzi; forse era passata la compagnia delle pulizie da pochi giorni.
Lavò le mani, compiaciuta del fatto che anche lì, il sapone, era di muschio bianco;  le asciugò attentamente, con la stessa premura di quando si fa un rito, perché anche se era da anni che ormai se le metteva, la paura di sbagliare c’era sempre.
Guardò attentamente nello specchio i suoi occhi, notando il bordino leggermente azzurro di quella piccola lentina, che per qualche ora le dava la sensazione di poter vedere anche lei a 360°, dimenticando la dipendenza da quel paio d’occhiali, per quanto lei adorasse la praticità di quelli.
Con un gesto rapido, spostò la lentina fino a farla uscire fuori, ripetendo sull’occhio destro gli stessi movimenti che compiva da ormai 10 anni. Sorrise, indossando gli occhiali che aveva poggiato sulla mensola di fronte a sé, in quel ordinato ambiente di colore bianco puro e nero pece.
Gli tornarono alla mente ricordi di pomeriggi invernali, di quelli freddi con la pioggia e il vento forte, dove la compagnia di una cioccolata calda è la cosa più calda e dolce che c’è.  Tutti legati alle milioni di volte dove rischiava di far saltare gli occhiali, o magari di farli rompere anche se erano infrangibili; uno di quegli istanti ancora stampati nella memoria, era più forte degli altri, perché era strettamente legato a uno di quei pomeriggi invernali, dove, al posto della pioggia e del vento, c’erano le passeggiate con lui, lo stesso ragazzo che, sotto quello stesso tetto, riposava con ancora la febbre.

“Attenta! Devi fare attenzione ai marciapiedi troppo alti, rischi di cadere e farti male!” l’ammonì  JiYong,  aiutando Gio’ che, per l’ennesima volta, stava per inciampare e cadere a terra con poca eleganza. Tutto regolare in fin dei conti, lei e l’asfalto avevano un profondo legame fatto di scivolate e storte.
“Grazie, neanche io ho fiducia delle mie capacità d’equilibrio” si aggiustò le lenti che stavano in una posizione pericolosa, prossima alla caduta.
“Perché, di chi ti fidi tu?” domandò, abbassando di più il cappello, per una folata di vento che li stava investendo.
“Di tante persone… di te ad esempio”  gli parlava portando il conto mentalmente di tutte le persone che conosceva e di cui si fidava cecamente.
“E come faccio a saperlo io che ti fidi sul serio di me?” aveva voglia di punzecchiarla, in quella giornata non aveva fatto altro che porle domande, tutte per vedere dove sarebbe arrivata con la mente e le sue teorie assurde.
“Mmh… Che ne dici se mi guidi per la strada e io non apro mai e dico mai, gli occhi? Dopotutto non si dice fiducia ceca?” con le dita mimò le due virgolette che sottolineavano “fiducia ceca” mentre lui scoppiava a ridere per il suo modo assurdo di dimostrare ciò che provava o pensava.
“Perché adesso ridi? Non pensi che io riesca a resistere?” aggiunse dopo qualche minuto passato a vederlo ridere, contagiando anche lei a ridacchiare
“Perché potevi dirmi mille altre cose, ma non mi sarei mai aspettato una risposta del genere!” spiegò, arrestando la loro passeggiata e prendendo posto su una bella panchina che faceva parte di una grande serie che seguiva tutto il vialetto del parco. Cominciò a riprendere fiato, guardandosi a destra e a sinistra, in quel posto così silenzioso, isolato e verde; alberi grandissimi e sempreverdi, erano ovunque, diventando un paesaggio fantastico intorno a quella stradina irregolare. Con un gesto della mano invitò la ragazza a sedersi accanto e ammirare ciò che li circondava, ma anche se era lì, in piedi davanti a lui, già guardava tutti i piccoli particolari, estasiata da tutto quello che riusciva a inquadrare.
Poi si accomodò al suo fianco, concedendosi qualche minuto di solo silenzio per captare i suoni che la natura viva e attiva, produceva.
“Quindi tu ridi per come rispondo? Bravo” gli mostrò la lingua, regalandogli una smorfia divertita; tutte le volte che provava a camminare con gli occhi chiusi, lasciandosi andare alla guida di qualcuno, cadeva molte più volte, andando a finire contro qualche palo, ma continuava comunque a tenere gli occhi chiusi.
Perciò era sicura, se lui aveva voglia di verificare come lei aveva suggerito, non avrebbe mai aperto gli occhi, perché di lui si fidava, più di nessun’altro.
“Rido perché sei originale e fantasiosa” le regalò un sorriso, di quelli che la facevano sciogliere o le mandavano il cervello in brodo di giuggiole e poi si avvicinò a lei, annullando quei centimetri di distanza che li separano sulla panchina;  fece sfiorare il suo naso contro quello di lei, per poi lasciare incontrare delicatamente le loro labbra, in un tenero bacio che riscaldava il cuore in tutto quel freddo invernale.


Scosse la testa, ritornando alla realtà per evitare di perdersi troppo in quei ricordi così eternamente vivi; si sfiorò le labbra con le dita, per poi sospirare e sciacquarsi il viso con abbondante acqua fresca,  ricordandosi, ovviamente, di togliere prima gli occhiali.
Sistemò tutto ciò che aveva toccato e uscì fuori dal bagno, tornando nella camera di JiYong, il ragazzo che non sopportava di prendere le medicine e aveva lottato fino all’ultimo, qualche ora prima, per non prendere la pillola contro la febbre, senza i risultati in cui sperava.
Prese di nuovo posto sulla sedia, aspettando che il sole facesse capolinea nel cielo e illuminasse anche quella stanza con i suoi caldi raggi.
  
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