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Autore: Myriam Huznestova    15/10/2007    5 recensioni
Infine si decise ad entrare in bagno, perché, dannazione, gli ci voleva assolutamente una doccia con una buona dose di docciaschiuma al cioccolato fondente, poi doveva radersi, tagliarsi i capelli, farsi la tinta, mangiare, e riprendere in mano le redini della sua vita. Valutò velocemente di avere le capacità per i primi cinque punti, ma che per il sesto gli ci sarebbe voluto ancora del tempo. Troppo per i suoi gusti.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boris, Yuri
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Yuri Ivanov, Boris Kuznestov, Boris Balkov © Takao Aoki
Fanfiction e il personaggio di Avksentiy © Myriam Kuznestova - La storia non ha fini di lucro.
___

Yuri Ivanov si è rifatto una vita, dopo esserne stato privato già una volta.
Infondo forse è stato forte.
Forse.

//

Yuri Ivanov fissò il suo riflesso nudo nello specchio e lo vide pallido, smunto; i capelli del loro rosso intenso naturale – la tinta era andata a benedirsi tempo prima – gli sfioravano i fianchi, ed erano quindi troppo lunghi perfino per i suoi standard. Andato a benedirsi anche il fondotinta, qualche sparuta efelide spiccava nel biancore della pelle alla base del naso e sotto gli occhi cerulei iniettati di sangue e cerchiati da profonde occhiaie; tutti i suoi lineamenti erano tirati e la barba incolta completava il suo aspetto trasandato e dolorante.
Si passò una mano sugli occhi e sulle guance pungenti, chiuse l’anta del piccolo armadio in legno scuro, l’armadio che aveva comprato con Bor… Chiuse l’anta del piccolo armadio in legno scuro e già che c’era gli tirò un calcio perché gli ricordava troppe cose.
Infine si decise ad entrare in bagno, perché, dannazione, gli ci voleva assolutamente una doccia con una buona dose di docciaschiuma al cioccolato fondente, poi doveva radersi, tagliarsi i capelli, farsi la tinta, mangiare, e riprendere in mano le redini della sua vita.
Valutò velocemente di avere le capacità per i primi cinque punti, ma che per il sesto gli ci sarebbe voluto ancora del tempo. Troppo per i suoi gusti.
Girandosi verso la destra e facendo un paio di passi, si ritrovò davanti alla porta del bagno: aprendola, si immerse nel familiare (ma non per questo sempre amato) rosso-nero-bianco: le piastrelle della pavimentazione e quelle che coprivano il muro fino all’altezza della sua testa erano rosso sangue come gli asciugamani, l’accappatoio e il tendone che copriva la finestra in fondo al bagno; la porta era nera come i sanitari uno a fianco all’altro ed il mobiletto con lo specchio sopra al lavandino disposti sulla parete alla sua destra; il portasciugamani a lato del lavandino bianco come le parti di muro non piastrellate, il box doccia (che si trovava alla sua sinistra, in fondo al bagno, con la lavatrice dalla parte della finestra e l’accappatoio dall’altra) e il tappetino fuori da esso.
Maledisse mentalmente il maledetto colore delle maledette piastrelle, dei maledetti asciugamani, della maledetta tenda, e della maledetta poca luce che da essa filtrava, chiedendosi se fosse stato poi così tanto necessario usare proprio quella tinta ovunque, perfino nei capelli – che, in ogni caso, erano quasi di quel colore persino naturalmente; magari avrebbe potuto rimediare tingendoli di nero. Una bella tenda corvina in testa da usare come sipario sarebbe stata perfetta, avrebbe unito l’utile al dilettevole: uscire di casa e rimanere nascosto. Fortunatamente dopo la doccia non trovò tinta nera in casa, altrimenti se ne sarebbe pentito presto: una volta passato il momento, tornare al suo colore preferito sarebbe stato pressoché impossibile senza decolorare o tagliare – e quindi rovinare – i suoi splendidi capelli.
Prese il docciaschiuma dall’anta a sinistra del grande specchio e si diresse, deciso, fino alla doccia, aprendo l’acqua gelata per ridestarsi un po’.
Stava facendo di tutto – di tutto! – per cercare di evitare i ricordi, sebbene fosse passato più di un mese. Un mese era fin troppo per lui, che non si affezionava a nessuno.
Formulando quel pensiero, piantò un pugno contro il muro: chi voleva prendere in giro? La verità era che era sempre stato un debole, un debole e un fallito, senza fegato abbastanza per affrontare la vita da solo come avrebbe sempre voluto, che si chiudeva dietro una scorza di freddezza e cinismo per paura di venir scottato dagli altri. Nonostante lo sapesse e lo avesse sempre saputo, però, aveva sempre voluto fingersi forte. E lo voleva ancora! Altrimenti perché rinchiudersi in casa con l’unica compagnia del proprio dolore piuttosto che farsi vedere in quelle condizioni da una qualsiasi anima viva al di fuori del Grande Gigante Gentile Sergej che tentava di farlo mangiare per almeno un’ora al giorno, ogni giorno?
Era perché al dolore era abituato, al fatto che la gente lo vedesse sotto la scorza no, o almeno così gli sembrava, sebbene avesse già largamente dimostrato a chiunque che lui di qualcuno vicino aveva bisogno, un bisogno profondo di una persona della quale fidarsi e con la quale condividere le proprie gioie e i propri dolori. Di qualcuno che c’è.
Boris c’era, senza dubbio – e la sua presenza prima come la sua assenza in quel momento erano quasi palpabili, tanto erano l’una importante e l’altra pesante.
Era difficile, per Yuri, riuscire ad accettare la portata dei sentimenti che le due situazioni avevano portato con sé, e capire troppo tardi – perché anche se lo sapeva da sempre non ne era mai stato completamente consapevole – quanto il primo non sarebbe mai potuto essere eterno, quanto non fosse mai stato possibile che tutto sarebbe filato liscio, anche se spesso grazie a (o per colpa di?) Boris e ai suoi rari sorrisi pieni di vita lo aveva creduto, ed aveva così sognato, a volte era stato perfino felice.
Sospirò pesantemente.
Chiuse l’acqua e si lasciò cadere mollemente sul piatto della doccia a gambe incrociate, lo shampoo in mano, ed i tanto temuti ricordi arrivarono; e non ebbe la forza di cacciarli ancora fuori.

Sentì una chiave girare nella toppa, poi la voce di Boris gli giunse, trafelata. Non che normalmente parlasse con una voce normale, considerato che aspirava tutte le vocali e quando tentava di urlare sembrava che stesse... Quando tentava di urlare semplicemente non ce la poteva fare:
« Yuuri? Sono Boris… Esci da quella doccia! »
« Ma veramente sei tu? Credevo fosse l’uomo nero! »
Lo sentì sbuffare sonoramente « Sempre il solito scontroso, eh? »
Di tutta risposta Yuri sospirò « Un attimo e arrivo, mi sto lavando i capelli »
« Oh be’, allora mi metto l’anima in pace. Dovresti prenderti una Playstation, almeno, quando ti aspetto, ho qualcosa da fare… Anzi, sai cosa ti dico? La prossima volta mi porto la mia, le farò fare avanti e indietro da una casa all’altra. »
« Ah per me, fai un po’ come ti pare. »

- - -

« Ehy Yuri! Ma questo è l’odore del MIO bagnoschiuma, stradannato maledetto! » Nel pronunciare quella frase aveva avuto bisogno di riprendere fiato tre volte, ad ogni pausa, e prima di arrivare a quella successiva sembrava che l’aria gli dovesse completamente mancare.
« Sì, problemi? »
« Che costa tanto e io non ho soldi! »
« Se te lo finisco te lo ricompro »
« No! Me lo ricompri. Punto. »
« Sì, sì, d’accordo »
« E poi… Perché hai fregato il mio? »
« Perché il mio è finito »
« E ma, non va bene… Il mio bagnoschiuma ha un odore troppo da uomo… Su te non sta bene… » Yuri poteva sentire ben distinte le risate di Boris provenire da camera sua: ci avrebbe scommesso la testa che sarebbe caduto dal letto da un momento all’altro anche da solo, ma decise di aiutarlo lui stesso – in accappatoio, ovviamente rosso scuro – a volare per terra con un pugno nemmeno troppo forte sotto l’occhio.

« Oh, cazzo. » « Questa me la paghi. »

« Dannato maledetto così mi spogli! » « E vabbe’, tanto non è che ci sia molto da vedere, anoressichino » « Omamma che paroloni, Boris! L’hai sentito alla TV, bravo bimbo? » « Ma vaffanculo, va! »

« No, dai… così mi fai male… No, Yuri! Il solletico no… No… Yuuu! Dai, smettila! No, no… Sotto i piedi no… Non ci provare nemmeno! »

« Non ce la farai mai a colpirmi, vecchietto! » « Ehy vecchietto a chi? » « A te! Hai i capelli grigi! » « Ma… Sono tinti! E poi non è GRIGIO, è ARGENTO! » « Una tinta da vecchietto… E non piagnucolare. »

- - -

Questa volta era Yuri a parlare con il suo russo dalle vocali chiusissime, a casa di Boris: un appartamento grande circa quanto il suo, a pochi isolati di distanza dallo stesso, solo molto più disordinato e arredato decisamente peggio, per i canoni Ivanov.
« Boris, cazzo! Esci da quel bagno! È un quarto d’ora che ti spruzzi addosso quel dannato Krizia, basta! Se continui così diventi il migliore amico del dirigente dell’azienda che lo produce per averlo fatto arricchire! »
« Veramente lo sono già! Hanno iniziato a produrre il bagnoschiuma Istinto sotto mio consiglio, e me lo danno gratis, gne gne gne »
« Mi sembrava che ultimamente puzzassi di più di quel dannato robo »
« Non ti piace? »
« Ma sì che mi piace, bambino piccolo… Però ora MUOVITI! »

Si lavò i capelli con una cura fin inutile, e perse un sacco di tempo a pettinarli, finché il freddo non diventò troppo per poterlo sopportare – un passo avanti per lui: fino a due settimane prima, se non una, del freddo non si accorgeva nemmeno – e dovette rialzarsi per accendere l’acqua.

« Yuri siamo al dodici di Dicembre, alza un po’ quei dannati termos prima che mi iberni! »
« Io non sento freddo. »
« Eh… Io sì invece, quindi alza. »
« No, prendi questa. »
« E ma cazzo, Yuri… Anche le coperte le compri rosse? »
« Sì, sì, anche le coperte. »
« Ossessionato narcisi… Narci... Com’è che si dice? »
« Narcisista, Boris, narcisista. »
« Ecco, sì, quello. »

Non poté fare a meno di ridere di quel ricordo, anche se amaramente. « Boris, Boris… Sempre il solito imbecille… » Ma la sua risata si trasformò in un singhiozzo a mala pena trattenuto, e dovette tirare un altro pugno alle piastrelle per non mettersi a piangere come un bambino.

//

Borsi Kuznestov, ad un certo punto della sua vita, aveva subito una trasformazione: da teppista cinico e bastardo era diventato… Oddio, Boris rimase sempre un teppista ed un cinico, quindi ad un certo punto della sua vita aveva trasformato ciò che di bastardo esisteva in lui in qualcosa di più… Vitale, forse addirittura di buffo, qualcosa che Yuri non aveva mai saputo definire. E anche se continuava a fare battute stronze a chi non poteva sopportare, non era la stessa cosa di prima: sembrava fosse il modo in cui lo faceva, forse il sentimento che ci metteva ad essere diverso; come se la rabbia fosse stata cancellata dal suo essere. Per non parlare di quando rimaneva da solo con Yuri: si trasformava in una specie di papone protettivo ed un po’ stupido.
Boris e Yuri si erano conosciuti in un orfanotrofio, un orfanotrofio povero e gestito da un mostro senza cuore. Ognuno era quindi venuto su da solo, alla meno peggio, cercando appoggio dove lo poteva trovare (ovvero nei coetanei più forti, o che così facevano finta di essere), comportandosi sempre come un soldatino.
Il piccolo Yuri Ivanov era magro, femmineo, e sembrava la vittima perfetta per subire le angherie dei più grandi; così, aveva dovuto sviluppare un carattere forte, un modo di porsi da leader, aveva imparato a battersi e a farsi rispettare; aveva imparato a nascondere le emozioni. Col tempo, si era abituato all’idea che nel mondo vi fosse solo marcio, e che per vivere avrebbe dovuto per sempre nascondere il vero se stesso. Pensava – e pensa ancora – che per poter tirare avanti l’unico modo fosse nascondersi dietro una parete di ghiaccio.
Il piccolo Boris Kuznestov aveva imparato a difendersi passando dalla parte di chi attaccava; aveva imparato che il mondo non era bello, che le favole non esistevano, che delle persone non ci si poteva fidare, nemmeno degli altri bambini. L’attacco è la miglior difesa. Attaccava tutti prima che qualcuno potesse attaccare lui, non si fidava di nessuno, se ne stava solo a fare il prepotente, cercava di portarsi al centro dell’attenzione di tutti essendo stronzo.
Fino a che, con Yuri, non trovò del filo da torcere. Era più piccolo di lui di un anno (e si sa, i più piccoli son sempre stati i migliori da attaccare), ma sembrava che nulla lo toccasse.
Boris aveva provato ogni modo per offenderlo, per farlo piangere, per fargli avere una reazione che fosse una. Per un intero lungo anno Yuri fu per lui una sfida; arrivò al punto in cui il suo unico pensiero, un pensiero fisso, era quello di riuscire a vedere il brutto muso di Yuri cambiare espressione.

Le voci gli giungevano dal fondo del corridoio di pietra quasi deserto.
« ‘Is’ka!* »
Cazzo. ‘Is’ka significava Kuznestov, e per Yuri quello era il momento meno adatto a vederlo.
« Che è tutta ‘sta confidenza, Avksentiy? »
« Scusa, Boris, scusa. Piuttosto, che ci fai qui, invece di andare a lezione? Cerchi ancora pel di carota? »
Risata. Rispostaccia.
« Avksé**, modera i toni e vedi di farti i cazzi tuoi. »
Yuri imprecò mentalmente: la risposta nervosa significava “Sì”.
« A te qualcuno dovrebbe farti abbassare la cresta, Boris, io sono pur sempre più grande di te. »
« Sì, sì, Avksé, certo, ma scommetto che non sarai tu quel qualcuno. Ora sparisci, prima che mi innervosisca seriamente. »
« Comandi, comandi! »
Porta laterale che sbatte. Yuri comprese che da Boris lo separavano pochi metri e due porte chiuse che sperò rimanere tali. Quando, però, sentì la prima delle due aprirsi perse quasi ogni speranza.
Abbassò la tavoletta del WC e ci salì in piedi sopra per potersi arrampicare sull’alto davanzale di pietra e lì sedette, immobile, le gambe penzoloni e le mani appoggiate sulla pietra fredda, sforzandosi di mantenere intatta la propria espressione, ma, soprattutto, di non fare rumore.
Sentì l’acqua del lavandino scorrere ed uno “sciaf”: probabilmente Boris si stava sciacquando la faccia; poi un imprecazione a bassa voce, che suonò simile a: “Sono sicuro di averlo visto entrare, tsk! Stavolta non mi scappa, gliela faccio vedere io chi è il più forte al nanetto anoressico…”
Yuri a quel punto sarebbe voluto scendere, lasciarsi andare ed urlargli contro che lui non era mai stato forte, che era tutta una maschera, tutta una finzione; di smetterla di tediarlo! Che aveva avuto la sua vittoria e ora poteva andare in pace a rovinare l’esistenza di qualcun altro! Che il naneto anoressico orfano androgino non era una lastra di ghiaccio come sembrava, cazzo!
Ma alla fine il suo orgoglio vinse e non si mosse, e non disse nulla: si morse solo un po’ l’interno della guancia, per non farsi sentire.
Boris, intanto, stava aprendo a calci, ad una ad una, le porte dei servizi, alla ricerca di Yuri, che si era nascosto nell’ultima in fondo; quindi ne dovette spalancare una decina prima di trovarlo, impeccabile nella postura e dallo sguardo duro e fisso seduto su di quel davanzale, fissandolo così dall’alto in basso. Eppure qualcosa stonava nella sua freddezza.

Yuri Ivanov stava piangendo.

Piangeva in silenzio, forse mordendosi appena le guance per trattenere dei possibili singhiozzi, e piangeva tenendo lo sguardo fisso. Piangeva molto e forse anche da molto tempo, a giudicare dal gonfiore e dal rossore degli occhi, ma non per questo aveva perso la sua austerità.
Boris si bloccò, vedendolo così, e rimase a fissarlo per lunghi secondi con la bocca aperta a formare una piccola ‘o’; poi rise, e tese una mano verso Yuri.
« Immagino di dover rinunciare al mio intento, dopo questo: non potrò mai essere tanto forte da esserlo anche piangendo. »
Yuri, sentendo quelle parole, smise di piangere e sbatté le palpebre qualche volta, un po’ perché sorpreso, un po’ perché doveva pulire la visuale dalle lacrime. Sul momento non seppe se accettare quella mano tesa o meno: era la mano tesa di colui che aveva messo a dura prova la sua maschera, la mano tesa di colui che lo aveva visto piangere, ma rimaneva comunque la mano tesa di colui che lo vedeva ancora forte, sebbene forte lui non fosse – e Yuri non sapeva se era perché lui fosse un bravo attore o perché Boris fosse un tontolone. Alle fine, comunque, non gli parve un’idea tanto cattiva afferrare quella mano: e così fece.

Da quel momento in poi Boris e Yuri divennero inseparabili, sebbene per i primi tempi Yuri non ne fosse entusiasta. E così, dopo due lunghi anni, Boris aveva conosciuto il vero Yuri, lo Yuri che si nascondeva sotto la scorza, lo Yuri emotivo, lo Yuri che aveva una sua maniera di essere dolce, lo Yuri che tutti avrebbero dovuto conoscere. In quanto a questi… Bhe, lui non ebbe molto da scoprire su Boris in quanto persona abbastanza semplice, ma fu proprio in questo periodo che Boris subì il cambiamento di cui sopra divenendo una persona diversa pur rimanendo sempre la stessa, grazie a quel qualcosa che Yuri non sapeva – e non sa – definire di… Solare, forse.
Dopo due lunghi anni si fidarono l’uno dell’altro, fecero progetti insieme, divisero tutto, divennero insomma tutto ciò che di più bello due migliori amici possano essere.
Forse si chiusero un po’ troppo nel loro mondo, (le uniche persone che si potevano quasi definire loro amiche divennero, dopo un altro anno, i vecchi tirapiedi di Boris nonché coloro che avevano sempre ammirato Yuri: i fratelli Sergej e Ivan), escludendo tutti gli altri e vivendo alla loro maniera, ma non ci fecero caso fintanto che così facendo la vita divenne decisamente migliore - e lo si vedeva, nei rari sorrisi di Boris, e lo si vedeva, nelle rare risate di Yuri.

Mentre si insaponava Yuri maledisse mentalmente se stesso, pesantemente, per aver abbassato la guardia e aver permesso a qualcosa di bello di accadere. Quando Boris c’era ancora poteva sempre scusarsi dicendo che era semplicemente impossibile resistere ad un tornado di determinazione quale era Boris, che dopo essersi messo in testa di farlo piangere ci era riuscito, che dopo esserci messo in testa di diventare il suo unico e migliore amico ci era riuscito, ma da quando lui non c’era più non poteva far altro che accusare se stesso di essere stato un debole e di aver fallito nell’intento che si era prefissato: vivere contando solo su se stesso, e così facendo essersi rovinato la vita da solo.
Era fin troppo ovvio che la felicità si sarebbe interrotta prima o poi! Come aveva potuto essere così stolto da credere il contrario?
Come poteva aver creduto che una volta usciti dall’orfanotrofio, una volta trovato un lavoro, una volta creatisi una vita sarebbero rimasti uniti per sempre?
Eppure spesse volte quando si ritrovava insieme a Boris dopo una giornata di merda e non c’era bisogno di dire nulla perché entrambi già sapevano cosa era successo, come comportarsi e quando era il momento giusto di dire cosa non poteva concepire nemmeno il solo pensiero di una possibile fine.
Ma questa era, ahimé, arrivata, e nella maniera più inaspettata possibile.

//

La macchina di Yuri giaceva con un fianco completamente sfasciato in mezzo alla strada. Tutto intorno ambulanze, forze dell’ordine e curiosi. Ed immobile, tra il caos, Yuri, a fissare un lenzuolo bianco senza riuscire veramente a capire cosa era successo. E dietro di lui un uomo ubriaco che vomitava. E sopra di lui il bellissimo cielo di Mosca di notte.
Stavano passando un incrocio quando una macchina che correva a tutta velocità non rispettò un semaforo e li travolse; Boris morì sul colpo, in quanto la macchina andò a colpire proprio il lato del passeggero, mente Yuri non si fece quasi niente, o almeno non fisicamente.
Appena prima che tutto accadesse Boris stava per finire quella che non sapeva sarebbe stata la sua ultima frase: « Non vedo l’ora di andare a farmi una dormita! Senti, Yuri, posso fermarmi da te? Non ho voglia di rimettermi in macchina e guidare fino a ca… »

“Non ti ci sei più fermato a dormire da me, eh?”
Yuri inspirò profondamente e lentamente, poi espirò in modo tremolante; si passò le mani sugli occhi e stette fermo qualche secondo a cercare di ricomporsi. Non aveva intenzione di rincominciare a piangere, lo aveva già fatto fin troppo per i suoi gusti. Decise quindi di fare appello a tutto il suo autocontrollo per finire di farsi la doccia, tingersi i capelli, nascondere le lentiggini, vestirsi ed uscire di casa.
Un lungo cappotto nero lo ammantava, guanti di pelle coprivano le sue mani, gli anfibi con le placche in metallo rendevano incidente il suo passo, i jeans neri gli fasciavano strette le gambe e la maglia di Burzum tentava di dare al suo aspetto un qualcosa di "duro" mentre si dirigeva verso il cimitero.
Era la prima volta che vi si recava dal giorno dell’incidente, forse per mancanza di coraggio, forse perché non lo aveva ancora veramente accettato, non sapeva nemmeno se avevano scritto ciò che lui aveva chiesto sulla lapide di Boris. Decise di non portare fiori, gli pareva e gli pare tutt'ora una cosa inutile, e prese con se solo una foto che li ritreaeva entrambi, abbracciati e sorridenti.
Boris era stato seppellito a terra e la lapide citava “Boris Kuznestov, il migliore amico che chiunque possa mai desiderare”, così come Yuri aveva voluto.
La fissò, in piedi, per delle lunghe ore, nascosto dai capelli, forse piangendo silenziosamente, forse maledicendosi ancora o forse soffrendo semplicemente in silenzio, incapace di qualsivoglia reazione.
Infine si inginocchiò e posò la loro foto di fianco a quella lapide dove era anche ritratto un Boris che faceva la linguaccia alla macchia fotografica mostrando felice il suo piercing alla lingua - Se la ricordava bene, Yuri, quella foto; l'aveva scattata lui stesso, un anno prima, mentre Boris esibiva il piercing in mezzo alla strada, scandalizzando più di un'anziana signora (« Non le piace, signora? Guardi che è un vero tocco di stile! Non vede come mi sta bene? » ).
A quel ricordo abbassò gli occhi sulla terra, mesto, e la toccò.
« Boris, io ora che dovrei fare? Ti offendi se cercherò di rifarmi una vita partendo da zero, tagliando tutti i contatti con quello che è stato il nostro mondo e tenendoti solo dentro di me? Ti offendi se riprenderò a fare quello che tu odiavi tanto, ovvero il duro senza sentimenti? So che fingerò, Boris, ma che altro posso fare? Non permetterò più a nessuno di entrare in me come hai fatto tu… Ti lascio qui la nostra foto migliore, a casa tengo ancora il negativo… Addio, Boris. »
Accarezzò la terra, si alzò in piedi e se ne andò più velocemente di quanto non fosse venuto, deciso a ripartire da zero se non il giorno seguente quantomeno il più presto possibile.
Sapeva che non sarebbe stato affare facile, ma come già una volta era riuscito ad erigere delle forti barriere intorno a se ce l'avrebbe fatta anche una seconda volta.

__

* ‘Is’ka: Diminuzione del nomignolo del nome Boris, Boris’ka. Sono certa riguardo l’utilizzo del nomignolo Boris’ka, ma in quanto al diminutivo ‘Is’ka non ne ho la più pallida idea; a me, comunque, piace, e poi mi serviva ai fini del discorso. (W le licenze)
** Avksé: Diminutivo di Avksentiy. Non attestato, mia licenza. | Inizialmente, in questo scambio di battute, Boris avrebbe dovuto dire qualcosa come: « E tu che ci fai in giro? Vai a visitare ancora una volta il tuo ragazzo? Scusa, ho sbagliato, volevo dire che vai a farti visitare. » Ma poi Avksentiy mi è risultato troppo antipatico per inserire altri particolari su di lui (ma soprattutto non credo di voler tanto male a qualcuno da accoppiarlo con Avksé). Ci basti sapere che rompe, che ha la tendenza a fare il superiore per poi ritirare la mano e che ha il novantanove virgola nove per cento di probabilità di non comparire mai più.


Bonus (parte scartata dal flashback, dopo che Yuri afferra la mano di Boris):
La afferrò e scese: fu così davanti a Boris, e si guardarono dritto negli occhi.
« Ho deciso: da oggi noi due diventeremo inseparabili. Possiamo, vero? »
Yuri, con il volto ancora umido di lacrime, alzò un sopracciglio: « Bha, come ti pare. » Boris rise, e lasciò la mano di Yuri per schernirsi « Se non infastidisco, eh. » « Ho detto come ti pare, Boris. »
E così affermando passò oltre, si diresse verso il lavandino e si sciacquò la faccia con acqua fredda prima di asciugarsi. Boris si grattò la testa; ancora una volta Yuri aveva fatto il principino e lo aveva sorpreso: lui si sarebbe asciugato direttamente le lacrime, probabilmente con la manica della felpa. Invece Yuri no, lui era tutto composto, e si era asciugato con un asciugamano dopo essersi rinfrescato.

Note dell'autrice: Ci sono molte cose riguardo alle quali vorrei dilungarmi riguardanti questa fanfic T_T. Se un giorno mi gira la traformo in una raccolta e scrivo altre one-shot, presumibilmente più brevi di questa, riguardanti:
- Le infanzie di Yuri e di Boris prima di conoscersi (uh, come mi ispira questa *-*)
- Le angherie del piccolo Boris nei confronti del piccolo Yuri
- Il "percorso" della loro amicizia (ok, questa non mi suona breve ._. *fissa appunti al riguardo* No, per nulla '_')
- Il rapporto con Ivan e Sergej (la meno probabile...)
- La notte dell'incidente.
Se ne vorreste leggere una o avete altre particolari richieste/curiosità sentitevi liberi di sottopormi tutto: sono a vostra completa disposizione!

  
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