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Autore: Samarskite    28/03/2013    7 recensioni
Louis annuisce. "Tu sei come mia sorella, ma sei diversa da Charlot, e tutte le altre. Quindi immagino che tu abbia ragione. Forse essere migliori amici è fare una caccia alle rane e non lasciare vincere l'altro solo perchè è una ragazza.", aggiunge sorridendo impertinente.
Sorrido pigramente. Il sole mi sta intontendo.
"Quando saremo grandi, torneremo qui, vero?"
"Certo, Net."
Genere: Comico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le rane

*
Che fine hai fatto, ti sei sistemato
che prezzo hai pagato, che effetto ti fa?
vivi ancora in provincia, ci pensi ogni tanto alle rane?
L'ultima volta ti ho visto cambiato,
bevevi un amaro al bancone del bar
perchè il tempo ci sfugge ma il segno del tempo rimane



 
"Che cosa desidera, di preciso?", mi chiese la commessa di H&M con tutta la delicatezza capace di usare con una ragazza che le stava davanti con aria persa (me).
Cassidy, accanto a me, mi diede una gomitata, cercando di scuotermi: "Psst! Net! Sveglia!"
Mi riscossi giusto per dire: "Oh. Niente. Faccio da sola. Grazie."
Mentre ci allontanavamo dalla commessa, che tornava a piegare magliette, Cassidy mi diede una seconda gomitata: "Si può sapere che ti prende? Domani hai un colloquio di lavoro, e devi prendere il vestito per festeggiare il dopo."
Le scoccai un'occhiata assorta. "E se non mi prendono, Cas?"
"Festeggiamo lo stesso, perchè non hai preso lavoro da una ditta tanto stupida.", replicò prontamente lei, strappandomi un sorriso. "Allora, vuoi dirmi che c'è?"
Mi inquietai di nuovo. "Mi pareva di avere visto un compagno d'infanzia al reparto uomini..."
"Vai a salutarlo.", mi rispose Cassidy perplessa, ma io scossi il capo. Lei non capiva. Non le avevo mai parlato di Louis.
"No, non mi va...", risposi, e per metà era vero.
"Net, cosa non mi hai mai detto di questo tizio?", mi domandò Cassidy con aria di rimprovero.
Aprii la bocca per ribattere, mentre frugavo per tutta la lunghezza di uno scaffale di magliette rosso fuoco cercando la mia taglia. Giunsi alla fine dello scaffale ad angolo senza averla trovata, così svoltai impaziente. Quella maglietta doveva essere mia.
"Net! Allora?"
"Un attimo, Ca...", iniziai a dire con la testa completamente infilata nello scaffale a scannerizzare etichette.
Non feci in tempo a finire la frase che sentii qualcuno che si imbatteva nel mio corpo decapitato dalle spalle in giù, e diceva: "Henrie?"
Oh no. No, no, no. Non era affatto buona come cosa. Riemersi dallo scaffale, leggermente arruffata, e incontrai due occhi color del mare. "Louis.", dissi a mo' di saluto, poi ripresi a frugare.
Deve esserci una M, non avranno seriamente pensato che tutta la popolazione londinese femminile possa indossare una S?, pensai scocciata. Ma Louis era ancora fermo accanto a me. "Da quant'è che non ti vedo?"
La risposta sincera sarebbe stata: tre anni e duecentoventisei giorni, ma pensai che era troppo imbarazzante mostrare un tale interessamento quindi bonfonchiai un: "Un po'."
Louis sorrise. "Fino a poco tempo fa tenevo il conto. Ero rimasto a tre anni e centoquarantasette giorni."
Lo degnai della mia attenzione, e quando mi accorsi che lo aveva detto apposta mi imbronciai. Mi conosceva troppo bene.
"Come va con la tua laurea in letteratura?", mi chiese senza aspettare risposta.
"Presa.", dissi semplicemente.
Non dovete fraintendermi, io ero felice di vedere Louis. Lo conoscevo da quando avevo otto anni. "Sei più stato a Doncaster?", aggiunsi poi.
"Sono tornato per Natale, un paio di giorni. Sai com'è, sono sempre in giro..."
Annuii, e lui aggiunse. "Ci eravamo visti da Werter, l'ultima volta, giusto?"

Era giusto. Ricordavo che era stato due anni dopo la maturità; ero entrata nel Bar Werter, bar di storico ritrovo per tutti gli studenti o ex studenti di Doncaster, e lo avevo visto seduto al bancone del bar, con un bicchiere di Amaro in mano e la compagnia di un ragazzino più piccolo di qualche anno, ricciolino, sguardo penetrante e risata che ti metteva a tuo agio. Ingenuamente mi ero avvicinata e lo avevo salutato come facevo un tempo.
"Ehi, Lou.", avevo detto tutta allegra inciampando nello zaino del riccio ai suoi piedi. Sono un disastro vivente.
Mi aveva degnata solo di mezzo sguardo. "Hen."
Non capivo perchè non mi avesse chiamata Net, come di solito faceva. Solo mia madre poteva scegliere un nome orribile come Henrietta, e fino agli otto anni avevo vissuto con questo incubo di nome. Poi era arrivato Louis, che aveva iniziato a chiamarmi Net, contagiando tutti. Ma decisi comunque di sorvolare sul dettaglio, e avevo proseguito: "Sei tornato... Se domani hai tempo ti va di tornare allo stagno?"
Louis aveva posato il bicchiere e aveva scosso la testa. "È stata una cosa da ragazzini, Net. Perchè dovrei tornarci?"
Avevo sentito qualcosa che all'altezza del petto se ne volava via per sempre. Il riccio mi aveva lanciato un'occhiata preoccupata, come a cercare di dirmi che Louis era in un umore momentaneo e non dovevo dare peso a ciò che diceva. Lo sapevo anche io, non mi serviva un ragazzino per capirlo, ma non ce la facevo.
"Oh, okay. Mi stanno chiamando, scusami.", avevo quindi detto. La scusa più patetica del mondo. Ero praticamente corsa nel bagno del bar, mi ero chiusa dentro e per un quarto d'ora buono avevo singhiozzato, accasciata contro la porta per evitare che qualcuno entrasse (la serratura faceva cilecca).
Avevo ripensato a tutto quello che avevo perso, e non riuscivo a crederci.
Poi ero uscita dal bagno, e lui non c'era più.

Annuii. "Sì. Da Werter.", risposi con un groppo in gola.
"Dovremmo tornarci", disse Louis con un sorriso. Sentii montare la rabbia. Era bipolare, per caso?
Scossi la testa. "È stata una cosa da ragazzini, Louis. Perchè dovrei tornarci?", replicai rabbiosa. Lo superai con decisione, al diavolo le magliette, presi Cassidy per un polso, che si era allontanata abbastanza per poter origliare senza essere vista, e uscimmo insieme dal negozio.
Attraversammo la strada praticamente correndo. Io, nelle orecchie, sentivo ancora il rumore dei tonfi d'acqua.

"Louis!", urlo cercando di farmi sentire.
"Che c'è?"
"Ho trovato una famiglia di rane nello stagno usato per l'irrigazione dei campi di Mister Cliff!"


Io e Louis, nelle interminabili estati passate insieme, amavamo fare scorribande tra i campi dei contadini, limitanei a Doncaster. Quell'estate in particolare avevamo dieci anni.

"Davvero?", ci sembra di aver trovato un tesoro.
Louis mi lancia uno sguardo impertinente e poi si lancia nello stagno, urlando: "Caccia alle rane!". Il tonfo mi risuona nelle orecchie, e gli schizzi mi bagnano. Lo seguo senza pensarci due volte.


Vinse lui. Ne prese cinque, io tre.

Dopo la caccia, rimaniamo ad asciugare al sole, tra i girasoli. "Sai, Louis, tu sei il mio migliore amico."
Lui ci pensa su seriamente. "Da cosa capisci se una persona è la tua migliore amica?"
È una domanda interessante.
"Forse quando c'è sempre per te, non lo so. Però tu sei come mio fratello, io non ne ho mai avuti di fratelli. Suppongo che questo sia sufficiente per definirti un migliore amico."
Siamo seduti tra i girasoli, le braccia tese dietro di noi, il peso tutto su di esse.
Louis annuisce. "Tu sei come mia sorella, ma sei diversa da Charlot, e tutte le altre. Quindi immagino che tu abbia ragione. Forse essere migliori amici è fare una caccia alle rane e non lasciare vincere l'altro solo perchè è una ragazza.", aggiunge sorridendo impertinente.
Sorrido pigramente. Il sole mi sta intontendo.
"Quando saremo grandi, torneremo qui, vero?"
"Certo, Net."


C'eravamo tornati ogni anno, dopo quella volta. L'estate dopo la maturità avevamo anche provato a fare sesso tra l'erba alta, per vedere com'era. Ci sentivamo grandi e pronti, ma impauriti che quando fosse arrivato il momento con la persona giusta fossimo stati troppo inesperti.

"Che cazz...?"
"Louis!", rido. Sono sdraiata per terra. Lui è in sospensione sopra di me.
"C'è un girasole che ci spia!", dice lui.
"Cretino. Qual è il vero problema?"
"Sei stretta."


Mi ero messa a ridere. Lo avevo spinto di lato quando anche lui aveva iniziato a ridere, scuotendo la testa. Mi ero tirata su i jeans.

"Non funziona, proprio no."
È notte fonda. Le lucciole fanno da lumino.
"Fammi provare un'ultima volta..."
"No, Louis, non..."
"Henrietta!", mi rimbrotta tuonando con voce grossa come il commissario esterno della maturità, e mi fa ridere ancora di più. Rotolo su un fianco tenendomi la pancia dal ridere, poi tiro giù di nuovo la zip dei jeans e ci riprova, ma non smettiamo di ridere e non è eccitante come lo descriveva 50 sfumature di grigio.


Cassidy mi fissava con la bocca aperta. "E lui era quello con cui hai perso la verginità?"
Lentamente, controvoglia, annuii. Non volevo ammettere che Louis mi avesse trattata così male, quella sera al bar, dopo tutto quello che avevamo passato insieme. Era stato orribile.
Eravamo davanti a casa di Cassidy, strada facendo le avevo raccontato tutta la storia.
"Non ti abbattere, Net. Se ne vale la pena, succederà."
Aggrottai le sopracciglia. "Cosa succederà, di preciso?"
Cassidy fece spallucce e ribadì semplicemente: "Succederà. Buona cena, Net. Dormi bene e in bocca al lupo."
"Ciao, Cas. Ci vediamo domani."
Cassidy sparì oltre il cancello in ferro ed io mi voltai avviandomi verso casa mia.
In quel momento odiavo il mondo. Odiavo tutto e tutti. Odiavo il mio aspirante datore di lavoro, odiavo il postino, odiavo Louis. Cosa gli avevo fatto di così cattivo?
Scossi la testa con rabbia, mentre gli auricolari mascheravano i rumori del mondo.

Attraversai la strada senza guardare.

Dopo, non ricordo bene. Qualcuno mi aveva afferrata, gli auricolari erano caduti, i Coldplay avevano smesso di cantare, sentii un rumore di freni, una bestemmia, l'asfalto sotto i miei palmi.
Poi, la macchina si allontanò ed io rimasi sul marciapiede opposto.
Raccolsi le cuffiette bianche abbandonate sull'asfalto e cercai di mettermele in tasca, ma le mani tremavano. Qualcuno si chinò e mi prese entrambi i polsi. Era Louis.
"Volevi farti ammazzare?", mi chiese con rimprovero, per poi infilare gli auricolari nella tasca dei miei jeans.
Mi lasciai sfuggire un singhiozzo per lo spavento. Non poteva semplicemente andarsene, invece che continuare a bussare alla mia vita?
Lui si pentì subito del tono severo, mi cinse le spalle e mi aiutò a rialzarmi. Appena fui in piedi, lo spinsi via.
"Che diavolo... Net! Che c'è?", sbottò lui.
"Devi andartene, capito? Hai rotto tutte le nostre promesse...", singhiozzai sconnessa.
"Io non..."
"Quella sera al bar volevo solo che tornassimo come fratello e sorella. Volevo solo tornare dalle rane. E invece mi hai guardato come se ti stessi...", la voce si spezzò.
Louis si passò una mano tra i capelli, imbarazzato. Aveva una spiegazione, ma era fonte di disagio per lui. Infine mormorò: "Quando mi hai rivisto ero ubriaco, e ho detto una cazzata. Ce l'avevo con te perchè non avevi più parlato di quella sera."
Da come lo disse, capii.
"Ah." Oddio.
"Lo sai che i fratelli non si raccontano mai tutto.", disse.
Annuii, inghiottendo la saliva.
"Vieni, Net. Quanto dista casa tua da qui?"
"Non molto.". Riprendemmo a camminare.
"... Net?"
"Uhm?"
"Voglio che tu sappia che io ci sarò sempre, okay?"
Aveva ancora il braccio attorno alle mie spalle, così appoggiai la testa su una delle sue. "Mi sei mancato."

Camminammo per un po', in silenzio. Poi: "Torniamo dalle rane, Net?"
"Non ci sono più.", dissi malinconica. "Ci hanno fatto sopra un agriturismo."
Louis non rispose, ma sulla mia guancia rotolò calda una lacrima che non era mia.
"Possiamo sempre tornare nei campi. Ci sono ancora i girasoli spioni?"
Risi. "Sì, loro sì."
"Torneremo dai girasoli spioni, allora. Sono molto migliorato, da allora.", mi mormorò poi in un orecchio. Risi di nuovo e gli diedi una pacca sulla spalla.
"Depravato."
"Sempre stato."


Le relazioni non sono tutte in bianco e nero. Quando si smette di essere fratelli e si inizia ad essere qualcosa di più, tipo amanti? C'è un'enorme parte di grigio in mezzo.
E io non sono in grado di stabilire a che punto fossimo io e Louis.



"Potremmo farcelo noi, lo stagno delle rane, no?"
"Direi di sì. Guarda che però se vuoi fare a chi ne pesca di più stavolta ti batto."
"Louis Tomlinson è attualmente il campione imbattuto ed ha intenzione di restarlo, anche a costo di duri allenamenti."
"Credici."
"Allora... Ci facciamo un stagno delle rane in piena Londra?"
"Che trasgressivi."
"Sempre meglio dei girasoli spioni, Net."
"Giusto. Quindi si può fare?"
"Si può fare."




 
Io nel frattempo me ne sono andato
se vuoi ti ho tradito, che effetto mi fa
la piscina di un agriturismo ha coperto le rane
L'ultima volta che ti ho salutato
poi sono scappato nel cesso del bar
ed ho pianto sul tempo che fugge
e su ciò che rimane
  
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