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Autore: Redwood_L    28/03/2013    0 recensioni
Storia di una ragazza, di cui non si conosce il nome. I nomi di tutti i personaggi vengono omessi, per far capire che non è importante sapere il nome, ma conoscere la propria storia. Alla domanda "Perché stai male? Cos'hai? Che succede?" non si risponde dicendo il proprio nome, no? Quindi accomodatevi e leggete la storia della mia misteriosa ragazza inventata.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Same limits





Era rilassata su una distesa ampia di verde, respirando l'aria fresca. Felice che il sole leggero di primavera le stesse donando un colorito sulle sue guance, in genere pallide. Amava la natura, gli animali. Si definiva un'ambientalista con tanto di cartellino autorizzato. Chiuse gli occhi, riflettendo sugli avvenimenti dell'ultima settimana.

Cacciata di casa; non male per una che non sa assolutamente dove passare il resto dei suoi inutili giorni.
Molestata da un completo idiota sostendo che fosse la cosidetta "Fukusha", quella che consegna la droga nei quartieri popolati da anziani.  - In realtà lei girovagava alla ricerca di una casa disabitata, possibile riparo per quella notte. -
Umiliata dalla sua migliore amica dopo averle confessato i sentimenti che provava nei suoi riguardi.

Ed ora era lì, coricata in quel parco.
Tranquilla, come se avesse tutte le soluzioni della sua vita.

 
Una pallonata dritta alla sua testa arrivò con potenza.

≪ Siete dei completi idioti!≫  Imprecò, tastandosi la testa e alzandosi di colpo. ≪ Come vi permettete?!≫  
Recuperò la palla piuttosto pesante tenendola stretta sotto un braccio per eventuali minacce.  Si tolse gli occhiali da sole, riponendoli sullo scollo della sua maglia ormai sporco  e scrutò i ragazzi che si ritrovava di fronte.  Cinque bei grossi maschiacci, alti e muscolosi. Ci avrebbe fatto un pensierino, se fosse stata etero. 

≪ Allora?≫  Aspettò mostrandosi paziente.

≪ "Allora" dovremmo dirlo noi.≫  Disse uno di loro, indicando la palla con una leggera mossa di capo.

≪ Beh sì, scusami. Il mio destro è un po' troppo forte.≫  Si intromise il colpevole con un sorriso smagliante, mentre tutti gli altri gli replicavano di saper fare di meglio.

≪ Ovviamente ti sarai accorto che non sei un campo da calcio e, soprattutto, non sei solo.≫  Adesso rivolgendosi a tutti. ≪ E già che ci siete, ditemi: cos'è che ci trovate nel correre appresso a una palla?≫  Proseguì con disprezzo, lanciando questa verso il gruppo.

Uno di loro la prese al volo, mimando un "Grazie".

≪ E' uno sport liberatorio che amiamo; giocando, ci si sfoga.≫  Ammise il ragazzo biondino.

≪ Non potete sfogarvi con un amico?≫  Evidenziò l'ovvio, lei.

≪ Non bisogna campare sulle spalle degli altri. Prima o poi rimarrai solo, con nessun amico che potrà sostenerti o semplicemente ascoltarti. Devi saper cavartela da solo.≫  Si espresse il ragazzo che fino a poco prima era rimasto taciturno. Era come se si mettessero d'accordo su chi e quando parlare. Erano in sintonia, quei cinque.

≪ Quanto hai ragione.≫  Pronunciò quelle parole con una vena di tristezza.

≪ Vuoi unirti a noi?≫  Scherzò il ragazzo numero 1, il presuntuoso che aspettava la palla. Aveva i capelli color rame, abbastanza spettinati e bagnati dal sudore. Alto, muscoloso. Una figura intimidatoria, come le altre quattro.

≪ Non ci so fare, ma grazie lo stesso.≫  Si accomodò a gambe incrociate per terra. ≪ Voi continuate pure a giocare, sempre che non mi colpiate di nuovo.≫  Lanciando uno sguardo accusatorio al ragazzo numero 2.

I ragazzi le sorrisero di rimando e lei interpretò quel gesto come un grazie inespresso. Cercò di ritrovare la posizione che aveva assunto prima, con scarsi risultati. Si stava formando un bernoccolo grosso quanto un pugno sul lato destro del capo, proprio dove era stata colpita, quindi non riusciva a distendersi. Ripartirono imprecazioni silenziose, seguite da una serie di sbuffi. 

≪ Ragazzi?≫  Alzò il tono della voce per attirare l'attenzione dei cinque. ≪ Avete una sigaretta?≫  

Ci fu una pausa prima che tutti iniziassero a fare anche i più dei impercettibili movimenti. Si percepiva disperazione nel tono della ragazza, come se quella sigaretta fosse una questione di vita o di morte. 

≪ Me ne sono rimaste due, se vuoi te le do entrambe. Volevo smettere, comunque.≫  Reclamò il taciturno, ragazzo numero 5.

Annuì con gratitudine, avvicinandosi a lui e il suo zaino. Dopo che estrasse il pacchetto abbastanza leggero da contenere solamente due sigarette, glielo porse soddisfatto. Come se avesse accontentato un bambino.

≪ Hai da accendere?≫  

≪ E' dentro il pacchetto, tienila.≫  

≪ Gentile da parte tua.≫  Lo osservò attentamente.

≪ Non credo che mi serva ancora.≫  

La ragazza annuì allontanandosi dal gruppetto e cercando una panchina vuota. Si sedette a gambe incrociate e si accese una sigaretta. Lucky Strike. Non se ne intendeva di sigarette, non aveva mai fumato in vita sua. Quindi non sapeva definirne il sapore. La guardò attentamente per poi avvicinarla alle sue labbra. Ne aspirò una lunga boccata e si sentì invadere da un'aroma disgustosa. Più che aroma poteva definirsi spazzatura. Tossì e notò che la sua mano iniziò a tremare. Avrebbe potuto chiedere se avessero avuto qualcosa da mangiare o una felpa di ricambio per coprirsi. Ma la sua intenzione non era quella di fare pietà o di raccontare come era stata sbattuta fuori casa. Sapeva che chiedere una sigaretta era un gesto comune e aveva voglia di sperimentare nuove cose. 
Proprio come fece con l'uomo che la molestò per la questione della droga. 
Lei ne chiese disperatamente un mazzettino ma lui rifiutò dicendo che se ne voleva, doveva essere ripagato. In seguito ai rimorsi, lui accettò nell'offrirle una sola "tirata". Ebbe una sensazione di stordimento e passò la notte stesa su un marciepiede.
Finì la sua sigaretta e gettò la cicca nel cestino affianco. C'erano delle ragazze che giocavano a pallavolo: le sarebbe piaciuto tanto unirsi a loro, se non fosse stato per il suo orribile aspetto. Aveva bisogno di farsi un bagno, di indumenti puliti. Magari poteva spaventarle in quello stato. 

≪ Oh, al diavolo.≫  Brontolò tra se stessa.

Si fece coraggio avvicinandosi al gruppetto. Si pettinò lievemente i capelli con le dita e si schiarì la voce.

≪ Avete bisogno di una compagna di squadra?≫  Si rivolse alle tre ragazze al lato sinistro, che erano in netto svantaggio con le quattro ragazze, al lato destro dall'altra parte del giardinetto. Si consultarono con le altre con uno sguardo, come per cercarne il consenso, poi si voltarono verso di lei e la incitarono ad unirsi. Corse alla sua postazione indicatale dalle nuove compagne e iniziò con il primo tiro.

Amava quello sport ed era anche piuttosto brava.

≪ Tu vali tre persone! Sei bravissima.≫  Le sorrise l'avversaria, accomodandosi di fronte a lei.

≪ Ci giocavo spesso con le mie vecchie compagne di scuola.≫  

≪ Lisabeth che ore sono?≫  Disse spaventata l'altra. ≪ Dobbiamo essere a casa per le 18:00, scusaci.≫  Replicò imbarazzata, per poi voltarsi verso l'amica.

≪ Sarà meglio che andiamo, è quasi ora.≫  

 ≪ Veniamo anche noi, allora.≫  Si alzarono quest'altre.

≪ Ci si becca!≫  Salutò una, con altre al suo fianco che le sorridevano di rimando.

≪ Si, come le galline.≫  Rise lei. 
≪ Arrivederci ragazze.≫  

La ragazza dai capelli color prugna le si avvicinò, porgendole la mano. La strinse forte e fu penetrata dal suo sguardo. 

≪ Spero di rivederti, occhi verdi.≫  Disse Capelli Prugna, sorridendole.

Non ebbe occasione di ribadire, dato che questa scappò subito via. Si portò la mano al cuore per sentirne il battito. Sì, Capelli Prugna le aveva decisamente smosso l'organo. Scrutò la sua mano, trovandoci un pezzettino di carta attacato.

“Chiamami 630‒2419 ”

Sorrise a quel gesto, sapeva che c'era di più sotto quelle biglie ambrate. A quel punto, si ricordò che non aveva un cellulare. Si accorse che desiderava tanto volerla contattare e quindi si precipitò dove aveva trovato il suo luogo di tranquillità, disturbato in seguito dai ragazzi con il pallone e, fortunatamente, li trovò ancora lì che preparavano i zainetti per andare via.

≪ Ragazzi!≫  Urlò disperata, avvicinandosi.

Tutti si voltarono e il ragazzo taciturno fece un passo avanti, esaminando il suo volto preoccupato.

≪ Ho bisogno che mi prestiate un cellulare, è una questione urgente.≫  Li informò, assumendo un espressione il più quanto grave possibile.

≪ Tieni!≫  Ottenne cinque mani che le porgevano cinque cellulari.

≪ Me ne basta uno.≫  Scherzò. 

Ne prese uno e ne compose il numero, allontanandosi per evitare che i maschiacci ascoltassero la conversazione.

≪ Si?≫  

Le si fermò il respiro, non sapeva nemmeno come si chiamava.

≪ Ehm, Capelli Prugna sei tu? Sono la giocatrice di pallavolo.≫ 

Sentì la sua dolce risata dall'altra parte del telefono.

≪ Sì, sono Capelli Prugna. Non mi aspettavo tu mi chiamassi subito.≫  

≪ In effetti ti ho chiamato per dirti addio.≫  

Ci fu una piccola pausa da parte di entrambe, poi le rispose.

≪ La mia casa si affaccia di fronte al parco Yosemite, è quella in blu.≫  

≪ Quante di voi siete?≫ 

≪ Sono da sola, la mia coinquilina ha traslocato un mese fa. Si è trasferita ad Ovest.≫ 

≪ Sto arrivando.≫  Terminò la chiamata. 

Raggiunse a passo svelto i ragazzi.

≪ Siete stati veramente carini con me, a parte per la pallonata.≫   Sorrise contenta, non troppo per il bernoccolo.

≪ E' stato un piacere.≫  Sorrise di rimando il ragazzo numero 4.

Camminò a passo svelto verso l'uscita del parco, non prima di aver gettato nel cestino il pacchetto contenente l'unica sigaretta.

Si scontrò con alcune spalle distratte, voltandosi immediatamente e chiedendo scusa, cosa che non avrebbe assolutamente fatto qualche ora prima.

≪ Io non devo scusarmi con nessuno. Siete voi che dovete scusarvi con me. Io sono uguale a tutti voi eterosessuali, ho tutte le mie necessità e tutti i miei bisogno proprio come te≫  Indicando la madre ≪ e te!≫  Disse delusa, arrabbiata al padre.

 Quelle parole dette pochi giorni fa alla sua famiglia che le rieccheggiavano nella mente erano come un pugno al cuore, per lei. Ma in quel momento lei sentiva finalmente di avere un luccichio di speranza. Quella ragazza poteva essere la sua salvezza. 

Riconobbe l'unica casa blu e si avvicinò al cancello. Bussò il citofono presente e il cancello si aprì dopo pochi secondi. Entrò in casa, accolta da un profumo gradevole.

≪ Pallavolista? Sono in cucina.≫  Disse entusiasta.

Lei si recò presso l'area da cui proveniva la sua tenera voce.

≪ Hey! Sto preparando i pancakes, spero che ti piacciano.≫  Le sorrise.

≪ Si, ne vado matta.≫  Si avvicinò con cautela.

≪ Vuoi aiutarmi?≫ 

≪ No, sono negata in cucina.≫  Fece una smorfia. ≪ Se ne occupava mia madre.≫   

≪ E adesso? Hai una coinquilina che ti cucina?≫  Scherzò lei.

≪ In realtà so procurarmi il cibo da sola.≫  Aggrottò la fronte, pensando alla sua bugia poco credibile, quindi optò per la verità. ≪ Mi hanno cacciato di casa, pochi giorni fa.≫  Annuì a se stessa, alzando gli occhi sul volto di Capelli Prugna.

≪ Mi dispiace.≫  Disse con sincerità questa. ≪ Bene, se vuoi la casa è libera. Sono da sola e non sai: è tremendamente noioso.≫  Rise, cospargendo dello sciroppo d'acero sull'ultimo pancake.

Li guardò soddisfatti, poi prese il piatto e le disse di seguirla.
Si accomodarono su un divanetto, le porse il piatto per prendere il telecomando e accendere la piccola tv riposta su un mobile. La pallavolista ne addentò uno, emettendo dei mugolii di piacere. 

≪ Meglio di quelli che preparava mia madre!≫  Affermò.

≪ Mi fa piacere che sono di tuo gradimento.≫  Rise, ammirandola mangiare come se non lo facesse da giorni. Poi si ricordò. ≪ Da quand'è che non mangi per bene? Potrei preparare qualcosa di più sostanzioso.≫  La guardò preoccupata.

≪ No! No, no. Stai assolutamente tranquilla che dei pancakes mi vanno più che bene.≫  Annuì rafforzando il concetto. ≪ Magari domani ti do una mano a preparare qualcosa, ma non ti assicuro nulla.≫  Risero spensierate. 
≪ Ho bisogno che mi aiuti a trovare un lavoro, così contribuisco alla mia parte di affitto e per la spesa e tutto.≫  Gesticolò con la mano riferendosi alla casa.

≪ Io lavoro alla Sony Music, proveremo a chiedere lì. O se andrà male, vicino ci sono negozi di abbigliamento, fast-food. Troveremo un lavoro per te.≫  La rassicurò sorridendole. 

≪ Perchè mi hai lasciato il tuo numero?≫  Domandò curiosa.

≪ Perchè ti trovo interessante, nonostante i vestiti sporchi. Nonostante il tuo strano accento.≫  Rise lei.

≪ Cos'ha di strano il mio accento?≫  Chiese con una finta punta di delusione.

≪ "Cos'ha di strano il mio accento?"≫  Ripetè le parole della pallavolista, imitando il suo accento e la sua voce.

≪ Stupida.≫  le lanciò un cuscino scherzando. 

Prese l'ultimo pancake e lo divise, porgendo una metà a Capelli Prugna.

≪ No, mangia tu.≫  Respinse la mano, replicando affettuosamente.

Negli occhi verdi della ragazza che si trovava su quel nuovo divanetto, in quella nuova casa, c'era felicità. Felicità nel sapere che il mondo le avesse offerto un'altra opportunità, che ci fosse stato qualcun'altro a capirla.

≪ Grazie.≫  Disse lei, con una vena d'amore.

Capelli Prugna sapeva perfettamente che quel "grazie" non era riferito nell'averle risparmiato di mangiare quella metà di pancake. Era consapevole che lei, in quel momento, le stava offrendo un'altra opportunità di vita. E che l'avrebbero iniziata insieme.
  
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