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Autore: Laylath    29/03/2013    1 recensioni
Che cosa sarebbe successo a tutti loro? Potevano continuare a proteggersi a vicenda?
In poche ore gli uomini di Mustang ricevono l'ordine di trasferirsi negli angoli più pericolosi del paese: gli scacchi vengono allontanati dal loro re.
E' il pedone che, in poche ore, deve fare i conti con le paure e i dolori della separazione e alcuni tremendi sospetti; perché ogni pezzo è indispensabile alla vittoria finale.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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“Allora era in squadra con te da due giorni?” chiese il militare seduto nel tavolo davanti a lui.
“Si, signore. – rispose Fury con lo sguardo basso – Il suo nome era Thomas Lyod, credo che fosse giunto al fronte la settimana scorsa.”
“Fammi controllare – disse l’uomo sfogliando un grande volume davanti a sé. Fury lo osservò e vide al suo interno un elenco infinito di nomi – Sì, eccolo… effettivamente era giunto qui più o meno una settimana fa. Meno male che hai dato informazioni abbastanza specifiche… spesso devo ricorrere al numero di matricola del braccialetto di riconoscimento, ma poi ripescarlo nell’elenco richiede sempre tempo. Comunque aspetta un minuto – continuò alzandosi – approfitto della tua presenza così porti alcuni documenti all’ospedale di campo”
“All’ospedale di campo?”
“Sì. Ti conviene far vedere quei tagli che hai in viso. Torno subito”
Fury si toccò la guancia e si rese conto di avere un taglio che prese subito a bruciargli. Non si era nemmeno reso conto di essersi ferito, seppur in maniera lieve: forse quando era caduto.
Ancora una volta una granata, ancora una volta l’istinto di buttarsi a terra. Havoc gli aveva davvero salvato la vita con quelle parole dette in ospedale: aveva imparato a dare retta al suo corpo senza pensarci una frazione di secondo. Era almeno tre o quattro volte che una caduta lo salvava da danni grossi.
Purtroppo il suo compagno non era stato così fortunato. Quando si era girato per incitarlo a correre, dopo che la bomba era esplosa così vicino a loro, aveva visto che non c’era niente da fare.
Ancora un altro…- pensò con amarezza.
Ma dopo quell’orribile notte, nessun cadavere l’aveva più imprigionato. Adesso, quando capiva che non poteva fare nulla, continuava la sua corsa spinto ad andare più veloce dalla rabbia e giurando a se stesso che non l’avrebbero mai preso. Per se stesso, per le persone che amava.
Girò il libro su cui l’impiegato militare aveva cercato il nome di Thomas. Quel registro era un elenco dei soldati, seguendo il loro ordine d’arrivo al fronte. Pagine e pagine di nomi, una lista infinita… centinaia e centinaia. Nome, cognome, grado, matricola e data d’arrivo… e troppo spesso accanto la scritta “deceduto”, a volte accompagnata dalla motivazione, e la data di morte.
Fury torno indietro alla data in cui era giunto al fronte più di cinque mesi prima. L’elenco degli arrivi occupava almeno due pagine: il suo nome era uno dei pochi senza la scritta deceduto accanto.
“Cerchi qualcuno di tua conoscenza?” chiese il militare rientrando
“No, signore – disse Fury rimettendo il libro nel corretto verso – volevo solo…”
“Da quanto sei qui al fronte?” chiese dandogli i documenti
“Cinque mesi e mezza” sospirò
“Beh, forse tra qualche settimana riuscirai a ottenere un congedo. Da quello che so dovrebbero arrivare nuovi rinforzi e sarà possibile fare dei cambi.”
“Capisco. Grazie signore, porto i documenti all’ospedale come mi ha chiesto.”
 
Era stato diverse volte all’ospedale da campo in quei mesi, fortunatamente per ferite superficiali che necessitavano solo di essere pulite e bendate. Il giorno dopo era sempre a combattere.
Quel posto faceva veramente un brutto effetto: non era come gli ospedali civili, così puliti e silenziosi anche nelle corsie con diversi pazienti. No, in un ospedale da campo in un fronte di combattimento come quello con Aerugo, non c’era tempo per pensare a creare un ambiente tranquillo e pulito: qui ogni secondo poteva fare la differenza tra la vita e la morte di un ferito. Decine e decine di soldati stavano nella stessa grande stanza, i più fortunati in duri letti, altri seduti sul pavimento o su giacigli di fortuna. Ogni tanto c’era qualche momento di relativa tranquillità, con un numero di pazienti accettabile e pochi casi gravi: ma quasi sempre bastava una settimana per spezzare quella tregua e far di nuovo giungere una fiumana di feriti di tutte le tipologie. E purtroppo diversi non uscivano vivi da quel posto.
Percorrere quella lunga sala, con letti da entrambe le parti, era come attraversare un girone infernale, con anime di dannati che invocavano, bestemmiavano, osservavano, morivano. E soprattutto si chiedevano chi eri e perché eri vivo e sano.
I medici e le infermiere che lavoravano in quell’inferno avevano ben poco della pacata gentilezza di quelli dell’ospedale di Senna. Qui si era spesso costretti a interventi decisi, tenendo fermo il paziente per procedere con operazioni al limite della sopportazione: ultimamente non c’era tempo di trasferire un ferito grave in un ospedale con sale operatorie attrezzate, come era successo per lui. Fortunatamente, quando Fury entrò, notò con sollievo che la situazione era affollata, ma tranquilla.
“Come ti posso aiutare?” disse una donna di mezz’età dal viso stanco
“Mi è stato chiesto di consegnare questi documenti, signora – disse Fury – E poi, se è possibile…” si indicò i tagli in viso
“Oh bene, sono le autorizzazioni ai rifornimenti di medicinali che aspettavamo. – disse lei sfogliandoli. Poi alzò lo sguardo – Oh, quei tagli dici? Vieni, te li disinfetto e ti metto dei cerotti”
 
“Ecco qua, ragazzo” dichiarò la donna mettendo il secondo grosso cerotto bianco sulla fronte.
“Grazie mille, sign…” non terminò la frase perché delle urla strazianti irrupperò nella grande sala.
“Presto! Venite ad aiutarci! – esclamò un soldato ricorperto di polvere e sangue – una granata ha preso in pieno due squadre!”
“Oh cavolo! Questa calma stava durando troppo” sbottò la donna correndo verso i feriti che arrivavano barcollanti e trasportati da altri soldati.
Fury esitò solo un istante e poi li raggiunse, aiutando a trasportare quei soldati nei pochi letti disponibili. Cercava di stare calmo, mentre i medici gridavano disposizioni e i feriti gemevano e urlavano. In pochi secondi si era creato un caos di sangue, urla e dolore.
Dopo che ebbe aiutato a sistemare i feriti, non potè fare altro che spostarsi di lato e osservare passivamente i medici che si davano da fare correndo da un letto all’altro. I loro ordini alle infermiere erano secchi e urgenti e lasciavano intuire che per diversi casi la situazione era davvero disperata. Fury aveva intravisto le ferite di alcuni di loro: non avevano speranza.
“Come sarebbe a dire che non potete fare nulla?!” eclamò una voce, furiosa
“Soldato, mi dispiace. Ma la ferita del tuo compagno non lascia scampo” rispose quella di un medico
“Ma non vedete che è cosciente? Significa che…”
“Sì, lo so che è cosciente. – continuò il medico - Ma la granata gli ha lacerato il ventre, non possiamo intervenire in alcun modo. Adesso fammi andare da chi posso ancora aiutare”
Fury spostò lo sguardo verso quella scena. A giacere su un letto zuppo di sangue era un soldato forse della sua stessa età: stava supino premendo con le mani quella che doveva essere la giacca della divisa e che fungeva da improvvisato tampone per una ferita al ventre. Il viso era pallido e dagli occhi castani scendevano disperate lacrime: era perfettamente cosciente di quello che stava succedendo, del fatto che stava morendo.
Accanto a lui, in piedi vi era un altro soldato, sporco di sangue, con il viso rosso e collerico. Continuava a sbraitare contro i medici e contro questa maledetta guerra, tanto che alcuni suoi commilitoni furono costretti a prenderlo per le braccia e portarlo via.
Fury riportò la sua attenzione al giovane morente, lasciato da solo, e con discrezione si avvicinò al letto.
“Ciao” disse sedendosi di lato, incurante del sangue
Il giovane si girò verso di lui, guardandolo incredulo e terrorizzato
“Sto morendo… – balbettò con voce spaventata – E’ vero quello che dicono? Sto morendo?”
“Ssh, va tutto bene – mormorò posandogli la mano sulla fronte sudata – Non ascoltare quello che dicono.”
“Ma tu chi sei?”
“Un soldato, come te – sorrise delicatamente, lisciandogli i capelli sporchi – mi chiamo Kain, e tu?”
“Will…”
“Ti fa molto male la ferita?” chiese, pur conoscendo già la risposta
“A… a dire il vero… no. Ma… sento tanto… tanto freddo” singhiozzò
“Presto passerà tutto, Will – gli disse – Non pensarci… volgi la tua mente ad altro”
“C’è stato quel botto assordante… e poi quella polvere e le urla… ma io. Io non ho sentito dolore… perché non… Dio, non voglio morire!” pianse
Fury lo lasciò sfogare per qualche secondo, indeciso su cosa dirgli. Non era giusto che passasse quegli ultimi minuti di agonia da solo, pensando alla morte
“Sai che cos’è la stella polare?” chiese alla fine
“La stella… polare?” mormorò il giovane volgendo gli increduli occhi castani su di lui – N… no”
“Devi sapere che da piccolo mi piaceva sempre guardare il cielo – iniziò sommessamente, quasi stesse raccontando ad un bambino la favola della buonanotte – e pensavo che le stelle fossero tutte diverse tra di loro. Ogni notte il firmamento era così diverso, così grande… faceva anche un po’ paura.
Poi un giorno ho letto una storia: parlava di alcuni mercanti che si erano persi nel grande deserto ad Est. Tutto sembrava sempre uguale e dopo tanti giorni, senza trovare alcuna pista, erano terrorizzati perché non sapevano più come tornare alle loro case, alle loro famiglie."
“E cosa è successo?” mormorò il ragazzo che ora gli prestava tutta la sua attenzione
“Incontrarono un vecchio saggio che viveva in un oasi. Egli offrì loro ospitalità nella sua tenda e gli insegnò uno dei grandi segreti del cielo: la stella polare. E’davvero speciale e brilla più delle altre: una volta che impari a riconoscerla sai che indica sempre il nord e avrai sempre un punto di riferimento. Anche quando sei senza speranza e ti trovi in posti sconosciuti, hai questa guida meravigliosa”
“Ed esiste davvero?” chiese con un singhiozzo Will
“Sì, Will – sorrise Fury asciugandogli con l’indice una lacrima che colava sulla guancia – Una delle persone a me più care, una notte me l’ha mostrata insegnandomi come trovarla. Pensa che per sicurezza, le notti dopo sono andato a vedere se riuscivo a individuarla… e così è stato. E’ sempre lì: come una magia.”
“Ad indicare il nord?” la voce era sempre più debole, ma lo sguardo sembrava più sereno e sollevato. Ormai restava poco ed il giovane non stava più pensando alla morte.
“Sì, a indicare il nord. Ma sai, Will, ho scoperto una cosa molto più importante… ciascuno di noi ha una stella polare dentro di sé. Ci indica la strada da seguire, aiutandoci quando le situazioni sono veramente difficili e tutto sembra andare male: ci fa capire che non siamo mai soli.”
“Credi che anche io…”
“Chiudi gli occhi – gli consigliò coprendoglieli col palmo della mano – e pensa al viso di tua madre”
“Lo vedo” bisbigliò lui dopo qualche secondo
“E’ come se fosse qui con te, adesso. A dirti che va tutto bene, che gli incubi sono lontani… che il dolore sta sparendo. E’ la tua stella polare… e ti sta chiamando, riportando a casa, via dall’orrore e dalla paura. Sei con lei, adesso: l’incubo è finito.”
Il soldato bisbigliò qualcosa e il suo respiro si fece più tranquillo. Dopo qualche minuto smise del tutto e Fury gli levò la mano dal viso: aveva un’espressione serena, quasi stesse dormendo dopo una lunga, logorante marcia.
Si alzò con tristezza e vide che davanti a lui c’era l’infermiera che poco prima l’aveva curato. Aveva gli occhi lucidi
“E’ stato molto bello quello che hai fatto per questo ragazzo” mormorò
“Non mi sembrava giusto lasciarlo solo” rispose Fury con un sospiro
“Lo so, ma in un ospedale di guerra questi gesti sono davvero rari. A volte ci dimentichiamo che… siamo esseri umani”
“Io ho promesso a una persona importante che non l’avrei dimenticato. – sorrise Fury – Non rinuncio a me stesso”
“Quella persona sarà molto fiera di te – sorrise di rimando la donna – Adesso vai, a lui ci penso io”
 
Due notti dopo l’aria frizzante d’inizio primavera scosse i capelli neri di un soldato che si muoveva solitario. Aveva con sé lo zaino e il fucile, pronto a partire per una nuova missione. Scivolò silenziosamente lontano dalle baracche che fungevano da dormitori, allontanandosi da quel fronte insanguinato che gli aveva ferito l’anima.
Kain Fury era ufficialmente un disertore.
Quando fu a distanza di sicurezza si concesse di pensare a quanto lo aspettava: homunculus, cerchi di trasmutazione intorno al paese, il colpo di Stato, forse la fine del mondo.
Il giorno della promessa
Era quella la voce che era strisciata su tutta Amestris, unendo persone che non si erano mai conosciute, ma disposte a combattere per salvare il paese. Perché si trattava di questo: non il comandante supremo, ma qualcuno di più pericoloso che considerava l’intera specie umana come una mera risorsa per i suoi scopi.
Ma nessuno di loro era sacrificabile.
“Io non sono sacrificabile, nessuna delle persone che amo lo è” disse a voce alta.
Girandosi per l’ultima volta verso il fronte, ripensò a quella lontana notte in cui due occhi azzurri l’avevano fissato per ore, facendogli sempre la stessa domanda: perché sei vivo?
Adesso sapeva la risposta e la dichiarò a chiare parole nella sua mente e nella sua anima
Io vivo per le persone che amo: perché voglio rivedere il sorriso dei miei genitori;
perché ho promesso ad un mio amico di andare con lui ad assaggiare il cibo occidentale;
perché devo dimostrare ad un altro che non ho più paura degli aghi, e renderlo fiero di me;
perché devo sentire da una persona a me cara quanto è fredda la  parete di Briggs e fargli sapere che ho trovato la stella polare che è dentro di me;
perché voglio sorridere a una donna che è come una seconda madre e dirle che non mi sono perso, voglio stringerle ancora le mani e farle capire che non siamo da soli contro l’oscurita.
Io vivo perché ho promesso al colonnello che quando avrebbe avuto bisogno di me, sarei tornato.
Vivo perché lo scacco matto viene dato da tutti i pezzi. Perché la mia squadra vincerà come ha sempre fatto: tutti insieme!
Alzò lo sguardo al cielo: quella notte non c’erano nuvole e il firmamento brillava splendido come non  mai.
Fury individuò subito la stella polare e sorrise, tendendo l’indice verso la sua direzione, quasi a sfiorarla. Era lì, come sempre… a guidarlo verso nord.
Ma adesso sapeva che a portarlo in quella direzione era sopratutto un’altra stella, dentro di lui: e brillava per le sue motivazioni, per le persone che amava, per le promesse che avrebbe mantenuto.
  
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