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Autore: _Fedra_    29/03/2013    3 recensioni
Cosa succederebbe se i fratelli Pevensie arrivassero a Hogwarts?
Quale ruolo avrebbero nella battaglia contro Voldemort, che ora sembra aver trovato una nuova, terribile alleata?
E chi è il ragazzino dai capelli neri che compare nei sogni di Jane, sorella gemella di Harry Potter, chiedendole disperatamente aiuto?
"Mi chiamo Susan Mallory Pevensie, Corvonero.
I miei poteri si sono sviluppati solo ora, all'alba del mio sedicesimo compleanno.
Odio essere una strega: è stata proprio la magia a portare via mio fratello, sei anni fa.
Ma, ora che nuove sparizioni stanno investendo l'Inghilterra, non mi resta altra scelta: è nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts che si trovano le risposte a ogni mia domanda."
DAL TERZO CAPITOLO:
"Improvvisamente, Jane si fermò. A pochi passi da lei, accovacciato su un muretto, stava un ragazzino dai corti capelli neri, intento a disegnare sul terreno con un dito.
Non appena avvertì la sua presenza, egli si voltò. Aveva due bellissimi occhi scuri, grandi, fieri e penetranti. Il suo sguardo la fece rabbrividire.
Poi Jane si risvegliò nel suo letto, madida di sudore."
PAIRING:
Caspian X Susan
Edmund X Jane
Voldemort X Jadis
...più un personaggio a sorpresa!
Primo capitolo di una serie! :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Edmund Pevensie, Jadis, Lucy Pevensie, Susan Pevensie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La profezia dell'Erede'
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CAPITOLO 2


“Una mente brillante fu tosto la cosa più importante”
~
                                                                           
 
 
 
 
 
 


 
Verso le quattro del pomeriggio il cielo si fece basso e scuro e una gelida pioggerellina di fine estate prese a martellare i vetri dei finestrini dell’Espresso di Hogwarts.
Susan trascorse il resto del viaggio a chiacchierare con i suoi nuovi amici.
Superato l’imbarazzo iniziale e preso a parlare di argomenti più allegri, la ragazza stava iniziando ad acquisire una maggiore familiarità con quello che da quel momento in poi sarebbe stato il suo mondo.
Verso sera, ciascuno sparì in bagno per indossare la divisa scolastica.
Susan rimase subito perplessa quando si vide addosso la pesante toga nera con inciso lo stemma di Hogwarts.
Assomigliava in modo impressionante a un costume di carnevale molto elaborato.
Si sentiva terribilmente a disagio.
Per assumere un pizzico di ufficialità, la ragazza si legò i capelli in una lunga treccia scura.
Ammiccò verso lo specchio: dal collo in su si poteva ancora definire una normalissima studentessa al penultimo anno delle superiori.
Quando tornò nello scompartimento, trovò gli altri già cambiati, intenti a chiacchierare animatamente.
−Hai già pensato a quale Casa vorresti essere assegnata? – le chiese Jane sorridendo.
Susan alzò le spalle.
Peter le aveva spiegato che a Hogwarts esistevano quattro Case (Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde), ciascuna delle quali selezionava i propri studenti in base a determinati criteri.
–Non lo so… − rispose perplessa. – Mio fratello è entrato a Grifondoro, quindi suppongo che lo stesso succederà anche a me…
−Mmm, non è detto – la contraddisse Hermione. – Nel nostro anno ci sono due gemelle che sono state assegnate a Case diverse.
−Basta che non sia Serpeverde – disse Susan con disgusto. – Non potrei sopportare l’idea di trascorrere i miei giorni in compagnia di gente come Draco Malfoy.
−Tranquilla, non hai assolutamente l’aria di una Serpeverde – la rassicurò Harry. – Però, se disgraziatamente dovesse succedere, puoi sempre dire al Cappello Parlante che vuoi cambiare Casa. A me è capitato.
−CHE COSA? Com’è possibile?
−A quanto pare, la mia cicatrice mi ha causato una serie di…ehm…spiacevoli interferenze con Voldemort.
Susan si mise le mani nei capelli.
Se persino il Sopravvissuto aveva rischiato di finire a Serpeverde, quante possibilità ne aveva lei, che era sfuggita al suo destino per ben sei anni?
Il flusso dei suoi pensieri venne bruscamente interrotto da un fischio acuto.
−Oh, siamo arrivati! – esclamò Ron incollando il naso a patata al finestrino schizzato di pioggia.
Fuori era buio pesto e non si distingueva quasi nulla. In pochi minuti, il treno rallentò e si fermò di fronte a una piccola stazione di provincia.
Una fiumana di mantelli neri prese a riversarsi sulla banchina.
−Spero che Ulisse riesca a ritrovare la strada, con questo tempo – commentò Jane scrutando preoccupata il cielo tempestoso.
−Ulisse? – chiese Susan.
−Il mio cavallo alato – rispose l’altra orgogliosa mentre balzava sulla banchina. – Me lo ha regalato Hagrid per il mio dodicesimo compleanno. A proposito, eccolo! Ciao, Hagrid!
Susan seguì con lo sguardo la direzione in cui Jane stava agitando la mano e rimase a bocca aperta come un merluzzo.
Quello era probabilmente l’uomo più gigantesco che avesse mai visto.
Alto più di tre metri, il capo ricoperto da una criniera di capelli neri e una folta barba lunga fino al petto, Hagrid avanzava goffamente tra la folla, scansando con noncuranza alcuni studenti del settimo anno che non gli arrivavano neanche alla spalla, una lanterna levata nella mano grande come un badile.
−Ciao, ragazzi! – li salutò cordiale, nonostante la poderosa voce roca.
Susan notò subito l’espressione gentile dei suoi grandi occhi neri, che contrastavano con l’aspetto selvaggio della sua persona.
−Ti presento Susan Pevesie, la sorella di Peter! – esclamò Jane afferrando l’amica per un braccio. – Anche lei sarà con noi, da quest’anno!
−Benvenuta in questa banda di ribaldi, allora! – l’accolse Hagrid stringendole la mano in una presa talmente ferrea da farle scrocchiare le nocche. – Una nuova Grifondoro, immagino.
−Spero proprio di sì – balbettò Susan imbarazzata.
−Dai, facciamo tutti il tifo per te! – esclamò Jane levando i pollici; poi si voltò verso Hagrid. – Te la possiamo affidare? – chiese sorridendo.
−Certo che sì! Anzi, Susan, visto che sei la più grande, non è che potresti darmi una mano con quelli del primo anno? Sai, di solito sono un po’ indisciplinati.
−Va bene – rispose Susan entusiasta.
Il fatto che qualcuno le affidasse un incarico di responsabilità la faceva sentire immediatamente a suo agio.
−Ci vediamo dopo, allora! – esclamò Jane. – Ti tengo un posto vicino a me, Susan! – detto questo, la ragazza saltellò dietro agli altri, che si erano già avviati oltre la banchina.
Susan stette a osservarli per un po’ mentre sparivano all’interno della stazione. Avrebbe tanto voluto essere di nuovo con loro, seduti allo stesso tavolo tra le accoglienti mura del castello…
−Ehi, sei per caso una gigantessa? – squittì improvvisamente una vocetta acuta parecchi centimetri sotto la sua testa.
Susan abbassò lo sguardo.
Davanti a lei c’era un ragazzino dai corti capelli color paglia e il nasino all’insù che la fissava con gli occhi sgranati dalla meraviglia.
Accanto a lui si era radunata una torma di bambini del primo anno.
Erano tutti dannatamente piccoli. Susan si morse il labbro per l’imbarazzo.
−Ehm, no – rispose. – Sono solo un po’ più vecchia di voi.
−Ooooh, davvero? – esclamò il piccoletto. – Eppure sei così alta…
−I poteri magici non si sviluppano allo stesso modo per tutti – ribatté la ragazza bruscamente, visibilmente seccata. – Sono solo più grande, tutto qui. Dovrei fare il sesto anno e invece mi ritrovo al primo. Tutto chiaro?
−Oh, scusami. Non volevo offenderti – il ragazzino abbassò il capo, affossando le mani nelle tasche.
Susan si voltò dall’altra parte, avvicinandosi a Hagrid.
La pioggia continuava a cadere incessantemente e, nonostante gli ombrelli, in pochi minuti furono tutti zuppi fin dentro le ossa.
Dopo aver radunato i ragazzi del primo anno, Hagrid li condusse fuori dalla stazione, prendendo a inerpicarsi su per uno stretto sentierino di campagna.
Dopo minuti che parvero ore, finalmente Hogwarts si rivelò ai loro occhi, ergendosi sulle rive di un gigantesco lago nero.
Susan non avrebbe mai creduto che esistesse un castello così grande e imponente.
Metteva quasi i brividi.
−Scegliete una barca e salite a bordo – ordinò Hagrid indicando una fila di scialuppe ormeggiate a pochi metri da loro, frustate con violenza dalle onde del lago in tempesta.
−Stai scherzando, spero! – si lasciò sfuggire Susan preoccupata.
−Tranquilla, è tutto sotto controllo – la rassicurò il gigante sospingendola verso la barca più vicina.
Susan deglutì e salì a bordo. Il cuore le balzò in gola nel momento in cui la scialuppa prese a oscillare pericolosamente sotto il suo peso.
Altri tre ragazzi le si accomodarono attorno.
Con suo sommo disappunto, il ragazzino dai capelli biondi si sedette proprio di fronte a lei.
–Mi chiamo Nigel Crewey – si presentò sorridendole timidamente.
−Piacere – rispose Susan con freddezza.
In quel momento, come mosse da un nocchiero invisibile, le barche si staccarono tutte insieme dal molo, prendendo a scivolare nell’acqua scura.
Il vento ruggiva furioso, alzando onde minacciose che a tratti sommergevano completamente le fragili imbarcazioni.
In pochi minuti, Susan fu bagnata a tal punto da non fare più caso ai brividi di freddo e ai denti che battevano, intenta com’era a tenersi aggrappata alla prua della scialuppa, temendo di precipitare da un momento all’altro nelle acque gelide che gorgogliavano sotto di lei.
Improvvisamente, un’onda più alta delle altre sommerse completamente la barca. Susan chiuse gli occhi, trattenendo il fiato mentre l’enorme massa d’acqua la investiva.
Quando li riaprì, la panca su cui fino a un attimo prima stava seduto Nigel era vuota.
Gli altri due ragazzini a bordo fissavano impotenti l’acqua scura, gli occhi sgranati dall’orrore.
−NIGEL!
Il ragazzino si agitava disperatamente tra le onde, a tratti scomparendo e ricomparendo nell’oscurità.
Susan era pietrificata dall’orrore.
Sicuramente l’anno successivo sarebbe toccato anche a Lucy attraversare quel lago.
Avrebbe corso anche lei il rischio di finire come quel bambino, sul punto di affogare…
−Sue, hai visto David?
−No, mamma. Vedrai che si sarà nascosto qui attorno.
−Sarà meglio andarlo a cercare: sta arrivando un brutto temporale.
−Non preoccuparti: non appena avvertirà le prime gocce, schizzerà da solo sulla veranda. Comunque, se ti può far stare tranquilla, finisco di leggere questa frase e vado a cercarlo.
Non pensò neanche a quello che stava facendo.
Le sembrò quasi di essere in un sogno mentre tuffava le braccia nell’acqua gelida, afferrando Nigel per il torace e aiutandolo a tirarsi su.
I suoi due compagni di traversata l’afferrarono prontamente per le spalle, evitando che finisse fuori bordo anche lei.
In un attimo, furono entrambi fuori pericolo.
Nigel tremava per il freddo e la paura, le guance inondate di lacrime.
Susan lo abbracciò d’istinto.
−Ѐ tutto finito – sussurrò. – Sei al sicuro, ora.
−SUSAN!
In quel momento, Hagrid si era avvicinato a loro a bordo di un’unica grande barca.
−Crewey era finito in acqua, signore! – strillò uno dei due bambini. – Susan l’ha salvato!
−Davvero hai fatto questo? – gli occhi di Hagrid erano carichi di ammirazione. – State tutti bene?
−Sì…sì, signore – balbettò lei infreddolita.
Hagrid si tolse il pastrano e glielo porse.
–Tieni – disse burbero. – Non manca molto, coraggio.
Susan afferrò il cappotto e lo gettò sulle spalle di Nigel.
Gli andava talmente grande da ricoprirlo completamente, creando un lungo strascico ai suoi piedi.
−Susan, − squittì il ragazzino, ancora sconvolto – prometto che non ti darò mai più della gigantessa.
In tutta risposta, Susan scoppiò a ridere.
–Tranquillo! – lo rassicurò scompigliandogli i capelli biondi.
Pochi minuti dopo, le barche attraccarono finalmente alla riva opposta con un tonfo.
Gli studenti si precipitarono a terra, ringraziando il cielo per essere ancora tutti interi.
Hagrid li guidò verso il castello, fino a raggiungere la grande porta d’ingresso.
Non appena mise piede nell’atrio, Susan avvertì immediatamente un piacevole senso di tepore.
Gli studenti si assieparono di fronte a una grande porta di quercia, davanti alla quale stava un’anziana strega dal cipiglio severo, i lunghi capelli grigi stretti in uno chignon che si intravedevano sotto il nero cappello a punta.
Il corpo slanciato era rivestito da un elegantissimo abito di velluto verde che le arrivava fino ai piedi.
Susan non riuscì a soffocare un brivido mentre incontrava i suoi occhi di ghiaccio.
−Benvenuti a Hogwarts – esordì la strega dopo averli squadrati uno a uno. – Una volta varcata questa porta, si darà inizio alla cerimonia dello Smistamento, in cui ciascuno di voi verrà assegnato alla propria Casa. Vi ricordo che, da questo momento in poi, la vostra Casa sarà la vostra famiglia e ogni vostro comportamento verrà valutato in punti che verranno assegnati o tolti alla Casa stessa. Ci sono domande?
Nessuno rispose, tanto erano intimoriti.
−Bene, seguitemi, per favore – tagliò corto la strega.
La porta alle sue spalle si spalancò lentamente, rivelando un’enorme sala illuminata da candele sospese a mezz’aria.
Sui suoi lati lunghi erano disposti quattro tavoli su cui sedevano centinaia di studenti vestiti di nero.
Sul fondo, in cima a un basso podio di pietra, vi era un quinto tavolo sui cui erano seduti alcuni maghi e streghe più anziani.
Susan rimase profondamente colpita dall’uomo che si trovava al centro: rappresentava alla perfezione il concetto tradizionale di mago, con tanto di lunga barba argentea e cappello a punta.
Hagrid sedeva a una delle estremità del tavolo, sorridendo bonario.
Mentre attraversava la sala, Susan levò lo sguardo e restò a bocca spalancata.
Al posto del soffitto, un cielo denso di nubi sovrastava le loro teste e la pioggia scendeva lenta verso di loro, dissolvendosi nel nulla a una decina di metri dal pavimento.
−Ѐ una magia – sentì sussurrare qualche testa più in là.
Nel frattempo, la strega con l’abito verde li aveva fatti disporre ai piedi del podio, di fronte a uno sgabello su cui torreggiava un vecchio cappello da mago pieno di toppe.
Susan avvertì tutti gli sguardi degli studenti proiettati su di loro.
Cercò quello di suo fratello e dei Potter, ma in quella selva di teste fu impossibile scorgerli.
−Ora vi chiamerò per nome e verrete a sedervi qui – spiegò la strega sollevando il cappello. – Io vi metterò il Cappello Parlante sulla testa e verrete assegnati alla vostra Casa. Arthur Bedley!
Un ragazzino biondiccio caracollò accanto alla strega e si sistemò sullo sgabello.
Susan fece una smorfia di scetticismo: tutto questo le sembrava terribilmente ridicolo; poi sobbalzò per la sorpresa quando notò che lo strappo attorno alla tesa del cappello si era increspato nel momento in cui era stato posato sulla testa del ragazzino, proprio come una bocca.
 –Tassorosso! – gridò il Cappello Parlante.
Uno scroscio di applausi accolse il nuovo venuto mentre si accomodava al secondo tavolo al centro.
La strega chiamò altri ragazzi, fino ad arrivare a Nigel.
Il ragazzino era così emozionato che inciampò nel pastrano e finì lungo disteso sul pavimento di pietra, scatenando l’ilarità generale. Rosso per la vergogna, si arrampicò sullo sgabello, premendosi il Cappello sulle tempie.
−Grifondoro! – gridò questi pochi istanti dopo.
Susan applaudì più forte di tutti mentre Nigel si precipitava al primo tavolo sulla destra.
Distinse nettamente Peter alzarsi per accoglierlo fra loro.
Poi lo Smistamento ricominciò.
Ci furono parecchi Tassorosso, molti Grifondoro e Serpeverde e qualche Corvonero.
Susan gettò un’occhiata al tavolo dei Serpeverde.
A quanto pareva, Malfoy non era affatto una pecora nera lì in mezzo.
I ragazzi seduti a quel tavolo avevano tutti un’aria terribilmente losca.
Trattenne un gemito, prendendo in considerazione l’idea di finire con loro.
−Susan Pevensie! – esclamò la strega quando attorno allo sgabello non era rimasto che un gruppetto di ragazzi.
Susan avanzò con passo incerto fino ai piedi del podio.
Sapeva che la stavano fissando tutti, chiedendosi perché lei, così vecchia, si presentasse a Hogwarts solo allora. Prese un profondo respiro e si sedette.
In un attimo, il Cappello fu sulla sua testa.
−Mmm… − lo sentì dire con una voce impolverata dal tempo – vedo che sei una strega molto brillante e dotata di una spiccata propensione per le attività pratiche, nonché di un forte senso di responsabilità. So esattamente dove collocarti. Corvonero!
−Cosa?
Susan rimase per un attimo interdetta. Per tre mesi, si era aspettata di sentire Grifondoro o Serpeverde, rispettivamente il meglio e il peggio, ma non una delle due Case intermedie, di cui conosceva a stento l’esistenza. Le sembrava tutto così assurdo.
−Signorina Pevensie? Secondo tavolo a sinistra, per favore – la riscosse la strega in tono sbrigativo.
La ragazza trasalì, togliendosi il Cappello dalla testa.
Scorse l’espressione perplessa negli occhi di Peter mentre lentamente si alzava e si avviava verso il tavolo dei Corvonero, che l’accolsero con un applauso.
Si sistemò tra una ragazza dagli occhi a mandorla e un ragazzo del sesto anno dai lunghi capelli scuri.
Venne subito tempestata di domande a cui ella, suo malgrado, non poté fare a meno di rispondere.
Finito lo Smistamento, il mago dalla lunga barba argentea si levò in piedi.
–Care ragazze, cari ragazzi, benvenuti e bentornati a Hogwarts! – esordì in tono gioviale. – In funzione di Preside della scuola, devo ricordare a tutti gli studenti che l’accesso alla Foresta Proibita è severamente vietato a ciascuno di voi. Inoltre il nostro custode, il signor Gazza, mi ha più volte rammentato che l’elenco dei manufatti magici non autorizzati, consultabile presso la bacheca del suo ufficio al primo piano, quest’anno è stato ampliato di una cinquantina di voci – si schiarì la gola. – Ma ciò che mi preme maggiormente comunicarvi è che quest’anno non si terrà la Coppa di Quiddich – dall’intera sala si levò un boato di protesta (Susan giurò di aver sentito la voce di Peter sovrastare quella di molti altri studenti, dal momento che si era appena giocato l’unica opportunità che aveva di diventare capitano di Grifondoro) – per permettere l’organizzazione di un evento straordinario. Dopo cento anni, infatti, Hogwarts è stata scelta come sede del prossimo Torneo Tremaghi!
A questa notizia, molti ragazzi smisero subito di lamentarsi per esplodere in grida d’entusiasmo.
−Il Torneo avrà inizio ad Halloween, con l’arrivo delle delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang, le due scuole di magia straniere che parteciperanno insieme a noi – continuò il Preside. – Per ciascuna di esse, verrà scelto un solo campione. Egli dovrà affrontare tre prove, che si svolgeranno nel corso dell’anno scolastico. Al vincitore andranno mille galeoni, oltre alla Coppa Tremaghi. Ma dissuado dal partecipare i deboli di cuore: le prove che vi aspettano sono infatti assai pericolose e, una volta iscritti, non sarà possibile ritirarsi. Per evitare inconvenienti, abbiamo stabilito che solo gli studenti con diciassette anni compiuti potranno parteciparvi.
Un secondo coro di protesta si levò dalla folla, ma dentro di sé Susan era molto d’accordo su quello che aveva appena detto il Preside.
−Bene, ora che gli annunci sono finiti, non mi resta che dirvi una sola cosa: − concluse questi – abbuffatevi!
Susan trasalì.
Il piatto vuoto davanti a lei si era improvvisamente riempito di ogni sorta di pietanze.
I suoi vicini si erano subito lanciati sul cibo, ma lei rimase con la forchetta e mezz’aria.
Aveva uno strano senso di vuoto che le attanagliava lo stomaco, come se ci fosse qualcosa che non andava.
Il flusso dei suoi cupi pensieri venne improvvisamente interrotto dal sopraggiungere di Jane e Peter.
La ragazza balzò a cavalcioni della panca su cui erano seduti gli studenti, schiacciandosi fra Susan e la ragazza orientale, che le scoccò un’occhiata infastidita.
–Allora, siamo a Corvonero, eh? – trillò poggiando i gomiti sul tavolo. – Bel colpo, ragazza!
−Già! Un po’ inaspettato, forse… − Susan scoccò un’occhiata preoccupata a Peter.
−Corvonero è un’ottima Casa – la tranquillizzò lei. − Una mente brillante fu tosto la cosa più importante. Peter mi ha detto che nella scuola babbana andavi molto bene. Ti piacerà qui, vedrai!
−Lo spero – in quel momento, Susan stava osservando con aria preoccupata la ragazza bionda seduta di fronte a lei, intenta a pulirsi le orecchie con la punta della bacchetta.
−Dovresti scrivere alla mamma per darle la bella notizia, Sue – la incalzò Peter. – Sai che ho deciso di partecipare al Torneo Tremaghi?
−Che cosa?
−Certo! Ho diciassette anni e sono uno degli studenti migliori della mia Casa. Perché no?
−Ma Peter, non hai sentito quello che ha detto il Preside? Le prove sono pericolose!
−Al vecchio Silente piace sempre esagerare, tanto per aggiungere un po’ di pepe. E poi, come lo definiresti altrimenti il Quiddich, che pratico assiduamente da sei anni? L’anno scorso Harry è caduto da un’altezza di quindici metri!
−Basta, basta!
−Coraggio, Susan – tentò di rassicurarla Jane. – Sono certa che Silente non vorrebbe mai che i suoi studenti corressero…ah! – la ragazza si arrestò di colpo, prendendosi la testa tra le mani, gli occhi serrati.
Era come se fosse improvvisamente scossa da dei dolori atroci.
In quel momento, gli occhi di tutti si erano voltati verso il corridoio centrale, dove stava arrancando una figura tozza e fradicia.
Susan trattenne a stento un grido.
La creatura che stava andando incontro a Silente avrebbe dovuto essere un uomo, con l’unica eccezione che gli mancavano diversi pezzi, tra cui parte del naso, una gamba e l’occhio sinistro, sostituito da uno di vetro che si muoveva incessantemente in tutte le direzioni.
 −Ho il piacere di presentarvi il nostro nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, Alastor Moody! – annunciò il Preside dopo averlo accolto come un vecchio amico.
Ma Susan non lo ascoltava.
Lei e Peter erano troppo impegnati a cercare di capire che cosa avesse Jane, che era diventata bianca come un lenzuolo e sembrava sul punto di dare di stomaco.
Poi, improvvisamente, i tratti del volto si rilassarono e le guance tornarono a tingersi di un delicato color rosa.
−Che cosa è successo? – chiese Susan in tono allarmato.
−Non lo so – balbettò Jane. Anche lei sembrava molto spaventata. – Sarà perché non sono abituata alle lenti a contatto…danno forse la nausea, nei primi tempi?
−Devi andare subito in infermeria – disse Peter.
−Non credo ce ne sia bisogno – replicò Jane. – Ormai è passato.
−Ma non ti sei vista? Facevi spavento!
−So badare a me stessa, Peter. E non provare a fare la spia con mio fratello!
In quel momento, Susan provò una punta di invidia verso Jane.
Come avrebbe desiderato anche lei poter lanciare una risposta simile a suo fratello, in certe occasioni!
 −D’accordo, ma ricordati che la pelle è la tua – si arrese Peter.
−Dobbiamo scambiarci gli orari! – cambiò subito argomento Jane. – Così possiamo vederci durante le ore di buco.
−Ѐ probabile che ci incroceremo a lezione – disse Susan controllando il suo, che aveva trovato accanto al suo piatto nel momento in cui si era seduta a tavola. – Avendo perso un po’ di anni, frequento corsi di livelli diversi.
−Ѐ vero! Abbiamo insieme Difesa Contro le Arti Oscure il giovedì mattina! – esclamò Jane.
−Meno male! – Susan trasse un sospiro di sollievo.
Sapere di avere l’amica nella stessa classe durante le lezioni dell’orripilante professor Moody la faceva stare di gran lunga più tranquilla.
In fondo, ora che si trovava seduta a un tavolo in compagnia degli amici, le sembrava tutto così tremendamente normale!
Senza neanche pensarci, Susan infilò la prima forchettata di pasticcio con patate.
   
 
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