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Autore: IdemConPatate    29/03/2013    1 recensioni
"Il papavero comune o rosolaccio (Papaver rhoeas L.) è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia Papaveraceae. La specie, largamente diffusa in Italia, cresce normalmente in campi e sui bordi di strade e ferrovie ed è considerata una pianta infestante. Petali e semi possiedono leggere proprietà sedative: il papavero è parente stretto del papavero da oppio, da cui si estrae la morfina". (Wikipedia)
"Lo sguardo ammirato di Mario seguì la linea sinuosa del corpo di Rossella, per poi tornare a fissarsi brevemente sul suo volto; arrossì violentemente quando vide un risata sommessa e quasi crudele affiorare alle labbra rosse, da vampira, della ragazza." (dal cap. 1)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 1
(seconda parte)


Alle 21 e 37, Rossella, ancora con i capelli lunghi bagnati dopo la doccia, uscii di casa. L’intenzione iniziale era quella di cercare qualcosa da mettere sotto i denti, poiché i due giorni di digiuno a cui si era sottoposta cominciavano a farsi sentire; tuttavia, a quell’ora, tutti i supermercati erano chiusi e l’unica alternativa restava quella di dirigersi verso il centro e cercare una pizzeria o un ristorante aperti.

Camminava da sola - avvolta nella pallida luce grigiastra che d’estate segue il tramonto e annuncia la sera - scivolando tra le persone che affollavano la strada, i capelli bagnati gocciolavano ancora sulla maglietta e sul suo viso, mentre la sua mano li scostava dalla fronte con crescente irritazione.

Per arrivare alla piazza principale ci volevano circa quindici minuti a piedi e il breve percorso si prospettava noioso e solitario; mentre aspettava al semaforo, la ragazza non poté fare a meno di osservare la gente che attendeva come lei di attraversare, cercando di capire quale colonna sonora si addicesse meglio a quella piatta routine che governava la città. Avvolta nel silenzio nebbioso in cui annegava perpetuamente la sua mente, Rossella non si rese nemmeno conto che il verde era scattato e la gente che l’affiancava abbandonava il marciapiede, gettandole occhiate incuriosite.

Si riscosse dal suo torpore quando ormai il semaforo era di nuovo rosso e, sospirando, attese con rassegnazione che tornasse il suo turno di attraversare.

Si era mormorato molto riguardo a lei nel quartiere, e la maggior parte della gente concordava nell’affermare che la ragazza era strana, sempre con la testa tra le nuvole; educatissima, per carità, ma sempre con una punta di scherno malcelato nello sguardo e una nota di ironia, anche nel pronunciare le parole più cortesi. Alla vecchia signora Dorigatti, per esempio, non piaceva per nulla: l’aveva vista, una volta, fumare di nascosto dietro casa sua, e spegnere la sigaretta nel portavasi pieno d’acqua della signora Gina - che abitava da poco al piano terra -, quella che litigava sempre con il compagno e dalla quale, un paio di volte, erano andati in visita anche i carabinieri. Il fratello era un tipo ancora più curioso, affermava la signora Franchini: con quella ridicola cresta colorata da pappagallo e tutto quel ferro addosso, un delinquente. Sembrava impossibile che si avviasse a diventare avvocato.

Aveva, anche lui come la sorella, un’aria assente e poco coinvolta in quello che lo circondava e la figlia della signora Dorigatti, che studiava psicologa e se ne intendeva di queste cose, diceva che forse avevano una qualche sindrome dal nome strano, di Asperger, forse?

Si, e diceva anche che è una cosa da geni, ma sembrava ancora più impossibile che quei due strani ragazzi fossero intelligenti, anzi, a dirla tutta, sembravano un po’ picchiatelli. Era naturale con dei genitori così permissivi dopo tutto. Quando Rossella, la ragazza, aveva quattordici anni la lasciavano stare fuori tutte le sere fino alle undici, e girava con certa gentaccia.

Ormai giunta in pieno centro Rossella si dirigeva verso quello che sembrava un ristorante giapponese; improvvisamente, infatti, le era venuta voglia di qualcosa di fresco, che però riuscisse comunque a riempirle lo stomaco, e quale cibo meglio del sushi si prestava a quello scopo? Si bloccò a pochi passi dall’ingresso, preoccupandosi di verificare se i soldi che aveva portato con sé bastassero per pagare; fortunatamente aveva preso anche una banconota da venti euro, assieme alla moneta.

“Rossella?!” Una voce sorpresa e acuta interruppe il flusso di pensieri della giovane, alle prese con la tasca stretta dei suoi pantaloni in cui non riusciva a rinfilare i soldi; alzo lo sguardo di scatto, scostandosi dal viso una ciocca di capelli ancora umida e lasciando cadere un paio di monete sul marciapiede.

Una testa bionda si chinò a raccogliere i soldi caduti, porgendoglieli in una mano minuta, dalla unghie curate e smaltate di rosso; la ragazza che aveva davanti era stata sua compagna di classe per cinque anni al liceo eppure, poche settimane dopo la fine della scuola, Rossella faticava a ricordare il suo nome: Maria? No lei non era così bassa, chi diavolo era?

“Non mi riconosci?” Chiese la bionda con una risata squillante, fissando i suoi occhi azzurri in quelli di Rossella. Era molto minuta, tanto che raggiungeva a malapena la sua spalla - constatava la giovane nel silenzio che si era creato tra loro - e aveva un viso tondo dai lineamenti quasi troppo dolci per la sua età. Le labbra erano sottili e rosse, increspate in un sorriso nervoso che scopriva una fila di denti bianchi perfetti. Rossella non poté fare a meno di notare che, mentre la guardava in attesa di una risposta, oltre a sfoderare un espressione isterica, assolutamente irritante, allargava le narici come un coniglio spaventato davanti a una volpe affamata.

Rossella sorrise, ricordando improvvisamente il nome della ragazza che aveva davanti.

“Ciao Giulia, ero un po’ sovrappensiero e non ti ho riconosciuta” Disse cercando un tono naturale e coinvolto, ma riuscendo ad ottenere, in verità, risultati poco convincenti. Spostò lo sguardo alle spalle dell’ex compagna di classe, dove la osservava, con aria inquisitoria, un ragazzo allampanato, con i capelli scuri, sottili e mossi, e delle dita lunghissime e magre, poggiate sulla spalla di Giulia.

“Non ti preoccupare. Questo gigante qua dietro è Mario, il mio ragazzo.” Disse la bionda minuta con un sorriso orgoglioso, mentre lui allungava la mano per stringere quella di Rossella, mormorando un timido “Piacere”. Rossella preferì non stringere la mano del ragazzo - che rimase sospesa tra i tre arrossata e sudaticcia - e si limito, invece, a ricambiare il suo sguardo e ad accennargli un saluto.

Giulia, visibilmente imbarazzata dalla piega che stava prendendo la situazione, si agitava come una gallina all’abbaiare di una cane e sommergeva di chiacchiere inutili il silenzio imbarazzato creatosi tra loro.

“…Io non ho preso cento come te, ma credo che il mio ottantadue si meriti comunque una vacanza rilassante!” Rossella, presa com’era a esaminare l’aria svagata del fidanzato della sua ex compagna di classe, riuscì a cogliere soltanto la parte finale della frase, pronunciata con un tono squillante e allegro.

Sorrise con malcelato scherno, ignorando tutto il discorso precedente e chiedendo “Allora, dove state andando di bello?”.

Le labbra di Giulia si dischiusero e tremarono leggermente, mentre un bagliore di orgoglio animava i suoi occhi di un azzurro slavato: “Oh, Mario fa parte di una piccola orchestra e ha appena terminato un concerto, vero amore?” Disse rivolgendo uno sguardo adorante al suo fidanzato, che, dal canto suo, gliene restituì uno imbarazzato, per poi continuare il discorso: “Esatto, adesso pensavamo di andare a vedere quel film nuovo…aspetta, qual è il titolo, tesoro?”. Giulia colse la palla al balzo, e stringendo le dita di Mario avvolte attorno alla sua spalla, cominciò a chiacchierare di attori e regia del film in questione, che, in realtà, si sarebbe rivelato alquanto deludente.

Il giovane, visibilmente imbarazzato dalla parlantina della sua ragazza, faceva saltare rapidamente il suo sguardo dalla fidanzata alla punta delle sue scarpe lucide – le stesse che l’orchestra imponeva ai suoi membri di indossare durante le esibizioni -, senza riuscire ad ignorare, però, la presenza quasi opprimente di Rossella, che nemmeno per un attimo aveva smesso di osservarli incuriosita e divertita.

Mario era sempre stato un tipo estremamente timido: conscio della sua scarsa avvenenza si era sempre tenuto alla larga dalle ragazze più attraenti e volubili, preferendo riservare, invece, le sue attenzioni, a quelle meno carine, solitamente rotondette e poco sicure di sé, ansiose di piacere agli altri e di trovare un bravo ragazzo gentile, disposto a guidarle.

L’adolescenza gli aveva lasciato un corpo buffo, allungato e sproporzionato per quanto riguarda le mani e i piedi, e dell’acne che l’aveva tormentato nei primi anni di liceo rimanevano ancora segni visibili sulla sua pelle. Ma a Giulia - e alle altre ragazze che aveva avuto in precedenza - non era mai importato molto, forse perché, in qualche modo, convinte di non meritare più di un ragazzo allampanato, con le mani grandi e un temperamento protettivo e gentile.

Studiò la giovane che aveva di fronte, celando l’ammirazione che, inevitabilmente, tentava di affiorare al suo sguardo: non aveva mai visto una donna così bella.

I capelli rossi lunghi le ricadevano, ancora umidi, in leggere ciocche sul corpo, celando in parte la pelle vellutata e candida delle braccia e delle spalle. Poi, morbidi e ondulati, incorniciavano una fronte pallida e ampia, accendendo un forte contrasto con il verde chiaro dei suoi occhi; come i petali di un papavero rosso incorniciano il frutto, le ciocche ricadevano soffici sul suo volto, minuto, dai lineamenti sottili e quasi affilati. Gli occhi, in parte celati da delle ciglia folte e lunghe, erano fissi da lungo tempo nei suoi, e nonostante l’incrocio di sguardi, solo le guance del ragazzo si arrossavano, tradendo una qualche sorta di imbarazzo. Il naso era piccolo e dritto, coperto come le spalle, da un velo di lentiggini marroncine - indubbiamente accentuate dal sole dell’estate - ; sotto di esso le labbra, rosse come se avesse appena finito di morderle, erano piegate leggermente di lato, in un sorriso canzonatorio, che scolpiva, in certi momenti, una piccola fossetta sulla guancia sinistra. Era molto più alta di Giulia, all’incirca un metro settantacinque, pensava Mario e, a differenza della sua fidanzata, aveva una vita e delle gambe sottili, che sorreggevano delle forme piuttosto invidiabili per qualunque donna. Il risultato complessivo era quasi intimidatorio: la bellezza di Rossella non aveva nulla a che vedere con il viso rotondo e il sorriso ampio della sua bionda fidanzata, era austera, seducente, e a renderla tale contribuiva soprattutto l’idea diffusa che fosse distante, quasi ultraterrena.

Lo sguardo ammirato di Mario seguì la linea sinuosa del corpo della ragazza, per poi tornare a fissarsi brevemente sul suo volto; arrossì violentemente quando vide un risata sommessa e quasi crudele affiorare alle labbra rosse da vampira della ragazza.

Preso com’era ad esaminare le fattezze della giovane che aveva di fronte, non si era nemmeno accorto che Giulia gli aveva rivolto una domanda, e, inconsapevolmente, aveva lasciato cadere tra loro un silenzio imbarazzato mentre perlustrava il corpo di Rossella.

“Amore, sei ancora con noi?” Disse Giulia con fare irritato, nel tentativo di richiamare all’ordine il fidanzato, che da due minuti buoni non faceva altro che studiare la sua ex compagna di scuola, senza tentare nemmeno di dissimulare la sua attrazione per lei. Lo vide ridestarsi improvvisamente, come se avesse ricevuto una scossa, e esordire ridacchiando nervosamente: “Scusate, sono un po’ distratto. Forse è meglio che andiamo, Giulia. Se aspettiamo ancora rischiamo di perdere l’inizio del film”.

Giulia sorrise nervosamente, tornando a rivolgere la sua attenzione alla conoscente; nemmeno a lei, con la sua ingenuità, poteva sfuggire l’attrazione che il suo ragazzo, evidentemente, provava per la rossa che avevano di fronte. Tuttavia, sapeva anche che Mario non costituiva una preda abbastanza appetibile per la sua ex compagna, la quale aveva la fama di essere passata, durante gli ultimi tre anni di scuola, attraverso centinaia di letti e di lenzuola. Alice, in quarta se non andava errando, le aveva persino raccontato che, per recuperare le insufficienze, si era inginocchiata tra le gambe dell’insegnane di italiano più volte Rossella che una suora davanti a un crocifisso. Giulia, di solito, non dava molto peso ai pettegolezzi, e quello, in particolare le era sempre sembrato una semplice maldicenza: ma, cavolo, quel cento allora da che parte era uscito?

“Allora vi lascio alla vostra serata. Divertitevi” Soggiunse la rossa, mentre notava la presa possessiva di Mario che si avvolgeva attorno alle spalle della fidanzata: “Certo, allora ci vediamo al prossimo raduno di classe” troncò la bionda mentre iniziava ad allontanarsi con il giovane, il quale non poté fare a meno di lanciare un ultimo sguardo a quella misteriosa ragazza mentre la salutava.

I due si allontanarono abbracciati e, in pochi secondi, si mescolarono tra la folla. Rimasta sola, Rossella gettò uno sguardo alla strada: ormai era scesa la sera, e la vellutata oscurità dell’estate avvolgeva gruppi di adolescenti che si ammassavano lungo la strada, alcuni chiacchierando con bicchieri di birra in mano, alcuni intonando canzoncine prive di significato. Le luci del ristorante giapponese gettavano un pallido manto giallo sul marciapiede di porfido, e la porta d’entrata, aprendosi e richiudendosi per far entrare i clienti, lasciava uscire dal ristorante una musichetta orientale senza parole e entrare un po’ della giovane allegria che, come un onda, la sera, travolgeva le strade tiepide del centro.

Stringendo ancora nella mano le monete che Giulia aveva raccolto poco prima, Rossella spinse la porta del ristorante.


***


Il film sarebbe iniziato alle 22 e 30. Mancavano ancora dieci minuti, ma la sala era già abbastanza ghermita; Mario cercava di raggiungere il suo posto, facendosi largo tra le ginocchia delle persone già sedute e tentando di non rovesciare ciò che Giulia gli aveva chiesto di comprare, mentre lei andava in bagno. Faticosamente, scavalcò un’enorme borsa grigia lucida, sorridendo, impacciato, alla sua proprietaria, e crollò sul sedile di velluto sdrucito, facendo cadere un manciata di popcorn sulla lercia moquette della sala.
 
Poco dopo, intravide la chioma di Giulia scendere verso di lui nella fila; sorridente e timida, si dimostrò comunque molto più abile di lui nell’evitare gli ostacoli che le si presentarono lungo il percorso, e, in pochi attimi, prese posto accanto al giovane, riempiendo l’aria attorno a loro del suo profumo.

“I bagni del cinema sono una cosa a dir poco indecente” Disse lei – più a se stessa che a Mario - estraendo il cellulare dalla borsa per metterlo in tasca. “Mi passi la coca?”.

In silenzio Mario porse la bibita a Giulia, chiedendosi se doveva scusarsi per come si era comportato poco prima con la ragazza che avevano incontrato. Durante il tragitto verso il cinema, non avevano quasi parlato, sia perché la giovane continuava a messaggiare con le amiche, sia perché, nei pochi momenti in cui gli aveva rivolto attenzione, non era stato capace di dire nulla di significativo.

Fu Giulia stessa a introdurre l’argomento: “Sai chi era la ragazza che abbiamo incontrato prima?” Il tono con cui la domanda gli fu posta lo soprese: non sembrava per nulla arrabbiata, anzi pareva quasi che non stesse più nelle pelle per l’emozione. Le labbra le tremarono quasi di piacere quando lui rispose con noncuranza “Una tua ex compagna di scuola, no?”.

“Vero, ma a parte questo non l’hai mai sentita nominare?” Arricciò leggermente il labbro mentre sperava, impaziente, la risposta negativa del fidanzato.

“Non mi pare, non credo neanche che tu me ne abbia mai parlato”

“E se ti dico Francesco Giunta ti viene in mente qualcosa?” Le labbra increspate in un sorriso goloso, attendevano di sputare una miriade di informazioni su quello che era stato l’argomento-scandalo dei suoi anni al liceo.

Mario assunse, per qualche secondo, una aria pensierosa abbassando lo sguardo, poi i suoi occhi tremarono leggermente prima di aprirsi illuminati da un’intuizione: “Aspetta, ‘spetta…Ma parli di quello un po’ svitato…Quello sfigato che spiava la tizia dalla finestra con il binocolo durante l’ora di scienze?”.

L’entusiasmo di Giulia si spense, le parve quasi di sentirlo cadere a terra con un tonfo, morto.

Mario era davvero un caso disperato. Come faceva a non saperne assolutamente nulla? In fondo la loro era una piccola città, e se non conoscevi Rossella Ferrari dovevi, per forza, conoscere almeno di nome o di vista Francesco Giunta.

“Ma va’! Quello è uno di un’altra classe, non centra niente” Disse in un moto di stizza.

Sospirò rassegnata, gettando uno sguardo allo schermo mentre le luci della sala si spegnevano: il film sarebbe iniziato dopo qualche minuto di pubblicità, pensò la bionda, ma in così poco tempo non sarebbe riuscita a spiegare nulla. Sospirò, rassegnata a rimandare il racconto ad un secondo momento, e prese la mano di Mario, tesa a palmo aperto verso di lei e appiccicosa di popcorn al caramello.







Ecco la seconda parte! Come avevo anticipato è veramente lunghissima. Solo i più temerari riusciranno a sfidare la noia abissale del capitolo e a raggiungere la fine xD
Che dire, spero che EFP sia popolata di persone coraggiose che riescano a terminare la lettura anche solo per dirmi che è una noia mortale u.u
Vi prometto, comunque, che riuscirò a far sorgere il nuovo giorno entro la fine del proissimo capitolo xD

P.S. Ringrazio sempre schiaccianoci per il suo supporto morale :D

IdemConPatate


  
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