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Autore: ShioriKitsune    29/03/2013    3 recensioni
Quanto è difficile trovare la pace quando si è sommersi dal nero?
"Non avrebbe dovuto sentirsi così, non avrebbe dovuto provare dolore. Ma quello, insieme alla disperazione e all’odio ceco, era tutto ciò che riusciva a sentire in quel momento, come se nel suo cuore non ci fosse spazio per altro.
Un cuore traboccante di nero, che aveva vissuto solo in funzione della vendetta.
Ora che questa era stata compiuta, cosa ne sarebbe stato di lui?".
***
Spero vi piaccia :)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Un rivolo di sangue sgorgò dall’occhio sinistro di Sasuke, rigandogli la guancia.
 «Cosa ho fatto?».
Si posò una mano tremante sull’occhio, mentre voltava il capo nella direzione opposta.
Il corpo di Uchiha Itachi giaceva inerme ai suoi piedi, bagnato dalla pioggia.  
Era tutto sbagliato.
Non avrebbe dovuto sentirsi così, non avrebbe dovuto provare dolore. Ma quello, insieme alla disperazione e all’odio ceco, era tutto ciò che riusciva a sentire in quel momento, come se nel suo cuore non ci fosse spazio per altro.
Un cuore traboccante di nero, che aveva vissuto solo in funzione della vendetta.
Ora che questa era stata compiuta, cosa ne sarebbe stato di lui?
Si accasciò ai piedi della parete su cui era stato dipinto il simbolo del clan Uchiha. Quel muro, così come il clan stesso, era ormai in frantumi. Spezzato, lacerato, consumato fino al midollo.
Era questo ciò per cui aveva combattuto?
Con la morte di Itachi, nulla sarebbe cambiato. Nessuno avrebbe conferito a Sasuke il merito per aver vendicato il proprio clan: era solo un traditore che aveva ucciso un altro traditore, e il nome degli Uchiha sarebbe rimasto coperto dal fango e dal sangue.
“ A cosa è servito tutto questo?”
Non lo aveva fatto per Konoha, né per l’onore del suo clan.
Lo aveva fatto solo ed esclusivamente per se stesso, pensando di trarre piacere nell’infliggere dolore a colui che gli aveva rovinato la vita.
Ma si era sbagliato.
Quei sentimenti che tanto aveva cercato di soffocare, reprimendo nelle profondità del suo animo macchiato di nero, stavano riaffiorando con estrema facilità.
Aveva commesso un errore, e se ne rese conto quando le sue mani erano ancora macchiate del sangue di suo fratello.
La vendetta avrebbe dovuto dargli la pace, ma non era ciò che era successo. Neanche per un breve istante si era sentito pervaso dalla pace o dalla soddisfazione.
Un dolore lancinante, che partiva dal centro esatto del petto, si stava estendendo in tutto il suo corpo. Iniziò a sentirsi intorpidito, stanco. Voleva solo chiudere gli occhi e lasciare che il karma facesse il resto.
Un essere come lui, un assassino, non meritava di vivere.
“Cosa stai dicendo? Itachi ha ucciso tutti, tutti coloro alla quale tenevi. Ti ha privato di una famiglia, ti ha vietato di vivere la vita obbligandoti a crescere nell’odio. Perché sentirsi in colpa per uno così?”
Serrò gli occhi, afferrandosi la testa fra le mani. Quella voce era come un insistente ronzio che, da quella notte, l’aveva accompagnato durante ogni giorno della sua vita. Ma mai come allora aveva cercato di imporsi con tanta violenza.
“Itachi è il cattivo, non dimenticarlo”.
«Il.. cattivo?».
Quell’aggettivo, associato ad Uchiha Itachi, sembrava dannatamente fuori posto.
Ma era la verità, no? Lui era un assassino, un ricercato di grado S.
Non c’era nulla di buono rimasto in lui, ed era morto cercando fino all’ultimo secondo di averla vinta. Eppure..
“Mi dispiace, Sasuke. Non ci sarà una prossima volta”.
«Basta!».
Il suo grido squarciò il silenzio della notte ormai calata.
Le ultime parole di Itachi erano state tutto tranne che cattive. Sasuke non riusciva a darsi una spiegazione, non riusciva a inquadrare la figura di suo fratello.
Chi era Uchiha Itachi?
«Sasuke!».
Una voce familiare si stava avvicinando, ovattata dal rumore della pioggia scrosciante.
Lui non rispose né si mosse. Per un secondo, sperò con tutto se stesso che il nuovo arrivato non si accorgesse della sua presenza e andasse via.
Voleva essere lasciato in pace, voleva rimanere solo proprio come era sempre stato.
Discutere contro l’insolito ottimismo di quel ragazzo non avrebbe fatto altro che creargli problemi.
I passi si facevano sempre più vicini, fino a quando il ninja dai capelli biondi non gli si parò davanti. «Sasuke!».
Lui alzò lo sguardo, incrociando le limpide iridi di Naruto. Sembrava estremamente felice di averlo trovato, i suoi occhi brillavano. E prima che potesse dire qualcosa, Naruto lo strinse in un abbraccio. «Amico mio, ti ho trovato».
Ma qualcosa in quelle parole era profondamente sbagliato.
Amico?
Sasuke spinse via l’altro ragazzo, alzandosi di scatto. «Io non ho amici, non più. Ho tagliato tutti i miei legami per diventare più forte. E per arrivare a fare questo..».
La sua voce vacillò nel pronunciare l’ultima frase, mentre il suo sguardo saettava automaticamente verso il corpo di suo fratello.
“Non ci sarà una prossima volta”.
Le sue ultime parole continuavano a riecheggiargli nella testa, facendolo sentire una nullità, un assassino senza giustificazioni.
Naruto schiuse le labbra, per niente sorpreso dal comportamento del ragazzo, e seguì il suo sguardo fino al corpo di Uchiha Itachi.
Allora comprese ciò che in quel momento stava infuriando dentro Sasuke.
«Hai compiuto la tua vendetta», iniziò con voce bassa e calma, come se si stesse rivolgendo ad un animale impaurito. «Puoi tornare a casa adesso».
Casa?
Sasuke non aveva una casa, né una famiglia. Non aveva un posto in cui tornare e in cui sarebbe stato accolto a braccia aperte.
Era destinato alla solitudine.
Sorrise, un sorriso malsano che non raggiungeva gli occhi. Le sue mani tremavano, così le chiuse a pugno.
«In tutti questi anni, ho pensato che uccidere Itachi sarebbe stato l’apice della mia felicità. Avrei finalmente avuto l’opportunità di vivere, lontano dal suo ricordo e dalla sua immagine costantemente presenti nella mia mente. Ma adesso..».
Come poter esprimere a parole ciò che provava? Come poter spiegare a qualcun altro cosa significava sentirsi vuoto, completamente?
Naruto probabilmente lo avrebbe capito, ma a lui non interessava la comprensione di nessuno.
Voleva uno scontro, voleva l’odio. Voleva affondare nell’oscurità più di quanto non ci fosse già immerso. Voleva che ogni fibra del suo essere smettesse di soffrire e si votasse al male. Perseguire uno scopo, alimentare l’odio e la sete di vendetta, sarebbero stati in grado di tenerlo in vita. Di fargli proseguire quella misera esistenza senza significato, magari cercando di attribuirle un valore.
Perché Itachi gli aveva fatto questo? Perché non ucciderlo insieme al resto del clan? L’aveva privato di tutto, e adesso brancolava alla ricerca di qualcosa. Un tassello che avrebbe dato un senso al resto del puzzle.
Un tassello che probabilmente non avrebbe mai trovato.
«So cosa si prova ad essere soli», disse Naruto, chinando il capo.  «So cosa si prova nel sentirsi rifiutati, esclusi o nel tornare a casa e non trovarvi nessuno. Credimi, lo so. Ci sono passato. Ma c’è una speranza anche per te, Sasuke. Devi solo smettere di aggrapparti all’odio che ti divora».
Sasuke alzò lo sguardo, facendo un passo verso l’altro ragazzo. «Non posso, Naruto. Non posso abbandonare l’odio. Senza quello, io non sono niente. L’odio è ciò che mi rende chi sono».
«Allora prova ad essere qualcun altro, qualcuno che è capace di amare».
Amore?
«Io non..-».
«Naruto? Sasuke-kun?».
Entrambi i ragazzi voltarono il capo verso il punto dal quale arrivava la voce. «Stanno arrivando gli altri. Sono tutti qui per te, per riportarti indietro».
Sasuke digrignò i denti, serrando i pugni con maggiore forza. «Lasciami andare, Naruto. Lasciami andare o dovrò ucciderti. Poi quelli del villaggio vorranno uccidere me, e daremo inizio ad un circolo vizioso di odio e di vendetta. È questo che vuoi?».
Naruto assunse un’espressione seria, preparandosi allo scontro. «E sia. Se riuscirai ad uccidermi, potrai scappare e continuare a vivere nell’odio, lasciando andare quell’ultimo briciolo di umanità a cui adesso sei aggrappato, rifugiandoti nell’oscurità che tanto brami. Ma se vinco io..».
«Non riuscirai ad uccidermi».
«Non voglio farlo. Ma a costo di romperti tutte le ossa del corpo, ti riporterò a casa».
I passi si facevano sempre più vicini. Sasuke lanciò una rapida occhiata verso quella direzione, poi si preparò alla mossa. «Un colpo solo. Abbiamo tempo per un colpo solo prima che gli altri arrivino. Ci tieni così tanto a morire? Che ne è del tuo idilliaco sogno di diventare Hokage?».
Naruto chinò il capo. «Come potrei sperare di diventare Hokage e proteggere l’intero villaggio, se non riesco nemmeno a  proteggere il mio migliore amico?».
Non furono tanto le sue parole, ma la disperazione nello sguardo di Naruto a far scattare qualcosa in Sasuke.
Era tutto sbagliato.
Naruto aveva sofferto, era stato escluso e giudicato, forse aveva perfino provato odio per gli abitanti del villaggio. Ma, nonostante questo, aveva accettato di essere salvato. Si era fatto coraggio, aveva dimostrato il suo valore e si era guadagnato l’affetto di un numero sempre maggiore di persone. Era disposto anche a morire per proteggere un villaggio che non gli aveva dato niente, se non altro dolore.
La forza di Naruto era basata sull’amore, non sull’odio.  E non gli importava di quanto Sasuke fosse caduto in profondità, lui avrebbe provato a salvarlo fino alla fine, era quello il suo credo ninja.
«Naruto.. perché tieni ancora a me? Dopo tutto quello che..».
Naruto sorrise appena. «Non m’importa di quello che hai fatto. Hai sbagliato, ma hai ancora la possibilità di essere redento. C’è un sacco di gente che tiene a te e che non vede l’ora di averti di nuovo a casa. Torna, Sasuke. Non costringermi a farti del male».
Quell’involucro di odio iniziò a cadere a pezzi. Lentamente, e non senza un certa resistenza, ma adesso Sasuke riusciva a vedere uno spiraglio di luce.
Afferrò l’avambraccio sinistro, concentrando il chackra nella mano. Incrociò per un secondo lo sguardo di Naruto, prima di attaccare. «Chidori!».
«Rasengan!».
Ma qualcosa non andò come doveva. Il colpo di Naruto era andato a segno, quello di Sasuke non era nemmeno partito.
Il Jinchuuriki guardò esterrefatto la sua mano nell’addome dell’amico, mentre si rendeva conto di ciò che era appena successo.
«Sasuke.. che hai fatto?».
Sasuke era disteso sulla lastra di pietra, ansimante. Dalla sua bocca sgorgò un rivolo di sangue. Ma, nonostante questo, sorrise. «È il modo più veloce che ho per pagare per i miei errori», mormorò.
Naruto lo afferrò dalle spalle, prendendolo tra le braccia senza però muoverlo troppo. «Sakura, fa’ presto! Ci serve un ninja medico!».
«È troppo tardi, Naruto. Degli organi vitali sono stati colpiti, Sakura non ce la farà».
Sasuke chiuse gli occhi, ma fu costretto a riaprirli quando delle gocce calde, diverse dalla pioggia, gli bagnarono il viso.
Le guance di Naruto erano rigate di lacrime. «Non farlo. Non farmi vivere con il peso di aver ucciso il mio migliore amico».
«Non vederla in questo modo. Hai fatto un favore a tutti, al villaggio e anche a me. Merito di morire».
Voltò il capo, la sua vista era appannata. «Itachi mi ha accusato di non riuscire a vedere. Forse.. forse aveva ragione. Forse c’era qualcos’altro». Allungò la mano verso il corpo di  suo fratello, non molto distante.
«Portatelo a Konoha, dategli una degna sepoltura. Naruto, ti affido il compito di scoprire la verità su Uchiha Itachi».
Naruto annuì. «Porteremo anche te a Konoha. Ti cureranno. Tornerai a casa».
«No, voglio morire qui. Non sono degno di tornare in un posto che tutti chiamano casa e che io ho sempre disprezzato».
«Sasuke..-».
«No», il suo tono era duro, ma si addolcì appena. «Va bene così». Tossì prepotentemente, poi sospirò e chiuse gli occhi. «Non credo che riuscirò a salutare gli altri, fallo tu per me. E smettila di frignare, sei la solita..».
Un pausa, un momento che sembrò la fine. Naruto trattenne il respiro.
Ma poi Sasuke riaprì gli occhi, sorridendo appena. «..testa quadra».
E il successivo grido di dolore di Naruto fu ricordato da tutti con estrema chiarezza.

 

 ********************************** 

 
In memoria di Uchiha Itachi e Uchiha Sasuke.
Questo diceva la loro lapide.
Erano stati sepolti insieme, dopo essere morti insieme.
La verità su Itachi era venuta a galla, e la sua tomba presentava un simbolo d’onore per questo. Ed era proprio grazie all’onore di Itachi che era stato permesso al corpo di Sasuke di essere seppellito nel campo degli eroi. Tutti pensavano che fosse morto da traditore, solo il suo migliore amico conosceva la verità.
Naruto, ogni sera, si recava davanti a quella lapide e raccontava al suo amico ciò che era successo durante la giornata. E, ogni sera, tornava a casa sentendosi incredibilmente solo e triste.
“Avrei potuto salvarlo”, si diceva.
Ma non avrebbe potuto, non prima di quel momento. Era stata la morte di suo fratello Itachi a stravolgere ciò che era diventato, a mettere un punto a quell’assurda situazione. Ed Itachi era morto sperando di rendere suo fratello un eroe.
“Siete entrambi due eroi”.
«Naruto-kun, che ci fai ancora qui?».
Anche Sakura si recava spesso a quella lapide, e anche lei si sentiva in colpa per non essere stata in grado di salvare Sasuke.  
Si ripetevano a vicenda che avevano fatto il possibile, ma un pezzo del loro cuore non sarebbe mai guarito. Il dolore per la morte di un compagno è qualcosa che non va via.
Naruto fece spallucce, sorridendole appena. «Gli raccontavo di quanto sia diventato bravo con gli shuriken. Avrei dato del filo da torcere anche a lui».
Sakura sorrise appena, posando dei fiori appena raccolti ai piedi della lapide. «Già, ne sono convinta».
Poco dopo, dei passi catturarono l’attenzione dei due.
«Kakashi-sensei?».
Il maestro sorrise, sedendosi a gambe incrociate accanto a Naruto. «Ero convinto di trovarvi qui».
E non fu il solo ad arrivare.
Hinata, Shikamaru, Ino, Choji, Kiba, Shino, Rock Lee, Ten Ten, Neji, il maestro Gai e il maestro Iruka.
Erano tutti lì.
Naruto si voltò, osservandoli con le labbra socchiuse. «Cosa.. cosa ci fate tutti qui?».
«Ti vogliamo bene», mormorò Hinata. «E siamo qui per condividere il tuo dolore».
Il Jinchuuriki non era più un escluso. Abbassò il capo, cercando di trattenere le lacrime.
Non avrebbe più permesso che succedessero cose come quelle accadute ai fratelli Uchiha.
Sarebbe diventato Hokage e avrebbe protetto tutti i suoi amici e tutti gli abitanti del villaggio. Kakashi gli passò una mano sulla testa, arruffandogli i capelli. «Non piangere, adesso. Cosa direbbe Sasuke?».
Naruto sorrise, ma le lacrime cominciarono a scendere . «Avrebbe detto..», tirò su col naso. «..che sono una testa quadra».
Sakura abbracciò il ragazzo, mentre tutti gli altri sorridevano. Entrambi piangevano, ma nelle lacrime sapevano di non essere soli. Sapevano che tutto sarebbe andato per il meglio.
Sasuke, Itachi, guardatemi, perché diventerò Hokage e onorerò la vostra memoria. È una promessa”.
Naruto non avrebbe infranto quella promessa.
Quello era il suo credo ninja.







L'angolo dell'autrice.

Spero davvero che questa mia one shot vi sia piaciuta. Sasuke, Naruto e Itachi sono i miei personaggi preferiti, e volevo scrivere qualcosa di drammatico su di loro. Spero di non essere andata troppo OOC con Sasuke, ma credo che almeno nella fantasia si meriti una redenzione xD
Recensite se vi è piaciuta la storia, mi farebbe un enorme piacere.

Arigat
ō!
 

   
 
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