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Autore: Silny    29/03/2013    3 recensioni
Hai svegliato il demone che speravo avessi ormai sconfitto
Siamo affondati nel rosso cremisi dieci mila volte per poi perdere...
Mi hai tenuto stretto e io ero al tuo fianco, senza potere
Ti ho visto distruggerti e ti ho dato la caccia
C’è un vuoto in me che le parole non possono riempire
"Non sapremo mai cosa sarei diventata senza di te..."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Amore e morte non sono altro che sinonimi
Nata per uccidere

"Desidero parlare con mio padre."
"Mi spiace, ma ci è stato ordinato da egli stesso di tenere al sicuro lei e i suoi fratelli. Non possiamo farla uscire."
Jhona non osò controbattere un ordine del padre, sovrano delle terre di Arom, questo perché lo temeva più di ogni altro essere sulla terra. Da quando la dea della morte si era portata via sua madre Ashila, suo padre era cambiato radicalmente, passava intere nottate insonni a pianificare strategie e ricerche di ogni sorta e ogni piccolo errore commesso dai suoi figli era punito in modo più che severo.
"Cerco di proteggervi!" gridava ogni qual volta che qualcuno dei quattro gli faceva notare la sua crudeltà ingiustificata, ma alla fine era sempre Jhona a prendersi cura dei propri fratelli.
Lui era il più grande e primogenito dei discendenti del sovrano, a seguire Khayl, Sherom e Nhala; l'ultima era la più piccola della stirpe, non ricordava praticamente nulla della madre e Jhona vi era molto affezionato. Khayl e Sherom erano gemelli e poco più grandi di Nhala.
Era vero che mai Jhona avrebbe ribattuto un ordine reale, ma era anche vero che non era facile tenergli testa e che, se pur in silenzio, sarebbe riuscito in ogni caso a liberarsi delle nutrici per incontrare suo padre al di sopra dei sotterranei. Questi erano semplici stanze ricavate nella pietra nelle profonde gallerie del palazzo reale per ospitare per lo più briganti e schiavi reduci di guerre, ma solo da alcuni anni le sale adibite alla famiglia erano state riccamente ristrutturate perché non si notasse la differenza tra il sopra e il sotto, avevano tutto l'aspetto delle sfarzose sale patronali all'interno del castello, con grandi saloni tinti di colori tenui, letti a baldacchino e grandi candelabri appesi al soffitto in sostituzione alle finestre, la differenza era visibile solo per l'assenza di queste ultime. Delle fortezze sotterranee impenetrabili dall'esterno.
Regolarmente venivano portati i pasti ai componenti della famiglia tramite servi e domestici, che si occupavano di loro costantemente. Uno di loro lasciò la porta aperta per effettuare il cambio dei piatti e Jhona, con la scusante di andare al bagno, si alzò dal tavolo e imboccò l'uscita. Conosceva bene quei cunicoli illuminati raramente da torce infuocate e fece presto ad uscire in superficie. Si ritrovò nei saloni principali della biblioteca e una volta ripercorso quel dedalo di libri accatastati uscì dalla grande porta vetrata che separava la biblioteca dai corridoi.
Sapeva dove trovare suo padre e senza esitare, a passo svelto, si avviò verso il suo studio. Una volta raggiunto non si preoccupò nemmeno di bussare, era già dentro assieme alla sua infrenabile proposta.
"Jhona! Non dovresti essere qui."
Disse il re sorpreso, ma per niente adirato.
"Lo so padre, ma permettetemi di chiedere cosa sta succedendo. Voglio sapere!"
"Jhona, te lo dico ora per l'ultima volta, torna nelle segrete e quando tutto sarà finito ti spiegherò."
Il ragazzo non rispose e si voltò verso l'uscita, ma riprese la parola all'ultimo.
"Voglio unirmi alle vostre spedizioni..."
"Non se ne parla!"
Gridò suo padre senza contegno e lasciando cadere a terra la sedia dopo essersi alzato con violenza.
"Perché?"
Chiese quasi in tono disperato Jhona.
"Sei troppo giovane e non permetterò che tu vada a morire sul fronte! Il tuo posto è qui!"
"Questo non è vero! Tutti i giovani della mia età vengono addestrati alle armi e arruolati negli eserciti, voglio farne parte anche io!"
"Non sei preparato a questo."
"Lo so! Perché voi non me lo permettete, se solo lasciaste che io venissi istruito..."
In quel momento le sue parole vennero interrotte da un costante bussare alla porta.
"Non verrai addestrato ne alle armi ne alla lotta, tu prenderai il mio posto sul trono, lontano dai campi di battaglia. La discussione è terminata, torna nelle tue stanze insieme ai tuoi fratelli e alle nutrici, ci rivedremo quando avrò finito di occuparmi di questa faccenda."
Jhona abbassò lo sguardo sconfitto e si voltò per andarsene senza badare alla persona che stava entrando.
"Nervosetto il giovanotto! Cosa hai fatto al mio nipote preferito?"
Disse questo in tono scherzoso rivolgendosi al sovrano, che si lasciò cadere esausto sulla poltrona.
"Cosa ha fatto lui a me vorrai dire! Non so più cosa fare con loro, da quando Ashila è morta sento di non essere più in grado di fare nulla..."
"Non dire così fratello, sei il sovrano di tutte le terre e ormai Jhona è un adulto, dovrebbe capire che hai in carico delle grandi responsabilità!"
"La fai troppo semplice Eromus, i miei figli hanno la priorità e io sto qui a occuparmi delle mia vendetta."
Si coprì il volto con una mano e il silenzio calò su di loro.
"Hai deciso di cambiare vita, di farti una famiglia, di prenderti questa responsabilità e ora devi portarla a termine fratello. Lo sai che puoi contare su di me... Kris."


***

Jhona ripercorreva a ritroso la strada fatta precedentemente per tornare ai sotterranei, ma non poteva fare a meno di pensare alle parole del padre.
"Diamine! Non sono un bambino!"
Disse tra sè e sè, senza più forze nemmeno per urlare. Vestito di tutto punto, da vero reale qual era, passò distrattamente davanti a uno specchio e dopo un attimo di esitazione tornò indietro per osservarsi. Si sentiva disgustato dalla sua immagine riflessa.
"Guardati! Sembri un pagliaccio..." sussurrò. "La gente muore tutti i giorni per difendere il popolo e il paese, mentre io sto qui vestito come un principe a bere e mangiare senza ritegno..." a quei pensieri lo stomaco di Jhona si strinse in un conato di vomito e rassegnato si allontanò da quella visione per tornare al suo posto.

"Fratellone dove sei stato?"
Disse Nhala saltandogli in braccio non appena entrato.
"In bagno, te l'ho detto."
"No, non  è vero!" disse uno dei due gemelli, impegnati a simulare una guerra con spade di legno e cuscini come scudi.
"Forza, scendi Nhala, giocheremo più tardi, ora non sono in vena."
La piccola scese delusa per unirsi ai fratelli che tanto si divertivano, mentre Jhona si sedette al tavolo. Alle sue spalle apparve Marija, la nutrice che si occupava di loro da quando vennero messi al mondo.
"Suo padre si è innervosito non è così?"
"Abbastanza... come sapevi che ero salito da mio padre?"
Marija era intenta ad asciugare alcune stoviglie e rispose accennando un furbo sorriso.
"Mio caro, la conosco da quando è nato, la porta era aperta e lei aveva appena chiesto di parlare con suo padre. Non è per niente in grado di mentire o aspettare il momento giusto per fuggire!"
Disse scherzando e dandogli una dolce pacca su una spalla. Jhona sorrise amaro per tornare subito cupo e maledettamente deluso da se stesso.
"Non le permette di prender parte alle armi perché lui stesso le ha vissute sulla propria pelle, e come ogni buon genitore, vuole proteggerla. La guerra non è affatto come credete."
"Marija, tu non capisci. Non è un capriccio, io voglio rendermi utile, voglio imparare a fare qualcosa. Come difenderò la mia famiglia un giorno, se non so nemmeno tener testa a mio padre o brandire una semplice lama..."
"Suo padre non ha mai utilizzato un pugnale o una spada per difendervi, protezione non vuol dire necessariamente uccidere qualcuno!"
"Già... e se ne vedono i risultati! Segregati nelle celle sotterranee!"
"L'intero palazzo si è mobilitato per ristrutturare queste celle appositamente per la vostra sicurezza e perché vi sentiate a vostro agio, perdonate la mia insolenza, ma ora sembrata proprio un bambino sfacciato e arrogante del tutto ingrato di ciò che la vita gli offre!"
E Marija si allontanò per prendere in braccio Nhala e portarla in bagno, lavarla e poi metterla a dormire. Jhona era dispiaciuto, Marija era una seconda madre per loro e come tale lui l'aveva sempre ascoltata e sentiva di doverle delle scuse.
La piccola Nhala era immersa in un mare di bolle di sapone quando Jhona entrò. Spinse un poco la porta e si appoggiò al suo stipite con la schiena, incrociando le braccia e osservando deliziato la piccola creatura che si divertiva.
"Sei arrabbiata con me Marija?"
Disse Jhona con quello sguardo ammaliato al quale, sapeva, la donna non riusciva a resistere. Questa lo guardò di sottecchi strofinando la schiena di Nhala.
"...No."
Rispose lei arrendevole cantilenando e con uno sguardo di disappunto.
"Dico soltanto che alle  volte si comporta in modo meno maturo di quanto dovrebbe essere, ma basta adesso!"
Tirando fuori dalla vasca Nhala e avvolgendola in un asciugamano pulito.
"Non parliamone più e andiamo tutti a riposare!"
Si vedeva chiaramente quanto Marija tenesse a quei bambini e ancora di più a Jhona, che lo aveva visto nascere e se ne era presa cura da subito insieme alla regina ormai morta.

La sera fece presto a calare e quella notte, Jhona era l'unico a non riuscire a dormire. Osservava il soffitto con le mani intrecciate fra di loro sul petto. Sospirò e si arrese all'idea che non avrebbe chiuso occhio.
"Guardati! Sembri un pagliaccio..." lo specchio, la sua immagine, i pensieri freddi e disgustati che gli vennero in quel momento il pomeriggio che salì ai piani superiori. Gli parve quasi di sentirlo sibilare e insinuarsi nella sua testa quel pensiero. La rabbia che con il tempo era svanita ora cominciava a montare di nuovo. Si spostò su un fianco e tentò ancora una volta di provare a prendere sonno, senza risultato.
"Mentre la gente muore, tu stai qui a mangiare e bere senza ritegno..." cominciava a pensare che non fossero suoi quei pensieri, poteva quasi udirli e iniziava a sentirsi accaldato. Sollevò le coperte con rabbia e si alzò per andare in bagno. Si soffermò sul lavandino respirando affannosamente, sollevò lo sguardo e nella penombra vide la sua immagine nello specchio... "Sei viscido Jhona..." con un moto di rabbia tornò nella sua stanza, si vestì e si diresse verso la porta. Questa era chiusa a chiave e si maledisse per non averci pensato prima, non trovò altra soluzione che forzarla, ma non sapevo con che cosa avrebbe potuto farlo. Si guardò attorno e poi sul petto. Sfilò la spilla dorata che teneva il suo mantello e ne inserì la punta affilata nella serratura. Dopo vari tentativi uno schiocco rassicurante echeggiò leggermente nella stanza e finalmente la porta si aprì. Jhona uscì ed emerse su per i cunicoli, poi di nuovo la biblioteca ancora i corridoi e poi il salone principale del castello, il salone dove si svolgevano i ricevimenti ufficiali e dove troneggiava il podio di suo padre.
"Kris il sovrano!" si prese beffa del padre nel buio vuoto e silenzioso. "Vostra maestà..." e fece un inchino verso il trono spoglio. "mi dispiace ma me ne vado... con o senza il vostro permesso." e così dicendo si diresse verso il portone principale. Lo aprì con fatica e si ritrovò sulla lunga scalinata che portava ai giardini. Da alcuni giorni la guardia notturna era aumentata, ma le due sentinelle appostate vicino alla cancellata erano  assopite, tuttavia Jhona sentiva che era meglio non rischiare e fece il giro del giardino per scavalcare così le siepi che lo cingevano. L'impresa fu piuttosto facile e in men che non si dica, fu fuori dalla protezione del castello.
Ora si sentiva soddisfatto di sé, anche se la grandezza del palazzo di suo padre lo spaventò, quasi come se lo stesse rimproverando, ma non si sarebbe tirato indietro, distolse infatti lo sguardo e iniziò a correre.

Non c'era anima viva per le strade di Arom, la dea della morte si era già fatta sentire in lontananza e nessuno osava attardarsi quando il sole iniziava a tramontare. Anche i manifesti con i volti delle persone ricercate e il prezzo della loro taglia erano stati tolti perché questa non li uccidesse prima di loro. Solo il vento spietato aveva il coraggio di affrontare in faccia la morte... beato lui che godeva di vita eterna.
Jhona camminava per i sentieri sterrati, quando venne spaventato dalle grida di alcuni ubriaconi, ma lui questo non poteva saperlo e immaginando che stessero già rintracciando le sue tracce prese a correre disperatamente fino a quando non si trovò di fronte a una scelta: la città finiva e a pochi metri da lui, la folta vegetazione del bosco incominciava. Le voci degli uomini si facevano sempre più vicine e forti e Jhona non vide altra soluzione, titubante fece un passo svelto in avanti e poi, venne inghiottito dal lugubre Bosco d'Anime.


***

Dopo aver gridato alla luna tutto il suo dolore, Kasandra si sedette sulla sponda di un rivo d'acqua che scorreva lì vicino, bagnata e nuda tenendo strette a sé le gambe in posizione fetale. Piccole gocce le cadevano sulle spalle e sul collo per scivolare lentamente su tutta la lunghezza della sua schiena lasciandole dei piacevoli brividi. Ascoltava in silenzio la notte e la quantità minima di vita che la circondava, alcuni insetti cigolanti e le rane che gracchiavano ogni tanto.
"Zanah, passami quello straccio, inizio ad aver freddo!"
Kasandra era sempre accompagnata dal suo fedele Zanah, era un lupo selvatico sopravvissuto agli esperimenti demoniaci che erano stati effettuati su di lui, per questo era dotato di grande intelligenza e capacità sensoriali, tutto questo a un caro prezzo... era cieco. Aveva uno splendido manto bianco striato di grigio, zanne forti, possenti ed era più grande rispetto ai comuni lupi.
Zanah fece quanto ordinatogli e preso lo straccio con il muso lo trascinò fin sopra le spalle di Kasandra, che senza scomporsi continuava a fissare lo specchio d'acqua sotto di lei. Dopo svariati minuti udirono rumori insoliti provenire dalle loro spalle. Allarmati i due si guardarono.
"Va!"
Ordinò a Zanah che era già partito in avanscoperta. Kasandra si era alzata e ormai del tutto asciutta iniziava a vestirsi rapidamente. Fu questione di pochi attimi e di ottimi riflessi, Zanah aveva attaccato e un grido umano si propagò nella foresta, Kasandra incoccò una freccia e senza nemmeno guardare in direzione del suo bersaglio fece scattare rapida la freccia.
"Fermati Zanah!"
Kasandra si avvicinò al luogo in cui sapeva che la sua freccia era rimasta piantata. Appeso ad un albero per un lembo delle vesti all'altezza della spalla c'era un ragazzo piuttosto giovane che si dimenava impaurito. Lei sguainò il suo pugnale e lo piantò sulla spallina opposta del mantello del ragazzo e digrignò i denti. L'altro coltello alla gola, freddo e impaziente.
"Chi sei?" gridò Kasandra, ma il ragazzo era troppo spaventato per poter rispondere.
"Sei una spia non è così? Parla!"
"N-No no, non sono una spia, sono..." le parole gli morirono in bocca quando qualche goccia di sangue iniziava a sgorgare dalla sua gola. Kasandra si accorse che così non avrebbe ottenuto niente, lo avrebbe fatto morire di paura, allentò quindi la presa.
"Mi chiamo Jhona! Sono fuggito da Arom e mi stanno cercando."
"Non ti credo!"
"Io... ti prego non uccidermi!"
"Non posso fare altrimenti!"
Kasandra lo guardò negli occhi, scuri e profondi, attraversati da un bagliore, misto di paura e pentimento, ma ricordiamoci che la dea della morte non provava nessun sentimento se non gioia quando doveva uccidere qualcuno.
Ma quegli occhi, maledettamente famigliari e quel volto... Abbassò leggermente lo sguardo e assunse una faccia stizzita, non aveva scelta...


...lei era nata per uccidere...

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Ora la storia sta davvero iniziando!
Credo che di tutti i capitoli la cosa che mi venga più difficile scrivere sono questi spazi dedicati all'autrice  o_O  vengono fuori sempre delle cose improponibili o striminzite!
Meglio no provarci nemmeno! Comunque... Jhona riuscirà a scappare e così salvarsi la vita o la nostra dea mortale lo ucciderà? Riuscirà a farlo subito o Jhona si ribellerà prima che lei riesca nel suo intento?
Bhé, spero che abbiate voglia di scoprirlo leggendo il prossimo capitolo ;)
Ringrazio chi invece fin qui ha già letto!
Buon proseguimento.
A presto

Silny love 
  
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