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Autore: roxy_xyz    29/03/2013    3 recensioni
|Dean/Lavanda|
Dean Thomas riflette sulla guerra e sulle perdite che ha dovuto affrontare, finché non si imbatterà in Lavanda, rimasta ferita dallo scontro con Greyback.
Dean Thomas afferrò una sedia e le sorrise prima di accomodarsi al suo fianco; aveva smesso di notare il pallore del suo viso o di provare orrore di fronte alle ferite di Lavanda.
C’erano cose più importanti in quel momento.
C’era il sorriso di Lavanda.

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Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Thomas, Lavanda Brown
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nick autore su EFP: roxy_xyz

Titolo: Maybe

Pacchetto Europa: Lisbona

Pacchetto Italia: Matera

Genere: Oneshot, introspettivo

Rating: Giallo

Avvertimenti: What if?

Introduzione: Dean Thomas affronta il suo passato arrivando ad accettare anche una delle morti più ingiuste.

NdA: Premessa molto importante: sulla fine di Lavanda Brown ci sono due tesi, come ben saprai, nel libro non si dice che fine fa dopo che Hermione l’ha salvata dalle grinfie di Greyback, ma ci sono parecchie fonti in cui si dice che morì per le ferite inferte. Per questo ho messo what if? non sapendo se posso considerare la mia fiction legata alla saga. Tutta la shot è filtrata dal punto di vista di Dean Thomas, che si troverà ad affrontare i suoi ricordi di bambino quando il padre lo abbandonò per proteggerlo dai Mangiamorte che poi lo uccisero, e infine ad accettare anche una delle morti più ingiuste. Tutte le informazioni inerenti al passato di Dean e al padre, le ho prese da qui: http://it.harrypotter.wikia.com/wiki/Dean_Thomas. Io ci ho ricamato solo ;)

Non c’è un vero pairing, perché non ho voluto forzare le cose, ma solo la possibilità che se le cose fossero andate diversamente, forse… maybe.

Buona lettura!

 

 

#Maybe

 

 

 

 

Sembrava ieri quando aveva fatto il suo ingresso a Hogwarts. Su quelle stesse scale aveva mosso i primi passi per raggiungere la Sala Comune; era nervoso ed eccitato allo stesso tempo. Quando sua madre gli aveva rivelato di essere speciale, si era sentito felice, aveva esultato; un sentimento che era scemato subito quando tutte le domande che le aveva posto erano rimaste sospese nel vuoto, senza una risposta. Come poteva, dopotutto?

L’unico che avrebbe potuto aiutarlo era fuggito, per permettergli di vivere quel giorno come tutti gli altri ragazzi della sua età. Forse, era stato quel pensiero a permettergli di vivere e di sognare come qualunque altro.

Ogni cosa sarebbe stata all’altezza delle sue fantasie? Sì, ne era certo.

Su quelle stesse scale si era affrettato per raggiungere Ginny in cima e baciarla per la prima volta. Le sue labbra erano screpolate ed erano rimaste immobili per quello che gli erano sembrati minuti interminabili; e lui aveva pensato che l’avrebbe rifiutato e che presto sarebbe arrivato uno schiaffo.

Avrebbe provato vergogna e anche un pizzico di dolore: quelle mani affusolate erano abituate a farsi rispettare dai suoi tanti fratelli.

Su quelle stesse scale c’erano ora macerie, corpi devastati dal dolore, ragazzi che si erano visti strappare tutto ciò che avevano sognato. Non era rimasto più nulla.

 

 

 

“Potresti dare una mano a Madama Chips?” Era stato Harry a domandarglielo, e lui non aveva potuto fare altro che accettare. Perché era giusto così. Anche se ogni gradino sembrava privarlo di forza e volontà di reagire. Era così egoista desiderare solo di Smaterializzarsi a casa e abbracciare la propria madre? Perché era stata abbandonata una volta da suo padre, e poi da lui stesso, quando invece lei non desiderava altro che vivere con gli uomini della propria famiglia, senza bugie, ma solo in modo onesto. A volte, quando pensava a suo padre, si chiedeva se sarebbe stato all’altezza del suo sacrificio, o se, invece, l’avrebbe deluso. Lui era solo uno dei tanti studenti, non era stato un eroe come lui, come Harry, come Neville.

Fece il suo ingresso in Infermeria, ma nessuno sembrò notarlo. Non aveva mai visto così tante persone in quel luogo, la maggior parte di essa correva da una parte all’altra della stanza pur di aiutare i feriti, il resto pensava solo a dare conforto ai loro amici, parlando o semplicemente tenendo loro una mano.  Vide Calì fasciare la mano di un ragazzino che non ricordava di aver mai visto, eppure lei non faceva altro che sorridergli e rivolgere parole rassicuranti, non dando importanza ai colori della sua divisa. Perché bisognava affrontare il dolore di una guerra per capire quanto fosse stupido affermare la supremazia di un mago rispetto a un altro in base alla purezza del sangue; c’erano cose più importanti di quello, c’erano cose che aveva visto sgretolarsi a causa dell’odio.

C’erano troppe vittime che non avrebbero più sognato come prima.

Fu allora che la vide, e come spinto da una forza invisibile, mosse i passi per andare verso il suo letto, anche se una parte del suo inconscio sembrava urlargli, avvisarlo di non farlo.

Non si era preparato a quello che avrebbe visto, in nessun modo lo sarebbe stato dopotutto.

Lei sembrava quasi tranquilla mentre le infermiere bendavano le ferite del suo corpo.

La sua espressione era indecifrabile, e per un attimo si chiese se provasse dolore o se non sentisse più nulla. Doveva soffrire parecchio e invece non l’aveva mai vista così rilassata.

“Dean.” disse solamente, e lui non riuscì a replicare in nessun modo per qualche secondo, perché avrebbe voluto andare via, ricordare la sua amica com’era prima e non in quello stato.

Ma la guerra era anche questo: una tormenta che portava via tutto, lasciando solo detriti e una manciata di bei momenti che venivano travolti e devastati dall’orrore. Non avrebbe più pensato a lei senza ricordarla in quelle condizioni.

“Come… come ti senti?” Tra tutte le frasi che poteva rivolgerle, disse quella più scontata, quella più stupida. Di certo non si immaginava di sentirla ridere, e quel suono fu la cosa più bella che avesse sentito in quella giornata infernale. Da quando non lo faceva anche lui?

“Scusa, sono un idiota.”

“No, anzi. Ho preferito la tua domanda sincera piuttosto che l’ennesimo sguardo pietoso.”

Come poteva dirle che anche lui non riusciva a guardarla senza provare pena per lei?

“Comunque, mi sento strana. Hai presente quando nei sogni vedi tutto dall’alto e assisti senza poter fare nulla? Ecco, mi sento proprio così. Non posso fare molto, solo aspettare che…”

Non sorride più Lavanda.

Non c’è più tempo per essere felice.

“Non dire così. È un nuovo giorno, domani tutto sarà diverso.” Vorrebbe tanto credere alle sue stesse parole Dean Thomas, ma è passato tanto tempo dall’ultima volta in cui ha creduto a un lieto fine. Perché suo padre non era più tornato per finire quel libro che avevano iniziato insieme quel giorno di Novembre di tanti anni fa.

Non aveva più toccato quella pagine, come se fossero state imbevute di veleno.

Era solo un bambino, quando per mesi e mesi era rimasto seduto su quel pavimento freddo, di fronte alla porta, in attesa del ritorno di suo padre, arrivando a odiare persino sua madre.

Guerra, sempre lei, era stata la vera causa. Si era portata via la persona che più amava e ora stava uccidendo persino Lavanda.

“Non essere sciocco, lo sappiamo entrambi cosa mi aspetta.”

Scorreva ancora quel dannato veleno, tra i sospiri e le poche parole di una ragazzina che non avrebbe festeggiato la nuova alba come tutti gli altri.

“Mi piacerebbe vederti più fiduciosa, invece.”

“Ti prego, ti supplico di smetterla! Non sono una stupida, mi è bastato vedere gli sguardi dei dottori per capire qual è il mio destino. Mi trasformerò, vero?”

Forse conoscendo il suo destino, quella sua ipotesi sarebbe stata il minor dei mali, perché avrebbe continuato a vivere; nonostante le sofferenze passate avrebbe continuato a lottare per se stessa.

Forse avrebbe potuto anche amare ed essere ricambiata, perché non erta giusto che lei non si fosse mai persa nello sguardo innamorato di un uomo, mentre questo avanzava verso l’altare, verso di lei, nel suo giorno più bello.

Forse avrebbero potuto anche uscire insieme, e avrebbero riso insieme mentre passeggiavano con le mani intrecciate, ricordando gli anni passati a Hogwarts.

Eppure sapeva anche lui qual era l’altra possibilità, quella che neanche Lavanda riusciva a pronunciare; perché una volta fatto, tutti i suoi castelli di carta sarebbero crollati.

Non ci sarebbe stata un nuovo giorno per lei.

“Resti con me?”

Sorrisi rubati, incerti, quasi colpevoli, colmi di paura per il futuro che si aspetta e per le sue conseguenze.

Attimi di vita, brevi, quasi fugaci, ma che sono capaci di cambiare il corso delle cose per il loro impatto.

Gesti semplici, spontanei, quasi innocui, ma che rimarranno impressi nella nostra memoria per tutta la vita e ci aiuteranno ad accettare ogni dolore, ogni morte, anche quella più ingiusta.

Dean Thomas afferrò una sedia e le sorrise prima di accomodarsi al suo fianco; aveva smesso di notare il pallore del suo viso o di provare orrore di fronte alle ferite di Lavanda.

C’erano cose più importanti in quel momento.

C’era il sorriso di Lavanda.

 

 

   
 
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