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Autore: Meme__    29/03/2013    3 recensioni
Poi lui guardò verso di noi. E non ci fu più bisogno di parole.
[...]
«Lei, signore, ma perché?» strepitò Jane rabbiosa guardandomi male. Piano il suo volto cambiò e iniziò a sorridermi angelicamente.
«No!» fu l'urlo sovrumano che giunse alle mie orecchie prima di essere stretta in una presa ferrea. E mi sentii bene, a casa.

[Dal prologo]
Storia appena ripresa, dopo una lunga pausa... Passate a darle un'occhiata, non ve ne pentirete!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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In quel di Volterra...

-Capitolo uno: Salvataggi inaspettati
Jane ci aspettava all'ascensore che teneva aperto con una mano. La sua espressione era apatica. 
Saliti sull'ascensore, i tre vampiri al servizio dei Volturi si rilassarono ulteriormente. Aprirono le mantelle e lasciarono scivolare i cappucci. Felix e Demetri erano entrambi di una carnagione leggermente olivastra che creava uno strano connubio con il loro pallore. I capelli di Felix erano neri e corti, quelli di Demetri gli arrivavano alle spalle. L'iride rosso cupo diventava quasi nera in corrispondenza della pupilla. Sotto le mantelle portavano abiti moderni, chiari e anonimi. Mi rannicchiai in un angolo, stringendomi a Edward. Non aveva smesso di massaggiarmi il braccio. Né aveva staccato un momento gli occhi da Jane. 
Il viaggio in ascensore durò poco. Dopo una breve salita sbucammo in quella che sembrava l'anticamera di un ufficio di lusso. Le pareti erano rivestite da pannelli di legno, la moquette sul pavimento era verde scuro. Al posto delle finestre campeggiavano panorami grandi e luminosi della campagna toscana. C'erano poltroncine di pelle chiara disposte a piccoli gruppi, e sui tavoli laccati spiccavano vasi pieni di fiori dai colori accesi. Il profumo che irradiavano mi fece pensare a un'impresa di pompe funebri. 
Restai sorpresa quando vidi una donna dietro un'alta scrivania di mogano lucido al centro della stanza. 
Era alta, abbronzata, con gli occhi verdi. In qualsiasi altro contesto l'avrei trovata bella, ma non lì. Perché era un essere umano, esattamente come me. Non riuscivo a capire cosa ci facesse in quel posto una donna, totalmente a proprio agio, circondata da vampiri. 
Li accolse con un sorriso gentile. «Buon pomeriggio, Jane», disse. Non fu affatto sorpresa dallo strano gruppo che formavamo. Nemmeno da Edward, il cui petto nudo riluceva fioco sotto i neon bianchi, né da me, sciatta e, al confronto, orribile. 
Jane annuì. «Ciao, Gianna». La seguimmo mentre puntava verso una 
porta di legno a doppia anta in fondo al locale. 
Passando davanti alla scrivania, Felix strizzò l'occhio a Gianna, che fece un risolino. 
Oltre la soglia trovammo un genere diverso di accoglienza. C'era un ragazzo pallido, dal vestito grigio perla, che avrebbe potuto passare per il gemello di Jane. Aveva i capelli più scuri e le labbra meno pronunciate, ma era altrettanto carino. Ci venne incontro e ci salutò. «Jane», disse poi con un sorriso. 
«Alec», rispose la ragazza e lo abbracciò. Si baciarono sulle guance. Poi lui guardò verso di noi. E non ci fu più bisogno di parole.
Ci guardammo per un tempo che mi parve infinito, finché lo sguardo vitreo di Alice, posato su di me, mi distrasse. La visione terminò e lei mi rivolse uno sguardo triste, mentre Edward mi allontanava di poco da sé. Cosa mi ero persa?
«Andiamo?» L'odiosa voce di Jane si fece sentire ancora facendomi perdere l'occasione di chiedere spiegazioni.
«Prego» fece con tono gentile Alec, tendendomi il braccio. Ebbi l'impulso di prenderlo, ma il terrore s'impossessò di me e mi strinsi contro Edward. Il ragazzo mi guardò confuso e frustrato, come fosse incosciente del proprio gesto, e ci precedette, evitando però la mano che la sorella gli porgeva. Sembrava triste e nuovamente ebbi l'impulso di stringerlo a me... e nuovamente mi trattenni.
Ignorarono le porte rivestite d'oro verso cui conduceva il passaggio, fermandosi a metà strada per aprire un pannello scorrevole che celava una semplice porta di legno. Non era chiusa. Alec lasciò che Jane lo precedesse. 
Edward mi spinse al di là della soglia. Ritrovammo lo stesso acciottolato antico della piazza, del vicolo e delle fognature. E di nuovo c'erano buio e freddo. 
L'anticamera non era ampia. Si aprì quasi subito in una stanza cavernosa, illuminata, perfettamente circolare, come la torre di un castello... e forse proprio di una torre si trattava. A due piani da terra, le finestre alte e strette gettavano sottili rettangoli di luce sulla pavimentazione. Non c'era alcun tipo di illuminazione artificiale. L'unico arredo erano tante enormi sedie di legno, simili a troni, disposte irregolarmente lungo la curva della parete. Al centro del cerchio, leggermente incassato, c'era un altro tombino. Forse lo usavano per uscire, come quello che dava sulla strada. 
La stanza non era vuota. Un capannello di persone era impegnato in conversazioni rilassate. Il mormorio delle loro voci basse e dolci attraversava l'aria gentile. Mentre li osservavo, una coppia di donne pallide con vestiti leggeri attraversò una chiazza di luce e la loro pelle, come un prisma, irradiò gocce di arcobaleno contro le pareti color terra di Siena. 
Tutti quei volti deliziosi si voltarono verso di noi. La maggior parte di loro indossava pantaloni e camicie anonimi, indumenti che in strada sarebbero passati inosservati. Soltanto l'uomo che si rivolse a noi era avvolto da una tunica, nera come la pece e lunga fino a terra. Per un istante pensai che i suoi capelli lunghi e corvini fossero il cappuccio. 
«Jane, cara, sei tornata!», esclamò gioioso. La sua voce era un sussurro delicato. Si fece avanti, con un gesto tanto pieno di grazia irreale da lasciarmi esterrefatta. Nemmeno Alice, che quando si muoveva sembrava danzare, reggeva il confronto. 
La ragazza porse la mano all'uomo. La tenne stretta, poi annuì e richiamò anche l'altro ragazzo. «Alec, vieni anche tu.» Il ragazzo tremò, e ancora una volta quell'insana voglia di proteggerlo, di inglobarlo in me si fece prepotente. Anche se titubante porse la mano all'uomo che la strinse forte per degli attimi infiniti. Poi la rilasciò, con un cipiglio incuriosito sul volto.
Guardò Edward che annuì e gli andò incontro. «Giovane Cullen, che piacere! Carlisle mi ha tanto parlato di voi. Non lo vedo da un po'. Mi sa che dovrò uscire da questo vecchio castello, prima o poi, e fargli visita!» esclamò stringendo la sua mano in una presa salda. Dopo averla stretta per un tempo troppo lungo per un semplice gesto di saluto la lasciò e mormorò:«Interessante. Piccola Isabella, vorresti porgermi la tua mano?» Lo guardai male. Perché dovevo dargli la mano? «Oh, che grande scortesia. Permetti che mi presenti. Io sono Aro, capo dei Volturi, insieme ai miei fratelli che tra poco conoscerai.»
Fece un cenno ad Edward che mi sussurrò: «Aro ha un dono simile al mio, Bella, e avendo visto la tua strana dote, vuole vedere se riesci a proteggerti anche da lui. Non preoccuparti, vai.» La tentazione di guardare male anche lui era forte, ma poi mi arresi e porsi la mano a quello strano uomo.
Il suo tocco gentile e gelido mi fece rabbrividire, ma non me ne curai. Guardavo la sua espressione strana, come se fosse in attesa di qualcosa. Dopo un po' lasciò la mano, sempre con gentilezza e si rivolse a qualcuno alle mie spalle.
«Vieni, piccola Alice.» Questa si avvicinò all'uomo con la sua solita grazia.
Trattenne anche la sua mano e poi, come colpito da un'illuminazione, si avvicinò velocemente a Edward e strinse di nuovo la sua mano. Un lungo sguardo d'intesa corse fra i due e alla fine il più anziano si staccò e, avvicinandosi ad Alice, disse: «Perché siete ancora qui? Su, via, andate!» 
Mi avvicinai nuovamente a Edward prima che la stessa voce mi fermasse: «Eh, no, piccola Isabella. Tu resterai a Volterra, vero?»
«Non osare, Aro. Lasciala riflettere e mettere in chiaro le cose.»
«Edward, mio caro, giovane amico, potresti restare al tuo posto?» lo ammonì. «Piccola Isabella, non ti piacerebbe proteggere il nostro Alec ancora un po'?»
Portai le mani alla bocca, sconvolta. Ero convinta di avere una sorta di scudo, di essere protetta e invece aveva scoperto i miei pensieri.
«I-Io...» balbettai arrossendo.
«Lei, signore, ma perché?» strepitò Jane rabbiosa guardandomi male.
Era come se non capisse e stesse per fare i capricci da un momento all'altro. Poi il suo volto cambiò e iniziò a sorridermi angelicamente.
«No!» fu l'urlo sovrumano che giunse alle mie orecchie prima di essere stretta in una presa ferrea. E mi sentii bene, mi sentii a casa.

Salve!
Questa storia era già stata postata, ma rileggendola ne sono stata grandemente delusa e quindi ho deciso di riproporvela riveduta e corretta. I capitoli iniziali saranno accorpati, ma ciò non vuol dire che la storia sarà breve, anzi...
Ecco un piccolo prologo (prima era diviso in prologo e primo capitolo) che spero gradirete. 
Non ho altro da aggiungere, perciò fatemi sapere cosa ne pensate!
Bacioni, Memè <3 
p.s.: Capitolo riveduto e corretto.
   
 
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