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Autore: LUcy__    29/03/2013    9 recensioni
Harry Styles, fin dai sedici anni, andava in giro a dire che il suo ragazzo, Louis Tomlinson fosse l’amore della sua vita.
Che poi era anche vero.
Solo che con la fama, le coperture, le cose proibite, era diventato tutto difficile.
E si arriva così, velocemente, al punto di rottura.
È Louis che dice sempre che ama Harry e che per lui farebbe qualsiasi cosa, perché Harry fatica un po’ a credergli, con le ragazze, i divieti e tutto…
Alla fine, il dolore è talmente potente che li schiaccia. E li porta, ovviamente, alla pazzia.
{Larry Stylinson, Harry/Louis.}
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ehi, ciao. Sono un link, quindi aprimi in un'altra pagina e magari metti a RIPETIZIONE la canzone a cui porto leggendo questa OS. Grazie.
 Ehilà, sono un altro link. Io però porto alla tag speciale tutta dedicata a DAP. Cliccami!

DAP
 

I
 
Non-controllo.

 

No more tears, my heart is dry
I don’t laugh and I don’t cry
I don’t think about you all the time
But when I do I wonder why.
 

Uscire ogni sera, tornare a casa fatto o ubriaco, doversi chiudere in bagno in condizioni pietose mentre il suo ragazzo dormiva già da ore, erano le priorità di Harry Styles per dimenticarsi il dolore che provava.
Non era poi così difficile.
Come quella sera.
Harry, buttato sul divanetto del club, con Nick e Zayn ai lati, circondato da bicchieri vuoti e canne, alcune pure accese, altre no, si sente la persona più felice del pianeta.
E questo perché in quel momento, in quel singolo istante, non deve pensare a nulla. Ai manager che lo odiano, al suo odio per la propria vita, al suo disprezzo per se stesso… nemmeno al suo ragazzo, Louis, che ama.
Ama davvero Louis. Lo potrebbe giurare su qualsiasi cosa.  Anche sulla propria vita, per quanto valga ormai.
Lo ama. Solo che non glielo dice più da tempo.
Oh, non è che non pronunci quelle due singole parole, solo che quando lo fa sembrano dette a caso, per colmare un silenzio imbarazzate.
Quindi, non glielo dice davvero da un po’ di tempo.
La musica, dentro al locale, è assordante; il silenzio lo farebbe pensare, e lui non vuole farlo. Vuole distrarsi, fumare, bere, autodistruggersi fisicamente, giusto per intonarsi allo stato psicologico.
Non sa nemmeno che ore sono; potrebbe essere veramente troppo tardi, ma sta così bene che chi glielo fa fare di andarsene? Di tornare ad immergersi nei suoi mille problemi?
Socchiude gli occhi. Le luci bluastre del luogo gli stanno mandando il tilt il sistema nervoso.
È come non avere nemmeno più il controllo del proprio corpo, tra fumo, alcool, mal di testa, droga, musica, luci, caos, casino più assoluto.
A ogni movimento è come vedersi da fuori, come se non fosse nemmeno lui a decidere le sue azioni.
Ogni sensazione è offuscata.
Quasi come essere sotto anestesia…”pensa. Gli viene da ridere, e nemmeno sa il perché; sorride e fa una risata che si trasforma in tosse. È vicino al limite.
“Meglio portarlo a casa.”
È forse Zayn a parlare, prendendolo per un braccio e sollevandolo. Harry barcolla, fa difficoltà a muoversi, viene praticamente trascinato dagli amici fino alla macchina, e caricato di forza sopra ad essa.
Il tragitto verso casa sua e di Louis è fatto di vaneggiamenti, frasi sconnesse, dolore, consapevolezza.
Nella sua testa l’idea di ciò che ha fatto comincia a prendere forma, ed è sempre più terrorizzante.
E allora Harry pensa ad altro.
A qualsiasi cosa.
A casa sua, a Holmes Chapel, al meteo, ai viaggi da fare, ai suoi amici, ogni singolo pensiero su tutto va bene, purché non sia Louis, la sua situazione, il bisogno di stare con lui.
Perché farebbe troppo male, ed Harry lo sa benissimo. Non vuole soffrire, vuole non doverci pensare, vuole ignorare tutto, tutto, ogni cosa.
Quindi perde il controllo.
Entra in casa sua malfermo, non riesce nemmeno a reggersi in piedi. E due braccia, calde e accoglienti, lo sostengono da dietro mentre sta per crollare.
“A-amore…”
Una voce flebile, di chi ha appena smesso di piangere, arriva alle sue orecchie. Nel buio, due mani prendono le sue, stringendole. E sembra tutto più tranquillo adesso.
Non dura. Con un movimento fulmineo Harry sbatte Louis a terra, facendolo mugolare in protesta.
“Ma che dolce… mi hai aspettato alzato….”sussurra direttamente nel suo orecchio, accarezzandogli il petto, sempre più insistentemente.
In una parte remota della mente di Harry, la sua coscienza sta urlando di fermarsi. Ma lui non ha controllo del suo corpo da un po’ di ore, non vuole sapere nemmeno cosa sta facendo, perché arriverebbe con la consapevolezza anche la realtà e lui, quella, la vuole tenere lontana per il più possibile.
Gli leva di vestiti di fretta, lanciandoli ovunque. Sa che Louis non si ribellerà, che non osa farlo perché ha paura di lui. Non vuole che accada, ma è così, non può farci nulla. Si mette in ginocchio e si abbassa pantaloni e boxer, pronto.
Non è la prima volta che succede. Non è la prima volta che lo prende lì, sul pavimento dell’ingresso della loro casa, ubriaco e fatto.
È autodistruzione, non se ne accorge nemmeno del male assurdo che si sta facendo da solo, che finirà per annullarsi, continuando in questo modo.
Alla fine, lascia il proprio ragazzo sul pavimento e si chiude a chiave in bagno. Non vuole essere seguito, non vuole aiuto.
Vuole rimanere solo, nel suo dolore che è tornato a visitarlo.
Sta male, pensando a tutto ciò che deve patire, si sente davvero di merda, e sa che anche volendo nemmeno Louis potrebbe dargli una mano quando stanno male entrambi allo stesso modo.
Si lascia scivolare a terra, distrutto.
Ha perso il controllo.

 

II
 
Pianto.

 

Tears stream, down your face
I promise you I will learn from my mistakes.

 
Se Harry impazzisce, Louis piange.
Piange, steso sul pavimento gelido. Si passa le mani sul volto, ancora senza indumenti, scomodo in quella posizione.
Va avanti così da mesi e nemmeno si lamenta. Gli dispiace solo di essere quasi al limite; di essere vicino a scoppiare, per il dolore.
Si alza, affaticato. Si trascina fino al letto e scambia i cuscini, per poter sentire l’odore di Harry, che è così buono, dolce, rassicurante.
Però lo inonda di lacrime.
Continua a piangere, neanche se ne accorge. Non riesce a smettere, si passa sempre la mano sulla faccia per mandare via le gocce che gli escono dagli occhi, ma esse continuano ad apparire.
Fa male.
Se ne accorge poco spesso, in momenti come quelli. Quando fa davvero male. Quando ti uccide dal dolore, questa sofferenza continua.
Louis, per sfogarsi, piange. Piange fino a quando non si addormenta, finchè Harry non si riprende e lo abbraccia per farlo calmare, cosa che succede sempre più di rado, perché il riccio si addormenta sul divano spesso, negli ultimi tempi.
Si rannicchia. Gli manca l’abbraccio essenziale, quello che mette tutto a posto. Gli manca l’affetto dell’amato, che un tempo era sempre presente.
Sta soffrendo terribilmente.
Non riesce ad andare avanti facilmente, vorrebbe solo fuggire via. Solo che non può.
Dove andare, se si è conosciuti in tutto il pianeta?
È una domanda che si fa ogni dannatissimo giorno.
Louis singhiozza, poi. Non è un pianto silenzioso il suo, ma uno di quelli brutti, con lamenti, gemiti, mugolii e respiro affaticato.
Ma questa sera fa qualcosa di diverso.
Rimane a piangere per un ora o due, poi si alza dal letto, avanza fino al salotto e cerca Harry con lo sguardo.
Non sta dormendo.
No, è sveglissimo. Fissa il soffitto con aria assente, totalmente estraniato dal mondo. Louis decide di avvicinarsi.
Il riccio non lo guarda, non dice nulla, ma sa che è lì. Allora il castano si siede sul divano, dove il ragazzo è sdraiato; gli sfiora un braccio, gli occhi ancora umidi dalle lacrime.
“Harreh?”chiama, tentando di mascherare la voce, rotta dal pianto. Nervoso, si avvicina di più e lo chiama ancora, sempre più agitato.
“Scusa.”sussurra finalmente Harry. Non dice altro, chiude gli occhi e aspetta di addormentarsi.
Louis allora si stende su di lui, appoggiando la testa sul suo petto, accarezzandogli il corpo, sempre in lacrime.
Vorrebbe solo che tutto andasse bene, senza problemi.
Sta male, sta morendo dentro. Ed è sempre peggio.
Le lacrime non lo abbandonano mai. Ogni giorno, ogni momento, Louis per reagire alla situazione piange.
Piangere è un ottimo modo per sfogarsi, si vive si più, si sta meglio. Ecco, su queste affermazioni Louis era d’accordo. Con tutte. Ma adesso sull’ultima ha davvero molto da ridire. Per prima cosa, tutta la sua dannata esperienza personale.
Vorrebbe solo addormentarsi. Chiudere gli occhi e non pensare a  niente, come fa sempre Harry ogni volta che sta male.
Ma lui non è il tipo da cercare di ignorare il dolore.
Lui deve sfogarlo con le lacrime. Con il pianto. Sentendo il male fino in fondo.
Masochismo?
Può darsi, ma a lui non è mai importato. Ne ha bisogno e lo sa.

 

III
 
Negazione.
 

Will we ever have a happy ending?
Or will we forever only be pretending?

 
Il sole comincia a dare fastidio a Louis. Come qualsiasi cosa, ormai.
“Tu non stai bene.”dice Eleanor, preoccupata. Gli afferra la mano e dà un occhiata furtiva ai paparazzi dietro di lei, poi torna a guardarlo.
“No. Non è vero. Sto bene.”nega lui.
Ormai sa solo negare il suo stato d’animo agli altri. Ripete di stare bene, sperando di autoconvincersi anche lui. Ma non succede, la consapevolezza in lui è pesante e asfissiante.
Eleanor sbuffa, si passa una mano nei capelli neri ed afferra una ciocca, cominciando a rigirarsela fra le dita.
“Mi stai mentendo.”osserva, impassibile. Louis si stravacca sulla sedia, poco fuori lo Starbucks, e si copre il volto con una mano.
“Piantala, tricotillomaniaca*.”
“Lou, tu hai bisogno d’aiuto. Sei diventato apatico.”commenta lei. Le ciocche tra le sue mani aumentano.
“Non è vero, non è vero, non è vero.”ripete lui, sempre più nervoso. “E comunque, è colpa tua.”
“Mia?”
Louis annuisce. Si tormenta le mani, non alza il volto. Vorrebbe poter svenire, collassare a terra e non dover più stare in quel luogo; anzi, vorrebbe stare con Harry.
Eleanor sorride, per non far capire che c’è qualcosa che non va alla gente che li guarda. Ma il suo sguardo è gelido.
“Questa situazione è difficile, lo capisco. Ma la colpa non è mia, ok? Io sono tua amica, e tutto questo è scomodo anche per me. Non fare il bambino, smettila di negare tutto.”
Louis alza la testa di scatto, facendo incontrare i loro occhi, e si stupisce.
Il volto della ragazza è sereno, ma lo sguardo lo sta praticamente accusando pesantemente di tutte cose vere, alle quali non aveva mai pensato. Gli occhi lo stanno perforando con fare accusatorio, e lui lo sa che dovrebbe darle ascolto, solo che non ce la fa.
Louis nega, dopo che ha pianto. Nega di stare male per mostrare di essere forte, lotta fino a quando non muore di dolore. E potrebbe anche morire, a questo punto. Fa talmente male.
Non riesce ad andare avanti così, ma ignora le proteste del suo cuore.
Lo fa per Harry.
Non vuole fare coming out, finire additato da tutti e odiato. Non vuole che succeda a Harry, poi.
Sprofonderebbe nel dolore, e lui non vuole. No, cazzo, non deve succedere. Non al suo Harry.
Si morde il labbro, fino a sentire il sangue nella bocca. Eleanor sospira e lascia andare i capelli, facendo cadere la mano sul tavolino.
“Basta, non farti male.”ordina, visibilmente preoccupata.
“Io sto benissimo, non ho nessun problema. Mai stato meglio. Non fare così, ok?”
“Va bene.”sussurra Eleanor, flebile. Scoraggiata, gli prende di nuovo la mano per confortarlo.
Louis congela sul posto un attimo, aspettandosi già foto, commenti, gente che li idolatra per uno sfioramento di arti, che faranno solo far stare male ulteriormente tutti. Prima, queste cose, non le aveva proprio calcolate.
Ritira la mano, si alza in piedi e guarda la ragazza, aspettando che si alzi anche lei. Ora però è costretto a prenderle davvero la mano.
La stretta di El è leggera, delicata, incerta. La ragazza non sa cosa fare, perché non vuole mettere a disagio l’amico.
“Non sono fragile come sembro, non fare così.”dice, stizzito.
Si odia da solo quando fa così. Si sente uno stronzo e basta. Solo che continua, non vuole crollare davanti a tutti e fare vedere quanto distrutto sia.

 

IV
 
Rabbia.

 

I’m tired of feeling like I’m fuckin crazy.

 
Louis è fuori con Eleanor, quindi Harry è arrabbiato.
Non è capace di piangere, quindi si arrabbia.
Ed è devastante.
Per prima cosa comincia ad urlare, tentando di attirare l’attenzione. Spera davvero che venga qualcuno, per guardarlo stare male. Per far sentire il suo dolore.
Odia essere ignorato.
Sa che Louis, il Louis Tomlinson di sua esclusiva proprietà, è con Eleanor, e questa cosa lo uccide dentro.
Prende a pugni e calci tutto quello che trova, vagando per la casa.
La cosa più bella, in quei momenti, è distruggere qualcosa. Fare a pezzi le cose, per ridurle uguali al suo stato interiore.
Sentire le cose che si rompono dopo il suo tocco, quella è una bella cosa. Una sensazione con la quale è a suo agio.
La rabbia, quindi, è la sua valvola di sfogo.
Vorrebbe solo strapparsi la pelle di dosso e sentirne il suono, crollando a terra e battendo i pugni sul parquet scuro.
Vuole vedere il sangue, il dolore, la carne, la sofferenza.
Prende a pugni e calci ogni cosa che trova sul suo cammino, sperando di trovare quello che sta cercando.
Non sa esattamente di cosa è alla ricerca, ma è qualcosa di tremendo e maligno, qualcosa di insano e di opprimente.
Si guarda, ironizzando su se stesso, allo specchio. Ride. Ride e piange, in piena pazzia. Appoggia lentamente la fronte sulla superficie riflettente, continuando a sorridere. Ha il volto di una persona folle.
Della più folle di tutte.
Ride talmente forte che rimbomba tutto nella stanza, e sente nella risata la sua stessa insania.
E poi, non è solo quella. Oh, è anche irato con sé stesso, per aver permesso che Louis dovesse fingere così ogni giorno. Ed è irato con Louis, perché non fa altro che ignorarlo. In realtà, odia tutto.
“Basta!”urla.
E torna il silenzio nella stanza.
Harry si rende conto di cosa ha appena fatto. Ha lasciato che il dolore, che tiene sempre lontano, lo facesse impazzire. Andare fuori di testa, come lui mai desidera.
Se lo sentiva che sarebbe andata a finire così.
Percepisce, anche se è ancora tutto offuscato, il suo corpo accasciarsi a terra, il cuore che batte talmente forte nel petto che quasi fa male.
Dopo il delirio, a Harry viene un idea.
E non è una di quelle idee buone, no. È malsana, stupida, pericolosa, cattiva.
Un idea che forse, solo forse, rimetterebbe a posto ogni cosa. Ogni problema, tra lui e Louis.
Sorride, il volto deformato dallo spasmo di rabbia e pazzia.

 

V
 
(Tanato)fobia**.

 

Come what may
I will love you until my dying day.

 
Quando Louis rientra in casa, è quasi sera.
 Harry è seduto sul divano, immerso nella penombra del salotto. All’inizio il castano non vede il volto del fidanzato, perché è girato di schiena.
Solo quando fa tre passi all’interno della stanza, riesce bene a vedere cosa c’è oltre la schiena del ragazzo.
Harry Styles ha in mano una pistola.
Louis impallidisce, deglutisce e “Harry?” sputa fuori, tremando.
Prova ancora ad avvicinarsi, sentendosi già male. Quell’arma lo sta portando verso l’ansia e la sta solo guardando.
“Ciao Louis.”dice Harry, lugubre. La voce sembrerebbe atona, se non ci fosse quell’intonazione triste e rassegnata.
“Un arma…”
La voce di Louis trema tantissimo. Alza la mano indicando l’arma scura, stretta tra le mani bianche del ragazzo.
“Visto?”chiede Harry, alzandosi in piedi. Il castano indietreggia di un passo appena, desiderando di essere ancora fuori di casa.
“Cosa vuol dire?”
Il riccio avanza, facendolo indietreggiare. Poi lo schiaccia al muro, nell’angolo, bloccandolo completamente. Fa un sorriso inquietante e poi punta la pistola alla tempia del fidanzato.
“Harry? Harry cosa fai?”si affretta a domandare questi, avvolgendogli il polso con la mano, stretto.
“Immagina… di morire. Di essere libero per l’eternità. Non sarebbe…”inizia l’altro, fermandosi per cercare la parola giusta. “Perfetto?”
Louis respira a malapena. Si sente già soffocare, è più debole del normale e vorrebbe poter spingere via Harry lontano da sé.
L’arma è gelida al contatto con la pelle del viso; il solo sentire la pressione del metallo lì mette un senso di inquietudine.
È in preda al panico.
“No, no. Harry, mettila giù… ti prego, ti prego, non fare cavolate, so che sei stanco e arrabbiato ma non è una soluzione…”mormora, senza più la forza di parlare. Sta sudando, ha l’ansia e sta di certo per piangere, terrorizzato.
Non vuole morire, non può. Solo il pensiero di lasciare il mondo lo atterrisce talmente. Sa che non sarebbe pronto a morire nemmeno a novant’anni, figuriamoci adesso.
“No!”urla Harry. Stringe la presa sulla pistola, gli occhi sgranati. “Non voglio continuare così. Noi. Non. Possiamo.”
Le parole fanno terribilmente male.
Il castano molla il polso del riccio, lasciando cadere il braccio lungo il corpo. Lentamente scivola a terra, coprendosi la testa con gli arti.
Harry lo tiene sotto tiro, abbassandosi con lui.
“Andrà tutto bene, sarà un attimo…”gli sussurra all’orecchio.
“Harreh… amore della mia vita… metti giù quella pistola… rilassati…”
Adesso Louis è davvero in lacrime. Il cuore batte talmente forte che lo sente sbattere sul petto, quasi facendogli male. Trema sempre di più, sperando di fare abbastanza pena a Harry per distoglierlo dalla sua idea.
“Ora ti sparerò… e poi farò lo stesso con me… e ogni preoccupazione svanirà. Per sempre.”
Quell’annuncio fa capire al castano che deve fare qualcosa, se vuole continuare a vivere.
Se potesse vedere il volto di Harry alla luce, saprebbe che sta piangendo anche lui. Solo che non può, e quindi teme che il su ragazzo sia diventato pazzo.
“Adesso, invece, tu posi quell’arma. Subito. Poi andremo a letto, ok? E domani ti sarai dimenticato di tutto…”dice. Non cambia nulla, il riccio è ancora immobile, che lo tiene sotto tiro e non si scosta.
“No.”
Louis, a questo punto, si sfoga completamente.
“Sei impazzito? Fermati, Dio santo, fermati! Harry, basta! Non puoi farlo, dove trovi anche solo il coraggio di ammazzarmi, dopo tutte le volte che mi hai detto di amarmi? Erano tutte menzogne? Eh?”urla, afferrandolo per le spalle. “Non farlo, ti prego. Harry, non puoi farlo, non devi farlo. Non credo nemmeno che tu voglia farlo veramente, quindi ti scongiuro, basta. Basta, basta…”
Finendo la frase, la voce si affievolisce. È talmente stanco e spaventato che potrebbe svenire. Lo implora con lo sguardo, fissando i proprio occhi nei suoi, e spera.
Spera che Harry si ravveda, che tutto possa andare bene in futuro, che quel dannato grilletto non sia premuto.
Non ricevendo risposta, chiude gli occhi e riabbassa il capo.
“Ricordati che sei l’unica persona che io abbia mai amato.”sussurra. Poi attende.
Attende di sentire lo sparo. Attende di sentire la pallottola che gli toglierà la vita.
“Scusami…”
Louis rialza lentamente il capo. Harry ha buttato a terra l’arma e sta singhiozzando, sussurrando cose insensate. Il castano lo stringe tra le proprie braccia, piangendo con lui.
“Un giorno andrà tutto bene… te lo giuro…”sussurra, accarezzando i ricci dell’altro ragazzo, tirandoselo addosso per sentirlo, sentire il suo corpo bello, caldo, vivo addosso a sé.
Harry si asciuga le lacrime e lo bacia con tutta la forza che ha.



The writer is IN.
 
(*Tricotillomaniaca: chi soffre di tricotillomania, ovvero l’abitudine di rigirarsi, e quindi anche di strapparsi, capelli e altri peli del corpo. Disturbo dovuto al nervoso.
**Tanatofobia: paura della morte. )
Alor, questa OS è angst.
Notare come io abbia scritto dell’angst senza né morti né rotture né niente. Beh, quasi niente.
Questa è, alla fine, la rappresentazione di come la Larry Stylinson sia paragonabile alle varie fasi dell’attacco di panico. Attacco di panico secondo come viene a me, ovvio. Se poi vi hanno raccontato altre cose, beh… ognuno è diverso. Però a me vengono COSI, quindi ve lo pigliate come mi viene, toh.
È stato molto pesante, direi, scrivere questa OS. Anche per me, che leggo/scrivo/vivo/respiro quasi solo angst. Diciamo che… è stata dura, dai.
E… mi chiedo chi sia più odioso in questo scritto. Se Louis che si ostina a fingere come un deficiente o Harry che sclera definitivamente, cercando pure di ammazzare il proprio ragazzo.
Io li trovo entrambi pazzi. In due modi totalmente differenti, ma non sani mentalmente.
Proprio NO.
Che poi fin dall’inizio era stabilito che non sarebbe morto nessuno. Poi, scrivendo il pezzo finale, mi sono detta “mah, potrei anche farli morire.” Però non mi sono ascoltata e ho continuato con l’idea iniziale. 
Ed è proprio così che vedo la situazione. Louis che piange, ma poi è costretto a fingere, e poi Harry, che dopo aver ignorato tutto impazzisce, distrutto. E le due parti, insieme, creano un esplosione. Non positiva.
Ok, va bien.
Spero che vi sia piaciuta. Se sì, mollate una recensione, siate buoni.
Per contatti vari, guardate la mia BIO di EFP. Anche perché non ho tutti i link ora. E… ah, ho una long al momento, Demigods.
Goodbye,
.Lu

  
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