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Autore: Lilith_Holmes    30/03/2013    1 recensioni
[...]"Claude gli alzò il mento con la mano destra e con la sinistra spostò le ciocche di capelli scuri – neri come la pece – per vedergli meglio il viso, rimanendone affascinato.
Gli occhi color cremisi, erano quelli ad attirarlo. Rossi e vividi, che lo osservavano intimoriti. Il viso era mascolino ma i lineamenti erano più morbidi di quelli di un uomo, le labbra piene, rosee e dannatamente invitanti."[...]

Il Conte Claude Faustus sta per risposarsi, e la sua futura moglie gli fa un regalo tanto bello quanto pericoloso.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Claude Faustas, Grell Sutcliff, Sebastian Michaelis, Un po' tutti, William T. Spears
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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 L'unica cosa che sentiva nello studio era il ticchettio dell'orologio, che batteva colpi come il dolore ai timpani e dietro gli occhi stanchi e le palpebre chiuse, come se quel ticchettio snervante e incessante fosse la reale causa di quelle fitte estenuanti e dolorose che facevano comunella con il mitragliare di pensieri che gli invadevano la mente.
Claude prese il respiro un paio di volte, cercando invano di calmare quel dolore che fin da quando s'era svegliato quella mattina lo tormentava. Non aveva ancora mangiato nulla - non aveva fame e prevedeva che non ne avrebbe avuta ancora per un po'.
Si riavviò i capelli scuri, scompigliandoli maggiormente.
Chissà se sapere cosa Sebastian avesse da dirgli avrebbe calmato almeno un po' quel dolore - dubitava fortemente che quella voce calda e serica potesse in qualche modo dargli sollievo, anche se ci sperava.
"Signore..." il basso richiamo di William lo distolse dai suoi pensieri e il martellare alle tempie aumentò.
"... siete sicuro di non voler fare colazione?" chiese l'uomo allora, seriamente preoccupato, leggermente dispiaciuto.
"Sicuro. Grazie per esserti preoccupato..." lasciò la frase in sospeso, come se fosse davvero pronto per dire ciò che pensava, e William attese.
"Potresti dire a... Sebastian... che se vuole, sono pronto ad ascoltare ciò che ha da dire. Quando vorrà, insomma..." una fitta più forte delle altre esplose per tutto il cranio.
"Hai capito..." se la sbrigò velocemente Claude, sperando vivamente che William avesse realmente capito e che quel cenno d'assenso non nascondesse la perplessità.
"Sarà fatto subit..."
"Prenditi i tuoi tempi William. Non c'è fretta. Se dorme, non svegliarlo. E se ha di meglio da fare, non disturbarlo" snocciolò velocemente il Conte Faustus, con un sorriso tirato. L'uomo annuì, e questa volta un leggero accenno della latente perplessità si fece notare.
"Desiderate altro?" chiese.
"Alois e Ciel sono a lezione?"
"Sì, signore"
"Bene. Puoi andare". L'uomo si congedò con un inchino e Claude si lasciò andare contro lo schienale della poltrona, che scricchiolò leggermente. Guardò il quadro di sua moglie.
"Earleen..." mormorò, osservando rapito il viso giovane dalla morbida serenità della donna. Sperò che William si dimenticasse di riferire a Sebastian ciò che gli aveva detto, ma era una speranza tanto vana e tanto stupida che gli venne da ridere.
La sera prima era certo che avrebbe chiesto subito a Sebastian di che cosa volesse parlargli, ma quella mattina, appena sveglio, con quell'incessante dolore palpitante... non se l'era sentita. Allora, era davvero meglio aspettare che Sebastian lo raggiungesse?
Chiuse gli occhi nuovamente, si umettò le labbra e rimase ad ascoltare il leggero crepitio del fuoco e, ancora, della pioggia che picchiava sui vetri. Ah, l'Inghilterra e il suo tempo costantemente tetro. Amava quel luogo ancor più della sua patria natale, la Francia. Certo, la Francia era elegante, ma l'Inghilterra lo era ancor di più. E per un uomo cupo ed elegante come lo era lui, cosa c'era di meglio di quel labirinto di sotterfugi ch'era quella terra? Rise, una risata leggera che alterò di poco il martellare alle tempie, e si dannò per dei pensieri tanto incoerenti.
Forse, ci sarebbe voluto un medico per il medico.
Scese solamente due ore dopo, due ore ad ascoltare il ticchettio dell'orologio che aveva appena segnato le dieci di mattina e ancora nessun improvviso paziente che non aveva l'accortezza di prevenirsi. In quel frangente, stava seriamente pensando di chiamare un medico per quelle continue fitte. Dubitava che fossero qualcosa di più di semplice stanchezza.
"Signore!". Riconoscere quella voce gli fece scendere un brivido lungo la schiena.
"Sebastian" rispose, voltandosi a guardare il ragazzo. Prese il respiro e gli sorrise affabile.
"William te lo ha detto?" chiese. Sebastian annuì.
"Beh... allora?". Il ragazzo distolse lo sguardo cremisi e lo puntò altrove.
"Io..." Claude inarcò le sopracciglia, leggermente sollevato nello scoprire che il ragazzo era nella imbarazzato quanto lui.
"Vogliamo salire nel mio studio? Forse qui ti senti a disagio..." azzardò. In realtà, non voleva che chiunque passasse potesse disturbarli. Sebastian si sarebbe sentito a disagio sia nell'atrio che nel suo studio. Il ragazzo annuì, forse sollevato di poter rimandare almeno un po' quella discussione.
Il fuoco non si era ancora spento, così Claude decise di farlo riprendere, mentre il ticchettio dell'orologio tornava a irritarlo.
"Dimmi pure" disse, mentre armeggiava con l'attizzatoio.
"Ecco... voi mi avete detto che non sarei servito per il mio originale uso e..." fu interrotto dall'attizzatoio che veniva rimesso al suo posto con un inusuale violenza e il Conte Faustus che si voltava di scatto, irritato. Certo, non pretendeva che una persona vissuta tutto quel tempo alla mercé del suo aguzzino avesse una grande stima di se, ma non era certamente possibile riferirsi a se stessi come ad un oggetto qualsiasi.
"Che non avresti fatto il tuo originale lavoro, sì, va avanti...". Sebastian sembrò perplesso per un attimo, poi si riscosse e continuò.
"... e se non faccio quello... allora, cosa faccio?" domandò. Non era una domanda retorica, era un problema che davvero lo assillava.
"Non so, ci sarà pur qualcosa che saprai fare, no?" fece con noncuranza Claude, appoggiandosi alla scrivania dietro di lui. Sebastian sembrò pensarci un attimo. Poi, infine, scosse lentamente la testa.
"Sono servito solamente a quello, da che ho ricordo..." mormorò, abbassando lo sguardo. A Claude venne da ridere, nonostante non ci fosse assolutamente da fare una cosa simile.
"Non dirai sul serio!" esclamò invece, mettendoci quanta più indignazione riuscisse a trovare. A volte, gli veniva da pensare che quella che era chiamata Nobiltà, filantropi ammirati, gente di buona famiglia, esattamente quella gente lì, era fra i peggiori criminali. E non era certo moralismo da quattro soldi, il suo. Era un nobile, non avrebbe certamente avuto guadagno dall'accusarsi da solo. E anche quell'indignazione che aveva mostrato, non era certamente sincera.
Sebastian, dal canto suo, distolse lo sguardo e si morse il labbro inferiore.
"Mi dispiace..." disse, come se fosse realmente colpa sua. Ciò che successe poi, Claude avrebbe potuto attribuirlo a tante cose. Al suo mal di testa, al ticchettio dell'orologio, ma sarebbero state scuse infondate come dire che la scrivania lo aveva spinto. Ma lo aveva abbracciato, e se lo era stretto contro mormorandogli contro i capelli scuri e morbidi che non aveva importanza, che qualcosa avrebbero trovato. Non solo detto tanto per dire. Glielo promise.
Sebastian tremò appena fra le sue braccia, ringraziandolo. Pianse, solo un po', lasciandosi sfuggire qualche leggero singhiozzo mentre il Claude lo teneva ancora stretto a se e gli accarezzava affettuosamente i capelli mentre gli sussurrava che sarebbe andato tutto bene. Non seppe perché, quel momento smorzò completamente il mal di testa che fino a poco prima era sembrato senza fine.
 
"Alois, Ciel, questo è Sebastian". Non sapeva se era pronto a conoscere i figli del Conte solo dopo tre giorni ch'era lì, ma lo avrebbe presto scoperto. I due bambini lo osservarono meravigliati, e a lui venne da sorridere.
"Piacere di conoscervi" disse, inginocchiandosi davanti a loro. Quello più piccolo, dai capelli scuri come quelli del padre, gli sorrise.
"Io sono Ciel" disse, porgendogli la mano. Allora, il biondo doveva essere Alois.
Sebastian prese delicatamente la mano di Ciel, che arrossì.
"Lui è Alois" continuò a dire, indicando con un leggero cenno della testa l'altro ragazzino.
"Salve..." disse questo, imbarazzato a sua volta, ma sorridente.
"Come vi ho già detto, Sebastian rimarrà con noi". Mentre il Conte pronunciava quelle parole, Sebastian si era nuovamente alzato in piedi. I due bambini continuavano ad osservarlo rapiti, e non sembravano aver recepito - o aver recepito solo in parte - il messaggio del padre. Ammetteva che quei due bambini erano davvero stupendi. Ciel, il più piccolo, aveva l'aria molto più matura del fratello, e sembrava più interessato a lui.
William irruppe nella stanza, risvegliando tutti dai loro personali pensieri. Sembrava che fosse particolarmente propenso a quello, l'uomo.
"Signore, c'è una persona che vorrebbe parlarvi" disse. Claude e Sebastian si scambiarono una veloce occhiata.
"Puoi restare tu con loro?" domandò. Sebastian annuì, ed osservò Claude uscire dalla stanza.
"Tu hai conosciuto la signorina Hannah?" domandò improvvisamente Alois, guardando la direzione in cui il padre era sparito, come temesse che potesse sentirlo.
"Sì" rispose Sebastian, sorridendo perplesso da quella domanda. Non si aspettava che i due piccoli sapessero chi lui fosse e perché fosse lì, così non vi accennò, limitandosi a sedersi sulla poltrona che Claude gli aveva detto di usare al posto di inginocchiarsi.
"E come ti è sembrata?" domandò ancora il piccolo Conte, avvicinandosi a lui. Gli fece segno di voler salire sulla sua gamba, e questo a Sebastian fece davvero piacere. I bambini solitamente erano parecchio diffidenti con chi non conoscevano - o perlomeno questo dicevano quei libri che aveva letto a riguardo.  
"Non so se posso dare un giudizio su questo..." mormorò Sebastian.
"A me lei non piace" sbottò stizzito Ciel, incupendosi. Sebastian gli sorrise, spingendosi leggermente in avanti.
"Beh, ma diventerà la tua nuova mamma. Forse dovresti provare a conoscerla meglio" Ciel gli sorrise, decidendo di imitare il fratello maggiore.
"Tu sei troppo gentile, Sebastian" gli disse. Questa era una cosa strana, detta da un bambino. Beh, spesso gliel'avevano detto, forse per il semplice fatto che lui non era mai riuscito ad odiare Garret Anafeloz, o chissà per quale altro motivo.  
"Tu hai mai visto la nostra mamma?". Sebastian annuì.
"È molto bella" rispose, inclinando leggermente la testa a sinistra, per guardarli meglio entrambi.
"Lo so. Sai, quel quadro verrà spostato in camera nostra quando papà sposerà la Signorina Hannah".
"Beh, questa è una bella cosa"
"Già". Ciel sembrò pensare a qualcosa, poi tornò a guardarlo negli occhi.
Restarono a chiacchierare per un tempo infinito, tanto assorti che non si accorsero che Claude era tornato e li osservava sorridente.
Era felice, l'uomo, di vederli legare con qualcuno che non fosse lui, Grell o William. A che aveva ricordo, William aveva subito ottenuto la simpatia di Alois e Ciel, ancor più dello chef Baldroy con il suo fare da zio o il giovane giardiniere Finnian con la sua allegria, o il vecchio nonno Tanaka, suo padre.
"Non credete sia ora di andare a letto?" domandò poi, facendo trasalire tutti e tre, nella fioca luce del fuoco che si andava via via esaurendo.
"Ma papà!" protestò Alois. Claude rise.
"Forza, smettete di tormentare Sebastian" disse, avvicinandosi ai tre.
"Non lo stavamo tormentando" ribatté Ciel. Claude gli diede ragione e prese con un braccio Alois. Fece per prendere anche Ciel con l'altro, quando Sebastian lo fece al posto suo. Ciel sembrò gradire la cosa e ridacchiò, nascondendo il viso nel suo collo.
"Spero non ti dispiaccia" disse Sebastian. Claude arrossì e distolse lo sguardo.
"N-no, anzi... ti ringrazio".
Da quando era morta Earleen, era la prima volta che qualcuno lo aiutava a mettere a letto i suoi figli. Sebastian sembrava ci sapesse fare con i bambini, con loro aveva assunto un comportamento completamente diverso da quello che aveva tenuto in quegli ultimi tre giorni.
"Buonanotte" esclamarono i due bambini, mentre Claude si chiudeva la porta alle spalle.
Sebastian sospirò.
"Sono felice di aver fatto una buona impressione su di loro" mormorò. Claude gli appoggiò una mano sulla spalla.
"Anche io. E sono felice che tu sia felice". Sebastian sorrise appena.
Claude lo riaccompagnò di sotto, pensando che Sebastian potesse perdersi la notte, non conoscendo il posto. Sebastian non ci mise molto a capire che quella di Claude era solo una scusa, ma non disse nulla, felice che il Conte avesse deciso in quel modo.
"Ci vediamo domani, allora..." disse il Conte, portando una mano a riavviarsi i capelli scuri. Sebastian annuì.
"Vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto per me" disse allora Sebastian, sorridendo appena. Claude lo guardò, e boccheggiò un paio di volte nel tentativo di dire qualcosa che non fosse ciò che gli passava per la testa in quel preciso istante. Tre giorni, in solo tre giorni ci si poteva innamorare di qualcuno?
Alla fine, anche senza scrivania a spingerlo, si sporse e lo abbracciò nuovamente.
"Sogni d'oro" gli mormorò all'orecchio.
"Sicuramente". Sebastian puntò le mani sul suo petto e lo allontanò leggermente da se, per guardarlo negli occhi ambrati. Chiuse i suoi, prendendo coraggio.
Fu un bacio dolce, di quelli teneri e senza reali conseguenze, un bacio mirato ad essere un bacio e nulla più, le mani di Sebastian ancora appoggiate sul petto di Claude e le mani di Claude che stringevano delicatamente i fianchi esili e morbidi di Sebastian.
Sì, sogni d'oro.   
 
 
Cialve!
Come disse il Dottor Leonard Hofstadter.
Bien, bien, bien. Io sono Karen, in nuovo acquisto delle Eunrti *si strappa trionfante il cartellino con il prezzo*.
Ho scritto il terzo capitolo di questa storia, un po' per voglia e un po' per richiesta e un po' perché non volevo lasciare una storia simile in ibernazione. Se vi sono piaciuta, potrei aggiornare ancora io. Altrimenti tornerà a farlo la Marty ^_^
La seconda parte non mi piace eccessivamente. Non lo so. Mi piace più la prima. Ma son dettagli.
Se ci sono errori vari, vi prego di farmelo notare, perché io me ne accorgo solo dopo.
Un bacione,
Karen. 

   
 
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