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Autore: Blue Sunshine    30/03/2013    8 recensioni
La notte in cui avevo conosciuto Peter ero rimasta a dormire a casa di Zayn, che mi aveva curato le ferite esterne e anche quelle interne, con attenzione e devozione: aveva soffiato sulla pelle dei miei lividi dei “ti amo” disperati, cercando di cucirmeli addosso lì dove vedeva il male che Peter mi aveva procurato. E non riuscivo a smettere di ricordare quei piccoli momenti che mi rendevano, però, eterna e che indirizzavano la mia vita verso un’unica direzione: la sua.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Furry
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Scelgo loro. 

 

Era sempre stato solo un gioco, a detta sua: un' occasione di svago per scaricare l’adrenalina e il nervosismo per gli imminenti esami. E io, sorridente, gli avevo creduto. Mi piaceva guardarlo allenarsi, con i muscoli che guizzavano ad ogni movimento, le gambe veloci e le braccia ben piantate davanti al suo corpo. Mi piaceva l’odore della palestra perché sotto la puzza di sudore e plastica c’era il suo profumo e mi andava bene così. Il rumore dei pugni contro i sacchi da boxe, lo schiocco delle corde contro il pavimento e i respiri pesanti, cadenzati ma calcolati facevano da dolce sottofondo anche ai miei studi. Mi rilassava stare lì e mi sentivo parte della sua passione, che era sua e basta, quasi innata. Non avevo paura di quel mondo perché quando lui usciva dallo spogliatoio, la tuta scura con il cappuccio tirato sui capelli ancora bagnati, mi sorrideva e mi sentivo bene. La sera, quando si addormentava con la testa sulle mie gambe mi prendevo un momento solo per me e allora studiavo attentamente il suo corpo, alla ricerca di qualcosa che avesse potuto fargli male; gli alzavo la maglietta, scoprendogli il petto e accarezzavo il viso, la nuca, le gambe. Sapevo che lui la maggior parte delle volte era sveglio ma non mi fermava mai e allora lo baciavo sulle labbra e mi addormentavo anche io.
“Ti fidi di me?” mi aveva chiesto. E io certo che mi fidavo, che domande. Gli accarezzavo la guancia con un accenno di barba scura, i miei polpastrelli sfioravano continuamente la sua mano, per cercarlo; le baciavo, le sue mani. Io lo amavo. 
Lo avevo guardato negli occhi, scuri ma macchiati qua e là da pagliuzze dorate, dalle ciglia lunghe che mi piaceva sentire sulla pelle delle guance. Mi ci ero riflessa, in quello sguardo, tanto sicuro e deciso.
“Sì”una carezza. 
“Combatterò”, aveva detto. E allora avevo capito: mi stava dicendo che questa volta era diverso. Non c’era spazio per l’incertezza o il senso di colpa, in lui. Zayn non era titubante semplicemente perché non lo era mai stato. Non ci aveva pensato due volte a offrirsi in letteratura al posto mio, quella volta, sebbene non avesse studiato e sapendo quanto anche io fossi impreparata. Non era stato insicuro quando mi aveva stretto i fianchi forte per farmi sentire le emozioni che lo sconquassavano dentro. E neanche allora, era stato debole. 
“Combatterò” aveva ripetuto per mettere le cose in chiaro, per farmi capire che una via d’uscita non c’era ma che, nonostante tutto, andava bene così. Mi era scappata una lacrime e l’avevo sentita fredda sulla pelle, come quando metti la mano sotto il getto gelido dell’acqua. Combatterò, combatterò, combatterò.
E tu, non me lo impedirai. Era questo che mi stava dicendo. E io non ci potevo, non ci volevo credere. Avevo chiuso gli occhi e, ricordo perfettamente, nell’oscurità del mio sguardo si era formata un’immagine ben distinta: era il suo petto nudo ed esposto, dagli addominali leggermente disegnati, così come piaceva a me guardarlo e toccarlo sentendo, sotto le dita, la sua pelle olivastra e tesa. Ma in quell’immagine il suo petto, sudato, si alzava e si abbassava freneticamente e potevo vedere chiaramente i suoi muscoli tendersi al limite, mentre piccole gocce di sudore tracciavano linee perfette. Potevo vedere i suoi fianchi spigolosi cinti dai pantaloncini neri e che lasciavano scoperte le sue lunghe e muscolose gambe. Ma avrei voluto tapparmi le orecchie, gli occhi e urlare, urlare e basta. Perché il fisico di Zayn era costellato di ferite, lividi e graffi. Lo avevo guardato in volto e allora avevo visto davvero: il suo volto tumefatto e gonfio nascosto per metà dai guantoni da boxe.
“Andrà tutto bene, Alice” aveva detto, incastrando il mio volto freddo fra le sue mani grandi. Avevo riaperto gli occhi, il respiro affannato, le labbra fra i denti. Avevo stretto le mani a pugno perché non riuscivo semplicemente a far finta di niente quando, in realtà, ero divorata dalla paura. Perché non sarebbe andato tutto bene, perché era un combattimento vero e lui, lui sarebbe stato solo. Non avrei mai pensato di provare una paura che facesse così male. 
“Ti fidi di me?” aveva ripetuto sulle mie labbra e sapevo che stava cercando di sviare il mio terrore, facendo leva sul controllo che, sapeva bene, di avere sulle mie emozioni. Il suo tocco mi confondeva, perché lo volevo ma ero anche terrorizzata. 
“Guardami” aveva sussurrato, allora. Ma non poteva sapere che, in realtà, io lo stavo già guardando. Lo vedevo nitidamente nella mia testa, il sorriso pieno che mostrava i suoi denti bianchi e i capelli neri appiccicati sulla fronte e il collo e là, proprio dietro di lui, c’era un qualcosa di oscuro che gli si avvicinava. 
“Alice, sono sempre io e sono qua. Guardami”, il suo respiro soffiava sul mio collo e i pollici massaggiavano delicatamente le mie guance ancora umide. 
“Non puoi” avevo biascicato, spossata come se avessi corso chilometri senza fermarmi mai. Lo avevo stretto forte al mio corpo, aggrappandomi alle sue spalle. Ero disperata perché lo sentivo già lontano da me. Sul ring. 
“Ti amo” aveva risposto. 
E sì, anche io lo amavo. Lo amavo così tanto e così forte che faceva quasi male. Non mi sarei mai stancata di toccarlo per scoprirlo, di guardarlo per capirlo, di stringerlo per vivermelo. Non avrei mai avuto abbastanza del suo profumo sulla sua pelle e sulla mia, delle sue labbra sul collo, delle sua mani a stringermi i capelli. Non era mai abbastanza il tempo che passavo a baciare la sua bocca, a tracciare le curve dei muscoli sulle sue braccia, sugli avambracci e sulle spalle. Giù, sulla clavicola; lungo gli addominali tesi, sul ventre piatto e asciutto. Ancora più giù, lungo il tratto sensibile di pelle sotto l’ombelico. Non avrei mai provato quel qualcosa che sentivo quando stuzzicavo l’elastico dei suoi boxer, facendolo ridere ma anche rabbrividire. E non potevo più fare a meno di sentirlo sussurrare il mio nome, con la voce distorta dal piacere quando eravamo raggomitolati fra le lenzuola oppure quando lo pronunciava in modo interrogativo, alzando il sopracciglio destro, perché mi aveva beccato a fissarlo. 
Non avrei potuto vivere senza Zayn Malik. Era mio, no? Era soltanto mio, come io ero soltanto sua. 
“Non lasciarmi andare solo” e avevo tremato sebbene il suo corpo fosse bollente. Lo avrei fatto? Davvero avrei assecondato la mia paura e non la sua richiesta? Patetico, dico solo. Non aveva capito che non lo avrei mai lasciato solo, perché quei graffi sulla sua schiena li avevo fatti io per marchiare la mia proprietà e perché lo amavo, ma forse non era neanche amore ma semplicemente qualcosa di più
“Non lo farò” avevo nascosto il viso al suo petto e avevo stretto le braccia dietro la sua testa, accarezzando la parte bassa del collo all’attaccatura dei capelli. Lo avevo sentito sorridere contro la pelle scoperta e, in fondo, ci avrei provato a essere forte. Eravamo noi e nessuna ombra oscura me lo avrebbe portato via. 

*

“Come stai?”, ma non risposi. Continuai a giocherellare con il braccialetto al mio polso, la testa chinata. 
“Alice” mi raggomitolai su me stessa, alzando le gambe sulla sedia e stringendole al petto. Nascosi il viso fra le ginocchia e serrai gli occhi. Non ero ancora pronta. 
“Ti prego”
Fa’ silenzio!, sto trovando il coraggio pensai, mentre la sua voce cadeva in un sospiro pesante e davvero, ero così tanto spaventata da non riuscire a guardarlo. 
“Capisco” e la sua voce spezzata incrinò un po’ anche me. Lo sentii trafficare fra le sue cose mentre lentamente alzavo il viso e aprivo gli occhi che avevo serrato. Tentai di combattere le lacrime, facendole annidare agli angoli degli occhi e quasi bruciavano. Lo vedevo e mi dava le spalle. Sbattei le palpebre e una lacrima sfuggì al mio controllo. 
Non me ne curai. 
Spostai i capelli sulla spalla destra e poggiai i piedi a terra, senza far rumore. Mi alzai e mi avvicinai a lui senza mai togliergli gli occhi di dosso. Vedevo i muscoli delle schiena contrarsi, come quelli delle braccia. Puntai lo sguardo sul neo della spalla destra, che tanto odiava ma che io amavo. Accarezzai la sua figura con lo sguardo un altro po’, soffermandomi sui fianchi che reggevano l’elastico dei pantaloncini sintetici e lucidi. Mi fermai a pochi millimetri, annusando il suo profumo. 
Sapeva di tabacco, perché quando era nervoso fumava sempre. Ma sapeva anche di adrenalina ed eccitazione. Sapeva di combattimento. Coprii la poca distanza fra noi con un balzo, soffocando un singhiozzo. Nascosi il viso sulla sua schiena nuda, accarezzandola con la guancia e lasciando baci bagnati sulla sua pelle. Strinsi le braccia intorno ai suoi fianchi, unendo le mani sul suo ventre. Lo sentii sussurrare dalla sorpresa prima di racchiudere le mie mani nelle sue. In quegli attimi di silenzio, ci dicemmo tutto. Si scusò per la preoccupazione che mi stava facendo provare, tentando di consolarmi perché quella era la sua passione e sarebbe andato tutto bene. Io mi scusai per quella paura esagerata e per la mia cocciutaggine, ricordandogli che sarei stata lì ad aspettarlo. 
“Non è il mio primo combattimento e non devi essere spaventata” Okay, ma è il primo combattimento in cui ci sarei stata io a guardarlo. Era la prima volta che qualcuno avrebbe avuto paura per lui e, pertanto, non doveva pensare solo a sé stesso ma anche a me che dopo il combattimento avrei voluto stringerlo. E doveva stare bene. Con un bacio sulla sua schiena sfilai una mano dalla sua stretta, intrecciandola fra i suoi capelli nerissimi. Gli accarezzai dolcemente la nuca perché sapevo quanto quel gesto lo tranquillizzasse. Rialzai il viso, puntando il mento sulla sua schiena e guardando il tatuaggio che aveva sulla parte bassa del collo. 
“Credevo mi odiassi” mormorò. Sorrisi appena, tanto non poteva vedermi. 
“Se ti avessi odiato ti saresti tirato indietro?
“Mi avevi promesso che non mi avresti mai fatto scegliere fra te e la boxe. E’ la mia passione e sei tu” spiegò velocemente, inciampando sulle parole che non avevano più importanza. Ci sarei sempre stata, qualsiasi cosa fosse accaduta. L’amore è una perenne scommessa e oramai entrambi, c’eravamo troppo impigliati in tutto quello che eravamo. Lo lasciai dalla mia stretta e lui si girò, guardandomi negli occhi. Subito mi persi nella trama dorata dei suoi occhi scuri, un labirinto sicuro e che non mi faceva mai perdere. Sorrise e delle piccole rughe di espressione si formarono ai lati dei suoi occhi. Ogni volta che eravamo così vicini entrambi sentivamo l’altro senza bisogno di toccarci davvero. Gli occhi, le parole, gli sguardi, i sorrisi, tutto per noi bruciava e basta. Quando ci avvicinammo ulteriormente tanto che i nostri nasi si sfioravano, tutto il resto sparì. Rimanemmo solo io e lui. Lui, con quel sorriso che sapeva di Zayn, ma anche di me e un po’ d’amore. Lui, con la barba non fatta da almeno una settimana e che mi solleticava il viso. Lui, con i suoi occhi, con le mani più giuste che mi avessero mai potuto toccare e che mi facevano provare emozioni impareggiabili sia con la loro dolcezza, sia con la passione o il desiderio, il bisogno. 
“Ti amo Alice”
“Ti amo anche io, Zayn” intrecciò nuovamente le nostre dita e mi spinse in avanti finché il mio petto non fosse completamente appoggiato al suo. Sincronizzammo i respiri, parlammo con gli occhi in attesa, forse, di andare in simbiosi. Si abbassò appena, soffiando sulla mia bocca, prima di premere le sue labbra contro le mie. Si modellarono all’istante, come sempre. Ma quel bacio dolce con le nostre mani ancora unite e abbandonate ai fianchi divenne qualcosa di più. Zayn chiese accesso con la sua lingua a un bacio più profondo e forte e io lo incoraggiai, schiudendo le labbra. Girai la testa di lato, seguendo i suoi movimenti, che riflettevano le mie esigenze mentre le nostre lingue si trovavano. E non c’era nessuno che conduceva; c’era solo la necessità di uno, che era anche la necessita dell’altro. Sentii un gemito fuoriuscire dalle labbra di Zayn quando la mia lingua lambì il suo labbro inferiore. Slacciò subito le nostre mani per posare le sue sui miei fianchi, alzando leggermente la maglietta e accarezzando un lembo di pelle surriscaldato dalla sua vicinanza. Le mie mani corsero, invece, fra i suoi capelli. Sorrisi contro le sue labbra quando un sospiro mortificato uscì dal suo naso, mentre scompigliavo i suoi capelli acconciati. Le mie mani, ancora più vogliose, scesero giù lungo le sue spalle, accarezzando con un tocco quasi rude i suoi muscoli. Sentii i suoi tendini sforzarsi quando le sue mani scesero lungo il mio fondoschiena, facendo una lieve pressione nella parte dietro delle mie cosce. Consapevole di ciò che voleva fare mugugnai di assenso mentre, senza fatica, mi alzava da terra e io allacciavo le gambe alla sua vita. Barcollò leggermente in avanti finché non fece aderire la mia schiena contro il muro gelido. Come ero solita fare lo graffiai alla base del collo, mentre lui abbandonava la mia bocca per baciare il collo. Sentivo i muscoli del suo corpo tesi dallo sforzo, il suo respiro forte e pesante e così iniziai a baciare le sue spalle mentre entrambi diventavamo sempre più disperati. Ma qualcuno bussò alla porta, facendoci piombare di nuovo nella realtà. Alzò il viso dal mio collo e io congiunsi le mani sul suo petto, a palmo aperto, intercettando il suo calore. Le sue mani, sotto i miei glutei, lanciavano scariche di piacere anche se a dividere le nostre pelli c’era il tessuto dei miei jeans. 
“Mancano cinque minuti” e lui continuò a guardarmi, diretto e nudo. Ancora stretti l’uno all’altra era difficile pensare a qualcosa di diverso, che non fossero le sue mani su di me e i suoi gemiti nelle mie orecchie. Mi fece scendere e io barcollai appena, prima di affondare nuovamente il volto al suo petto. Bussarono di nuovo e lui sbuffò. 
“Arrivo” urlò. Sentimmo i passi allontanarsi e il silenzio piombò di nuovo fra noi. 
“Devo andare”
“Lo so” e annuii contro il suo petto. Alzai nuovamente gli occhi su di lui e arrampicandomi sulle punte dei piedi, congiunsi ancora le nostre bocche. Fu un bacio dolce, solo di labbra. Catturammo ognuno il respiro dell’altro e quando aprimmo di nuovo gli occhi ci separammo e indietreggiai. 
“Sei bellissima” e arrossii come accadeva sempre quando me lo diceva. Passai un’ultima volta la mano sulla sua guancia, non potendo fare a meno di toccarlo, di sentirmelo addosso. Lui chiuse gli occhi, le lunghe ciglia a disegnare ombre sulle occhiaie accennate. 
“Ti amo come non ho mai amato nessuno” dissi e le sue palpebre chiuse tremarono prima di aprirsi, lasciandomi libero accesso al mondo che aveva negli occhi. Sorrisi e mi chinai dietro di lui, recuperando i suoi guantoni rossi. Li girai fra le mie mani, ricordando l’attenzione con cui Zayn li indossava e il modo in cui aggrottava le sopracciglia, concentrato già nel suo allenamento. Erano innumerevoli gli allenamenti a cui avevo assistito ma il ring era tutt’altro. Zayn non sarebbe stato l’unico a tirare pugni con quanta forza aveva in corpo. I colpi che avrebbe assestato, li avrebbe in parte ripresi e in parte io stessa li avrei sentiti. Allontanai dalla mente quei pensieri molesti, concentrandomi nuovamente su di lui. Mi stavo fidando e così accostai i guantoni alle labbra, baciandoli. Poi glieli misi in mano, con decisione. 
“Dagli del filo da torcere” dissi solamente.
Vidi i suoi occhi animarsi di nuova energia mentre li prendeva, prolungando il suo tocco sulle mie mani. Senza aggiungere più nulla mi prese per mano e  uscimmo dallo spogliatoio, incamminandoci lungo il corridoio verso una porta arrugginita e spalancata da cui proveniva un baccano sommesso. Aggrottai le sopracciglia quando sulla soglia si fermò; sbirciai da dietro la sua schiena e sgranai gli occhi: la sala era spaziosa e poco illuminata e al centro capeggiava il ring; intorno alla gente assiepata in piedi vi erano delle impalcature di legno da cui pendevano alcune catene di ferro. Al lato destro erano ammucchiati diversi barili d’acciaio ma, a quella distanza, non riuscivo a capire cosa potessero contenere mentre al lato opposto una macchina era parcheggiata, gli sportelli aperti, da cui proveniva la musica a volume altissimo. Deglutii, a disagio e in confusione mentre Zayn respirò profondamente, facendo guizzare i muscoli in scatti eccitati. Aumentai la stretta sulla sua mano tanto che si voltò verso di me, preoccupato. Ma quando ebbi il suo sguardo addosso mi tranquillizzai all’istante. Allora sorrisi, pallida e sudaticcia, prima di annuire lentamente. Zayn sorrise di nuovo prima di distogliere lo sguardo dal mio, facendomi sentire freddo. Mi diede una spinta in avanti e finalmente entrammo nella sala. 


Quando eravamo entrati Zayn era stato acclamato a gran voce, mentre la musica veniva abbassata notevolmente, facendo da sottofondo alla nostra avanzata. Attaccata alla schiena di Zayn, una mano incastrata alla sua e l’altra sul suo braccio, alzai gli occhi e guardai il ring. Mi mancò quasi il respiro, mentre quella brutta sensazione che non mi aveva mai abbandonata tornò a stravolgermi ancora. Mi concentrai sulla stretta che Zayn esercitava sulla mia mano mentre la sua camminata sicura mi condusse fin sotto al ring. Era rialzato rispetto al pavimento e diversi fari al neon lo illuminavano a pieno. Mi sentii piccola, quasi insignificante e la cosa più opprimente era che anche Zayn al suo confronto, sembrava piccolo e insignificante. Lui mi aveva sempre protetta con le sue attenzioni, le parole, i sorrisi, il corpo. Ma lì sopra, chi avrebbe protetto lui? Scossi di nuovo la testa, eliminando qualsiasi altro pensiero che non riguardasse il ragazzo che sentivo al mio fianco. Strinsi ancora le sue dita fra le mie, come saluto, mentre cercai di allontanarmi per raggiungere il posto che mi aveva detto Zayn e dove Niall mi stava aspettando. Ma Zayn resistette al mio tentativo e mi spinse contro il suo petto, con forza e urgenza. Rimasi immobile per alcuni secondi mentre lui si aggrappava a me, affondando la testa corvina contro la mia spalla. Rimasi spiazzata dalla fretta e dall’intensità con cui mi teneva a sé e ancor di più quando si separò da me, alzando il mio viso dal mento, e mi baciò a stampo, senza guardarmi negli occhi. Mi lasciò con una tale velocità che quasi barcollai e si arrampicò agilmente sul ring, chinandosi sotto le corde ed entrando. La folla rumoreggiava ancor di più mentre la musica era stata oramai spenta e nella sala serpeggiava il nervosismo dovuto all’attesa dell’inizio dell’incontro. Mi guardai intorno alla ricerca di visi conosciuti nella palestra frequentata da Zayn, senza successo. Ancora stordita raggiunsi Niall in seconda fila che senza dire nulla mi cinse in modo protettivo le spalle, stringendomi al suo fianco. Lo guardai negli occhi azzurri, più blu a causa del gioco di luci e buio, ma quelli mi evitarono mentre sorrideva, teso, senza guardarmi. C’era qualcosa, nell’aria. Qualcosa che Zayn non mi aveva detto ma di cui si era scusato e congedato con quel bacio rubato; qualcosa che Niall aveva impresso negli occhi e che tentava di non farmi capire. Sbuffai sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. 
“Parla” intimai, rifiutandomi di distogliere lo sguardo dal suo viso contratto. Niall sospirò, strofinandosi il volto con la mano libera e facendo un cenno con la testa verso il ring. 
“Dovresti guardare tu stessa” e allora mi guardò ma io mi girai velocemente e Niall dovette sorreggermi perché barcollai, un capogiro che mi colpiva in pieno. Mi liberai dalla stretta di Niall, portandomi le mani tremanti alla bocca. Divenni sorda alle parole consolatorie di Niall e alle grida d’incitamento delle persone presenti mentre riuscivo a vedere e a sentire solo lui. L’avversario di Zayn, io lo conoscevo bene. 
“Mi dispiace” sussurrò Niall, con le mani fra i capelli. Io continuavo a guardare lui e dio, avevo paura: i capelli ramati che ricadevano, ricci, su due grandi occhi verdi, la pelle chiara e le lentiggini sul naso, i denti bianchi e il piercing al sopracciglio sinistro. Io lo conoscevo: quello che si trovava all’angolo opposto rispetto a Zayn, era Peter. Il ragazzo che una sera a un bar si era presentato sorridente e amichevole, che mi aveva parlato con la lingua birichina fra i denti e i capelli disordinati, che mi aveva fatto ridere e che mi aveva accarezzata innocentemente e che però mi aveva mentito perché quando mi ero fidata mi aveva ingannata e impasticcata da fare schifo e toccata ancora. Chiusi gli occhi, terrorizzata a quella vista: Peter e Zayn, uno contro l’altro. 
“Mi ha fatto giurare di non dirti niente” furono le spiegazioni di Niall, immobile al mio fianco. E io provai rabbia perché non volevo che Peter toccasse anche lui, che lo contaminasse. Ed era tutto schifosamente chiaro e mi chiesi come avessi fatto a non arrivarci prima: non era un combattimento organizzato dalla palestra, con tutte le norme di sicurezza. Era un combattimenti clandestino, una resa dei conti. 
Era un conto aperto per Peter che non era riuscito ad avermi e un conto per Zayn che quella notte arrivò appena in tempo per salvarmi ma non per vendicarsi
“Quando è riuscito a trovare Peter e gli ha proposto l’incontro voleva tenerti all’oscuro di tutto- stava dicendo Niall, che mi aveva racchiuso i polsi piccoli dentro le sue mani fredde- ma sapeva che non l’avresti perdonato e ha preferito dirti solo una parte della verità. E l’ha fatto perché sebbene tutta questa merda, ha bisogno di te. Da solo non sarebbe riuscito ad affrontarlo e- si bloccò di nuovo, scuotendomi appena- cristo santo Alice non riesce più a guardare il tuo viso perché si ricorda di quella sera e di quelle ferite e del fatto che comunque sia andata è arrivato tardi” urlò sulle mie labbra, secche e serrate. D’un tratto ricominciai a sentire e vedere tutto: le sue mani, il suo respiro affannato, i suoi occhi puntati su di me, il tremolio delle sue spalle. Guardai Niall con il petto che bruciava e i polmoni che non riuscivano a incamerare aria. Ero in panico. Ma aveva ragione lui, dopotutto. Avevo l’istinto di urlare a squarciagola, scappare da lui per stringermi fra le braccia di Zayn; ma ero consapevole di non poterlo fare e dunque, tentai di concentrarmi sul sorriso timido che Niall mi stava concedendo e sulle sue mani che avevano lasciato i miei polsi e mi accarezzavano le braccia. Annuii lentamente e tornai a guardare di nuovo il ring, concentrandomi su Zayn che in piedi saltellava sul posto, muovendo ritmicamente la testa. I suoi occhi scuri fissavano l’angolo in cui Peter si trovava, intento a sistemarsi le fascette sulle mani e fu tutto troppo veloce: Peter si girò nella mia direzione e mi guardò. Smisi di respirare mentre Niall mi premeva il viso contro il suo petto, tentando di non farmelo notare ma era troppo tardi: riconoscevo il dolore di quello sguardo sulla mia pelle. Ghignò, Peter, alzando il volto in modo sicuro e io tornai indietro nel tempo, a quel lontano sabato sera in cui avevo litigato con Zayn e Peter mi aveva offerto un bicchiere che credevo fosse solo succo d’ananas e mi aveva prima sfiorato il naso con il dito e poi la guancia e poi mi aveva spinto nel bagno del locale per infilare le sue mani sotto il mio vestito. Si tirò i capelli da un lato, inumidendosi le labbra con la lingua e alzando un sopracciglio a mo’ di saluto. 
“Bastardo” sussurrò Niall fra i miei capelli mentre mi perdevo nel ricordo di quanto facessero male le sue mani sul mio corpo e di quanto fossero sbagliate e diverse da quelle di Zayn: Peter aveva cercato di marchiare la mia pelle con morsi, graffi e schiaffi e anche pugni. Aveva toccato ogni centimetro del mio corpo, indolenzendolo. Era stato brutale e bruciavano ancora le immagini di quanto per lui non contasse farmi male purché godesse. Scossi la testa, nascondendomi in parte dietro i miei capelli e in parte sul collo di Niall. Mi sembrava di essere caduta in un incubo anche se il dolore che provavo era sin troppo reale. Peter mi fece l’occhiolino e “Oh no” borbottò Niall. Improvvisamente subentrò nel mio campo visivo Zayn, che si era slanciato contro Peter. Ma fu fermato appena in tempo da Harry che con estrema fatica, le braccia muscolose intorno al suo torace, lo costrinse a tornare all’angolo continuando a sussurrargli qualcosa all’orecchio. La folla urlò, in estasi mentre molte facce si giravano verso di me. Mi accoccolai ancora di più fra le braccia di Niall, alzando gli occhi verso Zayn. Mi stava guardando e allora, sparì tutto. Rimanemmo solo noi e dietro la trama oscura del suo sguardo che sapeva di rabbia, dolore e preoccupazione vidi qualcosa: vidi me, intenta a intrecciare le mani fra i suoi capelli e lui, puntellato un gomito al lato del mio fianco per non pesarmi, che mi baciava il collo, la mascella e la bocca mentre con la mano accarezzava la mia gamba. Con un rombo improvviso tornai alla realtà e mi asciugai l’unica lacrima sfuggita dal mio controllo e annuii di nuovo, ancora, per fargli capire che andava tutto bene e che ero con lui. E dovette capirlo perché si rilassò e si lasciò andare alle ultime cure di Harry. Dopo poco vidi un ragazzo con gli occhiali da sole avvicinarsi prima a Peter e poi a Zayn, fermandosi poi al centro del ring con un microfono. Strinsi forte la mano di Niall quando Harry diede una pacca al petto di Zayn, lasciandolo solo. Il ragazzo pronunciò il suo nome e Zayn si avvicinò mentre Peter faceva lo stesso. I due oramai erano divisi solamente dal tizio che continuava a parlare a vanvera, gli sguardi intrecciati e cattivi. Quando uno scampanellio risuonò nella sala e i due ragazzi furono lasciati liberi di colpirsi, acclamati dalla folla, iniziò il mio travaglio. 

 

Con mia grande sorpresa non fu Zayn il primo a colpire. Si mise sulla difensiva, pronto ad accogliere i colpi di Peter che non si fecero attendere a lungo. Peter preparò un diretto indirizzato al viso di Zayn che si infranse, però, sui suoi guantoni. Non feci in tempo a sospirare di sollievo che lui aveva caricato un altro colpo, che centrò in pieno lo stomaco di Zayn. Si piegò appena, strabuzzando gli occhi e io sobbalzai sul posto guardando Niall che, però, fissava il ring, immobile. Tornai a guardare anche io, in tempo per vedere Zayn colpire in pieno viso Peter che fu costretto ad indietreggiare, sbilanciato dalla forza del colpo. Ma Zayn, fulmineo, lo raggiunse di nuovo assestandogli due velocissimi diretti e un gancio, procurando qualche schizzo di sangue. Il tumulto accrebbe ancora quando i due si scontrarono direttamente, intrecciandosi in un abbraccio mortale; per alcuni secondi fu uno scambio brutale e confuso di pugni e smisi di respirare, riprendendo solo quando si allontanarono nuovamente. Entrambi saltellavano sul posto e con sollievo vidi che Zayn era quasi del tutto illeso, se non per un’escoriazione sul labbro arrossato. All’improvviso si slanciò di nuovo contro l’avversario, scagliando pugni veloci, precisi e potenti. Alcuni andarono a segno, altri furono parati ed altri ancora lo lasciarono troppo scoperto così da permettere a Peter di restituirglieli in parte. I due si allontanarono di nuovo con i respiri pesanti e la luce sparata sulle loro figure che faceva rifulgere i loro corpi sudati. I minuti successivi furono un continuo scambio di potenti percosse finché, con un singhiozzo strozzato, non notai Zayn sanguinare copiosamente da un sopracciglio. Quando il sangue raggiunse l’occhio, offuscandogli la vista, il ragazzo con gli occhiali da sole si frappose fra i due, spingendoli agli angoli opposti fregandosene dei fischi contrariati che si alzarono dal pubblico. Harry salì velocemente sul ring e si avvicinò a Zayn che sputò il paradenti e alzò il viso nella sua direzione. Harry trafficò per alcuni secondi sul volto dell’amico, prima di dargli una pacca. Dall’altro lato Peter sorrideva, soddisfatto. Mordendomi le labbra quasi a farle impallidire osservai attentamente il brutto taglio sul sopracciglio che si stava gonfiando anche con le cure di Harry e gemetti quando i due ragazzi si fronteggiarono nuovamente. Ricominciò tutto daccapo e Peter, con mio grande orrore, prese in mano l’andamento del combattimento: i suoi colpi erano veloci e potenti, indirizzati allo stomaco di Zayn che a malapena riusciva a mantenere quella rapidità. Indietreggiava, sopraffatto dai pugni che Peter sferrava su di lui. Gli rifilò tre cazzotti consecutivi, mirando alla mascella di Zayn. 
“Ma cosa?…” la mia voce si spezzò, mentre Niall aumentava la stretta sui miei fianchi. Non riuscivo più a guardare. Mi scostai leggermente da lui mentre Zayn veniva colpito in pieno stomaco, accasciandosi contro le corde. 
“ZAYN!” urlai, graffiandomi la gola. Era quasi impossibile sperare che la mia voce gli arrivasse, che mi sentisse fra quel baccano di grida e fischi. D’istinto mi mossi per raggiungerlo perché volevo toccarlo ma Niall mi bloccò prontamente. 
“Non puoi andare da lui, Alice!” urlò preoccupato e in quell’esatto istante Peter, esaltato dalla vittoria che gli sembrava così semplice, iniziò a tempestare di pugni Zayn il quale non poteva far altro che tentare di pararne il più possibile, ancora semi accasciato alle corde. 
“Niall, Niall lo sta massacrando! Per favore, no, io …” strinsi con foga l’orlo della sua maglietta scura ma quando lo guardai negli occhi lucidi, capii. Non poteva fare niente. Io non potevo fare niente. Mi appoggiai completamente a lui, tentando di lottare contro le lacrime e contro le unghie che sentivo conficcarsi nel mio cuore. 
“Zayn, me lo avevi promesso” mormorai, disperata. Quando Peter caricò l’ennesimo pugno fui tentata di chiudere gli occhi e urlare ma, ritornando a respirare, vidi Zayn schivare il colpo spostandosi a destra e barcollando leggermente, recuperò la distanza di sicurezza. Con un nodo alla gola, osservai il suo viso eccessivamente pallido sebbene la pelle olivastra: il labbro inferiore era gonfio e sanguinava, come anche il naso. La ferita del sopracciglio era sporca di sangue incrostato e dava come l’idea che si stesse infettando; un livido scuro si allargava sull’occhio. In quel momento suonò la fine del primo round. Zayn abbassò i guantoni, avvicinandosi con passo incerto all’angolo. Harry si affrettò a raggiungerlo e la sua schiena coprì la mia visuale. Niall lasciò un bacio sulla mia fronte, mentre i miei respiri uscivano veloci e spezzati. Io volevo baciarlo. Avevo bisogno di curare quelle labbra con le mie. Harry si scostò per prendere un’asciugamano bagnato e riuscii a scorgere il suo volto: l’occhio era irrimediabilmente gonfio e probabilmente vi era una frattura. I capelli sudati erano appiccicati al collo dove una vena gonfia gli creava un solco lungo la pelle lucida per il sudore. Teneva gli occhi chiusi mentre Harry lo medicava con cura. Quando l’intervallo finì e i due furono di nuovo pronti il tintinnio riecheggiò ed ebbe inizio il secondo round. Zayn e Peter camminavano in cerchio, stuzzicandosi di tanto in tanto e quasi tutto il pubblico sembrava in stallo, attento e in attesa. Poi Zayn fu colpito da un altro pugno ma non feci in tempo a reagire che lui attaccò. Con tutta la rabbia e la potenza che aveva colpiva Peter che, preso alla sprovvista, iniziò a indietreggiare senza aver tempo di difendersi. Zayn colpiva velocemente ogni parte del suo corpo e io sentivo in quei pugni il tormento che lui aveva ancora dentro, il dolore straziante che aveva provato quando mi aveva vista in balìa di quell’individuo, l’impotenza che lo aveva immobilizzato perché non era riuscito a proteggermi. In quei colpi c’era una storia che tutti e due non avremmo mai dimenticato, che avrebbe lasciato il segno su entrambi. Con un gancio ben piazzato lo prese in pieno volto, facendo cadere Peter a terra. L’arbitro iniziò subito a contare mentre Zayn gli saltellava accanto. Con le mani unite al petto, sperai che fosse tutto finito ma non fu così. Peter si rialzò, aiutato dalle corde e dopo essere rimasto spiazzato per pochi secondi si avventò su Zayn che, però, era pronto: parava e attaccava, attaccava e parava con movimenti precisi e calcolati, senza eccedere. La concentrazione era disegnata chiaramente sui suoi tratti orientali mentre, come un’automa, si muoveva insieme all’avversario. Il ritmo venne d’un tratto interrotto da un pugno che raggiunse il suo fianco destro scoperto. Peter lo aveva colpito con molta forza e Zayn si accasciò sulla corda, esattamente davanti a me, dandomi la schiena. La sua testa ciondolò inerme a destra ed era vicino. Peter gli si avvicinò rapidamente, arrivando a fronteggiarlo e poi, mi guardò di nuovo. Prima di colpire nuovamente Zayn si prese qualche secondo per fissarmi e dire, come se fossimo solo io e lui:
“Ciao, piccola” secondi che, però, gli costarono tanto. Zayn si infuriò e dimentico del corpo dolorante si alzò, tremando da capo a piedi; cominciò a colpire ogni parte riuscisse a raggiungere, con tutta la forza che prima aveva trattenuto. Era, però, arrivata anche la stanchezza e da ambedue le parti i colpi iniziarono a diventare sempre meno precisi. Il mio cuore smetteva di battere ad ogni pungo che Zayn incassava quando, finalmente, accadde qualcosa. Riuscì a colpire Peter in pieno viso, stordendolo a tal punto da fargli abbassare la guarda di pochi millimetri ma lasciando comunque lo spazio necessario ai diretti di Zayn: uno sotto l’occhio, l’altro al fianco. Peter sputò di nuovo sangue, rimanendo per un secondo senza respiro e cadde di nuovo a terra. Zayn barcollò per il contraccolpo, poggiandosi alle corde. Anche Peter cercava di rialzarsi, incitato dal pubblico. Un rivolo di sangue scendeva lungo la sua guancia tagliata, mentre i polmoni contratti non riuscivano ad incamerare l’aria necessaria per rialzarsi. E i secondi passavano. 
“E’ fatta” sussurrò Niall al mio orecchio e sì, aveva ragione. Furono i secondi più lunghi della mia vita: sentivo la vicinanza di Niall chiaramente, con il suo braccio a stringere forte perché si stava aggrappando, vedevo Zayn respirare affaticato contro le corde e, finalmente, il giovane che si era occupato della presentazione dell’incontro si alzò segnalandone la fine. Aveva vinto, Zayn aveva vinto. Lo vidi accartocciarsi su sé stesso, con una mano sul ventre e un sorriso sghembo sul volto livido. L’arbitro si avvicinò a lui e sorreggendolo lo condusse al centro del ring. 
“Il vincitore” urlò forte, alzandogli il braccio muscoloso in segno di vittoria. Sorrisi fra le lacrime, un sorriso vero e grande e quando Zayn alzò entrambe le braccia in aria, piegando la testa all’indietro, mi unii alle urla del pubblico sfogando la tensione accumulata. Con un balzo saltai al collo di Niall, stringendolo forte e lui mi alzò da terra, girando su sé stesso, felice. “Cristo ha vinto, ha vinto!” gridava mentre io mi stringevo alle sue spalle e lui affondava il viso al mio collo. Fra i suoi capelli biondi cercai lo sguardo di Zayn e lo trovai subito. Quando i nostri occhi si incrociarono era di nuovo lui: gli occhi erano tornati del consueto colore, senza nessuna ombra a oscurare le sfumature più chiare della sua iride e lì dentro, trovai anche la forza e la voglia di dimenticare quella faccenda che ci aveva feriti così in profondità. Insieme saremmo andati avanti, più stretti e più vicini e quando mi sorrise, stringendo gli occhi per il dolore causato dal gonfiore, lo trovai ancora più bello. Gli mandai un bacio con la mano mentre lui con le labbra mimò un “ti amo” urgente, come urgente era anche la voglia di sentirsi di nuovo vicini e di potercelo sussurrare sulle nostre pelli. Non erano tante le volte in cui me lo diceva: la prima volta eravamo sdraiati sul divano di casa mia e stavamo guardando una telenovela. Mi aveva stretta più forte e me lo aveva sussurrato di getto e in modo imbarazzato tanto che la sua pelle scura non riuscì a nascondere il rossore sulle sue guance. Ed era anche la prima volta che lo avevo visto arrossire; gli avevo chiesto di ripeterlo, con un sorrisino furbo ma lui non lo aveva fatto, arruffandomi i capelli in modo scherzoso, il sorriso sghembo sulle labbra e le guance ancora rosse. La notte in cui avevo conosciuto Peter ero rimasta a dormire a casa di Zayn, che mi aveva curato le ferite esterne e anche quelle interne, con attenzione e devozione: aveva soffiato sulla pelle dei miei lividi dei “ti amo” disperati, cercando di cucirmeli addosso lì dove vedeva il male che Peter mi aveva procurato. E non riuscivo a smettere di ricordare quei piccoli momenti che mi rendevano, però, eterna e che indirizzavano la mia vita verso un’unica direzione: la sua. Non riuscii a trattenermi più: mi sciolsi dolcemente dall’abbraccio di Niall che mi diede un buffetto affettuoso sulla guancia; gli sorrisi e mi incamminai verso il ring mentre sentivo le mie mani pizzicare dalla voglia di abbracciarlo e accarezzargli le ferite perché ora toccava a me guarirlo; volevo chiamarlo stupido un’infinità di volte per avermi tenuto tutto all’oscuro, ma lo volevo baciare altrettante infinite volte, gustandolo pienamente. Volevo sentire la sua voce nel sussurrare il mio nome, dopo essersi scusato velocemente perché a Zayn non piaceva essere nel torto. Schivai alcuni uomini che fumavano tranquillamente delle pipe e corsi verso di lui, che si era allontanato dal centro del ring e veniva verso il suo angolo senza smettere di sorridere e di seguirmi con lo sguardo. Pochi metri ci separavano ormai e riuscivo a vedere anche le ferite superficiali che sporcavano la sua pelle e che sarebbero rimaste sul corpo di Zayn per tanto tempo, ricordandomi cosa lui fosse arrivato a fare per amor mio. 
“Zayn” urlai, felice. Vidi le sue braccia tendersi verso di me con l’intenzione di alzarmi di peso dal pavimento e mancava davvero poco ma poi la sensazione sgradevole tornò, colpendomi in pieno petto, facendomi quasi inciampare; la pancia mi bruciava e la pelle mi formicolava mentre tutto quel disagio provato ebbe alla fine, un senso: vidi un’ombra dietro di lui. L’ombra, quell’ ombra. 
“No!” ma era troppo tardi. Un colpo lo tramortì da dietro, sulla nuca. Vidi gli occhi rovesciarsi all’indietro e il sorriso sfumarsi, i denti chiudersi a forza sulla labbra mentre tutto sembrava accadere a rallentatore, ma non fu così: nessuno arrivò in tempo per fermarlo e cadde giù, colpendo la tempia sullo sgabello di ferro accanto a lui. Aprii la bocca in un urlo silenzioso, rotta
Non si muoveva più. 
“Zayn!” Mi arrampicai velocemente sul ring, passando sotto le corde mentre la sala cadeva in un silenzio che faceva rumore. Mi gettai sul corpo di Zayn, accasciato scompostamente e riversato a pancia in giù. Prima che potessi anche solo toccarlo Harry gli si inginocchiò al fianco, sfiorandolo lentamente e urlando come un forsennato. I miei occhi sbarrati non riuscivano a smettere di guardare Harry, con la speranza che anche lui mi guardasse e mi sorridesse e mi dicesse che no, non era niente. Ma poi vidi le sue mani sporche di sangue, del sangue di Zayn e trovai il coraggio di abbassare i miei occhi su di lui: il viso era vermiglio e io, io non ci capivo più niente. Neanche più le lacrime scorrevano sul mio viso perché in quel momento io avevo smesso di vivere. Guardai in alto, intercettando gli occhi di Peter. Sorrideva, il bastardo, stringendo al petto la mano con la quale aveva colpito Zayn e sul suo viso erano disegnati a chiari lettere i semi della follia. 
Maledetto, e senza pensarci più di tanto mi alzai e mi scagliai contro di lui colpendo ogni parte del corpo che si trovasse a tiro. 
“Che cosa hai fatto? Che cosa…?” due braccia si serrarono intorno ai miei fianchi, alzandomi di peso mentre io scalciavo contrariata. Mi allontanò da Peter, immobilizzandomi contro il suo corpo. Era Niall. Respirai pesante fra i suoi capelli, tremante. 
“Zayn” disse solamente e io tornai presente a me stessa. Lo scansai di malo modo, crollando di nuovo accanto al corpo di Zayn che ora si trovava fra le braccia di Harry. Lo toccai sulle guance, sporcandomi le mani di sangue prima che incontrassi gli occhi grigi di Harry, umidi e rossi. Mi bloccai allora, mentre lui deglutiva e cercava di sedare il panico che lo attanagliava. 
“Allontanati Alice, ti prego” la sua voce era anche più roca del solito ma non gli diedi ascolto. Come poteva chiedermi di lasciarlo? Niall però mi prese dalle spalle velocemente e allora capii cosa realmente non volessero farmi vedere: Zayn non si muoveva
“Niall- la voce mi si spezzò- Niall, non respira, Niall!” ma di risposta, lui mi spinse via. 

Due anni dopo 

 

“Mettici più forza, avanti!” 
“Così bravo, ancora un colpo Matt” sorrisi, scuotendo la testa. Lo osservai mentre teneva fermo il sacco da boxe nero che un ragazzo mingherlino stava colpendo con tutte le forze che aveva.  “Andiamo” urlò ancora, passandosi il polso ossuto sulla fronte per togliere le gocce di sudore.  “Zayn Malik, devo parlarti!” mi girai verso la porta della palestra nello stesso momento in cui lo fece anche Zayn: era un uomo sulla sessantina, basso e tarchiato, con un lungo cappotto grigio come i suoi radi capelli. Aggrottai le sopracciglia mentre Zayn disse al ragazzo che stava allenando di continuare con la corda; si schiarì la voce, prese un asciugamano dalla panchina bassa e si asciugò il volto, incamminandosi nella direzione dell’uomo. Io ricominciai a leggere il mio libro, giocherellando con l’anello sul mio dito. Alzai nuovamente gli occhi e vidi i due accesi da una fervida discussione: Zayn aveva in mano un plico di fogli e scuoteva la testa, passandosi di tanto in tanto la mano libera fra i capelli. Mi alzai e presa dalla curiosità mi incamminai verso di loro a passo sostenuto. Più mi avvicinavo, più riuscivo a sentire strascichi del discorso. 
“Non capisco il suo rifiuto, si tratta di un’ingente somma”
“Mi dispiace signor Percel ma devo declinare la sua richiesta”
“Ragazzo, si tratta non solo di soldi ma anche di fama e carriera” in quel momento arrivai al loro fianco. 
“Che succede?” chiesi, incerta. Zayn si girò dalla mia parte, inumidendosi le labbra con la lingua. Si spostò verso di me stringendomi in modo protettivo al suo fianco. Il suo braccio nudo era bollente contro il mio collo su cui era delicatamente poggiato. Affondai la nuca sulla sua spalla, incurante del sudore sulla sua pelle. 
“Signorina” borbottò il vecchio e ignorando la mia domanda e la mia presenza continuò. 
“Malik, questa è la sua ultima risposta? Firmando questo contratto e combattendo per mio conto potrebbe fare un’enorme carriera” e a quelle parole, mi irrigidii sul posto. Zayn mi strinse più forte, osservandomi con un cipiglio preoccupato. 
“Respira” disse e io lo feci, chiudendo gli occhi. Quando li riaprii lui aveva riconsegnato il contratto nelle mani dell’uomo e lo stava guardando, serio. 
“Ripeto, è la mia ultima parola. Ho smesso di combattere due anni fa e sono sicuro che anche lei sappia il perché. Non insista e se ne vada” sibilò, gli occhi stretti. Il signor Percel stracciò il foglio davanti ai nostri occhi mentre io mi accucciavo ancora di più al petto di lui. 
“E’ dunque questo che scegli? Condurre una stupida vita a fare l’insegnante in questo squallido borgo?” sputò fuori, facendomi incassare il colpo. Con nostra grande sorpresa Zayn scoppiò a ridere a bocca aperta, poggiando la tempia sulla mia testa. 
“Oh, signor Percel. Lei non capisce che non è solo questo?- mi prese dai fianchi facendomi scivolare di fronte a lui- Io scelgo lei” sussurrò allora, fra i miei capelli. Allacciò le braccia intorno alla mia vita, con i palmi aperti sul mio ventre. 
“Scelgo loro” si corresse, accarezzando la piccola protuberanza. Il signor Percel sbuffò e ci diede le spalle mentre io giravo la testa, chiudevo le sue mani dentro le mie e lo guardavo. 
“Dio, quanto ti amo”
“Mai quanto me” rispose. Mi girai completamente fra le sue braccia e prima di baciarlo, gli sfiorai con il polpastrello la cicatrice bianca che aveva sulla tempia. Era lì da due anni e non se ne era aggiunta nessun’altra. Non sarebbe accaduto mai. 
Andava tutto bene.
 

 
 


 

Angolo autrice: 

questa è la storia con cui ho esordito su Efp e ho deciso di revisionarla. Ecco qua la nuova versione di "Scelgo loro". Un bacio e a presto, 
Sonia. 
  
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