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Autore: Deirbhile    30/03/2013    4 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei pubblicamente scusarmi per aver “abbandonato” la storia per quasi due mesi. Mi rincresce davvero avervi lasciato tutti all’improvviso, ma fra gite scolastiche, interrogazioni e settimane bianche proprio non ho avuto tempo. Mettiamoci anche che mi sono iscritta ad un paio di concorsi (uno fra l’altro vinto, con la storia “Le tre sorelle” pubblicata su EFP, ma ora la smetto di divagare >.<”) e il ritardo è bello che fatto! Mi scuso ancora e vi ringrazio di nuovo per tutte le recensioni che mi lasciate! Spero che anche questo capitolo vi lasci soddisfatti.

Buona lettura!

 

 

 

 

-Ragazzi, allora sabato festeggiamo la fine della scuola al solito, no?- domandò fra una boccata di fumo e l’altra Flavio, mentre erano tutti riuniti sul piazzale di fronte al liceo appena prima delle lezioni, con Chiara pigramente mezza distesa su di Ivan, che cercava di inviare un messaggio col cellulare in quella scomoda posizione, e Sabrina e Carmen che calcolavano con dita la loro media scolastica di quell’anno. Michela e Andrea erano appena arrivati e, mano nella mano, stavano attraversando lo spiazzo soleggiato.

-Ma si, tutti al mare, come l’anno scorso- confermò Ivan, riponendo con un sorrisino il cellulare in tasca. Era da quando avevano quindici anni che ogni tre di giugno, data di fine ufficiosa della scuola, prendevano il treno delle nove che partiva dalla stazione del paesino per poi arrivare, dopo tre ore, alla località più vicina al mare, una cittadina affacciata sul mar Adriatico. Organizzavano sempre un picnic sulla spiaggia, semi deserta anche in quel periodo di calura, e l’anno precedente erano rimasti fino a sera, per accontentare Chiara che aveva tanto insistito per guardare le stelle.

-Ah, non sapete da quanto aspettavo questo momento!- esclamò Sabrina, tirando un sospiro e facendosi passare il mozzicone di sigaretta da Flavio. Carmen le diede una pacca sulla spalla come per confermare, per poi accostarsi a Chiara e parlarle nell’orecchio.

-Oggi a casa mia. Alle quattro, okay?- mormorò. Chiara annuì, leggermente preoccupata da quell’atteggiamento circospetto, ma entrambe tornarono a conversare tranquillamente su come organizzarsi per il sabato successivo, senza destare sospetti. Chiara sapeva che a Carmen non piaceva mostrarsi tesa con lei, ma glielo leggeva negli occhi che voleva parlarle di qualcosa e, tremando al solo pensiero, sperò che non avesse capito qualcosa circa lei e Roberta.

-Nemmeno quest’anno porti nessuno, eh, Chiara?- le chiese Flavio con uno sguardo sfacciato, come a sottolineare il fatto che non ci credesse.

-Nemmeno quest’anno, no- rise, arrossendo. In effetti, avrebbe tanto voluto che Roberta venisse con lei, ma proprio non se la sentiva di rivelare la loro quasi relazione ai suoi amici, anche perché erano quasi tutti molto legati anche a Riccardo e avevano appreso a malincuore la notizia della loro litigata.

-Riccardo non lo chiami?- ecco che chiese Sabrina, cercando di sembrare il più indifferente e naturale possibile. Chiara arricciò le labbra infastidita a quell’ennesimo accenno, affermando che no, non lo avrebbe chiamato e che quelli erano affari privati fra lei e il ragazzo.

- Dai raga’, c’aspetta la Manzi alla prima ora, forza e coraggio- li esortò Flavio quando, in lontananza, echeggiò il suono metallico e penetrante della campanella che segnava l’inizio delle lezioni. Si avviarono con calma, con gli zaini mezzi vuoi che ciondolavano dalle loro spalle e le scarpette da ginnastica che scalciavano rumorosamente i sassolini ai lati della strada.

Quando Chiara entrò in classe, tenendosi dietro al resto del gruppo, rivolse un sorriso a Roberta, che già aveva preso posto nel suo banco, e le soffiò un bacio con un gesto della mano, ridacchiando. Si chiese di nuovo quando fosse diventata così stupida e melensa e, scuotendo la testa, si abbandonò con un sospiro felice sulla sua sedia. Le cinque ore di lezione passarono subito, alleviate dal pensiero del sole di maggio che la aspettava lì fuori e scandite dalle continue occhiate, ora maliziose ora piene di silenzioso affetto, che Roberta le lanciava di tanto in tanto.

-Ci vediamo fuori?- chiese a Chiara, mimando con le labbra per non farsi sentire da Angela che le stava seduta accanto. La rossa annuì, facendole un occhiolino.

-Ma che fai? Hai qualcosa nell’occhio? Sono dieci minuti che lo strizzi- borbottò Sabrina interdetta, toccandole un braccio con la punta della penna.

-Ma no, va tutto bene- rispose Chiara, tornando a copiare l’esercizio di algebra sul quaderno, con la sua solita calligrafia appuntita. All’angolo della pagina, non poté impedirselo, disegnò un piccolo cuoricino rosso. Ivan, dall’altro lato, ridacchiò sommessamente.

-Voi tre! Finitela di far baccano!- li riprese la prof di matematica e, contemporaneamente, tutti e tre abbassarono la testa sul banco con un broncio. L’ultima campanella suonò dopo un quarto d’ora e, raccattando in fretta le sue cose, Chiara si catapultò giù dalle scale, quasi scivolando sui gradini di marmo rovinato e investendo un paio di ragazzini di prima.

-Ma è impazzita?- rise Sabrina, dando una gomitata a Flavio. Quello alzò le spalle, tirando fuori dalla tasca l’accendino e ficcandosi una sigaretta fra le labbra.

-Te l’ho detto io che ha qualcuno- mormorò, non senza una punta di gelosia.

-Andiamo, non dirmi che ti piace davvero- lo prese in giro la ragazza dai capelli colorati. Quando quello non parlò, anzi continuò imperterrito a camminare verso l’uscita, Sabrina continuò con un sospiro.

-Chiara non è una persona di cui innamorarsi, lo sai. Troppo complicata per voi maschietti pieni di ormoni- disse, a metà fra lo scherzo e la serietà. Intanto Chiara, che aveva rischiato per giunta di essere investita dalla macchina della professoressa di filosofia nell’intento di evitare Carmen, era riuscita a sgattaiolare fino al parcheggio indisturbata. Roberta, appoggiata alla sua macchina, si beava del calore del sole sulla pelle chiara, ma di sigarette nemmeno l’ombra. Aveva provato a chiederglielo di nuovo, perché avesse improvvisamente deciso di far a meno del fumo, ma Roberta le aveva risposto solo che faceva parte della vecchia sé, di una fase della sua vita che non voleva assolutamente ricordare.

-Madame, posso scortarla a casa?- le chiese la riccia, con un sorriso sereno e seducente.

-Lo vorrei tanto, ma ci sono i miei e… non so se gli farebbe piacere. Vedermi con te, intendo- disse mogia, schioccandole un bacio sulla guancia.

-Hai ragione, scusa- mormorò Roberta, tirandosi indietro i ricci neri e fermandoli sulla testa col suo paio di occhiali da sole griffati. I suoi occhi, azzurri e vivi, trafissero ancora una volta Chiara con la loro intensità, costringendola ad abbassare lo sguardo.

-Che c’è?-

-Nulla, solo quando mi guardi con quegli occhi… giuro, mi sento tutta molle- rise la rossa, poggiando il capo sulla sua spalla. Roberta la guardò divertita, passandole una mano dietro la schiena.

- Rob, da quant’è che ci frequentiamo?- chiese, stringendole una mano. La riccia aggrottò le sopracciglia a quella domanda.

-Circa due settimane. Due settimane fantastiche, devo dire- affermò, poggiando a sua volta la sua testa vicino a quella di Chiara. Gli studenti erano tutti sciamati in mezzo alla strada e nessuno si curava di loro due, ben nascoste dietro un paio di altre auto.

-Io… pensavo di dirlo a Carmen. Non so quando, ma prima o poi dovrò dirglielo- disse Chiara, mostrandosi il più tranquilla possibile, nonostante nella sua testa infuriasse una marea di immagini di Carmen che la fissava disgustata, che la additava come anormale e che la scherniva, dicendole di aver sempre saputo che qualcosa in lei non andava.

- Sicura? Nel senso… lo so che siete amiche da tanto tempo, ma… ci hai pensato bene?- domandò Roberta, carezzandole i capelli con calma, come se avesse intuito che la sua risolutezza era solo apparente.

- Dici che è presto?-

-No, dico solo che… Chiara, insomma. Le persone possono reagire male, lo sai. Carmen è molto importante per te, per questo non voglio che tu soffra. Non per colpa mia- le spiegò, con un velo di amarezza. Chiara la guardò, sorridendole e dandole un altro bacio sulla guancia.

- Ma in qualunque caso, io sono qui, ricordatelo- continuò poco dopo Roberta, affondando poi il viso nel suo collo e avvolgendola fra le sue braccia.

-Lo so, ci ho fatto l’abitudine ad averti sempre intorno- ridacchiò, lasciandosi cullare alla luce accecante del sole. Il parcheggio oramai si era svuotato, gli ultimi professori ritardatari rombavano via con le loro piccole utilitarie e scorsero il professore di chimica, il vecchio pazzo, come amava definirlo Sabrina, sgommare via con la sua Ford dai paraurti semi staccati. Chiara lo mandò a quel paese a bassa voce e tutt’e due si aprirono in una risata liberatoria.

-Ora che finisce la scuola voglio portarti al mare, un giorno- disse Roberta, in preda ad un’euforia inspiegabile, abbassandosi gli occhiali da sole e fissando dritta il sole, come a sfidarlo. Allargò le braccia e fece un giro su se stessa. Chiara si rabbuiò di colpo, pensando a quanto l’avrebbe resa felice portarla con sé al mare il sabato successivo, ma cercò di non sembrare in alcun modo delusa. In fondo, quella che si sarebbe dovuta sentire messa da parte era Roberta, ma sapeva che quella non l’avrebbe costretta a nulla, nessuna delle due era pronta ad un passo del genere, non dopo due settimane.

-Non ti sembra che anche il clima si sia fatto più sereno da quando ti ho incontrato? Prima pioveva sempre ed era sempre tutto così triste! Poi mi hai baciata e, guarda un po’, il sole ha deciso che era ora di riscaldare anche me- spiegò, volgendo il viso al cielo con un enorme sorriso.

-Ma sei impazzita?- rise Chiara, seguendola e fissando anche lei le nuvole bianche ce fluttuavano come batuffoli di cotone e attorniavano il sole come i petali di un bellissimo fiore.

-Probabile, ma anche in quel caso sarebbe colpa tua. Colpa tua e dei tuoi baci- scherzò la riccia, traendola a sé mettendole un braccio attorno alle spalle. Piaceva ad entrambe tenersi strette, ancora di più che tenersi per mano. Nascondersi l’una nella piega del collo dell’altra e camminare addossate, coi visi a sfiorarsi e le gambe così vicine che quasi sempre rischiavano di inciampare e cadere in terra.

-Allora dovrò astenermi, per il tuo bene. Non voglio che tu impazzisca, ti voglio vigile e concentrata- sogghignò, passandole le dita fra i capelli per provocarla.

-Te l’ho detto che ti odio, si?- mugugnò,dandole uno spintone. Si scambiarono un ultimo bacio, con le mani dell’una incrociate dietro la schiena dell’altra, poi Chiara si incamminò verso la strada, visto che i suoi avrebbero fatto storie se fosse tornata a casa tardi per il pranzo.

-Ti chiamo!- urlò Roberta, quando l’altra fu già al limitare del marciapiede opposto.

-Ti aspetto- sussurrò la rossa, salutandola con la mano. E l’avrebbe aspettata, davvero, a costo di vedersi di nascosto per tutta l’estate nel parcheggio del liceo.

 

                                                                                                                    ***

L’orologio da polso che le aveva regalato nonna Agnes segnava le quattro in punto e Chiara, in piedi di fronte alla porta d’ingresso di casa Santacroce, sentiva lo stomaco attorcigliarsi per la tensione. Qualcosa negli occhi di Carmen l’aveva messa in guardia, quella mattina. Che avesse capito qualcosa? Scosse la testa, cercando di scacciare quel terribile pensiero. Carmen le voleva bene, loro due erano come due sorelle. Probabilmente le era sembrata tesa perché era un po’ di tempo che non si vedevano più come una volta e l’allontanamento da lei e da Riccardo l’aveva dovuta insospettire non poco. Suonò al campanello, accarezzando con una mano il coniglietto da giardino dell’amica, Roger, che le era saltellato curioso alle ginocchia non appena aveva varcato il cancello.

-Chiara! Entra, Carmen è di sopra, ti sta aspettando- sorrise calorosamente sua madre, una donna sulla cinquantina dai capelli ricci tinti di biondo e la battuta sempre pronta. Quella frase a Chiara suonò quasi come un ulteriore avvertimento e salì le scale a passo lento, quasi trascinando le scarpe da ginnastica sulla moquette morbida. Prese un profondo respiro prima di bussare alla porta della cameretta di Carmen, che si distingueva da quella del fratello minore per una placca argentea con su inciso il suo nome. Chiara aveva spesso riso di quelle piccole manie da diva dell’amica, ma ora come mai quella porta le incuteva terrore, come se stesse per inghiottirla.

“Non essere ridicola, su” si intimò, per poi entrare senza nemmeno bussare. Carmen l’aspettava distesa a pancia in giù sul suo letto pieno di cuscini rosa e bianchi, pelosi e dall’aspetto soffice. Stava leggendo una rivista di quelle che Chiara vedeva sempre ammucchiate sui tavolini nei saloni di bellezza, quelli con gli oroscopi e tutti quegli articoli di gossip che lei tanto odiava.

-Chiara, su, siediti- la salutò quella, indicandole con la mano la parte del letto libera.

-Ciao- quasi gracchiò Chiara, tanto era nervosa. Si sedette, col busto rigido e le mani giunte in grembo.

- Tutto bene? Sembri così tesa, anche stamattina mi sei sembrata un po’ strana- disse Carmen, con un sorriso che poco rassicurò Chiara, ammiccante e malizioso.

-Io? Si, sto bene. Benissimo- le tenne testa, sfidandola quasi con lo sguardo.

-Riccardo?-

-Spero stia meglio, in fondo non ne vale la pena avere il cuore spezzato per una come me- sospirò, giocherellando con le dita sul tessuto morbido dei cuscini.

-Roberta Della Corte?-

Chiara quasi si strozzò con la sua stessa saliva, tossì più volte e dopo due colpetti sulla schiena riacquistò la capacità di parlare, rossa come un peperone e con le mani che le tremavano. Carmen era davvero troppo, troppo perspicace.

-Roberta Della Corte cosa?- chiese, fingendo innocenza. Peccato che le sue guancie fossero in combustione e non riuscisse a guardare l’amica negli occhi.

-Nulla, vi ho viste parlare oggi nel parcheggio, mi chiedevo solo se foste diventate amiche. Non mi piace che la gente prenda il mio posto, sono gelosa, lo sai- mormorò, facendo sospirare di sollievo Chiara.

-Credi davvero che potrebbe prendere il tuo posto?- domandò, oramai decisamente più rilassata. Carmen annuì, sempre con lo sguardo fisso sulla copertina della rivista.

-Non lo so, è che ultimamente non ci vediamo più come prima, dici sempre che sei impegnata. E poi la guardi in un modo che… oddio Chiara, sembra che tu le penda dalle labbra- mise il broncio, ora guardandola negli occhi e allungandosi per poggiare la testa sulle sue gambe.

-Piccola, lo sai che io e te siamo inseparabili- le diede un colpetto sulla fronte per farla alzare, così da abbracciarla meglio.

-Eppure, non so, quando ti ho vista con Roberta… c’era qualcosa nei tuoi occhi, qualcosa che non ho mai visto- continuò quella, quasi preoccupata. Chiara sapeva che non avrebbe demorso.

-Qualcosa tipo?-

Carmen sembrò rifletterci un po’, stretta com’era fra le braccia di Chiara.

-Non so spiegarti. Era come se tutta la tua frenesia, la tua ansia, fosse sparita. Eri serena, come se tutti i problemi che ti fai in quella testolina si fossero dissolti- spiegò con difficoltà. Chiara annuì, affermando che capiva perfettamente, non senza arrossire sulle orecchie.

-Roberta mi sta molto simpatica, si. Con lei mi trovo bene- cominciò, decidendo che quello era il momento giusto per confessarle il suo grande segreto.

- Lo vedo-

-Ma non siamo amiche- concluse, prendendo un respiro profondo.

-Ah, no? Ma se vi siete avvicinate così tanto-

-Io e Roberta usciamo insieme. Intendo, non come amiche. Come ragazze che si piacciono. Lei mi piace… in quel senso-

-Ah…- si lasciò scappare Carmen, leggermente interdetta. Poi saltò su all’improvviso, dopo un minuto buono di riflessioni, con una grande risata.

-Io lo sapevo! Ancora una volta sono riuscita a leggerti nella mente! Chiara Torri, per me sei carta conosciuta- rise prorompente, abbracciandola di nuovo. Ora fu il turno di Chiara di rimanere sorpresa.

-Tu lo sapevi?- domandò, con gli occhi sgranati.

-Non esattamente, ma lo intuivo. Otto anni passati a stretto contatto con te mi sono stati utili per capire che la guardavi in modo troppo… interessato- ridacchiò, facendola arrossire di nuovo per l’imbarazzo.

-Oddio, come la guardo?-

-Come se volessi saltarle addosso. Ed io non ho problemi a riguardo, davvero. Certo, lei è un po’ stronza e le persone che le ronzano attorno proprio non mi convincono, ma se a te piace- alzò le spalle Carmen, dando un buffetto sul naso di Chiara quando vide che si era irrigidita impercettibilmente, timorosa di un suo giudizio negativo. 

- Se mi piace? Mi fa impazzire!- finalmente anche Chiara si lasciò andare ad una risata.

-Quindi il fatto che sia una ragazza non è un problema?- chiese di nuovo, per essere sicura di aver capito bene. Carmen scosse la testa, rivolgendole un sorriso materno.

-Sei la mia migliore amica, la mia piccola sorella tutta lentiggini. Posso sembrare un po’ snob e magari lo sono, ma non posso disapprovare qualcosa che ti rende felice. All’inizio ero un po’ arrabbiata solo per il fatto che non volessi parlarne… puoi fidarti di me, lo sai. Per qualunque cosa- la rassicurò. Chiara annuì grata, poggiando il capo sulla sua spalla. Passò qualche minuto senza che nessuna delle due proferisse parola, cullate dalla reciproca vicinanza nel corpo e nello spirito.

-Ma ora dimmi… come bacia?- domandò maliziosa Carmen. Chiara fece un verso strozzato, dandole uno spintone.

-Ma ti sembra il caso?- urlò rossa in viso, nascondendosi dietro la sua schiena per il disagio.

Si punzecchiarono ancora per un po’ e alla fine Chiara dovette cedere e raccontare nei minimi dettagli tutti gli incontri con Roberta,con Carmen che di tanto in tanto sospirava intenerita o faceva battutine provocanti riguardo un certo potere che aveva Roberta su di lei. Poi, col sole ancora alto, decisero di cenare con una pizza davanti all’onnipresente “Across the universe”, come ai vecchi tempi, addormentandosi l’una sull’altra verso la fine, col cellulare di Chiara che di tanto in tanto ancora vibrava per i messaggi di Roberta e le note di “All you need is love” che echeggiavano nella stanza.

  
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