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Autore: CassandraBlackZone    30/03/2013    3 recensioni
«Noioso.»
«Che?»
«I freni. Li hai tolti.»
Asia si girò verso la consolle e sbottò un sorriso. «Be’… si cambia.»
Senza girarsi, la siluriana soffocò una risata, salutò con una mano e chiuse la porta sempre dando le spalle. Di nuovo, Asia girò intorno agli innumerevoli comandi della macchina del tempo e in pochi secondi era già all’interno del vortice del tempo. Con una mano sfiorò la leva dei freni. «Dici… noioso?» con fare nostalgico, la ragazza camminò tra i corridoi del TARDIS giusto per aspettare che il suo ospite si svegliasse. Quell’ora la passò a pensare al passato.
Genere: Fluff, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 1, Doctor - 11, Nuovo personaggio, River Song
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Era sicuro che presto sarebbero arrivati, ma di certo non credeva così presto. Nel sonno l’uomo sentì degli strani rumori venire da fuori: sì, purtroppo erano loro.
«No, non può essere. Lsciatemi almeno dormire, cribbio…» cercando di imprecare senza farsi sentire, si alzò dal letto facendo attenzione a non svegliare sua moglie. Ai suoi occhi era stupenda anche mentre dormiva, tanto da fermarsi un attimo a giocherellare per l’ultima volta con i suoi riccioli, ma appena la sentì brontolare, lasciò la presa.
Barcollando nel buio si vestì in fretta per poi uscire dalla camera e prima di avanzare nei corridoi, si sistemò un'ultima volta il farfallino.«Ok, sono pronto.»
Mentre camminava lasciò che le sue mani sfiorassero le porte che incontrava: salutò la sua biblioteca, la sua piscina, la sua immensa cabina armadio, il suo studio e tutte le altre innumerevoli stanze con un malinconico addio.  Infine dedicò più tempo al suo più fidato compagno di viaggio: il TARDIS.
«Oh mia piccola Sexy. Quante ne abbiamo passate insieme» ad ogni leva e bottone, gli ritornavano in mente tutti quei viaggi nello spazio e nel tempo, tutte quelle volte che si separarono e tutte quelle volte che si ritrovarono. Ogni viaggio era sempre una splendida avventura che a malincuore lui sapeva non avrebbe più avuto la possibilità di fare.
Prima di varcare la porta per affrontare gli ospiti indesiderati, sospirò pesantemente malinconico. Non voleva andarsene, ma se questo serviva a salvare le persone che amava aveva il dovere di farlo.
«Io sono il Dottore. E non ho paura di niente.»sebbene fosse carico e mentalmente pronto, proprio nel momento in cui stava per abbassare la maniglia sentì un urlo rimbombare nei corridoi del TARDIS. «Oh caspita. Di nuovo.»
Il Gallifreyano attraversò velocemente i corridoi fino a raggiungere una porta colorata di rosa con sopra una targa placcata d’oro, che lui stesso aveva inciso: Asia’s Room, la camera di Asia.
Senza bussare, entrò nella stanza che subito s’illuminò di arancione. In fondo ad essa, tremava sotto le coperte color celeste una bambina di appena sei anni: d’impulso, il Dottore sorrise. «Oh Asia. Cosa c’è, scricciolo?»
Al suo richiamo, la piccola Asia reagì scendendo giù dal letto e abbracciò forte il Dottore.«Papà!»
L’uomo fece lo stesso e accarezzò dolcemente i suoi lunghi capelli castani. «Hai avuto un altro incubo?»
La bambina annuì con le lacrime agli occhi. «Ho sognato degli strano uomini di metallo.»
«Oh, mio piccolo scricciolo. Sono i mostri che ti ho raccontato l’altra sera, ma non devi preoccuparti. Non verranno mai qui.»
Asia scosse la testa. «No. Erano diversi.»
Il Gallifreyano si inginocchiò davanti a lei «Be', raccontami allora.»
Lei ripensò al suo incubo ricordandosi a poco a poco i mostri, così da riuscire a descriverli al padre in ascolto. «Avevano… il corpo di metallo, come i mostri che mi hai raccontato, ma… la testa…»
«Che cosa aveva la testa?»
«Era quella di un uomo.»
L’uomo ridacchiò divertito. «Wow. Sei riuscita ha inventare un mostro tutto tuo!»
«Distruggevano tutto e uccidevano tutti con delle pistole… a raggi x.»
«Oh, tesoro. Non esistono simili creature. Cioè, sì... esistono creature che uccidono e devastano ma... non stare a pensarci, puoi stare pure tranquilla! E tu sai perché?» la bambina scosse la testa. «Perché ci sono io che proteggerà te e tutti gli altri. Hai capito?»
Asia annuì asciugandosi le lacrime. Baciata la fronte della figlia, il Dottore la prese in braccio e la pose delicatamente sul letto. Asia gli prese subito la mano e la strinse. «Rimani qui fino a quando non mi addormento?»
«Senz’altro, piccola mia.»
«Papà.»
«Sì?»
«Perché sei vestito così? Vai a teatro?»
«No, scricciolo. Faccio solo due passi nell’epoca vittoriana.»
«È meglio se togli i freni di Sexy. Se no sveglierai la mamma.»
«Idris, tesoro. Chiamala Idris, altrimenti tua madre mi butterà fuori di casa.» Asia sorrise.«Sarà il nostro piccolo segreto.»
«D’accordo!» la bambina iniziò a stropicciarsi gli occhi e a sbadigliare.
«È ancora notte fonda. È meglio che tu ritorna a dormire.»
«Va bene…» Asia appoggiò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi.
«Non devi più preoccuparti. È stato solo un incubo» il Gallifreyano accarezzò la fronte della figlia e quando la vide completamente immersa nel sonno, la sua mano s’illuminò di una forte luce giallo-oro. «Questo proteggerà te e tua madre.»
L’uomo lasciò amaramente la piccola manina di Asia e si avvicinò alla porta. Prima di abbassare la maniglia osservò per l’ultima volta la sua unica, intelligentissima e piccola figlia, e sperava vivamente che non l’avrebbe mai odiato per quello che stava per fare. Non se lo sarebbe mai perdonato.
«Addio, Asia»
«Non… dire addio» senza voltarsi, il Dottore rimase immobile davanti all’uscio della porta. «Tu… odi i finali.»
L’uomo forzò un sorriso e annuì. «Hai detto correttamente bene, Asia. Io odio i finali» chiusa la porta, il Gallifreyano lasciò che le lacrime scendessero sulle guance, mentre si avviava alla porta del TARDIS per andarsene per sempre.
 
«Matt.»
Hm? Chi è che mi chiama ?
«Matt, svegliati.»
Cos’è stato… un sogno? Ma non ero io… era… il Dottore… Che cosa significa…Perché?
«Va tutto bene, Matt?»
Matt si portò una mano alla testa. Sentiva terribilmente pulsare le tempie, come una persona con i postumi della sbornia. «Ahia… la testa.»
«Ben svegliato, Matt! Sai, siamo già arrivati.»
Matt si trovò sulle ginocchia di Asia, sul pavimento di vetro della sala comandi del TARDIS.«Ma… perché siamo nel TARDIS?» chiese lui confuso.
«Abbiamo fatto come hai detto tu. Abbiamo rintracciato un segnale dagli apparecchi dei CBM2 e siamo riusciti a trovare le coordinate del loro pianeta.»
L’uomo aggrottò la fronte. «No aspetta… che cosa avrei detto? Io mi ricordo che ero legato ad una macchina e… il sogno.»
«Ah, ma allora... hai dimenticato di nuovo.» disse Asia delusa.
 Matt scrollò le spalle dispiaciuto. «Così sembra…»
«Hai la memoria corta, Matt Smith.»
«Mamma! Ma… come ti sei vestita?!»
River arrivò ai pannelli di controllo vestita con dei pantaloni militari attillati, una camicia bianca scollata e un paio di stivali neri col tacco a punta. Ai fianchi aveva la sua solita cintura munita di due sofisticate pistole laser.
Matt si alzò di colpo e fissò incredulo la donna. «Ri-River?»
«Sei proverai a sbavarmi addosso, questi tacchi sai dove finiranno. Sono una donna sposata.»
Il giovane attore scosse la testa e si schiaffeggiò da solo, imprecando a bassa voce, mentre Asia sghignazzò divertita.
«Siamo pronti anche noi» anche Vastra e Jenny si erano cambiate: la donna-rettile era vestita con una tenuta da combattimento composta da un corsetto di metallo, una lunga gonna bordeaux e stivali marroni con il tacco basso. Jenny invece indossava una tuta aderente nera. Entrambe erano armate con un paio di katane giapponesi affilate.
«Era da un sacco che non usavamo queste spade.» disse Jenny entusiasta.
«Hai ragione, cara. Finalmente ne abbiamo la possibilità.»
«Un attimo… perché siete armate?» domandò Matt con lo sguardo basso.
«Siamo sul pianeta dei CMB2 e per nostra sfortuna è un pianeta non registrato. Praticamente è stato sempre nascosto. Ma non per il TARDIS, grazie al codice che ci ha dato mio marito.»
«Marito? Il Dottore vi ha chiamato?»
Asia e River si guardarono. «È… un po’ complicato da spiegare, ma possiamo dire così» si fece avanti Asia.
«Non capisco…»
«Capirai.»
Matt non riusciva a pensare ad altro se non al suo strano sogno. Lui era il Dottore e senza dire il perché a River ed Asia se ne era andato chissà dove e per incontrare chi sa chi. Per un momento aveva pensato fosse una mera una coincidenza, eppure nel sogno aveva sentito una fitta al petto: sia  nella parte sinistra che quella destra. Sentì quella bruttissima sensazione di stare facendo la cosa sbagliata, ma allo stesso tempo di fare la cosa giusta. Lui aveva sentito tutto ciò che provava il Gallifreyano il giorno di otto anni fa. Il giorno in cui scomparve dalla circolazione.
Asia strinse una mano di Matt e subito quest’ultimo sentì un brivido percorrergli la schiena. «Tutto bene, Matt? Sei preoccupato?»
«N-no.. è che… non lo so, scricciolo…»
Asia lasciò istintivamente la mano dell'uomo. «Cosa?»
«No! Niente! Scusa.»
«Ehi voi due!» River lanciò sia a Matt che ad Asia una sottospecie di walkie-talkie. «Questo ci servirà per mantenerci in contatto. Matt, tu hai il compito più importante di noi tre messe insieme.»
«Cosa?»
«Dovrai proteggere Asia, a qualunque costo, hai capito?»
L’uomo iniziò ad allarmarsi agitando le mani. «Io?! Ma non sono neanche armato!»
«Il Dottore non era mai armato eppure se l’è sempre cavata.»
«Ma io non sono lui!»
«Ma ora io mi fido di te!» l’archeologa si avvicinò a Matt. Erano così vicini che quasi i loro nasi si toccavano e il giovane attore era quasi sicuro che River l’avrebbe schiaffeggiata, ma era come se avesse tenuto a freno la mano e si fosse limitata ad urlargli contro. «Ora, più che mai mi fido di te.»
Matt era così scioccato da non riuscire a rispondere e si limitò ad annuire.
«Bene. Ora andiamo a prendere quell’idiota di mio marito» seguita da Vastra e Jenny, River varcò le porte del TARDIS per esplorare il misterioso pianeta dei CBM2, mentre Asia e Matt rimasero ancora un po’ nel TARDIS: la ragazza tranquillizzò Matt sorridendogli.
«Andrà tutto bene. Ne sono certa.»
«Tu credi nella magia?»
Asia spalancò gli occhi dallo stupore «Che vuoi dire?»
«Io penso… che la magia sia un tipo di scienza non ancora scoperta ma che qualcuno sta cercando di comprendere», Matt guardò negli occhi Asia, «e io ne sono la dimostrazione.»
Il silenzio calò tra i due, quando il ghiaccio si ruppe al ridacchiare dell’uomo.
«Che stupido che sono… sto pensando troppo. Forza, raggiungiamo tua madre.»
«S-sì.»
I due non parlarono per circa un quarto d’ora, restando però sempre mano nella mano. La mente del giovane attore era invasa da mille domande, ma che pian piano ricevevano risposta.
Ormai ne era sicuro. Era palesemente evidente che River ed Asia non dovevano saperlo. Matt si maledisse un paio di volte per essere stato così stupido a non capirlo fin dall’inizio: il Dottore non voleva che lo sapessero. Voleva ancora aspettare.
 
«Innanzitutto. Bentornata alla base, Sarah.»
«Ti ringrazio.»
«Ho saputo della ferita. È la prima volta che abbassi la guardia, non è da te.»
«Adesso basta parlare di me. Com’è la situazione nella camera di contenimento?»
«Direi piuttosto male. Non ci sono reazioni, è rimasto tale e quale a come lo abbiamo incontrato. O meglio… portato qui.»
«Adesso ci penso io.»
Finite le sue riparazioni Sarah decise di dare un’occhiata alla situazione alla torre di controllo principale. Un brulichio di persone dai camici bianchi facevano via e vai tra i laboratori, tutti accompagnati da sofisticati strumenti elettronici e laser. Era la solita giornata lavorativa alla torre principale di controllo e ricerca, sempre attiva nei casi di pericolo. Una prigione in cui nessuno è in grado di scappare.
Ad ogni suo passaggio nei corridoi, diversi suoi coetanei salutavano Sarah con entusiasmo: il ritorno della migliore soldatessa dell’esercito era sempre un segno di vittoria.
«Signorina Sarah! Siamo felici di rivederla tra di noi!.»
«Ne sono lusingata, Judith. Mi hanno detto che ci sono stati dei piccoli problemi.»
«In un certo senso… Ci sono stati dei piccoli problemi.»
«Parliamone qui.»
La ragazza cibernetica svincolò in un corridoio a senso unico seguita dalla giovane scienziata in tunica bianca e si ritrovarono davanti ad un’enorme porta blindata a prova di qualsiasi tipo di arma. «Signorina Sarah… è sicura di quello che vuole fare?» Judith si aggiustò nervosamente gli occhiali sul naso.
«Ovviamente.»
«Ma… potrebbe essere pericoloso» la giovane scienziata iniziò a tremare e cercò in tutti i modi di nascondere la mano destra dietro il tablet, ma con la coda dell’occhio Sarah se ne accorse e la tirò su. «No! Signori…»
Sarah rimase scioccata dall’arto. Due dita erano sul punto di fondersi e di staccarsi; osservando il volto contorto della scienziata capì che ancora le doleva. «Dovresti… farlo vedere.»
«Non si preoccupi… di me.»
«Mi preoccupo eccome. È stato lui?» la ragazza annuì timidamente. Sarah strinse con forza i pugni. «Ora parlami dei problemi.»
La piccola scienziata ritrasse la mano calmandosi «Be' ecco… Il soggetto sembra proprio non reagire. Diversamente dagli altri giorni aveva una massa corporea, ora non ce l’ha eppure lo vediamo perfettamente! Nemmeno con gli strumenti di cui disponiamo riusciamo a capire.»
«Come ha fatto a farti questo?»
«È questa la cosa più sconvolgente. In sua assenza abbiamo avuto il consenso di aprire la capsula. Credevamo che essendo ai nostri occhi una semplice nube di polvere non ci avrebbe causato problemi e invece…»
«Ok, basta così. Qua ci penso io. Tu vai in infermeria: do io il consenso.»
«Ma…»
Sarah sorrise dolcemente a Judith rassicurandola. «Hai fatto davvero un ottimo lavoro.»
La ragazza ricambiò il sorriso e , fatto un leggero inchino, se ne andò in infermeria come ordinato. Rimasta sola, Sarah digitò sulla porta blindata una sequenza di dodici caratteri e premuto il tasto invio gli innumerevoli blocchi si aprirono. Una forte luce dorata la indusse a strabuzzare gli occhi e con passo deciso entrò nella stanza, o per meglio dire, nella prigione.
Oltre al lungo corridoio e la capsula davanti a se, sotto di lei c’era il buio più totale. Quanti metri fosse profondo quell’enorme tunnel sotto i suoi piedi questo non lo sapeva, ma di una cosa era certa: chiunque sarebbe caduto lì non sarebbe riuscito ad uscire.
Raggiunta la capsula corazzata bianca, Sarah osservò attentamente dall’oblò di vetro quella massa dalla forma indefinita di cui parlava Judith. Ai suoi occhi era un insieme di polvere d’oro dall’aspetto sembrava densa ma allo stesso tempo aeriforme. D’impulso, la ragazza sogghignò.
«Un trucchetto davvero ingegnoso, lo devo ammettere. Ma non durerai a lungo» Sarah rimase in silenzio per un po’ quasi come se aspettasse una risposta. «Sapevo che avresti riferito ai tuoi preziosi amici del nostro congegno. Ma non c’importa, perché in ogni caso non eravamo ritenuti a distruggere i pianeti. Stranamente.»
La ragazza intravide di poco il profilo di un uomo materializzarsi in quella massa informe.
«Oh, allora mi senti. Però non puoi parlare a causa di questa tua trovata, giusto? Ma come ti ho già detto ora non hai più scampo. L’elemento mancante verrà qui e noi vinceremo»
Di nuovo silenzio.
«Hai davvero intenzione di restare in queste vesti senza fare nulla? Mi hanno raccontato che tu sei piuttosto attaccato alle persone a cui vuoi bene: eppure ora ti stai mostrando praticamente il contrario» Sarah si avvicinò ancora di più all’oblò. «Tua moglie e tua figlia sono già qui, anche l’ultima siluriana, la sua compagna e il falso te. Pensano di poterti salvare ma non succederà»
La ragazza cibernetica sorrise beffarda. «Perché loro moriranno qui con te se non farai qualcosa. È questo quello che vuoi? Dottore?»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: Ok… eccoci qui al non capitolo! Rivalutando la storia con l’aiuto di alcuni miei amici, penso che la storia non durerà più di quindici capitoli. Ho scartato diverse idee perché non riuscivo ad inserirle nella storia!! Ho la testa che scoppia!!! Accidenti!!! Però non mi tiro indietro e continuo!!! :)
Ringrazio tutti coloro che seguono la mia storia!! Alla prossima!!
 
Cassandra
   
 
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