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Autore: boll11    19/10/2007    2 recensioni
Raccolta di sette brevi one shot.
1) La notte prima del trasferimento a Central, sotto la luce impietosa del neon, in un locale anonimo dell'Est...
2) Quando qualcuno nasce sfortunato, è inutile cercare di cambiare le cose. Bisogna solo saper stringere tra i denti una sigaretta...
3) Quella sera avevo cominciato a costruire questo muro tra me e l’amore che provo per lui.
4) Fissando lo sguardo a un brutto soffitto si possono prendere decisioni che segnano una svolta. O almeno tentano.
5) Ho sperato che le parole che ha detto una volta che m’ha issato in macchina sarebbero state le ultime.“Puoi dormire mentre guido.”
6) L’aspro del fumo mi invade le narici e mi penetra nella pelle come un cancro.
7) Forse è questo che mi impedisce di dormire, il mio nome sussurrato come una maledizione.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Havoc, Roy Mustang
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: questo è il secondo prompt della mia tabella.Per informazioni sulla tabella vi rimando al primo capitolo.

You're a troubled cure for a troubled mind
(prompt 3 - Nella stanza dove le donne vanno e vengono)

Il bello di Central è che quando vesti abiti civili per farti gli affari tuoi, hai meno rischi di incontrare i commilitoni.
Central è grande e a volte ci si perde.
Io ho i miei spazi.
Il primo mese qui l’ho passato a scavarmi il mio angolino.
Il pub poco frequentato e di modeste pretese ma con ottima birra scura; il tabaccaio che appena mi vede poggia silenzioso i miei quattro pacchetti sul bancone; una drogheria abbastanza fornita per i miei bisogni che non sono esagerati; il fruttivendolo.
Adoro la frutta. Non potrei vivere senza smozzicare una mela dopo cena, la sera.
Il mio appartamento è al centro di questo piccolo mondo. Nulla di esaltante, ma è quello che mi serve. Abbastanza vicino alla stazione per saltare senza troppi casini sul primo treno per l’est, appena ne ho occasione.
Finora non è capitato.

Dopo due mesi qui mi sono trovato una ragazza.
Carina e non troppo sveglia, proprio come me, e con due tette da capogiro.
Basta con le persone intelligenti. Sono solo grane. E si fa fatica a stare al passo; ci si sente sempre sotto esame, ed io non l’ho passato.
Caila è riposante, anche divertente. Magari ha una voce un po’ troppo acuta e ride spesso senza motivo su cose molto poco interessanti; ha l’abitudine di chiacchierare per ore sull’ultimo vestito esposto nella vetrina di un negozio, ma non parla di simboli alchemici o delle doti terapeutiche di un bicchiere di scotch di una marca talmente pregiata che non credo di averlo mai visto esibito in qualche locale se non in casa del Colonnello.
Insomma, in due mesi abbiamo un discreto affiatamento, facciamo sesso in modo regolare e le cose scorrono abbastanza serenamente senza picchi di entusiasmo, ma senza particolari ansie.
Basta tenerla lontana dalla caserma.

Non sono fortunato, mai stato.
Per il suo compleanno Caila mi ha fatto vestire come un manichino. Mi ha fatto comprare uno di quegli abiti da pinguino facendomi sborsare quasi tutto quello che avevo da parte. Quei completi pieni di bottoni che ti stringono il collo come una morsa. Li odio. Appena posso abbandono anche la giacca della divisa che è più scollata, figuriamoci un tight.
Comunque ho dovuto abbozzare.
Con un mazzo di fiori e la faccia da imbecille lucida di dopobarba, l’ho aspettata sotto il portone di casa sua, ed è passato in secondo piano il fatto che avesse indossato uno di quegli abitini lisci e lunghi, morbidissimi, con una scollatura mozzafiato. Se non fosse stato per quel cazzo di bottone che mi premeva il pomo d’Adamo!
Mi ha costretto ad andare in uno di quei ristoranti chic dai nomi esotici di cui ho volutamente scordato il nome, qualcosa come Chateau St. vattelappesca…
Uno di quei posti dove hanno sui tavolini minuscoli un’infinità di piatti, bicchieri e posate da far venire il capogiro. Un posto con i nomi delle pietanze in una lingua sconosciuta.
Un posto dove è vietato fumare.
Ho represso un imprecazione a leggere il cartello, ma non quando sono entrato.
Roy era a un tavolo con una. Inutile dire che alla vista di quella coppia mi sono sentito ancora più pinguino e Caila m’è sembrato indossasse uno straccio dozzinale.
Non c’è nulla da fare.
Certe persone hanno un qualcosa in più che non so spiegare.
Ho buttato giù l’amarezza, distolto gli occhi, stretto la mascella ed ho accompagnato la mia donna al tavolo seguendo il cameriere sussiegoso.
Quando gli sono passato accanto ho biascicato un “Buonasera, Colonnello Mustang”, e stavo per passare oltre senza aspettare risposta quando ho visto gli occhi di Caila sgranarsi e subire il fascino di quel maledetto di Roy.
“Sottotenente Havoc.”, mi ha risposto con quel mezzo sorriso che mi fa infuriare.
“Quindi questo signore è il tuo capo, Jean! Perché non me lo presenti?”
Ho visto il sorriso del Colonnello allargarsi sarcastico all’espressione rapita della mia donna. Si è pulito la bocca con il tovagliolo, l’ha posato garbatamente accanto al piatto e, dopo aver scostato la sedia, si è alzato in piedi e ha sorriso a Caila.
Quel sorriso che sembra voler dire che l’interlocutore è l’unica persona al mondo degna di attenzione.
È rimasto ad aspettare che mi riscuotessi dai miei pensieri paziente e rilassato, lanciando occhiate divertite alle due donne che non avevano occhi che per lui.
Mi sono sentito miserabile.
Anche io non avevo occhi che per lui.
Poi si è schiarito la voce e ha presentato la sua donna. Sheila von Frei.
Quella ha teso elegantemente il braccio ed io le ho sfiorato la mano con la mia in una stretta debole.
“Pensa pure che sono un cafone, non m’importa!”, ma il suo gesto mi ha risvegliato.
Ho presentato velocemente Caila, spiegando la nostra presenza ed ho osservato con stizza Roy fare un perfetto baciamano e augurarle i più sentiti auguri con voce suadente.
Ho dovuto letteralmente trascinarla al nostro tavolo e per tutta la serata non ci siamo scambiati che due parole.
Quando Mustang ci ha fatto portare al tavolo una bottiglia di champagne è stata l’apoteosi.
Ho saputo che non era più mia; non per molto ancora, comunque.

Ed ora sono qui, con la mano sul pomello di questa porta.
La sua stanza riservata.
Qui dovrebbe incontrare i pezzi grossi, sbrigare pratiche riservatissime, indire importanti riunioni.
Non l’ho mai visto fare niente di tutto questo.
Solo intrattenersi con un infinità di donne, una diversa dall’altra, tutte bellissime, snelle e sofisticate. Donne che mi spaventano solo a vederle.
Qui vuole incontrare me.
Stringo la mascella e dopo aver bussato lievemente spalanco la porta.
Il Colonnello Mustang è seduto su una poltrona, bicchiere in mano.
“Comandi, signore!”, dico sbattendo i tacchi.
Lo vedo ridere violentemente strozzandosi col vino.
“Come sei formale oggi, Havoc”, mi dice tra un latrato e l’altro.
Non rispondo e rimango sull’attenti. Si calma poco a poco lasciando morire le risate in flebili lamenti, poi mi sussurra senza fiato: “Comodo, comodo…” ed io mi sento uno stupido.
Mi rilasso e attendo.
Lui si versa dell’altro vino nel calice e lo guarda, smuovendo il liquido nel bicchiere.
“Mi ha telefonato la tua donna per ringraziarmi… quella Caila, sì, per ringraziarmi dello champagne.”
“E allora?”, rispondo.
“Allora mi ha chiesto se può venire a trovarmi qualche volta…”. Lascia che l’informazione prenda sostanza squadrandomi attento.
Non faccio una piega e sto zitto. Lo sapevo. Non poteva essere altrimenti.
“Ma da quand’è che te la fai con le ragazzine?”, mi chiede sornione.
“Non è una ragazzina”, rispondo stizzito. “Lascio a lei queste perversioni”, aggiungo.
Mi da l’impressione che possa tirare le cuoia da un momento all’altro.
Si può morire dal ridere? Lui ci va vicino.
Rimango accanto alla porta e non parlo, affascinato da quella risata piena che sembra riprendere vita dopo essersi appena smorzata, alimentata da cosa, lo sa solo lui.
“C’è altro?”, chiedo.
“Sì…” riesce a dire. “Lo sa che ti piace prenderlo nel culo?”.
Stringo i denti. È ubriaco, allora. Roy ha l’eccezionale capacità di sembrare sempre sobrio, anche quando ha bevuto tanto da vomitare.
Spazio lo sguardo, ma non c’è nulla che possa testimoniarlo. Per esperienza diretta quando è in questo stato deve aver bevuto parecchio, ma di tracce, bottiglie vuote per intenderci, non se ne trovano.
L’apparenza, prima di tutto.
Sospiro e rispondo: “Ovviamente no, Signore…”, esito, ma proseguo scrollando le spalle. “E le sue donne lo sanno che le piace farseli, i culi?”
Scuote la testa in un movimento stanco, asciugandosi lacrime d’ilarità.
“Certo che no, che domande fai?” dice, ricomponendosi e rassettandosi la divisa.
“Se è tutto, andrei…”
“Lasciala stare, quella. È una donna sciocca.” mi dice paterno, ammiccando ed io sento di odiarlo un pochino di più.
“Certo. Così potrà chiamarla lei.”, mi lascio sfuggire tra i denti.
“Non è il mio genere… E neanche il tuo, credo.”
“Cosa ne sa di qual è il mio genere?”, esplodo sibilando. “Caila è una ragazza riposante…”, aggiungo frenando l’ira.
“Ti rovinerai la vita, Havoc. Tu e la tua voglia di accasarti.”
“Pensi piuttosto alla sua di vita. E a tutte le donne che entrano ed escono da questa stanza! Non è migliore di me.”
“Mai detto questo…”, ride lui facendo traboccare il vino dal bicchiere. “Ma vedi… Anche io trovo le mie donne riposanti. Molto riposanti… Prive di complicazioni.”
Si avvicina a me ancora con quel sorriso odioso stampato sulle labbra.
Quel sorriso condiscendente, come di chi sa che sta combattendo una battaglia persa in partenza.
Mi scuoto con rabbia, stringendo tra i denti la sigaretta spenta. Ero in procinto di andarmi a fare una pausa caffè quando mi ha chiamato. Ora voglio solo fumare.
“Posso andare?”, chiedo trattenendo l’ira.
“Caila… Che razza di nome è?”, continua lui come se non m’avesse sentito, ridendo ancora. Piccoli sbuffi trattenuti dalle labbra.
Poi si fa serio di colpo e mi guarda.
“Lasciala perdere. Non è roba per te, lo sai.”
Certo che lo so. Anche solo guardarlo mi smuove la stessa rabbia e lo stesso amore di prima. Non sono mai stato riposante io.
Neanche lui.
La nostra relazione non lo è mai stata. Troppe complicazioni.
“Non lo faccia…”, gli sussurro mentre mi sento improvvisamente nervoso. “Non faccia finta che le interessi qualcosa di me.”
Mi guarda senza dire una parola a lungo, fino a che un leggero picchiare alla porta spezza la tensione.
“Avanti”, dice forte lui e compare il tenente Hawkeye, il viso serio e impassibile.
“E’ arrivata la sua ospite, Colonnello.” E introduce nella stanza una delle sue nuove conquiste.
Non è quella di ieri. Non è mai la stessa. In quella stanza entrano una sola volta e quando ne escono spariscono nel nulla come mai esistite.
“È tutto, Sottotenente”.
Già, è tutto.
Saluto compito e appena fuori mi accendo la sigaretta, inalando il fumo come fosse una medicina.
Dalla porta filtrano le risatine della donna e la voce calda di Roy.
Chissà se è davvero gentile e premuroso con le donne che frequenta, come tutti dicono.
Con me non lo è mai stato.

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Rispondo estasiata ai vostri commenti:

elyxyz: Grazie elyxyz. Spero di incuriosirti ancora. Grazie di esserci sempre.

_mame_: Oh, grazie! ^///^ La canzone è splendida e il cantante pure. Ma è roba dei miei tempi ed è normale non conoscerlo, sai? Non è famosissimo.
Roy è volutamente "perfido". Questa storia si dipanerà in ben sette prompt e si capirà meglio che tipo di rapporto hanno instaurato e il perchè di certi atteggiamenti. Ti ringrazio per averla letta e soprattutto per averla trovata promettente. Spero di continuare a incuriosirti. ^^ (L'hai analizzata benissimo, sai! XD)

MiLiKa: XD Lo odio anche io questo Roy. Grazie del commento.

 

  
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