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Autore: _ems    31/03/2013    2 recensioni
Perché amarsi, a volte, porta inevitabilmente a questo.
Perché amarsi, per loro, fu solo salvezza.
Perché amarsi, spesso, fa solo che bene.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Albus Severus Potter, Lorcan Scamandro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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Piccolo spazio pre storia: Allora.. parto col dire questo: Questa FF va a Meli. Va a lei perché non sarei qui a pubblicare un'altra Alburcan senza di lei. Va a lei perché è magnifica ed anche se la conosco da poco (quand'è con precisione?) le voglio già bene. Va a lei perché è la mia beta. Va alei perché è lei, punto. E per questo non è stata lei a betarmela. reputala una sorpresa, dai!

Titolo provvisorio: Scatoline, culle e bambini.

Capitolo1- lo voglio.

«Un caffè ed un cappuccino, ragazzi?» Chiese il cameriere con un sorriso. «Sì Bart, grazie.» fu la semplice risposta, poi Lorcan afferrò il Cavillo dalla borsa e, al contrario, iniziò a leggere.
«L-Lorcan..» L'uomo dai capelli biondi alzò la testa dal proprio giornale sorridendo al moro seduto davanti a sé.
«Sì, Albus?» Disse tranquillamente senza mai smettere di sorridere mentre, in ansia, guardava l'altro ragazzo torturarsi la manica della camicia. Albus per certe cose non sarebbe cambiato mai.
«Noi stiamo insieme già da diversi anni..» Iniziò il moro mordendosi il labbro inferiore.
Lorcan aprì la bocca pronto a dire qualcosa -una sciocchezza delle sue- ma non fece in tempo che l'altro ragazzo ricominciò a parlare. «Ne abbiamo passate tante.. Superato ostacoli e vinto tante battaglie. E tutto questo assieme.» Albus sorrise riacquistando pian piano sempre più fiducia in se stesso.
«Ho sempre saputo che tu per me eri l'unico. Non c'è mai stato nessun altro, eri e sarai per sempre mio. Ed io sarò per sempre tuo, ma...»
Lorcan, che non aveva smesso un attimo di sorridere, trattene il respiro a quel 'ma'.
Ma non possiamo più stare assieme, pensò sentendosi gelare.
Albus scosse la testa, conosceva bene il proprio compagno e -nel corso degli anni- troppe volte aveva visto quello sguardo spaurito negli occhi dell'altro.
«Sei impossibile, Lorcan!»
Albus alzò gli occhi al cielo esasperato lasciandosi sfuggire un sorriso che finalmente riuscì a far calmare il ragazzo.
«Ascoltami amore, voglio poter urlare il nostro amore ancor di più, voglio unirci.. Voglio..»Albus si bloccò di colpo alzandosi di scatto dalla sedia e, sotto lo sguardo stupito dell'amante, andò ad inginocchiarsi ai suoi piedi prendendo, dalla tasca interna della giacca, una scatolina di velluto blu.
«Lorcan Scamander... Vuoi sposarmi?»
ϟϟϟϟ
Lorcan, fermo immobile in mezzo alla pista da ballo, si fissò attorno confuso chiedendosi se per caso non avesse sbagliato matrimonio. Da dove diamine spuntavano tutte quelle persone?!
«Avevamo chiesto un ricevimento intimo..» Esordì titubante voltandosi verso Albus.
«L'avevamo detto, vero?» Chiese visibilmente confuso.
Albus sorrise appoggiando la guancia sulla spalla di Lorcan.
«Beh.. io ci ho provato, ma..»
Lasciò la frase in sospeso indicando con la mano Lily, sua sorella, e Luna, la suocera.
«Io te l'ho detto che lasciar organizzare a loro il nostro matrimonio non era per niente un'idea brillante!» Esclamò metà tra il divertito e l'indispettito.
«Il nostro matrimonio.» Gli fece eco Albus.
Erano sposati, lo erano davvero finalmente.
Lorcan andò ad intrecciare la propria mano con quella di Albus e rabbrividì al contatto inaspettato con la fede. Presto si sarebbe ben abituato a quel contatto.
«Il nostro matrimonio, piccolo.» Ripeté ancora con un sorriso per poi schiarirsi la gola e reclamare l'attenzione dei numerosi invitati.
«Ascoltatemi tutti, per piacere.» Iniziò tenendo stretta la mano di Albus. «Voglio ringraziare tutti voi per essere qui, ringraziare la famiglia Potter-Weasley per avermi accettato al fianco del loro figlioletto e..» Lorcan trattene appena il respiro girandosi verso Albus che, confuso, lo guardava in silenzio.
«Vorrei ringraziare te, piccolo Albus, per essere entrato nella mia vita, per aver sconvolto il mio mondo e per amarmi ogni giorno sempre di più. Grazie per essere quello che sei, Albus Severus Potter.»
Le guancie di Albus divennero improvvisamente rosse -intonandosi perfettamente alla cravatta del fratello- mentre Lorcan gli stringeva ancor più la mano depositandogli un casto bacio sulle labbra, più tardi si sarebbe occupato del suo maritino nel migliore dei modi.

“Capitolo2- Sì, Lorcan, sì.”
«Per la miseria, Lorcan! Sei sempre il solito bambino!»
Le urla di Albus arrivarono furiose all’altra stanza dove il compagno era rinchiuso ormai da diverse ore.
«Non riusciresti a gestire due bambini assieme, Albus?» Fu la risposta seria di Lorcan.
Perché era proprio quello il punto: bambini. Lorcan desiderava ardentemente un bambino, erano ormai diversi mesi che la sua mente non riusciva a smetterla di proiettare immagini di lui ed Albus assieme ad un bambino – o una bambina. Desiderava raggiungere quel traguardo assieme al suo compagno. Si immaginava perfetto, lui, come padre.
Le passeggiate domenicali, la prima scopa magica, le cene in famiglia e le urla del suo bambino mischiate a quelle di tutti gli altri parenti. Se la immaginava con una chioma bionda -sì proprio come la sua- e gli occhi verdi di Albus.
«Che domande sono, Loly?» Chiese Albus sbuffando mentre la mano vagava per il collo in difficoltà. C’erano gesti di Albus che non sarebbero cambiati mai, per questo Lorcan non si stupì affatto di ritrovarlo con una mano sul collo quando finalmente riaprì la porta. «Domande molto serie, Albus.» Era raro, Albus ne era consapevole, che Lorcan riuscisse ad essere serio per più di trenta secondi netti – l’aveva cronometrato più volte – e vedere il compagno tanto serio lo agitò e non poco.
«C-cosa vorresti dire, Lorcan?» Chiese esitante guardandolo dritto negli occhi.
Albus non capiva dove esattamente li avrebbe condotti quel discorso, forse, semplicemente, non voleva saperlo.
Allungò il collo in avanti cercando, in qualche modo, di vedere cosa ci fosse oltre la spalla del compagno. Lorcan spalancò braccia e gambe, la propria testa davanti a quella di Albus pronto a prenderlo a testate sulle gengive se c’è ne fosse stato bisogno.
«Ascoltami prima, piccolo.»
Iniziò deciso sorridendo al rossore sulle gote dell’altro. «Devo dirti una cosa importante, importantissima. Ho bisogno che tu mi ascolti fino alla fine.» continuò senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi verdi di Albus.
Albus lo guardò confuso accigliandosi ed aggrottando la fronte sempre più ad ogni parola.
La nota d’urgenza, di bisogno, nella voce di Lorcan non gli sfuggì per nulla e, preoccupato, annuì appena.
Parla, lo supplicava con gli occhi, parla Lorcan, diceva.
«Ascoltami. Noi.. Noi siamo sposati da ormai tre anni, Albus, e non guardarmi con quella faccia! Certo che me lo ricordo. Comunque… Dicevo. Noi siamo sposati ormai da tre anni ed ogni giorno che passa è un passo in avanti verso te, verso il nostro amore ed il nostro futuro assieme. Ti amo Albus Severus Potter, ti amo e lo sai. Ti amo e sei tutto quello che voglio e vorrò da qui a cent’anni, ma anche di più, per questo ti ho sposato. »
Lorcan prese fiato inspirando dal naso e lasciando uscire l’aria dalla bocca. Chiuse le gambe andando a poggiare i palmi delle proprie mani sulle spalle del compagno. Gli sorrise spostandosi.
Albus si pietrificò solo un istante, l’attimo dopo sentiva le ginocchia molli e l’aria mancare. Il cuore si era fermato e la vista appannata.
«Q-q-quella è..» cercò di dire, ma ad un segno di Lorcan si zittì all’istante. Il biondino non aveva ancora concluso il proprio discorso. «Dicevo. Allora.. uhm, sì. Quella è una culla, Albus. Lo è perché è qui che deve restare: accanto al nostro letto. Lo è perché voglio un figlio da te, con te. Lo è perché non potrai dirmi di no… l’ho già comprata. Ho passato la mattina a cercare di montarla con le mani, senza magia. Sì.. ho saltato il lavoro. Ora non ci pensare! Pensa alla culla, Albus. Pensa al bambino che ci dormirà dentro. Rendimi padre, Albus, rendici padri.»
Le mani di Albus afferrarono il volto dell’altro quasi con prepotenza ed alzandosi sulle punte premette con forza le proprie labbra su quelle dell’altro. Lorcan portò le mani alla vita del compagno stringendola appena mentre con uno strattone faceva aderire i loro toraci.
Le lingue si cercarono affamate, desiderose, bramando un contatto sempre più intimo, più intenso.
«Sì.» La voce di Albus era un sussurro, ma decisa.
«Sì.» Ripeté ancora con respiro corto.
«Sì Lorcan, sì.» Ripete ancora prima di afferrare di nuovo il viso dell’altro.

ϟϟϟϟ

Entrò nel bar in silenzio, deciso a non farsi sentire. Si fermò lì, sulla soglia, e li osservò.
L’uomo con gli occhi verdi teneva in mano dei fazzoletti ed imprecava a bassa voce sotto lo sguardo ammonitore della bambina sporca di gelato fin sulla fronte.
«Sempre il solito ritardatario.»
Lo sentì mormorare. Intravide, solo per un attimo, una furia omicida negli occhi dell'uomo che – notando la bambina guardarlo incuriosita – si apprestò a spegnere subito.
«Cosa significa ritorditario?» Chiese la bambina visibilmente infastidita dalla scoperta di questa nuova mancanza.
«Ritardatario, amore.» L’uomo alla porta intervenne solo in quell'istante, andando a sedersi di fronte ai due. «Ed è un aggettivo che viene usato per descrivere le persone come me.» Concluse con un sorriso andando a scompigliare i capelli della bambina.
«Dei papà che fanno arrabbiare sempre i papà?» Chiese lei ancor più confusa, l’uomo rise.
«Dei papà che fanno aspettare sempre gli altri papà.»
Intervenne l’uomo dagli occhi verdi un pelino infastidito. Toccava a lui spiegare le cose alla sua bambina!
«Papà Lorcan, perché fai sempre aspettare Papà Albus?» Chiese allora la bambina con tono da rimprovero.
«Per l’attesa, Charlotte, aume- auch!» Lorcan si massaggiò la testa con un espressione afflitta.
«NON.DIRE.CERTE.COSE.A.MIA.FIGLIA!»
Sbraitò Albus sventolandogli un pugno sotto il naso, lo stesso che poco prima aveva incontrato la sua testa.
«Nostra figlia.» Ci tenne a precisare il biondino con aria di sfida.
«Un caffè, cappuccino e un altro gelato per la signorinella, ragazzi?» Chiese il cameriere, arrivato proprio in quel momento, con un sorriso.
«Sì Bart, grazie.» Rispose Charlotte con un sorriso che andava da un orecchio all’altro all'idea di potersi gustare un altro gelato. «E smettetela di fare i bambini.», aggiunse rivolta ai due suoi papà.


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SpazioMoraLiechNips.
Ora. La storia era "lunga" ed aveva un salto temporale enorme, ma non mi sembrava una buona idea pubblicarla in due capitoli! Anche perché sarebbe stupido far aspettare per un secondo capitolo già pronto e postare solo il primo che è pochissimo-- bah.
C'ho mesi mesi a terminare questa FF, non so se sono soddisfatta... spero piaccia. Ecco.
Ora. La mia beta è stata lei: Vethiel.
   
 
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