IO SONO, IO ERO, IO SARO'
PER SEMPRE
HO VISTO L'ALBA, E VEDRO' IL TRAMONTO DI QUESTO MONDO
IO SONO IMMORTALE
le parole incise nella nuda pietra guardavano dall'alto la grande sala vuota, come a ricordarne i tempi di splendore. La gente era fuggita, i camini e le torce si erano spente, delle grandi vetrate non rimaneva che l'intelaiatura in piombo, i tavoli e le panche portati via, e di quel poco che era rimasto non rimaneva altro polvere. Polvere che ricopriva ogni cosa col suo pesante strato, il pavimento decorato, i grandi arazzi, tutto. Una sola cosa resisteva all'azione del tempo: il grande trono, realizzato il marmo bianco, dai migliori scalpellini della città imperiale, al cui confronto, perfino quello dello stesso imperatore impallidiva. Sui braccioli erano scolpite le teste di due uccelli mitologici, il cui nome era andato perduto nei secoli, i corpi continuavano su i due lati, con le tre grandi code avvolte intorno al corpo. Sullo schienale si stagliavano le figure di due esseri alati esseri avvolti in pesanti mantelli. Quello sulla destra indossava una maschera a forma di teschio, e teneva sollevata sopra alla testa una falce, l'altra aveva la faccia di un giovane, pronto a sollevare un pesante spadone. In mezzo alle due figure ce ne stava una terza, che teneva sollevata sopra la testa una clessidra. Un uomo, l'unico che ancora camminava per quelle sale ci sedeva sopra. Molti erano venuti da lui, portandoli doni su doni, promesse e giuramenti, ma lui impassibile non si era mai schierato con nessuno, era uno degli uomini più influenti della sua epoca, o meglio, lo era stato, prima che quei maledetti lo tradissero, avevano sconfitto il suo esercito, conquistato i suoi feudi, ma non avevano avuto il coraggio di attaccare la sua fortezza, per paura di una sua reazione personale. I suoi lo avevano abbandonato, e dei pochi che erano restati non rimaneva altro che mucchietti d'ossa. Ma tutto ciò non aveva importanza, non per lui. Il suo viso non sarebbe cambiato, non sarebbero apparse rughe sul sul viso, e il suo corpo non avrebbe avvertito il peso degli anni. Solo i suoi occhi azzurri, avevano una profondità ed una saggezza acquisita nel corso del tempo, col passare delle ere. Ma anche lui, uomo sopra gli uomini, nella sua infinita conoscenza non era perfetto. Tutto il suo corpo appariva giovane, tranne che i suoi capelli, che apparivano di un bianco innaturale, più bianchi della neve, del gesso, di tutto. I capelli, uniti agli occhi gli donavano uno sguardo freddo, ed omicida. Sempre bianca era la lunga tonaca che indossava, ornata solamente con un cerchio dorato sul petto, contenente una clessidra in cui la sabbia invece che scorrere restava immobile. Era uno degli ultimi padroni del tempo, o come lo chiamavano i normali umani, un'immortale.
-se solo sapessero, se solo sapessero la verità, come realmente si sono svolti gli eventi che hanno plasmato il loro mondo, di ciò che ho fatto per loro, si sentirebbero inutili, nient'altro che burattini nelle mie mani....-
si alzò dal suo trono, attraversando con passo lento la sala, ricordando come era stata un tempo. Giunse fino ai grandi portoni, che si aprirono al suo passaggio, e li attraversò, uscendo all'esterno. La neve gli sferzò il viso, ma lui senza preoccuparsi continuò a camminare nel mezzo della tormenta, fino ad arrivare al limite del burrone. Guardò giù, nella grande valle, scorgendo la città imperiale. Dopo secoli di silenzio nuova voce uscì dalle sue labbra: “ tremate, o voi che servite l'imperatore. Ho aspettato per secoli, ma ora il tempo è giunto. Tremate, la mia vendetta sta per compiersi.”
sollevo le braccia, e schioccò le dita.
Dopo 4 lunghi secoli le campane della fortezza risuonarono nella valle. L'immortale era tornato.