Title:
Photographs
Author:
Evillinnie
Summary:
"Si
fa presto a dire che il
tempo lenisce le ferite,
ci
vuole di
più a convincersi che sia così."
Characters: Draco/Hermione [ Leather and Libraries ]
Rating: PG13
Advises: OOC, Long-Fic, Angst
Categories:
Introspettivo, drammatico
Desclaimers:
Sto trattando per la vendita di Draco Malfoy, Hermione invece resta
incatenata ai diritti della Rowling. Oltretutto non ci guadagno un
centesimo bucato, yay.
Chapter
one
***
Se
Hermione
Granger avesse voluto trovare la precisa linea che divideva la luce
fredda e
artificiale delle lampadine babbane da quella fioca e languida delle
candele
galleggianti con buona probabilità avrebbe fallito.
Si
appiattì
contro il muro più di quanto non fosse in quel momento,
simile ad un fantasma
spaventato, benché questo non si sarebbe mai – mai
– abbassato a respirare
affannosamente, semmai gli fosse stato concesso.
Il
petto
tendeva contro le cuciture strette della stoffa chiara e lucida
dell’abito da
sera, arricciato in minuscole pieghe impalpabili.
Era
certa
che, se avesse di nuovo provato a correre, ogni filo di quel vestito
avrebbe
reclamato libertà, spezzandosi e lasciandola respirare.
Pertanto
si
limitò a tranquillizzare il suo respiro, fissando
blandamente l’infinito vuoto
del pavimento; e poi sotto, ancora più sotto, sotto, sotto.
Quando
percepì il suono di altre, miserevoli risate,
entrò nell’unica stanza ad avere
la porta schiusa, seppur con certo remore.
Non
che
rinchiudersi in una simile stanza potesse in alcun modo allontanarla da
lui, da
quelle risate forse persino più vuote dei suoi occhi
– no, no, poteva averlo
davvero pensato? -, tuttavia provarci non le provocava alcun danno.
Visibile,
perlomeno.
Trasse
una
flessibile bacchetta scura, azzardandosi a richiamare alcune candele a
rischiarare il posto.
La
prima
cosa che s’illuminò fu uno scaffale di medie
dimensioni, che riusciva a
ricoprire senza alcun problema l’intera parete.
Diviso
in
due ripiani di alluminio, conteneva una quantità
sproporzionata di recipienti
sul secondo e una tank professionale sul primo.
Aggrottò
le
sopracciglia, sbigottita.
Provò
ad
articolare una qualsiasi parola che spezzasse quel ridicolo silenzio,
ma non ne
trovò una adatta alla situazione.
Draco
Malfoy
scattava fotografie con un metodo puramente babbano.
Se
ciò non
era ridicolo, era di gran lunga assurdo, sbagliato.
Fuori
da
ogni sua aspettativa.
E
dire che,
a sorprendere Hermione Granger, ce n’erano stati di eventi,
ma quello in cima a
tutti, senza dubbio.
Si
impose di
spostare lo sguardo, schiaffeggiando con la mano sinistra
l’aria pesante; le
candele si mossero verso la direzione indicata, illuminando una parete
tappezzata di foto: semi lucide, leggermente opache – ore di
lavoro, mani di
chi, col passare degl’anni, aveva imparato un’arte
alla perfezione.
Le
rimirò
una ad una, ammirando segretamente i migliori scatti.
Non
sentì la
porta schiudersi ancor più di quanto non fosse,
né in un primo momento colse a
pieno la rabbia impressa nella maschera di ferro – argento?
– che Draco Lucius
Malfoy sfoggiava sul viso, calcando i suoi lineamenti.
Hermione
sentì di aver infranto una regola in più nella
sua collezione proibita.
«Mezzosangue,»
- l’apostrofò, senza alcuna
sorpresa – se non l’altro, ben nascosta -,
spalancando un ghigno intriso di
derisione.
Studiò
con frenetica calma ogni contenitore, ogni
foto appesa e, infine, con docile negligenza, posò lo
sguardo su di lei, senza
apprensione alcuna.
«I
tuoi amichetti Auror se ne sono andati da due,»
Mugugnò qualcosa, fingendo di pensarci su, -
«tre,
tre minuti,
Mezzosangue.»
Se
ci fosse stato disprezzo nella sua voce – e
c’era, c’era, vero? – nessuno dei due,
nemmeno lui stesso, era riuscito a
coglierlo.
«Mi
pare d’esser di ronda, Malfoy. E’ a mio
piacimento quando e come andarmene, sbaglio?» -
replicò con tono saccente,
alzando il mento e tirando il naso all’insù,
provando pallidamente a rendere
viva la propria imitazione di tanti, troppi anni prima.
«Una
cosa è controllare i miei movmenti, un’altra
è ficcanasare in stanze private.»
Draco
schioccò le dita, ancora irritato,
spegnendo le candele una ad una.
Entrambi,
immersi nell’oscurità, trassero un
sospiro di sollievo.
«Era
una stanza aperta, ero libera di entrar-»
Alitò qualcosa, ma non uscì un fiato dalle sue
labbra secche, ricoperte di
rossetto lucido, mascherate.
Le
dita di Draco non penetravano la pelle,
andavano ben oltre.
«Puoi
capovolgere la mia casa, gli eventi della
mia vita, me stesso, forse…» - ammonì,
senza modulare la voce, che graffiava,
graffiava!, e sembrava rimbombare ogni dove, - «ma non puoi
capovolgere i
ricordi, le foto, oh. Le foto no, Granger. Questa stanza no,
no.»
Hermione
prese malamente aria, aspirando con il
naso l’odore di chiuso e di antico mischiato
all’alcol che si respirava in
quella stanza.
Mosse
nuovamente le labbra, tossicchiando: - «Davvero,
Malfoy?» Tentò un leggero attacco di sarcasmo,
alzando il sopracciglio destro
con evidenza.
«Che
squallore, Granger.»
Si
avvicinò agli scaffali, scartabellando tra
fotografie e liquidi di cui Hermione non conosceva né il
nome né la funzione.
Non.
Conosceva.
Si
massaggiò il collo freddo, nel vano tentativo
di ridare colore alla pelle.
«Come
mai ti dedichi alla fotografia babbana,
Malfoy?» - chiese, cercando di riprendere quel poco di
contegno che era sicura
potesse ancora avere, da qualche parte.
Draco
non rispose.
Non
che ci volesse poi molto a cogliere e
decifrare il silenzio, tuttavia fra le parole e questo preferiva di
gran lunga
il secondo.
Solita
caratteristica dello Slytherin prendere la
strada più semplice, Malfoy non faceva eccezione,
benché si contraddicesse con
non poco masochismo nello scattare foto dopo la morte dei genitori.
Hermione
capiva.
Osservò
le
sue spalle non troppo larghe, sulle quali la camicia ricadeva
più o meno alla
perfezione.
Immaginò
quante volte la mano di Lucius Malfoy si fosse posata su queste, morto
ad
Azkaban fieramente, come un eroe testardo dalla parte sbagliata della
scena,
ribaltato oltre lo specchio di una favola babbana.
«Presumo
che lo Sfregiato e la Lenticchia siano
stati buoni amici per te, vero?» - insinuò allora,
colpendola più in basso di
quanto avesse creduto.
Godendo
quando lei abbassò lo sguardo lasciando divorare il suo
orgoglio da una serpe
che non conosceva altro veleno oltre le parole.
«Presumo
che Narcissa Malfoy sia stata una brava
madre per te, vero? D’altro canto, rispetto alle sue
qualità di strega, è
qualsiasi altro ruolo abbia avuto è sicuramente
migliore.»
Ridendo
quanto lui serrò i pugni lasciando distruggere la sua
vanità da un grifone che
non conosceva altra vendetta oltre il rancore.
Non
c’era bisogno di vendetta. Oh, no.
Una
carneficina per delle sconfitte su entrambi i
fronti.
Via
la madre di Draco Malfoy, via gli amici di
Hermione Granger.
Entrambi.
Troppo. Soli. Infine.
Il
silenzio sembrò ucciderli, soffocarli,
nasconderli fra le sue infinite pause.
Si
guardarono di sfuggita, penosamente,
arrancando nell’aria, finché ogni luce non si
spense, decretando l’uscita
ufficiale di ogni ospite indiscreto.
Il
buio fu troppo buio, troppo, per poter ancora
convivere con esso.
«E’
una debolezza?» - domandò Draco, senza
doverla cercare con gli occhi, immaginando la sua pelle tirata nel
tentativo di
guardarlo, ancora e poi ancora.
Cercando
la risposta alla domanda che lei stesse
porgeva, ogni giorno.
«E’
una debolezza?» - ripeté testardamente, come
se la sua voce non fosse stata tanto cristallina da perforare ogni
fibra
circostante.
«Cosa?»
Hermione sentì gli angoli della bocca
tirarsi giù, tristemente. Si prese fra l’indice e
il medio una ciocca di
capelli, distraendosi da quel sorriso che non c’era.
«Cercare
di intrappolare gli attimi, il tempo
stesso, dietro le immagini...» - cercò i suoi
occhi, senza incrociare una sola macchia
di orgoglio, -
«non
si muovono, vedi? Restano lì, ma non svaniscono come nella
mente.
Possono sbiadire, però rimangono sempre, sempre,
sempr-»
Sarebbe
stato facile ripetere quel ‘sempre’
eternamente, continuando a fingere che lei non era altro che parte
nella
tappezzeria, di un passato esistito in un mondo non più suo.
«Forse.»
- replicò, avvicinandosi allo scaffale e
memorizzando rapidamente la posizione di qualche boccetta la sua
superficie
vetrosa era intaccata dai residui di qualche vecchia etichetta, -
«Meglio che
abbandonarsi ai richiami della mente.»
«Masochismo.»
- soffiò Malfoy, -
«Per
me e per
te. Strano a dirsi, non ti pare?»
Lei
sospirò teatralmente.
«Potter
e Weasley, quei miserabili che hanno
ucciso una nobildonna come mia madre… non meriterebbero mai,
e dico mai
Granger!, un simile dolore.»
«Il
dolore aiuta a non dimenticare. Il masochismo
l’accompagna, nel bene e nel male.» - si
giustificò, come se ne avesse
realmente bisogno.
La
stanza era piena di fotografie.
Draco
afferrò la sua macchina fotografica, articolando le dita con
notevole abilità e
scioltezza.
La
fissò.
Avrebbe
potuto dire due cose ed entrambe avrebbero fatto male sia a lui che a
lei.
«Non
ho foto di Mezzosangue.»
- sussurrò, concentrato
esclusivamente sull'obiettivo. Mosse la mano destra e le candele si
rianimarono
immediatamente, emanando una fievole luce aranciata.
Le
guance di
lei avvamparono.
Uno
scatto.
Due.
Tre.
«Spostati
qui.»
Le
indicò la finestra, aprendo con un ampio gesto le
vetrate nascoste da pesanti tende senza colore.
Un
terrazzo di
grandezza indefinita dava sul cortile del piano inferiore, decorato da
una
vastissima quantità di fiori che s’intrecciavano
sulla ringhiera sino ad
arrivare alla parete.
Il
profumo
delle candele si confuse con quello delle rose e della notte.
C’era
forse
da chiedersi se le stelle avessero profumo.
«Ferma.»
La
follia di
essere il suo obiettivo, la sua attenzione, il suo ricordo, le impediva
di
infastidirsi a quella luce accecante e artificiale.
Una
follia
assurda ed egoista.
«Vieni
qui, Granger.»
La
sua voce era
presa da quegli scatti e da lei, esteticamente soggiogata, come se
tutto ciò
che dicesse avesse senso.
Lo
vide fare
una strana smorfia, e ancora e ancora.
Si
burlava
dei suoi ricordi assopiti.
«San
Potter e la Donnola, che atteggiamenti
stupidi. Facile nasconderli in un angolo della propria mente, convinti
che
nessuno abbia il coraggio di imitarli per non darti un dispiacere,
vero?»
Avrebbe
potuto difenderli, tuttavia non riusciva
a farlo nemmeno con sé stessa.
Trovare
la forza di cambiare qualcosa del proprio
destino era decisamente più difficile che nascondere tutto e
fingere che non
fosse mai esistito.
Altre
foto.
Altri
scatti.
Malfoy
piegò
le ginocchia e la inquadrò dal basso.
Lei
chiuse
gli occhi, serrandoli come se fossero imposte di una casa.
Arrendersi
era entrato fra le sue priorità.
«Mi
schifa fotografarti così.»
Passò
rapidamente le dita sulla stoffa costosa dei suoi pantaloni, prima di
allontanarsi.
«Tu
però ti sei ridotto a scattare fotografie per vivere nel
passato,»
- constatò,
cercando di rivoltare la sua posizione, strisciando e strisciando
ancora, - «non
è che abbia granché da schifarti,
Malfoy.»
Attese
una
reazione, persino uno schiaffo: qualcosa di punitivo che le facesse
male, più
male dei ricordi.
Le
sue dita
però erano ferme, intenzionate a rimanere tese lungo i
fianchi.
Draco
cercò
i suoi occhi d’oro.
Poteva
ferirla, ma nel farlo si sarebbe tagliato.
Quanto
gusto c’era, da uno a cento?
«»
«Sai
come si sviluppano le pellicole?»
- domandò sconclusionatamente il
ragazzo e, senza aspettare un suo cenno, la invitò a
rientrare.
La
Granger
lo seguì, sollevata dal fatto che non avesse prolungato
quell'inutile scambio
di dolore: che lui ne cedesse a lei e lei, di rimando, gliene lasciasse
altrettanto, non poteva beneficare nessuno dei due. Peccato.
Troppe
cose
facili si rivelavano irrimediabilmente impossibili.
L’aria
calda, all’interno, le infuocò il volto, ma non si
diede la noia di tornare di
un colorito più o meno presentabile.
Lo
vide
trafficare con la tank e alcuni prodotti chimici, muovendosi
rapidamente mentre
vari liquidi si diluivano fra loro, nell’acqua.
Rimase
ferma, accaldata, fuori posto, ad osservarlo lavorare nel suo nuovo
habitat,
dove avrebbe potuto facilmente
deriderlo.
«Ho
bisogno di fare due passi, - esalò,
distrutta, - posso?»
Chiedere
il permesso era segno di educazione ed
Hermione era una ragazza educata, chiederlo a Malfoy era segno di
sottomissione… ed Hermione era una ragazza sottomessa.
Lui
non
rispose, ma le sue spalle si distesero, come se sapere che i suoi occhi
dorati
non erano posati sulla sua pelle potesse acquietare il suo respiro.
La
Granger
si voltò, oltrepassando la porta con mal celata sicurezza,
finché un tintinnio
leggero alle sue spalle la obbligò a tornare indietro.
Draco.
Draco
le
aveva sciolto i capelli da quella complicata pettinatura che li tendeva
al
liscio. Un gesto solo. E le sue dita ancora alzate a mezz'aria.
«Così
va meglio.» - bofonchiò, gettando a terra
il cerchietto, accessorio inutile.
Uscì
con la
schiena dritta, piano, lenta, e sempre più veloce, ogni
centimetro calpestato
dai suoi tacchi, inghiottito sotto la sua misera suola nera, piano.
Una
volta
giunta in un corridoio sconosciuto, in un’ala sconosciuta del
maniero, ebbe
l’impulso di nascondersi in una stanza altrettanto
sconosciuta, con la sciocca
convinzione di nascondersi da Malfoy.
Entrò
facendo una lieve pressione su una maniglia d'oro, che completava
l’opera di
tanto prestigio e ricchezza.
Si
sorprese
di trovare aperta anche quella stanza, prima che la sua attenzione
venisse
catturata dall’arredamento.
Una
finestra
incantata, nella parte sud della stanza, dava su un mare piatto e
scuro;
scartoffie ammuffite, private da qualsivoglia magia, poggiate
ordinatamente su
una scrivania di legno antico; un tavolino da toeletta, sobrio e
femminile.
L’odore
dei
cosmetici aleggiava sopra quello della morte, con la stessa ignobile
funzione
di un profumo.
Solo
le
foto, forse, avrebbero potuto farne a meno.
Ce
n'erano
esattamente tre sul comodino sinistro e due su quello destro.
L'alternanza
perfetta fra la raffigurazione di Narcissa e quella di Lucius.
Foto
che si
muovevano.
L’unica
a
farlo si trovava all’interno di una cornice il cui materiale
sarebbe potuto
essere perfettamente inclassificabile, fra altre due foto imponenti, al
suo
fianco.
Draco.
Le
due foto,
ai suoi lati, lo accompagnavano amaramente.
«Da
lì, perlomeno, non se ne andranno.»
Hermione
girò appena il capo, segnando una nuova crocetta
all’elenco di regole infrante;
ebbe come l’intuizione che, da un momento
all’altro, lui sarebbe entrato,
posandosi con disinvoltura allo stipite della porta, fingendo di non
tremare
per provocarle la stessa paura, con un qualcosa di masochistico che
l’avrebbe
realmente spaventata.
In
quel
momento, però, non colse nulla.
«Devo
andare?»
- chiese, avvicinandosi alla porta con eccessiva calma. «Hai
sviluppato
la pellicola?»
«Vieni
a vedere.»
- la invitò, accennando con gli occhi allo spostamento.
Quando
rientrarono nel laboratorio la lasciò per prendere un
contenitore bianco,
candido, posto sul secondo piano dello scaffale.
«E'
il rivelatore, il prodotto principale per lo sviluppo.»
- spiegò,
togliendo il tappo e versandone il contenuto nell’acqua.
Ripose
il
contenitore in alto, osservando divertito l'espressione estasiata di
Hermione
quando comparvero le prime pellicole sviluppate.
«Torna
domani.»
«Eh?»
«Torna
domani, Granger.»
[
Si fa presto a dire che il tempo
lenisce le ferite,
ci
vuole di più a convincersi che
sia così. ]
Lei non annuì, però sorrise e sbiadì nella notte come una consunta fotografia vista e rivista troppe volte.
N\A
Odio rileggerla.
Non sono mai riuscita a capire nulla di questa fanfic, per quanto l'abbia scritta e riscritta centinaia di volte.
Ho intenzione di riportare tutti e tre i capitoli alla luce, sotto una revisione completa, anche perché - fosse per me - l'avrei già tolta dalla mia galleria.
Però... però questa fanfic è dedicata alla Babi. Non potrei toglierla da lì, non sarebbe giusto.
Quindi, anche se forse perderà quella magia che non ho mai capito, sono passata alla ristesura.
Spero non sia andata poi così male.
Ja neH!
L-