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Autore: Yu_Kanda    01/04/2013    1 recensioni
Il Re di Astanglia cerca alleanze, invece accoglie nel suo castello dei nemici. Due Principi da un regno vicino chiedono la mano della figlia, ma il loro obiettivo è davvero quello? Un matrimonio d'interesse per forgiare un'alleanza fra i regni? Forse; e forse no.
Qualche notte più tardi il Principe ereditario scompare all'improvviso, senza lasciare traccia... [YAOI]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest a Bivi di "Disegni e Parole" indetto da Sango_79 sul Forum di EFP]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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Terzo capitolo. L'immagine prevista per questo bivio, il N.3, la potete vedere qui di seguito:


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Notti di Sangue


 

Capitolo 3: Rapimento



Due uomini ansimanti e madidi di sudore giacevano su uno sfarzoso letto a baldacchino, entrambi cercando di riprendere il controllo di sé stessi. Il più muscoloso dei due, prono sopra l'altro, appariva particolarmente provato. L'altro, il fisico sottile e snello e la carnagione più scura, rideva incontrollatamente come se fosse impazzito, guardando la disperazione dell'uomo chino su di lui.

- Io ti possiedo, Howard - disse appena fu di nuovo in grado di articolare parola - anche se in questo letto è accaduto il contrario. Farai meglio a continuare a compiacermi.

Infilò le dita fra i capelli biondi di lui, godendo dell'espressione disgustata che ottenne con quel gesto, prima che la sua mano fosse allontanata con fermezza. Lord Howard si affrettò a scendere dal letto, come se persino il semplice contatto con l'uomo lo facesse sentire sporco e indegno. Il Principe Neah rise di nuovo, sommessamente questa volta, tentendo di mettersi seduto per poter godere ancora dell'espressione inorridita dell'amante, che stava disperatamente cercando il modo di ripulirsi. Versò dell'acqua in un catino, immergendovi un panno, e iniziò a strofinarsi vigorosamente con quello.

- Quindi il prezzo del vostro silenzio è che io vi intrattenga a letto quando meglio vi aggrada? - chiese, anche se ben conosceva la risposta; quell'uomo non l'avrebbe mai lasciato andare.

- Precisamente; ma la prossima volta sarò io ad avervi, tenetelo bene a mente. - gli giunse la conferma ai suoi timori.

Il Principe si fece scivolare a sua volta giù dal letto, appoggiando i piedi a terra con attenzione e testando quanti danni aveva subito stavolta dopo quell'amplesso piuttosto violento. Appena fu certo di potersi reggere, avanzò zoppicando verso di lui, le labbra distese in un sorriso compiaciuto.

Lord Howard gli scoccò uno sguardo truce.

- Non crediate per questo di avere una qualche relazione amorosa con me, Altezza. - mise in chiaro mentre si asciugava. - Voi non mi piacete.

"E ora che conosco le vostre inclinazioni, mi piacete anche meno," avrebbe voluto aggiungere, pensando alla povera Principessa Alina, destinata probabilmente a sposarlo.

- Ma tu piaci a me, Howard. - ritorse il Principe, offrendo un'espressione sarcastica. - Questo è ciò che conta. Ora, suggerirei di ripulirci meglio che con una bacinella d'acqua, entrambi abbiamo dei compiti cui attendere per i quali è necessario essere presentabili. Non hai un bagno?

Lord Howard non replicò all'insinuazione riguardo l'irrilevanza dei suoi sentimenti; si limitò a passare un telo di cotone pulito all'uomo, indicandogli la brocca con l'acqua.

- Solo nelle stanze dei nobili di alto rango c'è un bagno privato. - rispose in tono piatto, recuperando i propri abiti da terra. - Dovrete accontentarvi. Rivestitevi e andatevene, badando che non vi vedano.

Detto questo s'allacciò il mantello a tracolla e si accinse a lasciare la stanza, considerando la conversazione conclusa, ma la voce divertita del Principe lo richiamò, facendolo voltare con espressione sgomenta.

- Fossi in te, riterrei saggio coprire quelle orecchie, Howard. - suggerì questi, sollevando un sopracciglio in maniera eloquente.

L'aveva completamente rimosso! Con tutte le emozioni che si agitavano in lui riguardo il giacere con quell'uomo, aveva smesso di pensare al suo problema più pressante! Si fermò di colpo, ponderando le alternative che aveva. Ora che ci faceva caso, per qualche assurda ragione nel momento stesso in cui il Principe l'aveva baciato i sintomi della trasformazione erano svaniti del tutto. Si sentiva bene... Portò una mano a toccarsi un orecchio, confermando che era ancora a punta. Era ancora per metà demone, purtroppo.

- Come avete fermato la trasformazione? - chiese a bruciapelo.

Neah inclinò leggermente la testa da un lato, lasciando ricadere il telo nel catino; il suo bel capitano era anche intelligente, non credeva ci sarebbe arrivato. Si mostrò molto compiaciuto della cosa, ma scrollò ugualmente le spalle con sufficienza.

- Probabile sia merito di ciò che ho usato per impedire che mi contagiassi. - rispose, restando sul vago. Si chinò poi sui propri abiti, estraendo qualcosa da una delle tasche interne, spezzandolo e lanciando all'altro il frammento. - Consideralo un regalo.

Lord Howard afferrò al volo l'oggetto, sgranando gli occhi appena riconobbe cosa stringeva in mano. Com'era possibile che un nobile libertino come quello possedesse anche le conoscenze necessarie per capire di cosa lui avesse bisogno per curarsi? A meno che anche lui... Gli tornò alla mente l'immagine del ladruncolo-demone e si chiese se per caso non avesse giocato lo stesso scherzo che aveva fatto a lui anche al Principe. Rivolse a quest'ultimo un'occhiata sospettosa.

- Mandragora... - mormorò con reverenza. - Inutile che vi chieda dove l'avete presa, vero?

Una sonora risata gli disse che era così. L'uomo terminò di lavarsi, iniziando a rivestirsi con una certa premura. A occhio e croce era in ritardo di oltre due ore, la Principessa Alina di certo sarebbe stata furiosa con lui. Però ne era valsa la pena... Eccome se ne era valsa la pena!

- Sbrigatevi a usarla, piuttosto. - raccomandò al suo 'amato', guardandolo annodarsi una bandana dietro la nuca per coprire l'imbarazzante segreto e uscire subito dopo in tutta fretta.

Neah sogghignò. Le cose non potevano andare meglio, anche se il buon cugino Thiago non sarebbe stato affatto d'accordo con lui.

 

 

Lady Alina era furiosa. Aspettava il Principe di Evora-Beja da oltre due ore e ancora non si riusciva a capire dove fosse finito. Non si trovava nelle sue stanze, il soldato che aveva mandato da lui a vedere cosa lo trattenesse era tornato a riferire che ogni tentativo di ottenere una risposta s'era rivelato vano. Anche l'altro Principe risultava irreperibile al momento, per cui nessuno sapeva come comportarsi.

L'unico che stava facendo salti di gioia per l'accaduto era il fratello della Principessa, Kong-Li, il quale, non troppo ben nascosto accanto alle scuderie, si fregava le mani con aria compiaciuta. L'appuntamento era andato a monte nella maniera maggiormente conveniente per lui, cioè con Alina terribilmente arrabbiata, il che significava che non avrebbe voluto mai più rivedere il pretendente.

Tuttavia, la gioia di Kong-Li fu di breve durata, perché giusto mentre la sorella aveva appena ordinato di far rientrare i cavalli, il figliol prodigo faceva la sua comparsa all'orizzonte, zoppicando vistosamente.

- Neah! - chiamò Lady Alina nel vederlo arrancare verso di lei, il tono estremamente preoccupato, correndo immediatamente verso il Principe. - Che ti è successo?

Kong-Li storse il naso nel sentire l'amata sorella riferirsi al maledetto intruso con tanta confidenza. Da quando erano passati al chiamarsi per nome quei due?

Prima di risponderle il Principe Neah le strinse le mani, fissandola intensamente.

- Non è nulla - disse, sorridendole - ho avuto un piccolo incidente. Sono mortificato per il ritardo, Alina.

- Oh, mio Dio, devi subito farti vedere dal medico di corte! - esclamò lei, facendo un cenno alla guardia più vicina.

Neah rabbrividì al pensiero; il medico di corte che si figurava il perché del suo zoppicare... no, escluso.

- Mi sono solo slogato una caviglia scivolando nel bagno, niente di così tragico da necessitare di un dottore. - rassicurò subito la sua supposta 'promessa sposa'. - Devo essere svenuto per la caduta... sono davvero desolato di averti fatto aspettare tanto.

Alina l'abbracciò, sollevata di sapere di non essere stata scaricata; ecco perché non aveva risposto alla sua guardia, povero caro... Neah offrì un sorriso imbarazzato e la Principessa ricambiò con uno radioso.

- Te la senti ugualmente di cavalcare? - domandò, ansiosa.

Sapeva che era un pessima idea, ma non aveva scusanti, doveva andare. Senza contare che Thiago l'avrebbe ucciso se fosse venuto a sapere per quale motivo la sua passeggiata a cavallo era stata annullata... Doveva proprio farlo.

- Certamente, mia cara. Andiamo quando vuoi. - assicurò, figurandosi già quanto sarebbe stato entusiasta della cosa il suo fondo schiena.

Alina piroettò su sé stessa, felice, facendosi passare il frustino e ordinando agli scudieri di avvicinare i cavalli. Quindi montò in arcione con movimento fluido, la sua tenuta da cavallerizza, piena d'oro, che brillava sotto la luce del sole di mezzogiorno.

- Seguiteci con le ceste da pic-nic! - comandò agli scudieri, spronando il cavallo al galoppo.

Neah, imprecando fra sé per la sua malasorte, la seguì immediatamente.

 

 

La cena si svolse senza incidenti, anzi, Neah fu particolarmente soddisfatto di trovare Lord Howard seduto accanto al Principe Kanda, apparentemente in perfetta forma. Scambiò con l'uomo un'occhiata complice, che questi restituì con sufficienza. Doveva aver seguito il suo consiglio e fatto buon uso della radice di Mandragora, spezzando la maledizione. Peccato che con lui funzionasse solo come palliativo, visto che il suo problema era sensibilmente diverso...

- Maestà.

Thiago si alzò da tavola, inchinandosi verso Re Theodore. Neah fece altrettanto, soffermandosi però un breve istante per baciare la mano della Principessa Alina, sulla quale brillava l'anello che le aveva dato quel pomeriggio. Notò l'occhiata omicida del fratello, pregustando il momento in cui si sarebbe liberato di lui, più tardi quella stessa sera.

A quel punto anche il Principe Kanda si congedò dal Re e dai fratelli; scortato da Lord Howard, s'incamminò in direzione delle sue stanze, imitato quasi subito da Lady Alina e suo fratello. Rimasto solo con Lord Malcom, il Re portò la conversazione sulla politica interna del regno, impaziente di discutere sui vantaggi che il matrimonio della figlia avrebbe comportato. Argomento che il Primo Ministro era molto ansioso di discutere.

- Tutto procede per il meglio, Maestà! - assicurò al Re, mostrandosi fiero dei progressi fatti. - Lady Alina pare apprezzare molto il Principe Neah, credo che non farà difficoltà. Avete notato l'anello?

Re Theodore annuì, l'espressione commossa; non vedeva l'ora di ascoltare i dettagli. Presto avrebbe avuto un nuovo figliolo sotto il suo tetto.

 

 

Un trio alquanto sospetto attendeva in un punto isolato dei giardini reali, confabulando sommessamente. Due dei membri erano i Principi di Evora-Beja, il terzo il loro terribile tirapiedi sfregiato, Ak'ram, che si apprestava a fare rapporto. Riferì di aver sorvegliato il Principe Kanda per tutto il giorno, approfittando del tempo durante cui questi si esercitava con la spada per far posizionare i suoi uomini all'interno del castello e fuori. Ora erano pronti a catturarlo non appena fosse giunto il momento. Tuttavia, per il Principe Kong-Li Thiago preferiva qualcosa di meno cruento, visto che dovevano rapirlo dentro le mura del castello.

Ascoltò il resoconto di Ak'ram, coordinando un segnale e un luogo nel quale portare entrambi i Principi prima di trasferirli a Evora-Beja, dove lo zio avrebbe avuto buona cura di loro. Quindi, lasciò che tornasse a occuparsi del bersaglio principale, il Principe Kanda.

Attesero con pazienza che ogni lume nel castello fosse spento e, quando il silenzio della notte non fu più disturbato dai rumori della vita di corte né da quelli delle ronde di guardia, Thiago decise che era tempo di agire.

- Neah, è il momento. - sussurrò, appartandosi per preparare un incantesimo.

Il cugino annuì, ruotando la gemma dell'anello che portava al dito e sollevando la mano verso il castello. Una luce brillò per un istante all'interno della pietra, poi svanì e tutto tornò buio e silenzio.

Dopo diversi minuti di attesa infine si udì un calpestio di passi sull'erba, leggeri e lenti. Una fanciulla in camicia da notte emerse da dietro una siepe di rose bianche, muovendosi come in trance verso la mano tesa che la chiamava. L'afferrò, fissandone il proprietario con occhi vuoti; Neah sorrise, trionfante, guidandola sempre più a fondo nel labirinto di rose bianche, fermandosi infine davanti a una siepe particolarmente fitta. Strinse entrambe le mani della Principessa Alina, fingendo di stare per baciarla.

Fu allora che un uomo piuttosto alto schizzò fuori da una delle siepi adiacenti, la bocca spalancata nell'atto di gridare, senza però emettere alcun suono. Aveva i capelli scuri legati in un corto codino e bizzarri occhialetti rettangolari scesi sulla punta del naso, cosa che lo identificava senz'ombra di dubbio (se il suo comportamento non fosse stato prova sufficiente) come il Principe Kong-Li.

Questi si rese conto del silenzio innaturale che regnava tutt'attorno troppo tardi, quando ormai era entrato nel raggio dell'incantesimo di Thiago e non aveva più alcun modo di fuggire. Appena il suo piede destro toccò terra oltre il roseto un cerchio di luce dorata lo avvolse. La luce crebbe verticalmente formando un reticolato, che in pochi attimi si trasformò in una gabbia dorata chiusa da un tetto a cupola.

Kong-Li si guardò attorno, confuso e spaventato, cercando la sorella e non vedendola più da nessuna parte. Ciò che vide, invece, fu il Principe Thiago di Evora-Beja che avanzava verso la gabbia, appoggiandosi a essa con un ghigno malevolo sul bel volto abbronzato. Indossava abiti sfarzosi, di un color bianco-argenteo che brillava sotto la luce della luna, ormai quasi piena, e sul suo petto faceva bella mostra di sé un amuleto d'ambra viola, incastonato in una cornice d'argento. Kong-Li spalancò gli occhi, comprendendo di essersi infilato in una trappola, che tutta la richiesta della mano di Alina era soltanto un inganno. Afferrò alle sbarre, ordinando al Principe di liberarlo immediatamente.

- Principe Thiago, che significa questo? Aprite la gabbia, oppure ve ne farò pentire amaramente! - gridò, ma di nuovo non un suono gli uscì dalle labbra.

Thiago parve ridacchiare, poi si allontanò di qualche passo dalle sbarre, portando una mano al monile d'ambra che gli chiudeva il mantello e sfiorandone la gemma. Una luce rossa si sprigionò dalla gabbia, investendo il progioniero al suo interno, che cadde a terra privo di sensi; quindi la prigione si dissolse.

- Skin - chiamò allora Thiago, e un omaccione alto e massiccio uscì dal suo nascondiglio dietro un albero - occupati di lui.

L'energumeno annuì, caricandosi in spalla il prigioniero e avviandosi verso le mura di cinta del castello, dove lo attendeva il resto delle guardie dei due Principi. In quel momento ricomparve anche Neah, con in braccio la Principessa Alina, priva di sensi.

- Un grandioso successo, cugino. - disse, e Thiago sorrise di rimando.

- Andiamo, bisogna riportare Lady Alina nelle sue stanze. Poi andremo a dormire anche noi.

Sfiorò ancora una volta la gemma sul suo petto, facendo cenno a Neah di mantenere il silenzio; i due s'incamminarono poi con passo veloce verso l'ingresso principale del castello, immerso nel sonno.

 

 

Non appena Sua Altezza, con il favore del buio, riuscì ancora una volta a scappare per incontrare il giovane popolano, Ak'ram lo seguì con il gruppetto di mercenari che aveva assoldato, come stabilito. Ordinò loro di attendere il suo ritorno in un punto strategico lungo la strada che conduceva al villaggio, quindi procedette solo.

Era solo una questione di tempo e pazienza; se li lasciava bere a sufficienza, al momento dell'attacco i due giovani non avrebbero avuto la stessa presenza di spirito nel reagire. Pagare l'oste di una delle taverne per drogare le loro birre garantiva semplicemente che le cose sarebbero andate proprio in quel modo. Passata la mezzanotte il Principe era già a mal partito, contrariamente al suo accompagnatore; molto strano, ma alla fine irrilevante. Quel pezzente, Lavi, era sacrificabile. Il suo ruolo sarebbe terminato nel momento stesso in cui avesse portato l'amico nel punto dove loro avevano previsto l'agguato.

- Stasera sei proprio messo male, Yuu... - commentò Lavi, passandosi un braccio del giovane attorno al collo e sorreggendolo mentre lo costringeva a camminare. - Non ti reggi in piedi. Coraggio, ti riporto a casa.

Questi rispose con un grugnito, aggrappandosi per quanto le forze gli consentivano a colui che lo sosteneva. Zoppicando, i due imboccarono la strada che conduceva al castello.

- Lavi... - mormorò a un certo punto Kanda. - Fermati... devo...

Non fece in tempo a finire la frase che fu costretto ad appoggiarsi all'albero più vicino per vomitare. Lavi gli tenne ferma la testa, facendo sì che i suoi lunghi capelli non finissero nel mezzo, cosa di cui il giovane fu estremamente grato. Per un attimo rimase boccheggiante, in ginocchio.

- Non trattenerti, Yuu; vedrai che dopo ti sentirai meglio. - gli disse Lavi; lui fece cenno di star bene e cercò di rialzarsi da solo, appoggiandosi sulla sua spada, ma alla fine dovette ancora una volta accettare il sostegno dell'amico.

Si sentiva stordito, ogni suono gli giungeva ovattato e distante. Aveva la vista appannata, tanto che nemmeno si accorse del momento in cui lasciarono il sentiero principale per addentrarsi nel bosco e giungere non visti al muro dal quale era solito uscire dal castello.

Erano entrambi troppo concentrati sul camminare nella giusta direzione per accorgersi dei movimenti intorno a loro e quando infine i sensi acuti di Lavi percepirono che qualcosa non andava si rivelò essere ormai tardi. Mani decise li afferrarono e Kanda fu strappato dalle sue braccia, imbavagliato e incappucciato; uno dei briganti mascherati allora si avvicinò a lui brandendo una spada, e Lavi capì quanto grave fosse la situazione. Si lasciò cadere a terra pretendendo di perdere i sensi e, quando la stretta su di lui s'allentò quel tanto che bastava, con uno strattone riuscì a liberarsi, scampando al fendente del terzo assalitore.

- Che diavolo state facendo, prendetelo e uccidetelo! - gridò quello che doveva essere il capo.

Lavi non perse tempo, rotolò fuori portata e poi con un balzo prodigioso si arrampicò sull'albero più vicino, nascondendosi fra i rami, complice il buio. Doveva fargli credere di non essere più lì se voleva avere una possibilità di salvare Yuu. Trattenne il fiato e si strinse al ramo su cui era più forte che poteva. Gli energumeni mascherati si guardarono attorno, sorpresi.

- Capo, è scomparso! Il bastardo è scappato! - esclamò uno di loro. Si udì un'imprecazione in una lingua ignota.

- All'inferno quel pezzente, portate la carrozza e caricateci il nostro amico, tra poco avrà compagnia! - ordinò l'uomo dal fisico minuto che chiamavano capo, trascinando con sé il prigioniero che aveva appena legato e indicando il gruppetto di loschi figuri in arrivo.

Uno di loro, un omaccione alto due metri, portava in spalla qualcuno, anch'egli legato, ma come un salame. Afferrò il poveretto e lo gettò a terra, nello stesso momento in cui una piccola carrozza coperta arrancava lungo il sentiero boschivo.

- Dov'è la spada di Sua Altezza, è merce di scambio anche quella! - gridò ancora il capo-brigante, ma nessuno seppe dirgli niente. - Maledizione, deve averla presa lo straccione! - esclamò con rabbia. - Non importa, caricateli e andiamo! - comandò, indicando i due prigionieri.

Qualche minuto più tardi, cinque dei briganti se ne andavano con i prigionieri nella carrozza. Ecco, questo era il momento, si disse Lavi. Avrebbe dovuto affrontare solo due di loro: l'uomo a cassetta e quello che li seguiva a cavallo. Se si muoveva in fretta, poteva farcela e poi gestire gli altri tre separatamente una volta fermata la carrozza. Non potevano galoppare in mezzo al bosco, la cosa giocava a suo vantaggio.

Dimostrando un'agilità prodigiosa, saltò da un ramo all'altro seguendo il percorso dei rapitori e, una volta raggiunti, balzò sul tetto della carrozza, sorprendendo il cocchiere; lo gettò in strada mentre ne prendeva il posto, fermando poi i cavalli. Non ebbe però il tempo di scendere, che gli altri briganti erano già usciti per capire che stesse accadendo.

- Tu, bastardo! - sentì gridare dietro di sé.

In un batter d'occhio si trovò addosso il capo del drappello, che era anche quello che aveva ordinato la sua uccisione poco prima, a giudicare dalla voce.

L'uomo lo attaccò senza esitazione e Lavi non riuscì a schivare del tutto il primo fendente, ritrovandosi uno squarcio sul petto. Il laccio con cui s'era messo a tracolla la spada di Kanda nel caos dell'agguato fu reciso e la preziosa arma cadde in terra con un tonfo sordo.

Il dolore della ferita gli fece perdere la testa e Lavi lasciò che la furia prendesse il sopravvento sulla razionalità. Raccolse la spada da terra con uno scatto fulmineo sorprendendo l'assalitore e la brandì come un bastone, deviando l'affondo successivo di questi e saltandogli addosso con una velocità inumana. Bloccò con le gambe i movimenti dell'uomo, che però fece scattare un dispositivo nel bracciale che indossava, liberando una lama con la quale colpì il nemico dove poteva.

Lavi grugnì di dolore ma non allentò la presa di un millimetro e mentre il suo avversario si divincolava inutilmente come un forsennato, gli spezzò il collo con un gesto secco.

I briganti superstiti gridarono di rabbia e fecero per gettarsi sull'uccisore di chi li aveva ingaggiati, ma quando questi si voltò verso di loro restarono paralizzati. Accosciato sopra il cadavere dell'uomo appena ucciso, sembrava una belva pronta a difendere il suo pasto, il respiro affannoso e l'espressione chiaramente fuori di sé.

- È un demone! - gridò uno dei superstiti. - Guardate i suoi capelli rossi! Possiede il retaggio! È maledetto!

Simili esclamazioni passarono di bocca in bocca e tutti i superstiti fuggirono a gambe levate, lasciando la carrozza incustodita. I cavalli, percependo l'aura di Lavi, iniziarono ad agitarsi e scalpitare, pronti a scappare a loro volta al minimo movimento ostile. Il giovane scosse la testa, cercando di riprendere il controllo.

- Avevo i capelli rossi anche prima... - borbottò fra sé, contrariato.

Prese un grosso respiro, che lo fece gemere di dolore a causa del lungo taglio sul torace, e si guardò intorno, rendendosi conto solo allora di aver ucciso il capo dei briganti. Curioso, gli tolse la maschera; ora che lo vedeva senza poteva ben capire perché i suoi sgherri lo temessero tanto: il suo viso deturpato esprimeva una crudeltà innata.

Gli sbuffi ansiosi dei cavalli gli dissero che se non liberava Yuu al più presto rischiava di dover rincorrere nuovamente la carrozza, questa volta in una folle corsa tra gli alberi. Non aveva il tempo di leccarsi le ferite, ci avrebbe pensato una volta al sicuro. Lentamente, facendo un giro largo per non indispettire ulteriormente gli animali, si portò dietro la carrozza, schizzando dentro appena a distanza utile.

C'erano due prigionieri distesi sul fondo della carrozza, entrambi legati, incappucciati e privi di sensi. Lavi rimosse loro i drappi per essere certo, visto il buio, di non sbagliare persona e, una volta riconosciuto l'amico lo slegò e gli tolse il bavaglio, accingendosi a prenderlo in braccio. Si fermò a metà del gesto, lanciando un'occhiata all'altro uomo; non poteva lasciarlo così, doveva liberarlo. Anche se non sapeva chi fosse, meritava pure lui una possibilità di cavarsela. Tagliò anche le sue corde e poi abbracciò Yuu. Il resto quell'uomo poteva farlo da solo appena fosse rinvenuto.

Adesso la priorità era portare Yuu in un posto sicuro e al momento gli veniva in mente solo la casa in cui viveva con il nonno. Sapeva bene che questi non ne sarebbe stato entusiasta, considerato quanto poteva rivelarsi pericoloso per tutti. Si avvicinava il giorno maledetto e ancora non avevano trovato una soluzione. Sospirò, afflitto.

Stava per avviarsi lungo il sentiero, quando si ricordò della spada di Yuu; tornò verso il cadavere per cercarla, di certo l'aveva lasciata cadere lì dopo la fine della battaglia. Non gli fu difficile ritrovarla e, già che c'era, decise di prendere uno dei cavalli in prestito; due su un cavallo avrebbero attirato meno attenzione di qualcuno che trasportava qualcun altro in braccio.

Tuttavia, la sua manovra per staccare l'animale di testa spaventò definitivamente i compagni di quadriga. Così, appena Lavi ebbe messo l'amico, ancora svenuto, in arcione, preparandosi a montare accanto a lui, gli altri tre cavalli partirono al galoppo, inoltrandosi nel bosco, trascinando via la carrozza.

Lavi maledisse la propria disattenzione, ma non poteva farci nulla; se avesse perso tempo dietro all'altro rapito li avrebbero di sicuro trovati. I fuggitivi erano certamente tornati indietro, dando l'allarme. Sarebbero venuti altri a cercarli, non c'era da illudersi. Spronò il cavallo, dirigendo al galoppo verso la città, Yuu saldamente stretto contro di sé.

   
 
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