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Autore: Miyara    20/10/2007    2 recensioni
"Il mondo intero ruota intorno ad un inganno. Nessuna razza, nessuna nazione, nessun uomo ha il diritto divino di avvantaggiarsi sugli altri. Perché permettiamo alle altre persone di ingannarci?" Marcus Garvey
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Mangiamorte
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il signor Roberts sbadigliò.
Era seduto sull’erba, le gambe incrociate davanti a lui, la schiena appoggiata alla fredda parete di una piccola casa di pietra, al limitare del campus. Il suo sguardo spaziava oltre il cancello, verso la nuda brughiera e poi in alto, oltre l’orizzonte sfocato, dove grosse nubi cupe oscuravano le stelle. La fitta nebbiolina che la notte scorsa aveva portato con se, si era diradata un poco durante la giornata, così che adesso era possibile scorgere la prateria per intero - chilometri e chilometri di desolante silenzio.
Prese una profonda boccata dalla sottile pipa che aveva in mano e osservò quieto il paesaggio davanti a lui, cercando di scacciare dalla sua mente ogni pensiero.
E di pensieri ne aveva, eccome.
Quel giorno, infatti, erano successe davvero tante cose e molte altre, ancora, stavano accadendo; cose che non riusciva a spiegarsi e che un po’ lo preoccupavano...
“Sono solo coincidenze...”
Non aveva fatto altro che ripetersi, ma adesso, nella calma deprimente del paesaggio davanti a lui, sentiva una nuova idea riaffiorare nell’intimo della propria mente; un’idea talmente assurda, eppure così calzante, che poteva quasi essere vera...
Era tutta la sera che cercava di ricostruire l’origine di tutto ciò, ma più ci pensava, più si rendeva conto che aveva come dei vuoti nella sua mente, momenti di buio totale in cui non ricordava di aver fatto o detto nulla...
“Eppure tutta quella gente...”
Già, era proprio quella gente il problema. Centinaia e centinaia di persone che avevano trovato alloggio nel suo campeggio e in quello attiguo in un solo giorno. Gente della più strana specie, straniera, senza dubbio, che indossava i vestiti al contrario e che usava termini strani. La cosa assurda, però, era che lui non ricordava assolutamente di aver fatto entrare quella gente nel suo campo! Era come se l’intera mattinata fosse stata magicamente rimossa dalla sua memoria...
Scosse vigorosamente la testa, come se volesse scacciare un pensiero fastidioso; poi sbatté la pipa, ormai spenta, contro il muro per togliere la cenere rimasta. All’improvviso, qualcosa turbò l’apparentemente immobile quiete della brughiera: delle voci, provenienti al di là della casa. Si sporse appena e vide delle sagome provenienti dal campo, costellato dai profili di centinaia di tende, dirigersi verso il luogo in cui si trovava lui. Parlavano concitatamente e sembrava stessero festeggiando qualcosa; alcuni avevano l’aria di avere bevuto un bicchiere di troppo.
– Chissà cosa direbbe quello sciocco di Caramell, se sapesse quello che stiamo organizzando... – Sghignazzò uno.
– Meglio che non lo venga mai a sapere, Avery. – rispose un altro, strascicando le parole con voce fredda. – Stanotte daremo una dimostrazione a tutti quei filobabbani del Ministero.
– Già... – assentì estasiato Avery. – Finalmente impareranno a rispettare i purosangue come devono.
Gli altri sghignazzarono.
Il signor Roberts si alzò e lentamente si mosse verso di loro, entrando nel cono di luce proveniente da una lanterna ad olio, appesa alla parete della casa.
– Oh! – urlò Avery rivolto ai suoi compagni. – Guardate un po’ chi c’è!
– Ehi, babbano! – urlò un’altro. L’uomo ebbe l’impressione che stesse chiamando lui, anche se non aveva la più pallida idea di cosa significasse la parola “babbano”. – Che fai qua, solo, soletto, non sai che è pericoloso girare di notte?
Una sonora risata accompagnò la sua battuta.
– Fa parlare me, Macnair. – rispose l’uomo dalla voce fredda, accanto a lui. Il signor Roberts immaginò che fosse un uomo importante poiché l’altro non ribatté.
Quando gli uomini entrarono nel cono di luce, rimase senza fiato. Erano in sei, indossavano dei lunghi mantelli neri che li coprivano completamente e avevano i cappucci calati fin sugli occhi. Osservò in particolare l’uomo che guidava il gruppo: aveva capelli biondi e un viso affilato e severo. Gli occhi emanavano scintillii soddisfatti.
– Bene, bene... il signor Roberts. – mormorò.
– I signori sono in villeggiatura qui, immagino... – rispose lui, cercando di non farsi prendere dal panico. Non sapeva perché, ma qualcosa, in quegli individui, lo faceva tremare.
– Immagini bene. – rispose un uomo dalla grossa corporatura.
– E cosa posso fare per Loro?
Altre risate accompagnarono la sua richiesta.
– Vedi, Roberts... – esordì un altro – Proprio in questo momento si sta svolgendo una grande festa nell’accampamento... Per questo i miei amici ed io abbiamo detto “perché noi stiamo lì a festeggiare, mentre quei poveri babbani che ci ospitano sono costretti a restare lontani?”
– Quello che il mio amico Nott vuole dire... – continuò Macnair con un ghigno – è che siamo qua per invitarti a partecipare a questa festa...
– Oh... – bisbigliò il signor Roberts confuso. Il tono con cui era stata pronunciata l’ultima frase non premetteva nulla di buono. – Beh io...
– Naturalmente è invitata anche la tua famiglia. – sbottò l’ultimo mangiamorte, che non aveva ancora parlato. – Vero, Malfoy?
– Certo, Tiger. – mormorò il capo con la sua voce fredda. - Naturalmente.
– Io, non... – esordì Il signor Roberts, ma fu interrotto.
– No, no, no... – mormorò Malfoy. Estrasse lentamente una sottile bacchetta di legno scuro da una tasca del mantello e la puntò verso l’uomo. – Vedi Roberts, forse i miei amici si sono espressi male... tu verrai alla festa, che lo voglia a no.
L’uomo s’irrigidì: i suoi sospetti erano fondati.
– Se credete di spaventarmi con quel pezzo di legno, voi... – Ma si bloccò.
All’improvviso si ritrovò in aria, a testa in giù.
L’uomo di nome Malfoy sorrise, freddo.
– Pensi davvero di poterti opporti a noi, babbano?
“è impossibile...” pensava, eppure non era un sogno. Era come se, una forza inumana, proveniente da quegli uomini, costringesse tutti i muscoli del corpo all’immobilità, quando lui avrebbe voluto muoversi, urlare...
In quel momento la porta della casa di legno si aprì e sulla soglia apparve una giovane donna in camicia da notte abbracciata ai suoi due figli. Si guardò intorno in cerca del marito, poi, appena si accorse di quello che stava accadendo, urlò e s’accasciò a terra con una mano sul petto, ansante.
Il signor Roberts sentì la paura invadere ogni muscolo del suo corpo;
“No, lei, no. – Pensò disperatamente. – Uccidete me, ma risparmiate lei...” Malfoy strava ascoltando la sua preghiera.
Rise.
– Si, Roberts, prega. – mormorò. Poi abbassò la bacchetta e lui cadde a terra sbattendo violentemente con la testa.
La vista gli si annebbiò di colpo, mentre tutto attorno a lui girava vorticosamente in un movimento continuo che, forse, si disse, era solo nella sua testa. Sentì in bocca il sapore agrodolce del sangue e, per un attimo, pensò davvero che fosse tutto finito.
Raccolse tutte le sue forze per rimettersi seduto, cercando di dissolvere la nebbia dalla sua testa, cercando un modo per far passare il dolore... Si toccò la testa e vide che perdeva molto sangue.
– Prega, Roberts, – continuò Malfoy. – pregaci in ginocchio di risparmiarla, e noi, forse potremmo impegnarci a farla soffrire di meno...
Gli uomini risero.
Poi l’uomo dalla grossa corporatura estrasse anche lui la bacchetta e la puntò verso la donna, che iniziò a contorcesi sul pavimento, urlando di dolore.
– No!!! NOOO! – strillò lui, il cuore e lo stomaco stretti in una morsa di ferro.
Ma era inutile.
Dopo istanti che sembrarono infiniti, Malfoy parlò.
– Basta così, Goyle. Non voglio che i nostri invitati speciali arrivino incoscienti alla festa. È giusto che si divertano pure loro, non credi?
La donna ricadde a terra inerme, il corpo scosso da violenti spasmi, il respiro affannoso, mentre accanto a lei i suoi figli singhiozzavano in silenzio.
Gli uomini sghignazzarono, poi estrassero dal mantello una maschera argentata che indossarono sotto il cappuccio.
– Divertitevi alla festa. – Concluse teatralmente Malfoy.
Gli uomini sollevarono le bacchette e l’ultima cosa che il signor Roberts provò, prima di ritrovarsi di nuovo in aria, era un forte, lacerante senso di colpa, insieme alla dolorosa convinzione che non avrebbe più rivisto la sua famiglia.


“Una folla di maghi avanzava lentamente nel campo a ranghi serrati, le bacchette puntate verso l’alto... Sopra di loro a mezz’aria, quattro sagome si divincolavano e si contorcevano in forme grottesche... Era come se i maghi mascherati fossero burattinai, e le sagome sopra di loro burattini azionati da fili invisibili...”
Da Harry Potter e il Calice di fuoco
  
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