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Autore: xyz123    01/04/2013    4 recensioni
Una ragazza spezzata. Una vaso di porcellana caduto a terra. Cocci da raccogliere.
Solo questo è rimasto di Lea da quel giorno.
Già quel giorno. Tutto è cambiato. Il suo sguardo. Quello degli altri.
Esiste una via di fuga ad una vita che non le appartene più? Sola, cinica e impura. Dove può una ragazza trovare la forza per tornare a vivere? O forse vivere per lei non è più un opzione.
Possono due mani afferarla dal silenzio in cui è chiusa ormai da troppo tempo e riportarla alla realtà?
La storia mi è venuta in mente, come facile capire dal titolo, mentre ascoltavo Little bird di Ed Sheeran. Spero che qualcuno la legga, anche solo per criticare.
Genere: | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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STANZE BIANCHE E FILOSOFIA


 

Io sono. Io chi sono?
Il cielo è primordialmente puro ed immutabile
Mentre le nubi sono temporanee
Le comuni apparenze scompaiono
Con l'esaurirsi di tutti i fenomeni
Tutto è illusorio, privo di sostanza.
Tutto è vacuità


 

 

Un giorno, a scuola la professoressa ci propose un test. “Un gioco”, disse, “sarà divertente”. Sorrisi, all'epoca ne ero ancora capace.

Era semplice. In quattro minuti dovevamo chiederci chi fossimo per venti volte e rispondere in modo differente. Era una semplice prova per vedere quanto in realtà noi conoscessimo il nostro stesso carattere, il nostri desideri, la nostra identità. Vedevo gli altri scrivere, chiedere al compagno di banco, ridere di fronte a risposte palesemente ridicole e cercare a tutti i costi di finire prima dello scadere del tempo prefissato.

Non riuscì a rispondere nemmeno una volta a quella domanda. Non la capivo. Mi sembrava così assurdo poter presumere di capire chi fossi in realtà. Cioè sapevo di essere bella, di piacere e di avere la simpatia e la fiducia di chiunque volessi, ma era questo che chiedeva il test? No. Il quesito, impuntandosi su una sola domanda per venti volte, voleva portare ad una riflessione più profonda. Voleva condurci ad una comprensione di noi stessi che a diciassette anni è difficile, se non impossibile, aver acquisito.

Quel giorno il foglio lo consegnai quasi in bianco. In cima al foglio era in evidenza la scritta 'Chi è Lea?', sotto di essa seguiva un elenco con venti punti vuoti.

Sconvolgente. Rimasi a guardare quel foglio con un misto di simpatia e angoscia. Ero stata onesta, avevo evitato di scrivere cose di cui non ero certa, e di questo ne andavo fiera, d'altro canto però avevo appena ammesso di non conoscere me stessa e questo mi lasciava una strana sensazione allo stomaco.

Oggi saprei come riempire quei punti. Sono passati solo tre mesi, eppure ora sapevo chi sono, anche senza avere idea di chi ero stata.

Ero un uccellino con l'ala spezzata. Ero caduta dal nido ed ero incapace di volare. Sarei morta lentamente, senza più cibo, senza più gioie, senza più affetto.


 

Morfina. Una parola sola, semplice, eppure.

Riconoscevo quella sensazione. Il dolce torpore, l'assenza di suoni, la possibilità di essere soli con se stessi. Mi sentivo annullata. Era per questo che il mio medico me l'aveva praticamente proibita. Ma i soccorritori non potevano sapere che per la povera ragazza trovata per strada non esisteva nulla di più attraente della capacità di non sentire più dolore. Non potevano sapere che quella piacevole sensazione era come la più dolce delle droghe.

Mi cullai sorridendo a quel pensiero.

Peccato che 'ciò che piace al mondo è breve sogno'. Il medico non tardò a scoprire che ero stata portata di nuovo all'ospedale. Ormai quel posto era nella mia routine. Le sue stanze vuote, bianche. L'odore pungente di disinfettante. Uomini e donne vestiti di bianco che correvano per i corridoi assorti nel loro compito di salvare vite. Era fastidioso. Eppure non era il posto peggiore in cui fossi stata. La disperazione aleggia familiare in luoghi come questo e, proprio per questo, nessuno qui fa caso ad una ragazza con il cappuccio della felpa calcato sulla testa che tranquilla siede in sala d'attesa. Aspettando cosa poi non si sa.


 

Si dovrebbe svegliare da un momento all'altro.” Professionale, vecchia, roca e affaticata. Riconoscevo quella voce e questo poteva significare solo che la morfina aveva finito di svolgere il suo dovere e che, per mia sfortuna, qualcuno voleva parlare con me.

Nella mia mente iniziai a pensare a chi potesse essere.

I miei 'preoccupati' genitori con cui non parlavo da mesi? Il 'terapista', o almeno questo è il nome con cui tutti erano soliti chiamare quello psicopatico del mio strizzacervelli, che pensava ad un tentativo di suicidio?

I miei dubbi svanirono quando, stanca di tenere gli occhi chiusi, mi svegliai tra le immacolate e disinfettate lenzuola sanitarie dell'ospedale.

La polizia. Avrei dovuto immaginarlo. Il problema era che io non avevo la benchè minima idea di cosa fosse successo quella mattina.

Che ore sono?” chiesi in un sussurro a uno degli agenti che stavano seduti sulle sedie dei parenti in visita.

Le venti meno un quarto. Hai dormito molto, dopo essere finita sotto i ferri.”

Ah, la gamba. Immaginavo che la morfina non mi fosse stata prescritta per alleviare un semplice dolore. Non a me. Abbassai lo sguardo e notai il rigonfiamento delle coperte in prossimità del ginocchio. Fantastico. Come sarei passata inosservata con un grosso gesso bianco al piede?

Vi serve qualcosa da me?” tono piatto, gelido.

Signorina Corti, ehm, ci servirebbe sapere se ha visto qualcosa riguardo, ehm, si, l'incidente..” mi chiese il più giovane.

Aveva un aria intimorita. Sembrava che parlarmi lo mettesse a disagio e il motivo mi era chiaro. Nel dipartimento tutti sapevano di quel 'fatto' che sconvolse la vita di una tranquilla cittadina di periferia tre mesi fa. Era la testata di ogni giornale della zona, della regione addirittura. C'era solo una cosa che i giornalisti avevano sbagliato. Quella sera non era rimasta turbata un'intera comunità, solo una persona. Io.

Mi dispiace agenti. Io non ho visto nulla. Stavo solo per attraversare e sono caduta. Non sentito ne visto nulla.”

Lei non ha provato a suicidarsi, vero?” Era il poliziotto più anziano. Non ebbi bisogno di guardarlo per capirlo. L'altro era troppo spaventato.

No” non avevo bisogno di aggiungere altro.

Avevo pensato molte volte di tentare il suicidio. Troppe. Eppure non lo avevo mai fatto. Non perché non lo volessi completamente, anzi, la volontà c'era, ma la paura mi paralizzava tutte le volte impedendomi di concludere la mia esistenza. E dopo aver fallito svariate volte ho accantonato l'idea di uccidermi.

Fa niente, basta così. Si riposi Miss Conti. Il ragazzo qui fuori ci ha già dato abbastanza informazioni per fermare quel pirata della strada”

Un sorriso triste, ironico mi si disegnò spontaneamente sul volto. Non credevo nelle capacità della polizia. Non da quella sera. Avevano fallito una volta, chi mi avrebbe assicurato che stavolta ci sarebbero riusciti? E poi, infondo, quello sbadato guidatore aveva quasi tentato di aiutarmi. Peccato avesse sbagliato mira. Guardai gli agenti uscire in silenzio da quella stanza fin troppo luminosa.

Senza farci caso ripensai alle parole dei due uomini in divisa. Avevano detto che c'era un ragazzo fuori dalla mia stanza che aveva testimoniato per l'incidente? Stupido nuovo studente. Una vera spina nel fianco. Si crede tanto buono e perfetto con quell'aria da crocerossina. Mi faceva bollire il sangue nelle vene. Io volevo solo rimanere sola. Aspettare che i miei pigri, tristi e inutili genitori venissero a prendermi per riportarmi a casa. Poi li avrei convinti a tenermi chiusa in una camera, almeno finché quell'orribile gesso fosse rimasto sul mio piede.

Non potevo minimamente immaginarmi cosa mi avrebbe riservato il destino.






ANGOLO AUTRICE
Mi ritagli questo piccolo angolo per ringraziare tutti quelli che seguono e recensiscono la storia.
Vi devo tutto! Mi date la forza di continuare <3
xyz

 

  
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