Videogiochi > Kingdom Hearts
Ricorda la storia  |       
Autore: Elsa Maria    01/04/2013    4 recensioni
Un mese di vacanza rovinato da un'iniziativa audace. Un mese in un Onsen ryokan, dall'aspetto tranquillo. Un mese in compagnia di un ragazzo misterioso e un cliente alquanto snervante. Un mese per provare tutte le emozioni che uno si porterà dietro per il resto della vita.
Un mese in cui i titubanti cuori di Sora e Roxas Sawamura, saranno messi alla prova.
--------
Questa è la prima fan fiction che scrivo su Kingdom Hearts, e mi sento più tosto agitata. Spero proprio di non aver prodotto qualcosa di indecente. Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Kairi, Riku, Roxas, Sora
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Introduzione: Salve a tutti i lettori che vogliono intraprendere l'arduo viaggio di leggere, e magari commentare, questa storia. Non so bene cosa far presente, oltre l'eccessivo uso di termini giapponesi (che verrano specificati a fine capitolo, accostato alla parola troverete un (*) ), la pubblicità occulta di alcuni anime, manga, libri e quant'altro, aggiungendo infine la scelta dei cognomi: tutti rubati da Liar Lily non è come sembra!, il magnifico capolavoro di Ayumi Komura, pubblicato dalla Planet Shojo (altra pubblicità occulta). Spero proprio che i personaggi non risultino OOC, se invece è così, scusatemi. E' tutto, non so che altro aggiungere. Buona lettura!
--------


1

 
Un edificio bianco, che alla luce del sole abbagliante del mese di marzo non permetteva di guardare nulla se non i piedi, con un cancello di ferro che bisognava attraversare per accedere al viale principale di ghiaia, contornato da alberi di pesco: questa era la scuola media superiore Yoake. Il profumo dei fiori di pesco veniva diffuso dalla leggera brezza primaverile che trasportava anche i petali rosati, creando un’atmosfera di pace e serenità. Il silenzio tombale nelle aule, dove gli studenti erano attenti a seguire l’ultima lezione prima delle vacanze, sarebbe a breve scomparso, dopo il trillo assordante e più duraturo, rispetto al solito, della campanella. 
In una delle classi, del primo anno, le penne scorrevano veloci sui fogli immacolati, tutte allo stesso tempo –anche se c’era sempre qualcuno che non sapeva cosa inventarsi per salvarsi dall’ultimo posto della graduatoria-;
-“Io dico.”- pensava una delle menti ferme. –“Anche l’ultimo giorno di scuola la professoressa di giapponese antico doveva farci fare un compito in classe? Se non è cattiveria questa, cos’è?”-  
“Sawamura!” Scattò arrabbiata la professoressa, battendo forte la mano sulla cattedra. “Invece di guardare il cielo, in attesa della soffiata di un compagno, perché non ti concentri e spremi quei due neuroni che ti ritrovi? Queste cose sono state ripetute e ripetute in classe, lo sai bene. Quindi lavora.” Batté di nuovo la mano sulla superficie che era sul punto di creparsi. Sempre la stessa solfa. All’occhio saltava soltanto lui, magari ai banchi dietro si passavano tranquillamente bigliettini, ma solo lui stava facendo qualcosa. Era stato preso di mira dalla professoressa già dal primo giorno di scuola, perché, per sbaglio, mettendo il piede in una pozzanghera, le aveva macchiato i pantaloni bianchi di fango. “Sono di seta questi!” Aveva farneticato qualcosa del genere. Poi, lei spiegava sempre in classe, ripeteva e ripeteva le cose, ma quando ti azzardavi a chiedere, alzando educatamente la mano: “Non ho capito questa cosa.” Il sangue le ribolliva nelle vene, i muscoli del collo si contraevano, la fronte gli si aggrinziva tutta, i capelli si drizzavano e urlava furente: “Siete dei decerebrati! Come potete non capire, se sono io che spiego!? Ammetti, non sei stato attento, vero? Magari stavi giocherellando guardando le nuvole come Sawamura –sempre lui ci andava di mezzo-.” Poi il tono si addolciva e guardando il primo banco, vicino la finestra, diceva rivolgendosi ad un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri come i suoi, che era il fratellastro: “Sawamura , tu sei l’unico che segue le mie lezioni, puoi rispiegare tu, gentilmente.” In verità, lui era l’unico con un cervello tale da capire da solo i concetti ‘spiegati’ dalla professoressa.  Dell’insegnate era anche solito battere il palmo della mano sulla cattedra, tanto duramente da far tremare tutta l’aula; la domanda che molti si facevano era: ma non sentirà dolore alle mani? A quanto pareva, per niente. Sbuffando tornò a concentrarsi sul foglio. Cosa scrivere? Il suo cervello aveva eseguito un ripristino totale. Anche con l’aiuto del fratello il suo povero cervello non riusciva ad assimilare alcuna nozione; forse su una cosa concordava con la professoressa: aveva due neuroni, che neanche funzionavano a dovere. Le sinapsi? Bella domanda, chissà se le aveva mai avute. Sospirò di nuovo. Voleva superare per lo meno Hayner; l’ultimo posto se lo battevano loro due di solito e quindi, superare il ragazzo, era una ‘grande’ soddisfazione; ma non gli importava granché tutto sommato. Lui era un tipo che prendeva la vita allegramente, non dando ad ogni tragedia un peso eccessivo –come, invece, il fratellastro era solito fare- e ciò lo poteva far sembrare un po’ ingenuo, ma a lui non importava; gli bastava avere dei veri amici intorno con cui parlare e tutto finiva. Certo, avere una fidanzata non avrebbe guastato, anzi… Però, come già detto, non era un tipo che dava troppo peso a questi dettagli.
La campanella suonò, procurando grida per tutta la scuola, ma solo sospiri delusi per la classe. Con mano lesta la professoressa ritirò i compiti e, dopo aver afferrato la sua borsa e la giacca, disse: “Avrete i risultati appena di ritorno dalle vacanze.” Ed uscì, facendo risuonare quel ticchettio dei passi per tutto il corridoio.
“Allora Sawamura, hai risposto correttamente alle domande? No? Proprio da te! Perché non sei come tuo fratello, il mio pupillo!” Disse Tidus avvicinandosi al banco dell’amico, imitando la professoressa.
“Divertente, veramente.” Rispose il ragazzo scocciato. Le verifiche lo mettevano sempre di cattivo umore.
“Su, su, Sora. La vita è bella. La professoressa Larxene è fatta così, cosa ci puoi fare. Adesso che poi sono cominciate le vacanze. Se fossi in te inizierei a preparare la cartella, ti stiamo tutti aspettando.” Gli disse il fratellastro tenendo la borsa sulla spalla. Il castano, ancora afflitto, mise tutti i quaderni e libri nella borsa. Un mese di riposo l’attendeva. Il suo programma? Semplice: leggere manga, guardare anime, video-giocare, maratona del Signore degli Anelli, mangiare, dormire e ricominciare tutto da capo, cambiando film da vedere. Arrivato a casa, però, il suo infallibile, nonché perfetto progetto fu ribaltato.
“Lavoro d’estate?” La madre, con il sorriso sulle labbra, annuì.
“Si. Tu e Roxas lavorerete questo mese di vacanza all’Onsen(*) della nonna di Kairi.” Il ragazzo era rimasto sbigottito. La famiglia di Kairi era sempre stata amica della sua, fin da tempi che furono. Anche lui, d’altronde, aveva una grande amicizia con la ragazza –anche se non era solo amicizia-. Però, passare un mese di libertà a lavorare, non se ne parlava proprio! Forse la presenza di Kairi e Roxas l’avrebbe aiutato, però… No, sarebbe stato un trauma.
“Mamma ti prego! Io ho altro da fare per queste vacanze.”
“Cosa? Leggere manga, vedere anime, mangiare, dormire e fare qualche maratona di film?” O la madre era sensitiva, oppure lui era prevedibile. “Non se ne parla proprio.” Scosse la testa. “Devi darti da fare! Renderti utile qualche volta non ti farà male di certo. Altrimenti, ragazzo mio, ti dovrai mettere sotto con lo studio di giapponese antico, inglese e musica, ed io ti controllerò come il cane fa con le pecore.” Sora sbuffò e violentemente si risedette –con l’arrivo della pessima notizia era saltato in piedi- incrociando gambe e braccia.
“Roxas, caro, potresti iniziare a sparecchiare, gentilmente?” 
“Certo zia.” Sorrise il biondo, che fino a poco fa era stato zitto ad assistere la discussione fra la donna e il cugino. Impilò le ciotole e le portò nella cucina con un vassoio –dove era stata servita la frittata dolce, che Sora amava tanto-. A lui l’idea di dover lavorare l’estate, in verità, gli risultava totalmente indifferente; quasi gli faceva piacere. Anche se lui conosceva Kairi da cinque anni –pochi in confronto ai quindici di Sora-, gli era sembrata subito simpatica, per non parlare poi della sua migliore amica Naminé. Solo al pensiero della ragazza, arrossì. I capelli biondo chiaro, gli occhi azzurro cielo, i tratti fini e leggeri, la pelle bianca, la corporatura magra, priva di muscoli o imperfezioni di alcun tipo. Si poteva proprio dire che il ragazzo era stato preso da un colpo di fulmine, ma non si considerava innamorato. Conosceva la ragazza poco e niente, quindi definire amore quello che provava nei suoi confronti era eccessivo. Mise i piatti in una bacinella nel lavandino e fece correre l’acqua, aggiungendo il sapone liquido. In quel momento nella cucina entrò la madre di Sora che gli sorrise.
“Grazie Roxa-kun, ma finisco io. Alla fine quel cocciuto di mio figlio si è arreso prima del previsto.” L’affermazione della donna gli fece scappare una risata. Si asciugò le mani e corse su per le scale, verso la camera che condivideva con Sora. Il ragazzo era disteso sul letto. Si potevano sentire i ‘sigh’ e i ‘sob’ attutiti dal cuscino sul quale aveva sprofondato il volto. Roxas, scuotendo la testa divertito dalla scena, si sedette sul suo letto. Prese il pigiama da sotto le coperte ed iniziò a sbottonarsi il gukan(**).
“Non capisco perché ti disperi tanto.” Commentò il biondo. Sora disse una parola, che si poteva identificare con: lavoro.
“E allora? So-kun, non pensi alla dolce Kairi che rivedrai dopo tanto e tanto tempo.” Kairi, con Naminé, frequentava una scuola femminile ad Osaka, quindi l’unico periodo in cui i due si poteva incontrare era appunto il mese delle vacanze.
Il ragazzo alzò un po’ la faccia dal cuscino per dire: “Lo so, ma devo sempre lavorare! Quindi potremo chiacchierare poco e niente.” E si lasciò cadere di nuovo sul morbido.
“Hai ragione, però non hai pensato al fattore Onsen? Kairi, Onsen, bagni in comune… Con tutti quegli Hentai che ti leggi e che nascondi sot…” Ma a Roxas fu subito tappata la bocca dal cugino, emerso dalla sua disperazione. I passi della signora di casa rimbombarono nel corridoio, per poi svanire, seguiti dal rumore del chiudersi di una porta. Roxas si sbracciò, l’altro gli aveva chiuso non solo la bocca, ma anche il naso, così non facendo più a respirare. Sora lasciò la presa con un sospiro di sollievo, mentre Roxas riprese fiato.
“Ma sei matto?”
“Non sono io quello che urla ai quattro venti i miei segreti, che sarebbero rimasti tali se non fossi stato tanto impiccione.” 
“Io volevo solo rifarti il letto, come farebbe un bravo fratello.”
“Mi dispiace per te, ma un fratello non lo farebbe mai.” Roxas sbuffò.
“Non so come si comportano i fratelli, io. “ Si alzò in piedi e continuò a spogliarsi.
Sora lo guardò un po’ triste. Cinque anni fa, nel mese di dicembre, entrambi i genitori di Roxas morirono in un incidente. Essendo la madre del ragazzo sua zia dalla parte materna; la madre decise di far vivere il ragazzo con loro e nessuno –lui e il padre- la contrariò, non ne avevano motivo. Roxas si ambientò subito e, anche se la morte dei genitori aveva lasciato un solco profondo nel suo animo, pian piano si aprì a tutti quanti, riuscendo a tornare a sorridere dopo non molto. Il problema del biondo, in verità, era quello di credere che la colpa della morte dei famigliari fosse sua, perché aveva richiesto loro di tornare il prima possibile, così che avrebbero passato quello che rimaneva delle vacanze natalizie insieme –i genitori erano dei grandi lavoratori, quindi il tempo della ‘famiglia unita e felice’ scarseggiava spesso-. Quando, invece lui, durante l’accaduto, era andato a casa di un amico, con il quale non si era poi più sentito. Di quello che sapeva i due amici erano rimasti tali per moltissimo tempo, per questo tante volte gli aveva chiesto come si chiamasse, o che aspetta avesse, se era simpatico o meno, ma Roxas, puntualmente, svagava dicendo che non se lo ricordava e, a forza di dirlo, alla fine era accaduto veramente.
“Ma sai per caso quando si parte?” Ruppe il silenzio Sora, sdraiandosi sul letto dell’altro, incrociando le dita dietro la nuca.
“Domani.”
“Cosa?!” Il ragazzo alzò il busto con gli occhi di fuori. “Già da domani? Un viaggio fino a Kinosaki(***)?”
Il biondo annuì. “Proprio così.” Aggiunse. “Io inizio a farmi i bagagli, poi non so se anche tu vuoi.” E da sopra l’armadio tirò giù una grandissima valigia argento.
“No, io ci penserò domani mattina.” 
“Sicuro Sora? Tu sei famoso per i tuoi fantasmagorici ritardi.”
“Sicurissimo! Ce la farò, mi metto pure la sveglia.” Ed impostò lo squillo alle 5:00 di mattina. “Spero non ti infastidirà.”
“Non preoccuparti.” 
Sora velocemente indossò i pantaloni e la maglia del pigiama e, come un anguilla, scivolò nelle coperte. In breve si addormentò, mentre l’altro continuava a pensare cosa portarsi o meno. Lo spazio non era molto quindi doveva decidere: libri o vestiti? L’ago della bilancia puntava più su libri, ma, purtroppo, il buon senso gli disse di portare più indumenti.
Quella che si prospettava sarebbe stata una lunga, lunghissima vacanza; che si sarebbe rivelata più memorabile di quello che i due si sarebbero mai potuti aspettare.
 
(*) Onsen: Terme giapponesi
(**) Gukan: divisa maschile
(***) Kinosaki: Cittadina termale per eccellenza, situata sulle coste del Mar del Giappone nel Kanzai settentrionale.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Elsa Maria