Meglio non chiedere spiegazioni, che è meglio.
Siamo quasi alla fine di questa long-shot ( mi piace chiamarla così ) e ringrazio chi mi ha seguita e commentata.
Ci fu un mormorio sommesso. Unia si svegliò nel letto di Kor, completamente vestita. Fece un sospiro. Non doveva scendere così in basso. Se c’era ancora volontà dentro il suo corpo, allora avrebbe preferito morire che anche solo baciarlo. E sentì una fitta in pieno stomaco. Ogni atomo del suo corpo la spingeva verso quel mostro ma la sua mente ancora riusciva a decidere cosa era vero e cosa no. E quel che provava per Kor no, non era vero. Non era vero neanche ciò che Kor provava per lei, perchè la vedeva come una copia mal fatta della ragazza che aveva veramente amato. Lo spinse fuori dal letto e lo trascinò fino alla piazza, dove un gruppo di esseri aveva portato all’interno degli umani. Ne sentiva l’odore. I denti le si affilarono senza che potesse impedirlo ed era la stessa situazione di tutti gli altri, che guardavano gli uomini come se fossero polli arrosto. Tra di loro c’era un uomo che fece inclinare la testa ad Unia. Kor le disse di andarsene, ma Unia gli mise una mano sul petto, avvicinandosi “Torna subito qui” tuonò Kor, ma perfino quell’imperativo non le impedì di arrivare a pochi metri dall’uomo. Aveva la barba folta, gli occhi piccoli e stanchi, ma non terrorizzati. Anche lui la guardò, sgranando gli occhi. Allungò una mano verso di lei, ma un essere gli diede una bastonata nello stomaco, facendogli sputare sangue “NO” urlò Unia, con Kor accanto. La prese per un fianco, caricandosela sulle spalle mentre lei sussurrò “Quello è …” ma la voce le morì in gola. Poi lo urlò “QUELLO E’ MIO PADRE!” ma Kor l’aveva già portata nella stanza.