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Autore: shadowsymphony    01/04/2013    1 recensioni
"Adesso mi odierai ogni volta che ti dirò 'va bene'?" chiese lei, sorridendo, appoggiando la testa al suo petto. "Potrei farlo" rispose lui, ridendo. "Ti odio" rise anche lei. "Capisco. Sfoga pure la tua rabbia su di me". "Allora preparati alla tortura" ridacchiò, e si alzò in punta di piedi per baciarlo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sospirò, guardando verso il fiume. Doveva dirglielo subito? Si sarebbe insospettita, se avesse iniziato a fare discorsi strani. Ma quali discorsi, poi, non sapeva cosa dire. Di nuovo.

"Chiudi gli occhi". Emozionata, chiuse gli occhi. "Non mi vorrai buttare giù dal ponte?" chiese, sorridendo. Lo sentì ridere e spingerla più indietro. Sentì il palo del lampione contro la schiena. “stai ferma qui, tre secondi…”

La lasciò, aprì la giacca e cercò la scatolina nella tasca interna. Era ancora lì. La tirò fuori, e la aprì per controllare l’anello. Era lucido, perfetto, i diamanti scintillavano anche alla luce orribile del lampione. Richiuse la scatola e poi ritornò da lei, lì, appoggiata al lampione, con gli occhi chiusi e il sorriso di una bimba che aspetta impaziente il suo regalo. Doveva darle l’anello ancora nella scatola? L’aveva già fatto decine di volte. Inginocchiarsi come facevano sempre nei film? Troppo banale per lei. Infilarglielo direttamente al dito? di solito gli anelli che le regalava se li metteva lei da sola, non l’aveva mai fatto lui. Anzi, sì, l’aveva fatto… una volta. Aveva preso la sua minuscola mano nella sua, enorme, e aveva infilato l’anello con la pietra verde al suo dito. Poi aveva alzato lo sguardo, e lei era lì che lo guardava estasiata, con uno dei sorrisi più belli che avesse mai visto. Anche lui aveva sorriso. E così tutto era iniziato…

“ci sei?” chiese, sempre tenendo gli occhi chiusi. Si sentì stringere la mano. Era tutta sudata. “tieni ancora gli occhi chiusi”. Sentì il suo braccio sulla schiena. Ma cosa stava facendo? “allora… il mio regalo ti sembrerà un po’ banale, non è niente di enorme, di strano, è una cosa che hai già… ma prima di dartelo, fammi dire due cose”. “ok” rispose, confusa e incuriosita. Ritornò quel batticuore.

“renderà tutto più facile a entrambi, credimi. Vita, lavoro, tutto.”

Prese un respiro profondo e disse tutto quello che gli passava per la testa, senza pensarci, sennò non sarebbe riuscito a spiccare parola. “mi dici sempre che sono uno stronzo, un pazzo, egoista, noioso, palloso, impedito, idiota, codardo, un “quel bastardone che ha perso di nuovo le chiavi di casa”…”. Lei rise, e stava per dire qualcosa, ma continuò prima che potesse aprire bocca. “… anche se stavi scherzando, io sono tutto questo davvero. E non merito di essere perdonato da nessuno. Ma tu sopporti ogni cazzata che faccio a colpa del mio essere tutte quelle cose che ho detto prima, e mi perdoni sempre”

“ok”
“perdonami per tutto il casino di prima, ma dovevo spiegartelo bene”
“non ti preoccupare”


Lo sentì avvicinarsi al suo viso. Sentiva le sue labbra e il suo respiro. Voleva dirgli qualcosa, ma fu subito fermata. “perdo le chiavi, e mi perdoni. Arrivo in ritardo, e mi perdoni. Ti pesto un piede mentre ti sto baciando davanti alle telecamere, e mi perdoni”. Le venne in mente la scena e per poco non scoppiò a ridere. Era strano come lo avesse odiato profondamente, in quel momento, solo perché le aveva pestato il piede… ma poi se n’era innamorata un istante dopo.
Gli aveva urlato “idiota! Stai attento”, lui aveva detto “oh scusa… non volevo” e l’aveva guardata con una faccia tenerissima. Era poi scoppiata a ridere dicendo “non fa niente, non ti preoccupare”, e subito dopo anche lui aveva sorriso. Il sorriso più bello che avesse mai visto.
Lui continuò “ti lascio, e mi perdoni.  Così, per essere sicuro che non succeda di nuovo…” e improvvisamente le prese la mano, le spinse il braccio dietro la schiena, colpendo il palo del lampione con una nocca. Poi gliela aprì, e sentì qualcosa di freddo scivolarle sul dito. Per un attimo non capì, ma poi le venne uno strano presentimento, e il cuore ricominciò a battere forte.

Avvicinò la bocca al suo orecchio e disse, in un sussurro “vuoi sposarmi?”. Era stato talmente semplice che quasi si stupì. Ma non sapeva come avrebbe reagito lei. Le baciò il collo e poi lasciò andare la mano. Lei aprì gli occhi e lo guardò. Ci furono degli istanti di silenzio, ancora irreale, si sentiva solo il soffiare del vento freddo, che fece ondeggiare la sua gonna scoprendo le cosce nude. Improvvisamente appoggiò la testa sul suo petto, lo abbracciò e iniziò a piangere. Ma perché piangeva? Forse non era ancora pronta per quello. Un’auto passò veloce dietro di loro, impercettibilmente. Le accarezzò la testa, infilando le dita nei morbidi capelli scuri, e con l’altro braccio la cinse in vita.

“non è assolutamente colpa tua, non preoccuparti”
“ok”
“non voglio continuare ancora con questa storia, spero che tu mi abbia capito. Non sentiamoci più, allora”


Tutto fu spazzato via da quelle due parole. Aveva aspettato impazientemente quella domanda per mesi e mesi, ma in quel momento non era pronta. Non in quel modo. Non lì. Non sapeva come rispondere, era una decisione difficile. “ma quale decisione difficile, devi solo dire sì o no!”. In un istante, rivisse tutti i momenti passati insieme a quell’uomo stronzo, pazzo, egoista, noioso, palloso, idiota, gentile, tenero, divertente, generoso, ma soprattutto SUO. Era suo. E lei era sua. Dal primo momento in cui l’aveva visto, aveva voluto essere sua e di nessun altro, aveva voluto abbracciarlo e non lasciarlo più andare. “devi solo dire sì o no, dai!”. Cercò di smettere di piangere, e poi alzò la testa. Lui la stava guardando con il suo bellissimo sorriso. “va bene” disse.

“ ‘va bene’ ?” ridacchiò lui. Non poteva aver scelto risposta migliore… o peggiore. “va bene, sì” sorrise anche lei, asciugandosi gli occhi. Si tolse dal suo abbraccio e le prese la mano con l’anello, per mostrarglielo “right after he proposed with a 16-carat stone wrapped in rose gold…” disse. Lei lo guardò a bocca aperta, come se non avesse mai visto dei diamanti in vita sua. All’improvviso qualcosa di bagnato cadde sulla mano. “che cos’è? Piove?” chiese lei, alzando lo sguardo verso il cielo scuro. Anche lui guardò: stavano lentamente cadendo dei piccoli fiocchi di neve. “no, nevica” rispose “sarà meglio andare a casa”. “sì, dai, sto congelando…” disse lei, sistemando la gonna che si era alzata, scoprendo le gambe “però prima, ti prego, facciamoci una foto”. “come?” domandò, stupito. Una foto, lì, in quel momento? “ma sì, come l’altra volta” la vide correre verso la moto parcheggiata, aprire il bagagliaio e tirare fuori la sua borsa. Poco dopo tornò con il telefono in mano. “vieni” gli prese la mano e lo portò vicino alla ringhiera del ponte, sotto a un altro lampione più luminoso. Accese il telefono. “come la facciamo?” chiese lui. Era sempre un po’ nervoso ogni volta che lei gli faceva una foto, non sapeva mai come mettersi. Preferiva farle lui delle foto, anche se non era molto bravo, soprattutto con quel diavolo di iPhone che le aveva regalato: era praticamente impossibile da usare. “un bacio e via” disse lei. Mise il telefono davanti ai loro volti, poi si mise in punta di piedi, si appoggiò a lui e lo baciò sulla bocca. La foto fu scattata proprio un momento prima che lei perse l’equilibrio e per poco non cadde per terra. Lui immediatamente la sostenne, e subito dopo i due si misero a ridere. “allora, com’è venuta?” chiese. “è un po’ buia ma non è male. La metto subito come sfondo” disse lei, facendogli vedere la foto. Era venuta bene, c’erano anche alcuni fiocchi di neve attorno a loro. “ma adesso andiamo, che mi sto congelando”.

Venti minuti dopo erano di nuovo a casa, al caldo. La neve aveva iniziato subito a cadere più abbondante. Gaga si tolse la giacca e le scarpe. Erano quasi le undici di sera. Solamente un giorno prima era in quell’orribile hotel, incapace di parlare al telefono con Taylor… e ora lui era lì, davanti a lei, che parlava… e poco prima le aveva chiesto di sposarlo. Era una cosa surreale. “vieni qui” disse lui all’improvviso, prendendola in braccio mentre si stava togliendo gli orecchini e appoggiandoli sul tavolo. “ma cosa fai?!” esclamò, ridendo, e si aggrappò al suo collo. La portò in camera, cercando di non urtare il box e il fasciatoio di Matthew in mezzo alla piccola stanza. La fece sedere sul letto sfatto. “scusa il caos, sono diventato una balia ormai” rise lui. “oh già…” pensò lei, incupendosi di colpo, guardandolo mentre spostava il box in un angolo. Si sdraiò sul letto e sospirò. Doveva dirglielo subito? Si sarebbe insospettito, se avesse iniziato a fare discorsi strani. Ma quali discorsi poi, non sapeva cosa dirgli. Forse quello non era il momento adatto.

Dopo aver spostato il box, Taylor si sdraiò sul letto vicino a lei. Doveva rivivere la notte più bella della sua vita su un letto scomodo, in una camera piena di giocattoli e roba per bambini. Non era San Diego, ma… doveva accontentarsi. Sembrava passato un secolo dall’ultima volta che aveva fatto l’amore con lei, e in quel momento era nervoso come la prima volta. Quand’era stata l’ultima volta? Forse due mesi prima, sì, poi lei era tornata a New York e non si erano più visti fino a quel giorno. Troppo tempo. Si sdraiò di lato, accanto a lei, e iniziò a baciarla. Slacciò la zip del suo vestito, liberando la sua schiena calda e liscia, e la accarezzò. Continuò a baciarla sulla bocca e sul collo, mise una mano sotto la gonna e sentì più stoffa del solito. Oh, già, indossava i suoi slip! Se n’era completamente dimenticato. Infilò la mano negli slip e le accarezzò i fianchi, ma improvvisamente la sentì sussurrare “aspetta”. Aprì gli occhi e tolse la mano da sotto la sua gonna. Lei si girò e allungò il braccio verso il comodino, su cui c’erano alcuni vestini di Matthew. Prese una scarpina e gliela fece vedere. “cosa c’è?” chiese, perplesso. “indovina un po’…”.
   
 
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