Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Lady Antares Degona Lienan    21/10/2007    1 recensioni
A quanto pareva, nemmeno Paul Parkinson aveva avuto alcun problema durante le lezioni. D'altro canto, non si veniva sorteggiati tra gli Slytherin per zuccherini, considerò lui. Bene.
Preso da una foga che non riconosceva come sua, aprì il libro e scrisse, disordinatamente e con una brutta grafia, numerose volte una singola parola proibita, che aveva giurato di non menzionare mai. Male.
[ Draco. Lei. Lui. E i ricordi. ]
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo

 

 

 

 

 

 

 

 

Titolo

Capitolo Secondo.

 

"In cui si parla di un dialogo, di alcune parole bandite e di un funerale."

 

 

 

 

 

 

“E' proprio il tempo, unitamente all'attuarsi della realtà, che sconfigge l'eroe e che fa in modo che, oltre a perdere il potere e a scoprire il suo tremendo destino, egli perda anche la fiducia nelle capacità della sua ragione.
(Edipo Re, Sofocle)

 

 

Il sole era sorto alle sei di mattina, cogliendolo impreparato: la sera precedente era stato così preso dai suoi pensieri che si era dimenticato di tirare le tende di broccato sui vetri della finestra. Male.

Le lezioni del giorno precedente erano state condotte in modo soddisfacente. I mocciosi avevano provato ad azzardare qualche commento sull'incontro svoltosi in Sala Grande, ma in fondo non era figlio di un Malfoy e di una Black per niente; li aveva gelati con un'occhiataccia e fine di ogni preoccupazione. Bene.

A contribuire all'odioso risveglio si era aggiunto il caloroso saluto da parte della fredda copertina del suo libro, ancora senza un  nome. Nel silenzio più totale, Malfoy aveva creduto di sentire il libro urlare con dolore parole di lamentela e di fiacchezza, ovviamente rivolte a lui e alla sue inettitudine. Male.

A quanto pareva, nemmeno Paul Parkinson aveva avuto alcun problema durante le lezioni. D'altro canto, non si veniva sorteggiati tra gli Slytherin per zuccherini, considerò lui. Bene.

Preso da una foga che non riconosceva come sua, aprì il libro e scrisse, disordinatamente e con una brutta grafia, numerose volte una singola parola proibita, che aveva giurato di non menzionare mai. Male.

Un gufo picchiettava sulla sua finestra, grattando il becco appuntito contro le decorazioni in ferro battuto degli spigoli laterali. La carta da lettere che sorreggeva con delicatezza aveva un sigillo in cera lacca che avrebbe riconosciuto fra mille. Anche il gufo, ora che faceva uno sforzo di memoria, gli era sicuramente famigliare; gli occhi scuri lo scrutavano al di là del vetro, vigili ed attenti, come per suggerirgli qualcosa. Paul Parkinson doveva avere qualcosa di cui discutere con lui. Molto bene. O molto male?

Aprì la finestra e il gufo, seccato da tutta quell'attesa, gli beccò molto poco gentilmente la pianta del piede sinistro, per poi involarsi attraverso lo spiraglio aperto della finestra, lasciandolo lì a dondolare  su un piede solo con una lettera scottante stretta in mano. Lo sguardo argento gli cadde improvvisamente sullo specchio di fronte a lui. E tu, che hai da guardare?

Per un istante, odiò se stesso con tutte le sue misere e precarie forze. Per quanto tempo ancora avrebbe dovuto annegare in quel mare di mediocrità in cui le sue stesse scelte l'avevano spinto, qualche tempo prima?

Draco Malfoy: un colossale errore di calcolo alle spalle che lo aveva portato alla rovina più completa. Durante le notte aveva sognato lei, di nuovo: immersi nel giardino della scuola, Pansy si dimenava sotto di lui, mentre piano ogni sua barriera cadeva, distrutta dalle dita esperte del ragazzo. Ancora una volta, la sensazione di freddo sui piedi lo aveva fatto sentire compreso. Lo aveva fatto sentire a casa. Si ricoprì eccitato.

Il biglietto diceva che Paul - e non Pansy - sarebbe salito per le sette e un quarto di mattina nella sua camera. Draco gettò un'occhiata allarmata all'orologio a pendolo mollemente poggiato sul pavimento, traendo immediatamente un sospiro di sollievo. Le sei e mezza di mattina. Aveva ancora tutto il tempo per farsi una doccia, e magari, se il ricordo di quelle notti passate tra le lenzuola non fosse venuto a fargli visita nel momento peggiore, anche per decidere come comportarsi.

S'infilò nel bagno con il desiderio di dimenticare tutto, persino l'odore di quella pelle serica che non avrebbe mai potuto pensare di scordare: speranza vana. Dopo meno di tre minuti, il suo respiro aveva già superato la fase di "eccitazione" ed era ormai un singulto alternato a brevi gemiti di folle lussuria, che gli aveva preso i lombi con indesiderata passione. Nella sua mente sfrecciavano immagini di Pansy, infine di Paul. Chi avrebbe desiderato sotto di lui, intorno a lui, era un mistero anche per Draco stesso.

 

 

***

 

 

Quando Paul entrò nella stanza, preceduto da due leggeri colpi di nocche sulla porta, si stupì del disinvolto odore di sesso che aleggiava nella stanza, così come di quanto lui mostrasse disinvoltamente di saperlo. - Volevi parlarmi, Paul? -

Spostò lo sguardo dalla copertina muta del libro e lo posò su di lui. - Sì, volevo parlarti. E perdonami per l'ora estremamente mattiniera, ma non volevo che qualcuno ci vedesse insieme. -

- Ti stai preoccupando per me, Paul? -

- A dire il vero, - lo corresse lui sedendoglisi a fianco sul letto, come esausto, provato da una lunga corsa che ne aveva debilitato l'intero fisico già magro - mi sto preoccupando per entrambi. -

Draco Malfoy si infilò pigramente una maglietta sul petto nudo, continuando a fissarla con occhi indemoniati. - E' carino che tu cerchi di proteggermi, Paul, quando otto anni fa sei stato proprio tu, o forse dovrei dire "sei stata"?, a rovinare tutta la vita che avevo faticosamente costruito e progettato per me. -

Come dimenticare quel giorno, quando si era presentata a tavola con un'uniforme maschile malamente poggiata sulle spalle, e i meravigliosi capelli d'ebano tagliati alla cieca, a formare una ridicola parrucca da cui tutti subito erano stati attratti? Il giorno in cui lo aveva fissato negli occhi per più di due minuti che gli erano parsi interminabili, alla fine dei quali aveva sussurrato solamente "Mi dispiace, Draco."?

Pansy Parkinson, Caposcuola Slytherin. Praticamente perfetta, tinteggiata sul quadro della realtà con una precisione quasi maniacale, tanto che spesso lui si era chiesto quanto fosse stato difficile convivere con una simile prospettiva. Il pittore purtroppo le aveva donato un eccesso di bellezza, dimenticandosi dell'ingegno: motivo per cui il dipinto, dopo qualche anno, aveva perso un po' di smalto. D'altra canto, con grande meraviglia di tutti, al quarto anno aveva scoperto di essere geniale con le pozioni. Aveva un istinto tutto particolare che le suggeriva quale ingrediente aggiungere, e quando. Al sesto anno, quando si erano fidanzati, Draco era riuscito a cogliere quel pezzo mancante che Pansy non possedeva, o che meglio, aveva cercato per anni senza risultati: era un quadro senza il suo piedistallo.

Piedistallo che pareva aver finalmente trovato dopo anni, e su cui si era felicemente accomodata, completando l'opera. Inutile mentire a se stesso: adesso Pansy, o Paul, aveva un tale fascino recondito che l'idea di annientarla immediatamente, facendola precipitare sotto di sé, fu così forte da impressionarlo. Fortunatamente l'altro diede segno di non essersi accorto di nulla.

- Te ne prego, potresti cercare di non rendermi la vita impossibile? È stato difficile venire da te,  questa mattina, come d'altra parte tu sai benissimo. E non è stato nemmeno semplice alzarsi,  ieri mattina, e venirti incontro come una semplice compagna di classe - no, compagno di classe - salutandoti da vecchio conoscente, per quanto la cosa sia effettivamente questa. Chissà cosa avranno pensato tutti: "gli rivolgerà la parola, oppure la ignorerà per riconquistare il posto che ha perduto, tempo fa, a causa sua?" -

Paul sciorinò tutta quella serie di frasi senza nemmeno riprendere fiato, come impaurito dalla situazione che gli era sfuggita immediatamente di mano.

- E' per questo che sei qui, Paul? Per fami questa stessa domanda? -

L'altro annuì di rimando, scrollando le spalle. - Non è stato facile affrontare tutto questo, Draco, e sono sicura che da questo punto di vista, anche tu hai passato altrettanto. Però tu hai potuto riaffacciarti al mondo, mentre io sono rimasta isolata da tutti. Famiglia, amici, conoscenti,  tutti scomparsi nell'esatto istante in cui mi sono mostrata per quello che ero. Ho sofferto come un cane ma ho tirato avanti, perché era la mia vita che volevo vedere migliore, la mia e solo la mia. Eppure sono giunta qui, dopo anni di depressione e bisbigli alle spalle, solo per sentirmi ancora più incompresa di quanto già non fossi. Prima che decida che cosa fare di me, potresti dirmi che cosa intendi fare tu? -

Il biondo inclinò elegantemente un sopracciglio. - Hai detto bene, Paul. - disse con una smorfia. - Io mi sono riaffacciato al mondo con una nuova prospettiva, più bassa di almeno due gradini rispetto a quella a cui ero abituato. Ho cercato di ritornare sulla vetta, ma con te nascosta come un'ombra dietro alla schiena, mi è stato impossibile. Sebbene tu non ci fossi, era chiaro che la tua presenza era come un fantasma per tutti. Indelebile. Dunque, sono venuto qui, ad insegnare ad Hogwarts, per riprendere tutto quello che mi è stato sottratto. Però, prima che tu giunga a conclusioni affrettate… -

Paul scivolò inconsapevolmente sul suo viso, catturata dal bagliore magnetico dei suoi occhi.

- Sappi che questo mio tentativo ha ragionevoli margini di insuccesso. E che l'odore che senti qui, ora, presente come un acaro, è dovuto a te. Anche quello, è dovuto a te. - indicò il libro con indifferenza. Paul era scosso fin dentro all'anima. Draco aveva appena ammesso di aver pensato a lui come un tempo, di averlo concepito come possibile partner nelle notti buie, e lui si sentiva completamente destabilizzato. - Il libro? - sussurrò con voce strozzata.

- Già, quello senza titolo. - l'amarezza nella sua voce era dura e schietta, compatta come un esercito. Si sentiva di nuovo teso, eccitato dal profumo che Paul si portava appresso.

- Com'è la storia? -

- Un uomo e una donna, stanno insieme. Si lasciano, si rincorrono per anni senza capire cosa vogliono l'uno dall'altro, infine si ritrovano di fronte e non possono fare a meno di capire che sono dipendenti dall'altro. -

- Beh, è una storia d' -

- Ah! Non dire quella parola. - Draco prese in mano il libro, evidentemente scosso. - Stai attento, per favore, questo libro non deve sentirla pronunciare. -

- Ma… - l'altro lo guardò dal letto, sorpreso. Quasi sconcertato. - … perché? -

- Perché quando ho iniziato a scriverlo, ho pensato che ne sarebbe stato privo. Perché era un infantile modo di dire che per te non avevo mai provato nulla di più profondo che non fosse stata semplice attrazione, per quanto ovviamente sapevamo tutti che era falso. -

- Dunque, non ha un titolo per quello? Perché è un libro che parla di quello, giusto? - cercò di capire, sporgendosi verso di lui.

- Non è solo questione di titolo. - sussurrò Draco, poggiando il manoscritto ritto sulla scrivania com'era solito fare, perché ogni mattina lo guardasse con aria di rimprovero e dolorosa accettazione. - Non c'è una sola volta in cui compaia, in tutte queste pagine. Mai. Nemmeno in forme composte, in verbi, o altro. È semplicemente scomparso dal mio vocabolario. -

No, maledizione.

Avrebbe voluto dire vita. Avrebbe dovuto dire vita. Così entrambi avrebbero capito che per loro due, in quel mondo,  non c'era più spazio, che sarebbe stato meglio salutarsi adesso e rincontrarsi solo per sbaglio, qualche volta, giusto per non dare sospetti.

- Tutto questo… - disse Paul in un sussurro - …è molto triste. -

Fu un attimo di indecisione che gli fece tremare la voce, un attimo di indecisione in cui i suoi occhi si fecero improvvisamente lucidi e commossi. Un attimo e Draco piombò su di lui, impossessandosi della sua bocca come un predatore a lungo digiuno.

Paul mugolò per un istante, poi lasciò che la forza dell'altro prendesse il sopravvento; si lasciò andare lungo il materasso, concedendo a Draco - che non gli aveva dato tempo di parlare ancora, per un'ultima volta - il piacere di rimirarne il corpo da qualsiasi posa e angolatura.

Si lasciò andare perché il giorno prima aveva vomitato l'anima nel suo bagno personale, inondando la vasca del proprio sangue rosso vermiglio. Si lasciò andare perché non poteva più sopportare gli sguardi saccenti e derisori di tutti i maghi che finiva per incontrare per strada. Si lasciò andare perché non aveva mai smesso di pensare a Draco. Si lasciò andare perché voleva battezzare questa sua nuova forma del corpo, convinto che forse così il tormento che lo dilaniava da anni sarebbe scomparso. Si lasciò andare perché aveva paura del futuro e aveva bisogno di un istante, un misero, piccolo istante, che lo convincesse del fatto che andava tutto bene. Che era semplicemente giusto così. Che anche se non c'erano speranze di essere accettato, Draco l'avrebbe voluto, pur con disprezzo legittimo.

Draco. Draco che lo divorava dall'alto, che gli succhiava la pelle appena sotto il labbro, che infilava le mani sotto i suoi pantaloni,  violento come sempre.

Draco che si lasciò andare perché quello era Paul e non Pansy, e irrazionalmente pensò che non era più come  il passato, quando era stato allontanato per aver frequentato lei. Perché aveva visto il suo mondo offuscato, per sempre ricondotto ad un angusto laboratorio sotterraneo, in cui la luce del sole era solo un misero, fatiscente ricordo. Perché aveva bisogno di un nuovo appiglio, e quello era Paul, non Pansy.

 

 

***

 

 

- Ma dove stiamo andando? - sbottò Paul, malamente vestito, mentre veniva trascinato da Draco lungo il giardino principale di Hogwarts.

- Stiamo andando qui. - si fermò il biondo, piantando risolutamente i piedi per terra. Immobile, contemplava una piccola lapide marmorea, dalle iscrizioni ormai cancellate dall'arbitrio del tempo.

- La vecchia tomba senza nome? -

Paul si rodeva le labbra in un movimento che a Draco sembrò improvvisamente familiare, e che gli ricordò con dolorosa intensità gli anni di scuola. Finse d'ignorare quel messaggio, concentrandosi esclusivamente sull'uomo che aveva davanti.

- Esattamente Paul. La vecchia tomba senza nome. -

Era una vecchia leggenda di Hogwarts, secondo cui quella tomba apparteneva ad un demone che, innamoratosi perdutamente di un'umana, aveva finito per perdere i suoi poteri, passando così ad una vita mortale. Era l'angolo più bello del giardino, adornato da fini campanule bianche a cui mancava solo il suono celestiale per apparire perfette. Un piccolo zampillo di acqua sorgiva adornava inoltre il lato destro della tomba, che per l'appunto in quello spigolo era particolarmente consumata.

- E cosa facciamo qui? -

Draco Malfoy sogghignò, prepotente come solo un bambino smanioso del giocattolo nuovo poteva fare. Pensò per un attimo agli stendardi immutabili che aveva creduto eterni, sostituiti da nuovi pezzi di stoffa, più colorati e perfetti. Pensò a quello che avrebbe voluto essere e che, in fin dei conti, aveva capito non sarebbe mai stato. Al libro, anche, mancante come lui, semplicemente incompleto, che con le sue urla silenziose aveva cercato di fargli capire in ogni modo che lui era solo. Semplicemente questo. Solo.

Aveva davanti un destino orrendo, eppure, improvvisamente cieco di fronte alla ragione, spaventato da quello che gli si prospettava davanti, sorrise.

- Un funerale. -

 

 

***

 

 

Aveva alzato la becchetta, e con impeccabile precisione aveva scolpito sul freddo marmo un nome.

 

Pansy Parkinson.

 

In un solo istante aveva trasformato la tomba di nessuno nella tomba della sua ex fidanzata, preannunciando così un definitivo cambiamento nella sua - nella loro - vita.

- Draco… - sibilò Paul, i denti talmente contratti che per un attimo temette di essere sul punto di spezzarseli l'uno contro l'altro.

- Draco…? -

- Paul… ? -

L'aveva colto, il dolore dentro la sua voce. Improvviso, fatale, il panico aveva assalito entrambi, spazzando via l'euforia, che per un attimo aveva preso uno, e la curiosità dell'altro.

- Draco, che cosa hai fatto? - lui teneva gli occhi inondati di tenebra inchiodati su quella tomba, su quel nome  che definitivamente cancellava un pezzo della sua esistenza e lo condannava all'oblio. O forse, semplicemente, ad un doloroso ricordare eterno.

- Ho cancellato quella parte di te che non ti serviva più. Io devo dedicarmi a questa adesso, e con essa, con te, alla mia  nuova esistenza. Non importa quanto mediocre possa essere, se tu sarai qui al mio fianco, come uomo. Pansy ricordava momenti fatti di dolore, di bramosia, di abbandono. Mentre tu, Paul… tu, sei diverso. Sei giusto. -

L'uomo al suo fianco tremava impercettibilmente. Le labbra tirate in una smorfia, digrignava i denti, mugugnando. - Che cosa hai fatto? -

- Paul? -

- Che cosa hai fatto?!? -

- Io, Paul, non capisco! -

- Proprio quando mi rendo conto che avrei voluto averti dentro di me come donna, proprio quando capisco che il mio destino è starti accanto come donna, proprio quando ho sentito il mio corpo maschile vuoto… - gli occhi di Draco si dilatavano, annegando in quella consapevolezza - … proprio quando ho capito che sarei stata per sempre incompleta, ma che lo sarei stata di meno, con te come donna, piuttosto che da uomo col tuo velato disprezzo, tu, mi uccidi? -

Rimasero silenziosi entrambi, sfatti dal destino che prima li aveva uniti, poi separati, poi uniti e separati di nuovo, come un gioco crudele fatto solo per ucciere.

Infine, Draco tentò di parlare. Dalla gola uscì solo un verso rauco e tremulo.

Paul, o Pansy, si voltò verso di lui, schiudendo le labbra in una smorfia vecchia di secoli. - Mi dispiace. Il destino ci ha accecato, distruggendoci. -

A passò svelto si allontanò da lui, cercando disperatamente di non voltarsi indietro.

Draco rimase lì, a fissare quel cadavere appena fresco.

La bacchetta gli cadde dalla mano, atterrando sul marmo consumato della tomba in uno schiocco secco.

Fine di tutto.

 

 

 

 

 

 

 

Ottengo qualcosa da tutto questo? Ovviamente noXD

Harry Potter non m'appartiene, e dubito m'apparterrà mai.

 

Un grazie a Meredith.

 

 

Ross

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Lady Antares Degona Lienan