CAPITOLO 2
Quando
la campanella
suonò, con un acuto e sordo tintinnio, noi del terzo liceo
eravamo
già tutti in classe, in attesa del professore. Dalla porta
aperta si
intravedeva tutto il via vai di studenti che si riversavano nei
corridoi, in cerca della classe o più semplicemente per fare
casino.
Non ci volle
molto che il professore di arte, già a noi noto
dall’anno
precedente, entrò in classe, poggiando simultaneamente la
sua borsa
con i libri sul banco:
-Sedetevi, ragazzi; la professoressa di
matematica non è ancora arrivata, e per il momento vi
terrò
d’occhio io-
Sbuffò, osservando la situazione del
corridoio.
-Ehi prof- fece Mirko, andandosi a sedere tra i primi
banchi, -siete un tantino in agitazione?-
I ragazzi ridacchiarono,
seguiti da alcune ragazze che volevano fare le civettuole.
-No
Iannace, fammi la cortesia di sederti; sta per venirmi un mal di
testa atroce e non sono ancora le nove- rispose lui
stancamente.
-Allora- riprese poi, andando a dare un'occhiata al
registro, -ci siete tutti?-
Se lo rilesse con attenzione,
aggrottando lievemente le sopracciglia: era il suo modo di
manifestare il suo interesse verso qualcosa.
-Sbaglio o siete
aumentati?- azzardò poi, un tantino perplesso.
-A parte Giovanni
e la sua splendida forma che si prende due posti in uno,
c’è
qualcun altro tra noi in effetti- fece Mirko, suscitando un
ridacchiare tra i ragazzi.
-Ehi, Iannace- lo richiamò Giovanni,
contrariato, -chiudi quel cesso di bocca-
Si voltò verso il
professore, realizzando che la sua uscita non era stata proprio
formulata in un perfetto italiano degno di uno studente del Classico,
ma questi non gli fece tanto caso.
-Mh, e chi sarebbe questo nuovo
arrivato?- continuò il professore, ignorando la battuta.
Mirko si
girò verso le ultime file, come per indurlo a seguirlo con
lo
sguardo, e sentii palpitarmi il cuore dall’emozione, mentre
Carlotta mi cercava con lo sguardo.
-Francesco- rispose, mentre la
maggior parte degli altri si voltava al penultimo banco davanti al
termosifone.
-So dire da solo il mio nome, grazie Mirko-
Fu la
prima volta che sentii la sua voce parlare.
Era magnifica.
Bassa,
profonda quando bastava, suadente quasi. Quel non so che che ti dava
l’impressione avrebbe potuto dire tutte le frasi del mondo,
di
qualsiasi genere, di qualsiasi natura, con qualsiasi tono, ma ti
avrebbe lasciato una scossa dentro. Una di quelle voci belle,
piacevoli da ascoltare. Una di quelle voci che avresti ascoltato
all’infinito pur non vedendo nessun volto. O forse ero io che
stavo
sopravvalutando le sue capacità vocali, influenzata dalla
precedente
prima impressione. Non mi voltai, incerta.
-Francesco.
Francesco…?- riprese il professore, con tono vago.
-Borrelli-
rispose lui, capendo dove volesse andare a parare
-Borrelli. Come
mai ti sei iscritto qui, proprio all’ultimo anno?-
proseguì.
-Beh,
questo liceo ha la reputazione di fornire una solida preparazione per
la maggior parte delle università. Il liceo in cui andavo
non… mi
soddisfava molto-
Vidi con la coda dell’occhio che aveva rivolto
lo sguardo su una ragazza della fila opposta alla mia, e mi voltai a
vedere la reazione di quest’ultima: al solo vedere la sua
faccia
quasi estasiata mi venne da mandarla a farsi un giro senza mezzi
termini. Che cosa credeva? Nemmeno la conosceva.
Non ne ero
gelosa. Le ragazzine fanno le gelose per un’occhiata che un
ragazzo
riserva ad un’amica o a una conoscente meno che loro, quelle
che
credono nell’amore a prima vista fanno le gelose. Io no. Mi
dava
semplicemente fastidio che credesse che davvero Francesco le avesse
messo gli occhi addosso. In realtà ci avrei scommesso lo
faceva per
accattivarsi l’ammirazione dei ragazzi.
Di fatti, pochi secondi
dopo la sua performance, i ragazzi si misero a ridacchiare,
divertiti. Ridevano dell’espressione da seduttore che il
ragazzo
aveva palesemente assunto per scherzare. Mi sentii più
sollevata del
fatto che avessi ben interpretato i loro movimenti, e mi venne da
sorriderne. Vivere con quattro cugini maschi mi aveva evidentemente
aiutata ad entrare nella psicologia maschile.
-Dovrei quindi
credere che hai liberamente scelto di cambiare scuola per poter
consolidare al meglio la tua cultura, di modo da permetterti
l’accesso un domani ad un’università
prestigiosa o di giusta
importanza?- chiese il professore, con un sorrisetto
provocatorio.
-Andiamo prof, siamo in un liceo classico: se avessi
voluto fare il muratore o il disoccupato avrei scelto
un’altra via
più sicura- rispose lui a tono, al che si procurò
l’ennesima
approvazione del resto dei ragazzi, che si voltavano verso di lui
sorridendo con sarcasmo, mentre alcune ragazze gli sorridevano.
-Bene
…- approvò compiaciuto il nostro insegnante, -a
quanto pare sei
uno con la testa a posto-
-Sì, Francesco è un bravo ragazzo-
commentò petulante Mirko, assumendo il tono commosso di una
madre,
-non trasgredirebbe alla scuola per nessuna ragione al mondo-
-Sì
Francesco, divulga la tua cultura in mezzo a noi- lo
sostituì un
altro dal fondo della fila opposta, immedesimandosi con enfasi in un
discepolo rivolto al maestro; Francesco sorrise, divertito. Non potei
fare a meno di notare i suoi occhi che sorridevano con le labbra.
Aveva un’espressività incantevole nello sguardo.
Era dolce.
Lo sguardo da seduttore a calamita aveva lasciato il posto ad un
altro più naturale e spontaneo. Era questo che lo rendeva
dolce. Non
aveva gli occhi da cucciolo indifeso, come un cagnolino. Era ancora
affascinante come se l’avessi visto ancora per una prima
volta, ma
aveva una luce diversa. Faceva lo stesso effetto di un modello in una
posa magari meno da “cattivo ragazzo”, senza
sigaretta e sguardo
spiazzante negli occhi, più spontanea, meno da fotografia. E
quelle
labbra… piegate agli angoli come solo lui sapeva farlo. Il
suo
sorriso di quella mattina, davanti alla scuola, mi era rimasto
stampato nella mente come un fotogramma.
-Tarantini, cos’hai da
guardare?- mi richiamò la voce del professore
all’improvviso.
Scattai immediatamente a guardarlo, come una
molla.
-Eh?- mi uscì spontaneo, abbastanza stupidamente; non mi
sfuggirono le risatine delle ragazze, che mi osservavano in attesa
del seguito.
-So che la finestra è abbastanza interessante di
prima mattina, ma ciò non ti da la facoltà di
distrarti
ulteriormente dall’argomento di discussione-
Per un momento,
quando avevo sentito pronunciare le sillabe
“fi-ne”, ero andata
nel panico che stesse per dire “Francesco”, e mi
venne spontaneo
domandarmi se per “finestra” intendesse realmente
l’infisso o
“il posto vicino alla finestra, terza fila, penultimo banco,
di
fronte al termosifone”. Dovevo calmarmi. Dalle risatine che
sembravano non voler desistere ad accompagnare la mia figuraccia
intuii che avrei dovuto ribaltare la situazione a mio favore.
-Quale
argomento di discussione, del perché un nuovo studente sia
venuto
nella nostra scuola ad onorarci della sua presenza?- ribattei,
cercando di assumere tutta la naturalezza possibile, come se
l’argomento non mi avesse minimamente toccato.
Carlotta sorrise
alla mia reazione, intuendo la situazione, imitata dai ragazzi e da
Margherita, che sedeva accanto a me. Anche Francesco sorrise;
evidentemente aveva capito che stavo solo al gioco. Ma il professore
non fu così abile.
-Mi sorprendi. Eppure sei una ragazza,
dovresti avere una certa delicatezza- commentò, vuoto di
espressione.
-È una legge della natura, che le ragazze debbano
essere fini e delicate e i ragazzi possano dar dimostrazione della
loro abilità linguistica con appellativi non esattamente
garbati?-
feci allora, sentendomi incoraggiata dalla breve risata di Pietro e
Luca, al secondo banco della fila alla mia sinistra.
-A quanto
pare la natura ha delle eccezioni- disse secco, fissandomi senza
batter ciglio.
-Gran belle eccezioni- disse Pietro col tono di chi
la sa lunga, guardandomi interessato.
-Silenzio, Pellino- lo
rabbonì stancamente il professore.
-Avanti prof… non è stata
così inopportuna- disse una terza voce.
La sua voce.
Mi girai
istintivamente verso di lui, e anche lui ricambiò lo sguardo.
Quegli
occhi tremendamente espressivi…
-È
un bel tipetto- riprese infine la parola il professore, guardandomi
con lo sguardo di sbieco, -ha dormito per cinque anni tra i banchi di
scuola e adesso si sta svegliando-
La faccenda si chiuse lì,
senza troppi ghirigori.
Intanto, la prof di matematica sembrava
dispersa. Stavamo quasi per suggerire di inviare una squadra di
soccorso per trovarla quando entrò tutta trafelata in classe.
-Ah,
il traffico! Maledetti automobilisti del c…-
Si bloccò,
realizzando di non trovarsi in sala professori dove poteva dare
libero sfogo ai suoi pensieri; alcuni cercarono di trattenersi dal
ridere, fallendo miseramente assumendo un’espressione
distorta in
viso, altri le facevano silenziosamente il verso.
-… Elena,
credo sia meglio se ti avviassi verso la seconda liceo: sta per
suonare ormai e finiresti per non arrivare in tempo neanche
lì-
disse con tono calmo il professore, consapevole che lo stavamo
ascoltando. La professoressa di matematica non sembrò
cogliere la
frecciatina, e si limitò a girare sui tacchi e ad uscire,
dopo aver
salutato con un “buongiorno ragazzi” piuttosto
nervoso.
“Tutti
gentili di prima mattina” pensai.
Francesco POV
Continuai
ad osservare quella ragazza al terzo banco della fila centrale; una
ragazza che risponde a tono alla provocazione del professore era
qualcosa di estremamente sensuale.
Di solito sono i ragazzi che
cazzeggiano con il professore, le ragazze se ne stanno zitte ad
ascoltare e ammiccano con dei sorrisi civettuoli ad ogni battuta che
fanno. Ascoltare una donna che non si fa mettere i piedi in testa
neanche dal professore è eccitante.
Quel tono un po'
distaccato, una leggera non curanza tipicamente femminile.
Ammaliante.
Quella ragazza non si comportava come una
ragazzina.
Si comportava come una donna.
La guardai
ancora, punto sul vivo di stamparmi nella memoria il suo corpo e il
suo viso.
I lunghi capelli castani, le mani poggiate sul banco
quasi intrecciate tra loro, come per cercare un punto di sicurezza a
cui appigliarsi, le spalle coperte da una maglia larga dalla quale
non sfuggiva però la vista della sua pelle, proprio
all'altezza
della clavicola. Coperta solo da una canottiera. Al solo pensare
quando potesse essere facile spogliarla avvertii un movimento nei
piani inferiori dei jeans. I capelli che le accarezzavano il viso,
gli occhi attenti al professore. Avrei voluto farle avvertire le mie
labbra sul suo collo, mentre scivolavano a coprirle quella parte
scoperta della spalla. Solo per vedere la sua reazione. Non ero uno
che si scopava la prima che glielo faceva alzare. Certo era solo che
mi sarebbe piaciuto metterla alla prova. Era davvero la ragazza
accattivante e distaccata che dava a vedere?
Mentre ero preso nei
miei pensieri avvertii una leggera gomitata da parte di Antonio,
seduto alla mia destra; staccai gli occhi da lei e guardai i suoi,
mentre mi faceva cenno con il mento di guardare una ragazza seduta al
primo banco, nella fila opposta alla nostra, accanto al muro.
Lunghi
capelli biondi e posteriore ben tornito, si intravedeva bene anche
dal fondo.
Non mi colpì minimamente, non per il suo sedere
almeno: avere un bel culo non è il lasciapassare che ti
indica che
sia una bella tipa abbordabile. La faccia di Antonio invece sembrava
dire il contrario. Tornai a guardare quella ragazza della fila
centrale, stavolta per un desiderio di curiosità che non di
attrazione fisica; la ragazza accanto a lei l'aveva chiamata in un
sussurro e le stava dicendo qualcosa di evidentemente degno di nota
siccome le sue parole erano miste a un sorriso sulle labbra. L'altra
dischiuse leggermente le labbra, e le ci vollero pochi secondi per
imitarle il sorriso, punta sul vivo anche lei dal racconto.
Le
sue labbra.
Mi sentii invadere di un calore improvviso e da un
fremito nei boxer.
La mia immaginazione stava già lavorando
istintivamente, ritrovandomele a toccarmi ogni centimetro del mio
corpo, mentre si avvicinava sempre più pericolosamente al
punto
evidente del mio desiderio.
Brividi.
Mi ritrovai a dover
rilasciare la tensione dalle sopracciglia, che solo in quel momento
capii le avevo leggermente aggrottate in un moto di sorpresa,
sgranando stupito gli occhi.
Davvero avevo appena immaginato che
una ragazza vista appena meno di quindici minuti prima mi avesse
fatto una bocca? Mi stavo lasciando andare troppo spesso. Dovevo
darci un taglio ai miei istinti invadenti. Ero io a dover controllare
il mio corpo, non esso che controllava me.
Almeno sperai di
riuscirci.
Bianca POV
-Ehi
Bianca, Francesco ti sta fissando- mi mormorò Margherita
accanto
all'orecchio con aria maliziosa. Come prima cosa mi venne spontaneo
girarmi e controllare, ma mi limitai a sospirare in cerca di
auto-controllo. Non dovevo farmi vedere da lui. Sentivo che non sarei
riuscita più a fare una cosa in modo spontaneo, ora che
avvertivo la
sua vigile presenza dietro di me.
Fortuna volle che pochi momenti
dopo la campanella suonò, segnando la fine della prima ora.
Al solo
pensiero che ne avrei affrontate altre quattro mi sentii
morire.
Sarei riuscita a sopravvivere?
Francesco POV
-Allora,
che ne pensi?-
Antonio mi richiamò, indirizzando la mia
attenzione su di lui.
-Di cosa?- fu la mia risposta.
-Di quella
tipa- disse con tono ovvio, e realizzai cosa intendesse dire.
-Ah,
quella... Ti dirò, ho visto fondoschiena migliori-
commentai,
vago.
-Nah, non ci siamo. Devi svegliarti, Francesco, rifatti gli
occhi. Guarda quante belle ragazze ci sono qui. Non dirmi che non ti
ha interessato nemmeno una, non ci crederei-
Beh, una era
riuscita quasi ad alzarmelo.
Feci finta di niente.
-Secondo me
me l'hai fatta notare perché ti ha risvegliato il tuo amico,
una
volta- dissi con sarcasmo. Antonio assunse un'espressione
divertita.
-Dici?-
-Beh, l'ho capito io che sono da sessanta
minuti nella tua stessa stanza- dissi, -figurati se lei non se ne
è
accorta-
Scosse la testa, guardando la ragazza in questione
fingendo profonda amarezza.
-Quattro anni che stiamo chiusi tra le
stesse mura e nemmeno uno sguardo-
-Non si può dire sia il tuo
forte...- commentai, ironico.
-Quello è campo tuo, naturalmente-
mi provocò, -quante te ne sei fatte fino ad ora?-
-Quante bastano
per batterti in esperienza- risposi.
Lui ignorò la mia risposta a
tono e si concentrò su qualche altra ragazza degna di
denotazione,
scegliendo con attenzione.
-E Bianca? Mi sembravi interessato,
poco fa-
-Chi è Bianca?- domandai, senza troppa espressione.
-Il
“tipetto particolare” del professore. Sai, non
è facile come
ragazza... È piuttosto particolare davvero-
spiegò, con
naturalezza.
-Che vuoi dire?- chiesi, cercando di non dare a
vedere il minimo interesse che mi aveva suscitato.
-È una tosta,
niente a che vedere con le altre... Credimi, non te la da facilmente.
Riuscirebbe a liquidarti senza troppe cerimonie, se non le interessi.
Anche se vai a scolpirti gli addominali in palestra-
-Parli per
esperienza personale?- gli rinfacciai malizioso.
Mi scoccò uno
sguardo assassino.
-Stronzo- fu il suo commento.
Una ragazza
non facile, eh? Proprio il genere di sfida che preferivo.
Saalve:) sono molto contenta del fatto che il primo capitolo abbia
già
interessato qualcuno, vi ringrazio :) da qui in poi la storia
avrà
delle sorprese... ma non vi anticipo niente, lasciando che scopriate
da voi nei prossimi capitoli. Un bacione
_Char