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Autore: AngelWithoutWings    01/04/2013    9 recensioni
“Io non ho mai baciato un ragazzo, non ho mai tenuto in mano una sigaretta, non so che sapore abbia l’alcool, non ho mai avuto un rapporto… intimo con un ragazzo, non ho mai avuto un fidanzato… Ma che dico? Io non ho mai avuto niente a che fare con i ragazzi!”
“Sei lesbica?” esclamò, sorpreso.
“Che? No!” storse il naso, offesa.
“Scusa!” alzò le mani, in segno di resa.
“Posso aiutarti.”
Faith si voltò di scatto, aggrottando le sopracciglia e si ritrovò la figura di Johnny a sovrastarla, pochi centimetri da lei “C- come?”
“Posso aiutarti: con la lista di esperienze che non hai ancora fatto. Io posso aiutarti a spuntare quei punti. Allora, ci stai?”
“Affare fatto.” Gli allungò la mano.
“Bene.” Sorrise, annuendo e gliela prese, abbassando il viso per baciarla sul dorso. La guardò con quel sorrisetto divertito da sotto le sopracciglia scure, mentre le sue guance diventavano ancora più rosse.
“Ti farò sapere domani come intendo procedere.” Le disse.
Annuì, prima che Johnny le si avvicinasse di nuovo. Abbassò il viso e posò le labbra sulla sua guancia.
“Ci divertiremo, bambolina!” Le sussurrò all’orecchio.
In che guaio si era andata a cacciare?
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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First Lesson: Style


“Buona giornata, signorina!” le sorrise Jim, dallo specchietto retrovisore.
“Grazie, anche a te.” Lo salutò, scendendo dalla Mercedes nera lucida.
Sistemò lo zaino su una spalla e varcò il cancello della scuola, entrando nel cortile. Trovò subito le sue compagne di classe, al solito posto, con gli zaini contro la quarta colonna del portico.
“Faith!” l’accolse Sarah, sorridendole raggiante, come sempre.
“Ecco qualcuno che può stare tranquilla.” La salutò Margaret, mentre posava anche il suo zaino rosso in mezzo al mucchio.
“Tranquilla per cosa?” le chiese Faith, sistemando il golfino scuro della divisa.
“Per il compito di biologia.” Rispose Daisy.
Faith alzò le spalle, sorridendo “Sono preparata, perché dovrei preoccuparmi?”
“Appunto.” Rise Sarah, prima che suonasse la campanella.
Insieme al resto del corpo studentesco, entrarono all’interno dell’enorme edificio vittoriano che era il London West High School, preparandosi ad una nuova giornata di scuola.
 

Margaret, dal banco davanti, si voltò, recitando drammaticamente “E’ stato bello conoscerti, ma la mia vita sta per finire…”
Faith rise, mentre la professoressa della prima ora lasciava l’aula e loro aspettavano il boia, meglio conosciuto come professor Franklin.
Daisy e Sarah si alzarono dal loro banco, dall’altra parte dell’aula per raggiungerle, confidando la loro ansia.
Mentre Faith cercava di rassicurarle che sarebbero andate bene, uno zaino che atterrava sulla parte vuota del banco le fece sussultare, interrompendola.
Si voltarono tutte verso il ragazzo che ritraeva la sedia affianco a Faith, lasciando che strusciasse per terra e facesse rumore.
Capelli scuri a ricadergli sulla fronte, cravatta fuori dal golfino da cui fuoriuscivano gli angoli della camicia bianca su un paio di jeans chiari.
Johnny Del Roy.
Con altrettanta grazia si sedette, spingendo lo zaino finché non cadde tra di loro senza curarsi del botto che fece atterrando.
Faith alzò lo sguardo da questo, che per poco non gli schiacciò un piede e incenerì il proprietario con gli occhi scuri.
“Ciao bambolina.” Ghignò lui, divertito.
Le sue amiche, in silenzio, li guardavano confuse.
Da quando quei due si rivolgevano la parola?
“Buongiorno classe!” li distrasse l’entrata del professore e il suono della porta che veniva chiusa alle sue spalle.
Margaret si voltò, tornando a sedere composta, mentre Daisy e Sarah raggiungevano il loro banco.
“Sbaglio, o l’ha chiamata bambolina?” sussurrò Sarah, aggrottando le sopracciglia.
“Che stai facendo?” gli chiese Faith, guardandolo prendere l’astuccio dallo zaino a terra.
“Ricordi quando ieri mi hai chiesto cosa ci avrei guadagnato ad aiutarti?” rispose lui, con un'altra domanda.
Faith annuì, seccata “Allora?”
“Allora, io ti aiuto con le tue esperienze mancate e tu mi aiuti a mancare altri 2.” Spiegò lui, apostrofandola con la matita mordicchiata che aveva in mano.
Non ebbe il tempo di ribattere, perché il prof stava già passando tra i banchi per distribuire i questionari. Si limitò a sbuffare, scostandosi i capelli affinché non gli andassero davanti agli occhi mentre leggeva. Lo sentì ridere, mordicchiando l’estremità della matita, mentre le si avvicinava per sbirciare.
 



Al suono della campanella, all’ultima ora, Faith aveva salutato le sue amiche, e stava camminando verso l’auto che l’aspettava in strada, un cipiglio a farle compagnia.
Le tre ore più lunghe di tutta la sua vita…
Un bambino, ecco cos’era quel ragazzo!
Un bambino sbruffone, stupido, impertinente, infantile, rompiscatole, distratto…
Ah, sarebbe potuta andare avanti anche tutta la giornata!
Ci mancavano solo i commenti e gli ammiccamenti delle sue amiche a ricreazione ‘Dai, non è poi così male…’.
Ma a lei non gliene importava un fico secco se quando rideva dopo una delle sue battutine quegli occhi di ghiaccio si assottigliavano, raggiunti dalle lentiggini sugli zigomi, aprendo le labbra piene in un sorriso dolce.
Non le importava se in quei momenti, ridendo di nascosto, metteva la lingua tra i denti e sibilava una risata buffa.
Non le importava neanche se quando non sapeva cosa dire si grattava la guancia con quell’espressione ebete e tenera allo stesso tempo.
Non…
Oh, ma a cosa stava pensando!?!
Scosse la testa, sospirando. Doveva essere più stanca di quanto pensasse.
Per questo non vedeva l’ora di tornare a casa, pranzare e poi abbandonarsi sull’enorme letto in camera sua e poter leggere per ore, sfruttando un pomeriggio senza compiti.
Ma qualcuno non la pensava come lei…
Johnny la raggiunse in quel momento, piombando da dietro “Hei, bambolina!”
Alzò gli occhi al cielo, davanti alla solita frase accompagnata dal solito ghigno, mentre lui posava il braccio dietro le sue spalle e l’avvicinava a sé.
“Dove te ne vai di bello?” le chiese, senza muoversi di un centimetro da lei.
Alzò un sopracciglio, guardandolo “A casa, dove dovrei andarmene?”
“Oh, giusto.” Annuì lui “Come mai così di fretta? Hai impegni oggi?”
“No, voglio solo andare a casa e pranzare.” Tagliò corto.
Si fermarono al cancello, la ragazza aspettando di veder comparire Jim a bordo dell’auto per portarla via.
Con la mano libera, Johnny si grattò la guancia. Si schiarì la gola e poi disse, con nonchalance “Ok, allora passo a prenderti alle quattro.”
L’attenzione della ragazza tornò subito su di lui, confusa.
“Che cosa?” gracchiò.
“Non farti allusioni, bambolina, non ti sto invitando per un appuntamento.” Ammiccò lui, facendo comparire di nuovo quel sorrisetto antipatico.
“Illusioni.” Lo corresse.
“Fa lo stesso.” Tagliò corto lui, lasciando la presa sulle sue spalle per poggiarsi con la schiena al muro.
“Oggi cominciano le nostre lezioni.” Disse, prendendo la sigaretta che teneva dietro l’orecchio e che lei gli aveva visto rollare durante l’ultima ora, nascosto dietro l’astuccio.
“Lezioni?” ripeté, arricciando il naso.
Johnny annuì, sorridendo divertito e le posò la mano sulla testa “Da oggi in poi sei la mia discepola.”
“Sì, certo.” Borbottò lei, allontanandogli la mano, prima di sostituirla alla sua per controllare che i capelli fossero ancora ben raccolti dall’elastico sulla nuca.
“E qual è il primo passo, seguendo la tua dottrina?”
Voltò il capo così ché il fumo non le andasse in viso e poi tornò a guardarla “Lo stile.”
“Cos’ha il mio…” provò a protestare.
“Sh!” la zittì, posandole l’indice sulle labbra “Prima regola della mia scuola: mai contraddire il maestro!”
Un clacson li interruppe, facendoli voltare in direzione di una Mercedes in attesa dall’altra parte della strada.
“Alle quattro.” Le ricordò, serio, prima di lasciare il suo appoggio al muro e rimettersi in piedi “Ah, e ricordati di portare la carta di credito di paparino!”
La superò, passandole dietro e afferrò l’elastico per i capelli, sciogliendole la coda alta così da far ricadere la massa di capelli scuri sulle sue spalle.
“Hei!” protestò, voltandosi verso di lui con i pugni serrati.
“Ti voglio stilosa, bambolina.” Ammiccò, tenendo in mano il fermacapelli “Ci vediamo alle quattro.”
Dopodiché si voltò, infilò la mano con la refurtiva in tasca e riprese a camminare.
Faith rimase qualche minuto a guardarlo scalciare i sassolini che trovava davanti ai piedi, finché non sbollì la rabbia ed attraversò la strada, raggiungendo la sua auto.
 


 
Le quattro e mezza.
Ergo, mezz’ora di ritardo.
Chissà perché non era sorpresa…
Il cellulare, posato sulla scrivania affianco al libro aperto che stava leggendo, squillò.
‘Scendi’ – Sconosciuto
Prese un respiro profondo e infilò la giacca, uscendo dalla sua stanza.
Avvertì Marie, la governante ed uscì, attraversando il cortile fino al cancello.
Johnny l’aspettava appoggiato al muro, con le mani in tasca mentre fischiettava tranquillo.
Appena sentì il cancello aprirsi si voltò e le sorrise “Hei, bambolina!”
Se avesse continuato a reprimere la rabbia che le ribolliva dentro ogni volta che usava quell’appellativo avrebbe rischiato un tic nervoso. O un esaurimento nervoso…
“Voilà.” Le porse un casco nero.
Faith lo guardò, confusa, senza accettarlo.
“Devi metterlo in testa.” Spiegò, parlando lentamente perché capisse, mentre indicava la testa.
“Lo so come si mette un casco!” Replicò stizzita, afferrandolo.
Johnny represse una risata, passando la lingua sulle labbra. Si voltò e lei lo seguì, fino a svoltare l’angolo.
Si fermò, guardandolo raggiungere una moto sportiva blu e salirci.
Le indicò con il capo di raggiungerlo, mentre prendeva in mano un casco rosso.
Faith sospirò, facendosi coraggio e gli si mise di fronte “Io non sono mai salita su una moto.”
“Bene, sarà un’altra esperienza da spuntare alla lista.” Le sorrise, facendogli segno di sedersi dietro di lui.
Goffamente, alzò una gamba e si arrampicò sulla moto, aiutata da Johnny che le offrì il braccio come appoggio.
“Si parte?” le chiese, facendo per mettersi il casco.
“Aspetta!” lo fermò, facendolo voltare “Facciamo cambio?”
“No, non se ne parla nemmeno.” Rise lui, scuotendo la testa “Questo è il mio casco.”
Faith imbronciò le labbra, protestando “Ma io non lo voglio questo. E’ nero, è brutto. Il tuo invece è rosso ed è il mio colore preferito.”
Johnny alzò gli occhi al cielo, sbuffando “Tieni…”
“Grazie!” sorrise trionfante, prendendo il casco rosso.
“Facciamo un gioco?” propose, sorridendo.
Faith non lo conosceva abbastanza, ma capì subito che quel sorriso nascondeva una delle sue idee strampalate e si appuntò mentalmente di tenerne conto.
“Che gioco?” chiese titubante.
Si voltò con il busto, poggiandosi con il braccio al casco sulla gamba sinistra “E’ un gioco che fanno le ragazze per civettare con i ragazzi. Tu vuoi imparare ad essere spagliata con i ragazzi, no?”
“Spigliata.” Lo corresse, invece di rispondere.
Johnny alzò gli occhi al cielo “Per esempio, ai ragazzi non piace essere corretti in continuazione. Quindi vedremo di lavorare anche su questa tua aria da maestrina, mh?”
“Quale gioco?” tagliò corto lei, prima di offendersi.
“Quando un ragazzo fa qualcosa per una ragazza, lei lo ringrazia con un bacio sulla guancia.” Spiegò.
“Oh, devo…” balbettò.
“Aspetta, rifacciamo la scena.” Le prese il casco e le restituì quello nero “E sorridi come prima, mi piaceva quel sorriso.”
Si mordicchiò il labbro, reprimendo un sorriso divertito non appena vide le guance della ragazza imporporarsi.
“Ok.” Annuì, abbassando il viso.
“Tieni.” Ripeté le battute, porgendole il casco rosso.
Faith prese un respiro profondo e alzò il viso, cercando di imitare un sorriso genuino.
“Grazie!” gli si avvicinò, sfiorandogli la guancia con le labbra prima di avvampare e ritirarsi di scatto.
“Com’è andata?” si mordicchiò il labbro, stringendo il casco tra le dita affusolate.
“Sei stata brava. Con il tempo, e i miei insegnamenti, migliorerai anche!” ammiccò, sorridendole “Ora metti il casco, siamo già in ritardo.”
Sei in ritardo, pensò lei, mentre infilava il casco.
 
 


Quando si fermarono nel parcheggio del centro commerciale a Faith sembrò di aver appena affrontato un giro sulle montagne russe di mezz’ora, piuttosto che le vie del centro.
“Sei entrata in simbiosi con la mia giacca?” commentò ironico Johnny, voltando il viso.
“Spiritoso.” Sbuffò lei, lasciando la presa intorno alla sua vita “Guidi come un matto, te l’hanno mai detto?”
“Eravamo in ritardo, andavamo di fretta.” Tagliò corto lui, sfilando il casco.
Lei lo imitò, prima di scendere dalla moto, seguita da Johnny.
La guardò, accennando ad un sorriso divertito, ma non disse nulla.
“Che c’è?” alzò un sopracciglio.
Scosse la testa, prima di chinarsi sulla ruota anteriore della moto e legare la catena.
Lo seguì fino agli ascensori, continuando a lamentarsi della sua guida mentre aspettavano.
Quando le porte di metallo si aprirono davanti a loro, ritrovandosi davanti allo specchio all’interno della cabina dell’ascensore, Faith si portò le mani tra i capelli.
“Perché non me l’hai detto!?!” esclamò, cercando di sistemare la chioma che il casco aveva scombussolato.
Johnny intanto rideva, tenendosi la pancia, incapace di formulare una frase sensata.
“E poi ti chiedi perché porto sempre i capelli legati?” brontolò, finendo di sistemarsi.
“Quante storie…” si riprese, avvicinandosi a lei “Sei molto più carina con i capelli sciolti, ti ho solo fatto un favore.”
Era troppo impegnata a preoccuparsi della sua immagine riflessa allo specchio e ad insultarlo mentalmente per recepire quello che realmente le stava dicendo.
“Oh sì, non vedi come sono carina?” commentò ironica, sbuffando.
Lui sorrise, prendendole le mani per allontanarle dalla testa e le sostituì alle sue, accarezzandole i capelli lisci che le ricadevano fino ai fianchi, sistemandoglieli dietro le spalle.
“Ecco, così sei perfetta.” Sussurrò, guardando lo specchio.
“G- grazie.” Balbettò, mordicchiandosi il labbro.
Johnny imitò un colpo di tosse, attirando la sua attenzione e le si avvicinò, puntellando la guancia con l’indice. Faith gli si avvicinò e lo baciò, un po’ impacciata, proprio mentre le porte scorrevoli si aprivano.
“Ok, seguimi, so esattamente dove andare.” Disse Johnny, posandole la mano sulla vita per guidarla.
 
 


“Hai fatto?” domandò, sbracato sul divanetto azzurro nella sala dei camerini.
“Johnny, non credo che sia adatto.” Rispose lei, dall’altra parte della tenda nera.
“Lascia giudicare il maestro.” La esortò “Dai, esci! Ti prego…”
La sentì sospirare, prima che scostasse la tenda ed uscisse allo scoperto.
Uscì scalza, una paio di leggins neri attillati e un top verde acceso con dei disegni lungo i fianchi.
Niente di speciale, insomma. Qualunque adolescente indossa un abbigliamento simile ogni giorno.
Eccetto Faith…
Guardò con nostalgia il maglioncino largo di un colore neutro e i jeans appesi nel camerino, in cui era così facile nascondere quel corpo che non era niente di speciale per lei.
Tornò a guardare Johnny, arrossendo quando si vide puntati addosso quegli occhi grigi che la scrutavano da capo a piedi, spalancati.
“Quelle… sono delle tette?” chiese, l’espressione tanto stupida quanto sorpresa in volto.
Faith portò subito le braccia a coprire la scollatura decisamente più larga dei suoi standard.
“Io mi cambio.” Decise, voltandosi di scatto.
“No, aspetta!” si alzò, raggiungendola.
Fermò la tenda prima che la richiudesse, infilandosi nel camerino con lei.
“Johnny, esci!” sussurrò tra i denti, pudica “Non puoi stare qui.”
Lui la ignorò, posando le mani sui suoi fianchi. L’attirò a sé e le si mise alle spalle, davanti allo specchio.
“Scusa, la delicatezza non è il mio forte.” Le sorrise, posando il mento sulla sua testa.
“Guardati.” Disse, facendole alzare lo sguardo sulla sua immagine “Stai benissimo.”
Faith non poté fare a meno di arrossire, sorridendo “Lo pensi davvero?”
“Non sono uno che si preoccupa di dire le cose come stanno, se non l’avessi notato.” Commentò “Se ti faccio un complimento, vuol dire che lo penso davvero.”
“Io non lo so…” sospirò, abbassando lo sguardo “Non mi sento a mio agio.”
Johnny scosse la testa, contrariato “Ascolta, Bambolina: hai un bel corpo, e sarebbe davvero un peccato continuare a tenerlo nascosto dietro quei vestiti larghi.”
“A me non piace il mio corpo.” Protestò “Se fossi più alta, con i fianchi meno larghi, magari con un po’ più di seno e non assomigliassi ad una clessidra...”
“Molti ragazzi lo troverebbero attraente se lo mostrassi un po’ di più.” Confessò, tralasciando che anche lui l’aveva trovato attraente, quando l’aveva scoperto.
Dalla sua vita, dove teneva ancora le mani, scese ad accarezzarle in punta di dita i fianchi, sentendola irrigidirsi.
Abbassò il viso, posando il mento sulla sua spalla, le labbra a sfiorarle i capelli, all’altezza delle sue orecchie “Non voglio toccarti, tranquilla, voglio solo farti prendere coscienza del tuo corpo.”
Continuò a scendere con le mani fino a metà coscia, sempre lentamente, facendo aderire completamente il palmo aperto ai leggins che fasciavano le sue gambe.
Mentre lei seguiva le sue mani guardando il riflesso sullo specchio, lui non distoglieva lo sguardo dal suo così concentrato.
Quando quelle mani tornarono a salire, portarono con sé l’orlo della maglietta, scoprendole la pancia.
Sentì i brividi percorrere quella pelle morbida e lattea sotto il suo tocco e a stento riuscì a nascondere un sorrisetto divertito dei suoi.
Le si avvicinò di nuovo, scostandole i capelli con il naso e avvicinò le labbra a sfiorarle il labbro “Tu che fai sempre la maestrina, dovresti sapere che non si chiama clessidra…”
Allungò le mani, posando i palmi aperti sul ventre, incorniciando l’ombelico con il rombo formato dai pollici e gli indici congiunti. La spinse leggermente, appoggiandosela contro il petto.
“Si dice sinuoso.” Continuò, salendo con le mani “E posso assicurarti che non è un difetto.”
“Non. Ti. Azzardare.” Gli intimò qualche secondo dopo, quando intuì le sue intenzioni, ormai con le dita sul reggiseno.
Johnny rise, divertito e si allontanò da lei, facendola cadere dalle nuvole “Lo sai, in 18 anni non mi ero mai accorto che avessi le tette.”
“Fuori!” gli intimò, spingendolo.
Johnny scoppiò nella sua caratteristica risatina, portando la lingua tra i denti e battendo le mani.
Uscì, avvisandola di aspettarlo dentro mentre andava a cercare altri vestiti.
Rimasta sola, si guardò di nuovo allo specchio, accarezzando il profilo dei fianchi come aveva fatto lui pochi minuti prima e si mordicchiò il labbro.
Voleva o no uscire dal suo guscio?
Non riusciva a capacitarsene neanche lei, ma Johnny forse avrebbe davvero potuto aiutarla.
Quel top e quei leggins non gli sembravano più così sbagliati mentre si guardava di nuovo. Sorrise.
 


 
“No, questo proprio no!” l’aveva accolto così, nel terzo negozio, quando lui si era presentato con un vestitino al suo camerino.
“Ti prego, ti starà da dio, già lo so!” cantilenò lui, piegando in fuori il labbro inferiore.
“Ti diverti? Per chi mi hai preso, una bambola?” gracchiò, incrociando le braccia al petto.
Lui ammiccò, ghignando.
Come non detto, cinque minuti dopo, l’aveva convinta e si stava facendo scivolare addosso la stoffa morbida.
“E adesso come faccio?” sussurrò, sbuffando.
Si voltò, guardando allo specchio la zip a metà sulla schiena, che non riusciva a chiudere da sola.
Sarebbe potuta uscire così, ma lo specchio alle sue spalle l’avrebbe tradita e Johnny se ne sarebbe accorto.
Oppure, avrebbe potuto dirgli che era così bello che non vedeva l’ora di comprarlo e non c’era tempo di farglielo vedere.
Poi pensò a cosa avrebbe fatto una ragazza sicura di sé, una che sa comportarsi con i ragazzi e prese coraggio. Tirò fuori la testa, cercandolo con lo sguardo e lo trovò a provarci con la commessa.
“Amore?” lo chiamò, ad alta voce.
Si voltarono sia lui che la commessa. Entrambi con un’espressione sorpresa in volto, ma per due motivi diversi.
La ragazza liquidò Johnny con un’occhiataccia, prima di andarsene.
“Eh brava la mia bambolina, qualche ora con il maestro e già impari i trucchi del mestiere…” rise, poggiando il braccio sul muro all’altezza del suo viso.
Lo ignorò, chiedendogli “Mi serve una mano con... con la zip. Ti dispiace?”
“Sono qui apposta.” Ammiccò lui, aspettando che scostasse la tenda e si voltasse.
Posò la mano sulla sua pelle diafana, prendendo con l’altra mano la zip che fece risalire lungo la schiena con un movimento fluido.
Riusciva a vedere i brividi che quel contatto le provocavano e sarebbe stato così facile accarezzarla più del dovuto, sfiorarla con le labbra per godersi una sua scenata isterica.
Quando assottigliava gli occhi scuri aggrottando le sopracciglia e tra queste compariva una ruga d’espressione, mentre gesticolava e lo insultava con quei suoi modi da ragazzina per bene…
“Allora?” lo richiamò alla realtà Faith.
Sbatté le palpebre un paio di volte, guardandola “Mhm?”
“Come…” si mordicchiò il labbro, torturandosi le mani.
Si ricordò del vestito e studiò il suo corpo all’interno dell’abito azzurro. Da come le fasciava alla perfezione i fianchi a come evidenziasse la vita sottile e il seno. Buttando un occhio allo specchio alle spalle della ragazza constatò che le cadeva bene anche sul sedere.
Alzò i pollici, ammiccando “Stai alla grande, bambolina!”
Sorrise, imbarazzata, tirando l’orlo della gonna nel tentativo di allungarlo almeno sopra il ginocchio.
Inutile, vano, disperato tentativo…
“Bene, ora rivestiti, abbiamo altri giri da fare prima di riportarti a casa.” La istruì, prima di richiudere la tenda ed uscire.
 


 
Johnny le levò le mani da davanti gli occhi, arrivati a destinazione “Ta dà!”
Faith rimase a bocca aperta, sconvolta “Stai scherzando, vero?”
“No.” Alzò le spalle lui, tranquillo.
“Io non ci entro lì dentro. Non con te!” Protestò, voltandosi per andarsene.
Johnny l’afferrò per il braccio, trascinandola con sé all’interno “Uff, quante storie…”
Faith non era mai entrata in uno dei negozi di Victoria’s Secret. Non aveva mai avuto tutto questo interesse a spendere il doppio per un reggiseno o un paio di mutande particolari che tanto nessuno, a parte lei, avrebbe mai dovuto vedere. Non si era neanche mai preoccupata di comprare qualcosa che fosse più sexy di una canottiera di cotone bianca o un paio di normalissimi slip. Niente pizzi, niente fiocchi… niente.
“Johnny, no, aspetta!” lo pregò, mentre cercava di frenarsi con le Converse, inutilmente.
Ma lui non l’ascoltava, continuando a camminare tra i reparti.
Quando finalmente si voltò, il suo sguardo era concentrato soprattutto sulla maglietta che indossava, una di quelle appena comprate “Terza, giusto?”
“Come?” chiese, confusa.
Le indicò il seno, prima di posare l’indice e il pollice sotto il mento, continuando a studiarla.
Finalmente Faith capì cosa stesse facendo, tirando su la scollatura della t-shirt.
“Stai cercando di indovinare la mia taglia?” Esclamò, scioccata.
“Ci ho preso, vero?” Ammiccò “Sono un vero genio, non sbaglio mai!”
Faith si limitò a sbuffare, stringendo le braccia al petto e lui rise, tornando a camminare “Lo sapevo.”
Johnny camminava sicuro passando di reparto in reparto, prendendo dagli espositori diversi capi. Li guardava, poi puntava gli occhi su di lei con sguardo critico e decideva se prenderli o rimetterli apposto.
 


“Perché mi sono dovuta cacciare in questa situazione? Perché?” stava sbuffando Faith, mentre sistemava un paio di mutandine che la stavano mandando all’esaurimento.
“Faith, hai fatto?” bussò da fuori Johnny.
“Sì.” Rispose lei, scostandosi i capelli che le erano finiti davanti alla faccia.
“Ok, apri?” sentì dall’altra parte.
“Che cosa? No!” gracchiò, voltandosi verso la porta “Non avevi detto che avrei dovuto farmi vedere da te!”
“Credevo fosse scontato.” Fece spallucce lui.
“Beh, non lo era.” Lo contraddisse.
Johnny alzò gli occhi al cielo, facendo finta di sbattere la testa al muro “D’accordo, la prossima volta ti avvertirò per telegramma, ok? Adesso vuoi aprire?”
“No.” Bisbigliò lei “Mi… mi vergogno.”
“Siamo qui anche per questo, no?” Rispose “Quando i ragazzi si accorgeranno di te, è inevitabile, ti guarderanno e tu dovrai essere in grado di reggere i loro sguardi, camminare a testa alta e ancheggiare così da farli affogare nella loro bava.”
La sentì sospirare e, anche se non poteva vederla, stava scuotendo la testa davanti alla sua immagine riflessa “Sono un caso disperato…”
Johnny sorrise, poggiandosi con le spalle alla porta del camerino “No che non sei un caso disperato. Senti, sono un cavaliere che aiuta povere donzelle, sì, ma so riconoscere una causa persa quando la incontro. Non mi sarei mai proposto di aiutarti se avessi saputo che non avresti avuto speranze.”
“Johnny…” Esclamò Faith, posando una mano sul cuore, l’espressione e il tono commossi.
Ci so proprio fare, pensò lui. Ma il sorrisetto compiaciuto che si stava espandendo sul suo viso si arrestò all’istante, non appena Faith parlò di nuovo.
“Hai usato correttamente il congiuntivo!” Fece finta di asciugarsi una lacrima.
La sentì ridacchiare e alzò gli occhi al cielo, reclinando la testa contro il cartongesso rosa del camerino. Si grattò la guancia con il dito, assumendo la solita espressione buffa “Allora, mi fai entrare?”
Faith prese un respiro profondo e annuì, posando la mano sulla maniglia per aprire.
Fece appena in tempo a levarsi, per non cadere all’indietro.
“Hai fatto in fretta.” Commentò, richiudendo la porta.
Si voltò, spalancando gli occhi davanti alla figura di Faith con indosso un reggiseno a balconcino e un paio di mutandine di pizzo bianco con le rifiniture rosa “Uho… wow!”
Faith abbassò la testa di scatto, sentendo le guance andarle in ebollizione e spostò le braccia per cercare di coprire ‘il copribile’.
“Johnny, lasciamo perdere; ok i vestiti, i leggins… ma questo è troppo.” Disse lei, senza riuscire ad alzare lo sguardo “Non è per me, non…”
“Stai scherzando?” la interruppe “Bambolina, sei…” lasciò la frase in sospeso, gesticolando alla ricerca di altre parole con cui sostituire ciò che aveva in mente e che, di sicuro, l’avrebbe fatta infuriare a arrossire ulteriormente.
“E queste… stupidissime mutandine!” protestò, cercando di sistemarle.
“Oh. Ehm… Faith?” la richiamò, facendole alzare lo sguardo “Io… non so come dirtelo ma… credo che tu… le abbia messe… al contrario.”
Faith inarcò le sopracciglia, abbassando lo sguardo. Si spostò, levando la schiena dal muro e si voltò, per guardarsi allo specchio “Ecco perché erano così piccole dietro!”
“Cristo santo!” imprecò Johnny tra i denti, quando guardò anche lui quella visione allo specchio.
Si affrettò ad afferrare la maniglia “Io esco, mi sto eccitando.” Ed uscì.
Dopo un primo momento di imbarazzo e shock per quelle parole, Faith si mordicchiò il labbro, reprimendo una risata, scuotendo la testa divertita.
 
 


Per ultimo, l’accompagnò in un negozio di cosmetici ma, non essendo un esperto in questo settore – e non essendolo neanche lei- si limitarono a prendere uno smalto, una matita nuova per gli occhi e dell’acetone.
Almeno, così pensava Faith mentre pagava alla cassa.
Ma quando varcavano l’uscita e suonò l’allarme, Johnny l’afferrò per il polso “Corri, Bambolina!”
Presa dal panico, fece come le aveva detto, correndo a perdifiato anche se nessuno li stava seguendo e arrivarono fino alle scale mobili, giù nel parcheggio.
Le si avvicinò, infilando le mani nella tasca del suo giacchetto ed estrasse un rossetto, ghignando.
“L’hai rubato?” esclamò Faith.
“Shh!” la riprese lui, ridendo e glielo lanciò “Tu, l’hai rubato. Era nella tua borsa.”
Faith lo prese al volo, spalancando gli occhi “Oh mio Dio! Ho appena commesso un reato!”
“Immagino che fosse il primo in 18 anni.” Dedusse.
Faith annuì, l’espressione ancora scossa e lui alzò gli occhi al cielo, ridendo “Andiamo, ti riporto a casa.”
 
 


Era quasi l’ora di cena quando Johnny fermò la moto all’inizio della via, come gli aveva chiesto lei.
“I miei non vogliono che salga su una moto.” Spiegò, restituendogli il casco.
“E come ti senti ad aver trasgredito una loro regola?” lo prese, poggiandolo sulla sella mentre si alzava anche lui, poggiandosi con la schiena alla moto.
“E’ stato divertente quasi quanto scappare dopo un furto.” Confessò lei, sorridendo e prese in mano il rossetto che ancora teneva in tasca.
“Quando l’ho visto ho pensato che sarebbe stato perfetto per le tue labbra a cuoricino.” Le disse, indicando il corpo del reato.
“E non potevi dirmelo così lo pagavo!?!” alzò un sopracciglio.
Johnny alzò le spalle “Era un regalo, non volevo farti pagare.”
“Certo, tanto in galera ci finivo io. Era nel MIO giacchetto!” Commentò lei, incrociando le braccia al petto.
Lui rise, prendendole il braccio per avvicinarla piano a sé “Pensi davvero che ti avrei fatta arrestare?”
“Se ci avessero presi?” gli chiese, scettica.
“Mi sarei preso io tutta la colpa.” Rispose, accarezzandole il braccio da sopra il giacchetto con il pollice.
Come se fosse fatta di cera, la sentì sciogliersi per quel contatto e la loro vicinanza. Era più forte di lui, stuzzicarla e vederla arrossire, così timida, lo divertiva troppo.
Le si avvicinò ancora di più con il viso, sorridendo sghembo “Poi mi avresti pagato la cauzione?”
“No.” Alzò le spalle, sorridendo acida.
Johnny rise, aprendo tutta la mano per accarezzarle l’avambraccio “Almeno, mi saresti venuta a portare le arance?”
Dopo un primo momento di sorpresa, nascose la sua timidezza e alzò di nuovo le spalle “No.”
Sorrise, mordicchiandosi il labbro e fece scivolare la mano sul suo fianco per avvicinarla fino ad averla contro il petto. Abbassò il viso e le sfiorò il naso con la punta del suo “Non ti sarei mancato neanche un po’?”
Stavolta Faith riuscì solo a scuotere la testa, deglutendo rumorosamente.
Con l’altra mano, le scostò i capelli dal viso, accarezzandole la guancia.
La vide trattenere il respiro, mentre le sussurrava “Invece tu mi saresti mancata, bambolina.”
Faith, immobile, continuava a tenere lo sguardo fisso negli occhi grigi di Johnny alla sua altezza. Sentiva le guance avvampare e sapeva di essere rossa, mentre una strana sensazione le chiudeva la bocca dello stomaco.
Quando le si avvicinò di nuovo, socchiuse le labbra e abbassò le palpebre per la sorpresa.
Finché lui non le sfiorò le labbra con le proprie e quel contatto, così dolce, così morbido, così nuovo, le fece battere il cuore più velocemente di quanto non avesse mai fatto in vita sua.
Johnny si limitò solo a quello, tenendo per un paio di secondi le labbra contro le sue. Avrebbero avuto tutto il tempo per insegnarle cosa significava ricevere un vero bacio e con Faith aveva capito che era meglio andarci piano.
Si allontanò e Faith tornò a respirare normalmente, aprendo gli occhi.
“Ci vediamo domani, bambolina.” Ammiccò, prendendo il casco nero.
Salì in moto e abbassò la visiera del casco, partendo.
 
Faith si voltò, camminando fino a casa con i polpastrelli a sfiorare le labbra, incredula.
Piacevolmente, incredula.
Poteva andarle peggio, no?
Infondo Johnny era simpatico, anche se completamente matto e, se doveva essere sincera, non era neanche brutto. Le sue labbra poi erano piene e di un rosa invitante.
Mentre saliva le scale per arrivare in camera sua le squillò il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Lo prese e trovò un messaggio di Johnny. Lo aprì subito, scoprendosi ansiosa.
 
‘Ho rischiato di investire un gatto perché la visione del tuo culetto doro in quelle mutandine continua a  distrarmi dalla guida.’ – Johnny
 
Come non detto.
Johnny era un cretino. Punto.
E non sapeva neanche scrivere d’oro con l’apostrofo!




 

Buonasera a tutti, lettori e lettrici!
Mi auguro che siate numerosi come per il capitolo precedente.
Altrimenti, beh, parlerò da sola...

Non ho scritto nulla nel capitolo precedente perché,
lo confesso,
non avevo niente da dire.
Era solo il prologo e credevo sarebbe stato giusto farvi prima leggere questo capitolo
per farvi conoscere meglio i personaggi e parlarne con voi.

Che cosa ne pensate dei due protagonisti?
Spero di ricevere i vostri commenti e i vostri pareri in qualche recensione!

E ora, i ringraziamenti:

Grazie!
Grazie a chi ha letto la storia.
Ho pubblicato parecchie storie sue questo sito,
ma questa è sicuramente quella che, al primo capitolo,
ha ricevuto il maggior numero di visite!
Grazie ad ognuno di voi lettori!
E poi, ovviamente,
Grazie a tutti quelli che hanno inserito la storia
tra preferite, seguite e ricordate!
E... Last But Not Least...
Grazie di cuore a chi ha recensito il capitolo precedente!

Un bacio
Angel Without Wings.

  
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