5 Aprile 1458
"Rammentate
di essere Maresciallo, vero?".
Era di nuovo seduta
dietro la sua scrivania, mentre il Maresciallo le era di fronte, in
piedi e sull'attenti, in
perfetto atteggiamento militare.
Era passato giusto un
quarto d'ora da quando Elena, aiutata da due guardie, aveva trascinato
il
Maresciallo dentro la caserma dividendolo da Francesco prima che
scoppiasse la
rissa vera e propria, episodio che sarebbe stato decisamente
sconveniente per
troppe persone.
"Sì,
Capitano" rispose il Maresciallo con il solito tono pacato e sereno.
"Allora
forse avete dimenticato cosa comporta essere Maresciallo? Aiutatemi a
capire,
vi prego" quello di Elena era freddo e severo.
Era stato un gesto
immotivato, pericoloso ed irruento, che di certo non avrebbe giovato
alla sua
immagine. Ma come gli era saltato in mente? Un uomo ponderato come lui,
che non
osava respirare senza prima pensarci almeno tre volte.
"Mi assumo
l'intera responsabilità del mio gesto, Capitano.
Sconterò la punizione che ne
consegue, perché è mio dovere dare il buon
esempio, ma vi dico già da adesso
che non sono affatto pentito del mio gesto" nessuno sembrava
più tranquillo.
"Perché?!"
esclamò esasperata dalla ricerca di una ragione logica che
potesse
spingere una roccia come il Maresciallo ad un gesto così...
idiota!!
Pensava che, dopo
l'ultima batosta, il mondo avesse deciso di smettere di rivoltarsi
davanti ai
suoi occhi rendendo vero tutto ciò che non avrebbe mai
creduto possibile.
Invece sembrava avere ancora tanto da dimostrare...
"Perché
vostro marito dovrebbe ringraziare il Creatore ad ogni ora del giorno e
della
notte per la fortuna che gli è stata concessa" fu la sua
impassibile
giustificazione.
Avrebbe dovuto essere un
complimento? Sperava di no, perché ogni sorta di allusione a
quel tipo di
argomento non era altro che un'eruzione di rabbia dentro un cuore che
aveva già
cominciato a sigillare le proprie porte.
"Maresciallo,
lasciate che sia io ad occuparmi dei miei problemi coniugali. Non ho
bisogno né
della vostra protezione né del vostro aiuto, sono stata
chiara?" fu
la sua tagliente risposta, per la quale non avrebbe accettato altro che:
"Cristallino,
Capitano..." rispose, solo allora abbassando leggermente il tono di
voce.
"Dunque
cercate di adottare un comportamento più consono al vostro
ruolo, d'ora in
poi" lo rimproverò ancora una volta. "Siamo in
emergenza e non posso permettermi di fare a meno di voi,
perciò non vi
sospenderò dal servizio". Era una fortuna. Nonostante tutto
non
voleva allontanarlo dalla caserma. Era un militare perfetto e un
alleato prezioso,
e per quanto le normali leggi lo avrebbero imposto, non le sembrava
giusto
sospenderlo per un unico e solo errore in una carriera immacolata. "Ora
tornate all'incarico che vi ho assegnato prima. Potrebbe
essere una sola, ma potrebbero essere di più, questo
è tutto da vedere. Ho
bisogno che indaghiate nelle campagne, nelle sartorie, anche nei
bordelli se è
necessario. E per cortesia, ascoltate quello
che vi diranno, non posso
essere con voi in ogni sopralluogo per assicurarmi che non vi facciate
sfuggire
nulla perché distratti da altro" il vago riferimento era
abbastanza
chiaro.
Il Maresciallo annuì, Elena lo congedò con un
gesto. Girò sui tacchi ed
uscì.
Elena attese di udire i
suoi passi echeggiare nei corridoi di pietra fino a scomparire, poi si
alzò
anche lei e raggiunse l'esterno della caserma.
Trovò Francesco
esattamente dove era convinta che sarebbe stato, seduto per terra con
le spalle
contro il muro dell'edificio. Scompigliato, con uno zigomo pesto e gli
occhi
arrossati non sembrava neanche più lui. Ma d'altra parte,
era da quando aveva
letto quella maledetta missiva che non riusciva più a
riconoscere l'uomo che
aveva davanti.
Scattò in piedi appena la
vide uscire, fece per avvicinarsi e cominciare a parlare, ma lei lo
bloccò con
un gesto della mano. Toccava a lei parlare:
"Devi
andartene da qui. Vai a casa e non tornare a cercarmi" gli disse,
quasi fosse uno dei suoi soldati che nulla di meglio aspettava che
ricevere
degli ordini. Elena sapeva che con lui sarebbe stato diverso, ma
l'atteggiamento che avrebbe ricevuto d'ora in
poi sarebbe stato quello.
"Non
vado via se non mi prometti di tornare con me" rispose lui. Faceva
per avvicinarsi, ma c'erano due guardie poco lontane da loro pronte ad
intervenire ad un solo gesto di Elena, gesto che sarebbe partito al
minimo
tocco.
"Non
conosco le donne che frequenti tu, ma stai certo che se pensi che
farò la
moglie che sta zitta e si mette a cuccia davanti a questo tipo di cose,
ti sbagli. Io sono il
Capitano qui, e posso restare in caserma quanto voglio. Ironia della
sorte
tornavo a casa solo per te, ma a quanto ho capito non è che
apprezzassi
molto..." commentò convertendo la rabbia in freddo sarcasmo.
Era
contenta di non aver da versare più neanche una lacrima. Non
aveva intenzione
di mostrargli quanto le ferite che le aveva inferto le dolevano senza
pietà.
"Ho
sbagliato! Lo so che ho sbagliato e capisco la tua rabbia, ma io sono
innamorato di te, solo di te, lo giuro! L'idea che tu rimanga qui
con... con
quello... mi fa impazzire, non lo sopporto" disse senza neanche
provare a trattenere le lacrime, stringendosi dei ciuffi di capelli
dentro ai
pugni.
Non c'era nessuna pietà
che smuovesse Elena davanti a quella scena. Il processo di autodifesa
era
completato, e il suo cuore si era chiuso a riccio, non avrebbe lasciato
passare
più nulla.
Al contrario, si infuriò.
"Dopo
quello che hai fatto osi dubitare della mia
fedeltà? Vai a casa, Francesco, o
sarò costretta a prendere provvedimenti" minacciò
con seria determinazione.
"Sei
mia moglie..." solo udire quella parola che solo fino al giorno
prima la riempiva di orgoglio, era come punzecchiare un grosso felino
chiuso in
gabbia.
"Su
contratto, è vero, e la legge non mi consente di fare nulla
in proposito. Ma
non avrai altro da me. E ora, per l'ultima volta: vai via".
"Dovrai
farmi arrestare. Oppure lasciare che quello mi uccida..." era
altrettanto determinato. Per quanto
la riguardava, intanto, quella conversazione era già finita.
Di arrestarlo non
l'avrebbe fatto arrestare di certo, né tanto meno avrebbe
aizzato una nuova
rissa. Se voleva lasciarsi morire lì, aveva tutto il tempo
del mondo, tanto non
l'avrebbe fatto.
Non le interessava
più.
Si era
addormentata
piegata sulla scrivania del suo ufficio. La candela si era
già spenta da un bel
po', ma ormai era la debolissima luce rosa dell'alba ad entrare dalla
finestra,
senza però toccare il viso di Elena, che seduta dava le
spalle alla finestra.
Perciò continuava a dormire, per quanto non fosse la
posizione più comoda che
potesse assumere. Era finita tra le braccia di Morfeo solo da poche
ore, quando
un rumore sordo entrò nei suoi confusi sogni come un colpo
d'ascia.
Scattò in piedi
sfoderando d'istinto il coltello, come aveva imparato durante la
guerra. Ma il
solo rumore che seguì fu quello della sedia dove poco prima
stava dormendo che
cadde sul pavimento con un tonfo.
Sudata e affannata dallo
spavento si riprese dal torpore, e si guardò intorno alla
ricerca della fonte del rumore.
Il vetro della finestra
era stato infranto da un sasso che adesso giaceva sul pavimento.
Subito si affacciò dalla
finestra, ma non vide nessuno. Non che si aspettasse il contrario, ma
un po' ci
aveva sperato.
Dovette stropicciarsi gli
occhi prima di poter capire che la stranezza di quel sasso era dovuta
ad un
foglio di pergamena legato intorno ad esso con lo spago.
Stupita e ancora
scombussolata dalla sveglia poco gentile, lo prese e
districò il messaggio.
vi aspetto questa notte
al dodicesimo rintocco all'entrata del campanile.
Vi consiglio di venire. Da sola. Voi non avete da
temere con me.
La sfregiata"
Lo rilesse più di una
volta per essere sicura di non essere ancora in mezzo ai sogni.
Infine si
convinse che quel messaggio era arrivato veramente e che la
persona che
stavano disperatamente cercando da giorni, le aveva appena dato un
appuntamento
per quella notte stessa.
La sfregiata... lo
sapevo! Era una donna! Ormai non poteva essere altrimenti, aveva ufficialmente
eliminato anche il
beneficio del dubbio. E aveva avuto ragione anche a proposito della
firma dei
delitti. Non si sarebbe stupita di vedere un taglio uguale a quello
delle
vittime sulla sua faccia.
E a questo proposito...
che aveva intenzione di fare?
Quella donna aveva già
ucciso tre persone, o almeno quello era il numero di cui erano a
conoscenza.
Non sarebbe stato di certo un appuntamento per bere una tisana. Che
cosa voleva
da lei? Perché farsi vedere? Perché rendersi
tanto evidente al Capitano della
polizia, tra l'altro? Non erano tanto vicini a lei da poter costituire
un
pericolo, almeno per il momento.
La curiosità era alle
stelle ma... sarebbe andata davvero da sola? Avrebbe potuto essere
veramente
pericoloso.
"Capitano!"
esclamò il Maresciallo precipitatosi nel suo ufficio. "Ho
sentito dei rumori! State bene? Che cosa è successo??".
Elena gli
diede un solo sguardo, il Maresciallo aveva il suo stesso aspetto di
chi è stato buttato giù
dal letto con la forza. Poi tornò a guardare dalla finestra.
Non la vedeva,
ovviamente, ma aveva quasi la sensazione che i suoi occhi le
ricambiassero lo
sguardo da qualche parte.
Si rigirava nelle mani il
sasso, sovrappensiero.
Dirlo al Maresciallo
voleva dire assicurarsi un segugio per quella notte...
"Qualche
vandalo annoiato..." mentì, stringendo il biglietto nel
pugno perché
non lo vedesse. "Nulla di cui preoccuparsi" disse
infine.
Le ultime faccende della
sua vita le avevano iniettato nelle vene uno sprezzo del pericolo che,
sebbene
avesse normalmente coraggio da vendere, non ricordava di aver mai avuto.
Non aveva bisogno della
protezione di nessuno.
E se anche quella donna avesse avuto intenzione di
ucciderla, si sarebbe difendesa da sola. Avrebbe trovato pane per i
suoi
denti. Una lezione che tutti avrebbero dovuto imparare.