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Autore: Roxar    02/04/2013    8 recensioni
Lui sa che lei non sa.
«Orsù, compari, dovrete convenire con me che gli scrittori avevano un certo culo nelle faccende amorose».
Lei non sa che lui sa.
«Chi mai potrebbe mandarti questi telegrafici post-it anonimi, Lily? Sicura che non sia una trovata di “Vanity Witch”?»
Lui sa e non ci sta.
«Violeresti la legge numero 15: Uso improprio dei gufi».
Lui sa ma non ce la fa.
«Compare, tu stai cercando di dirmi che tenterai di conquistare la Bertuccia con biglietti anonimi? Ti prego, ti prego, lasciami qui a morire dal ridere fino a che non mi si torceranno le budella in gola».
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Dal capitolo 2: PS: La tua fantasia è come te: imbarazzante.
Dal capitolo 4: «Il prezzo. Ho scordato di staccare il cartellino col prezzo dal regalo per Evans».
Dal capitolo 5: Da quel giorno, la sessualità di Sirius Black venne ampiamente messa in discussione.
Dal capitolo 8: «Puoi evitare di svenire? Ho bisogno di conforto».
Dal capitolo 9: «Vuoi complimentarti per la mia ragazza-procione?»
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wolfstar'
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17. Capitolo XVI.

Gli imbrogli (smascherati) di Mary Macdonald e i suoi bruschi cambi di rotta. Che diavolo succede?

 

 

 

 

Le segrete sotto le segrete erano ripugnanti, umide e buie.

Lì per lì, Sirius aveva pensato ad uno scherzo. Insomma, aveva anche commesso una cazzata o due, ma non poteva credere di essere stato destinato ad una sorte simile.

Quando però Gazza l’aveva sospinto oltre la porta di ferro scuro e ammantata di ragnatele, l’orrore l’aveva invaso.

 

«Stai scherzando?!» aveva sbottato contro Gazza, il quale gli aveva scoccato un’occhiata di puro veleno.

 

«Ordini dall’alto, Black» aveva replicato, mellifluo e maligno, estremamente compiaciuto di trovarsi laggiù; Gazza era un vecchio pipistrello, era naturale che si trovasse a suo agio nel suo habitat naturale.

 

«E cosa dovrei fare?»

 

«Pulire, tirarle a lucido. Tieni» gli sbatté sul petto secchio e scopa, comunicandogli poi che sarebbe tornato a riprenderlo tra un paio d’ore.

Arrancò sulle gambe malferme e si chiuse dietro la porta, che stridette orribilmente, come se un gatto fosse incappato tra i cardini e lì morto.

 

«Oh, porca...» Sirius fece per prendere la bacchetta, salvo poi ricordare che la McGranitt gliel’aveva confiscata la mattina prima, sostenendo che gli sarebbe stata restituita solo durante le lezioni che ne necessitavano l’uso.

 

Una candela splendeva, lontana e debole. Sirius arrancò nel buio e si immobilizzò quando un qualcosa passò sui suoi piedi, scappando via.

Si passò il polso sulla fronte, imponendosi la calma.

Era stupido aver paura di quel luogo; non c’era assolutamente nulla laggiù, a parte lui.

Afferrò la candela, dopo averla finalmente raggiunta, e tramite quella riuscì ad accendere le altre.

 

Il luogo era ancora più spaventoso di come era apparso nella fioca penombra.

Grossi Gargoyle di pietra spuntavano dal soffitto, come pipistrelli ancorati ai mattoni.

I loro musi erano terrificanti e gli occhi ammiccavano, rossi e cupi.

 

Pietre. Sono solo pietre. Rubini o roba del genere.

 

Poi, qualcosa lo travolse, scaraventandolo sul pavimento. Una risata stridula echeggiò.

 

«Pix!» strillò, infuriato, rialzandosi in piedi solo per venire nuovamente abbattuto.

Uno dei canini inferiori squarciò il labbro e il naso scricchiolò dolorosamente prima di rompersi e inondargli la faccia di sangue.

 

Pix rise ancora. Era risaputo che il poltergeist odiasse Sirius. Era stato odio a prima vista, sin da quando un Sirius allora bambino aveva varcato la soglia della Sala d’Ingresso.

Ma l’entità non si era mai spinta a tanto, non quando c’erano stati tanti occhi a guardarlo e professori in agguato ovunque.

Sirius quasi rimpianse Kreacher, l’elfo domestico di casa Black. Quasi.

 

Pix lo caricò nuovamente e Sirius allungò istintivamente le mani in avanti, solo per sentire i palmi bruciare quando la pietra scabra li graffiò.

Si sentiva sporco di polvere e terra ovunque e la sua camicia, fino a poco fa bianca, era chiazzata di terra e sangue.

 

«Siriuccio Blackuccio non è più così bello e profumato» lo schernì, sghignazzando.

Poi decise di essersi divertito abbastanza; sfilò contro il muro e lì sparì.

 

Raccolse la scopa e il secchio – ormai vuoto – e iniziò a spazzare, costringendosi di tanto in tanto a fermarsi quando le mani bruciavano insopportabilmente.

Strinse i denti e continuò; prima avrebbe rimesso in ordine quella latrina, prima gli sarebbe toccato un altro compito, sperava, migliore.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

L’occhio di James era visibilmente gonfio e visibilmente nero quando rientrò in Sala Comune.

Remus e Peter gli corsero incontro, allarmati.

 

«Non è niente, smettetela; Monique mi ha colpito accidentalmente con la mazza, passerà» spiegò, liquidandoli entrambi.

Si guardò attorno, intenzionato a parlare con Lily (e assicurarsi che non avesse cambiato idea), quando qualcuno gli andò incontro, domandogli di seguirlo fuori.

 

«Ho bisogno di parlarti» disse l’interlocutore, incamminandosi verso il buco del ritratto. Perplesso, James seguì la persona che gli camminava davanti, superò il buco e rimase in attesa.

 

«So che domani uscirai con Lily».

 

«Sì, e allora?»

 

«Ti sta solo prendendo in giro, Potter. Davvero, io non avrei mai voluto dirtelo, ma... lo fa per mettersi a posto la coscienza, così da non avere rimorsi quando uscirete di qui. L’ho sentita che ne parlava con Marlene ed Alice. Non ha alcuna intenzione di frequentarti o diventare la tua ragazza; a dire il vero, non è certo nemmeno che voglia esserti amica. Insomma, tu la conosci, no? Ti ha sempre disprezzato, perché mai dovrebbe essere diverso, ora?»

 

James indietreggiò come se fosse stato preso a pugni.

 

«Cosa stai dicendo? Lei non farebbe mai una cosa del genere; è troppo... onesta».

 

L’interlocutore rise.

 

«Ah, come la conosci poco!»

Gli batté una pacca sul petto e tornò in Sala Comune.

 

 

 


°        °        °

 

 

 

 

«Possiamo parlare?»

 

Lily alzò gli occhi dal tema che stava scrivendo. Era l’ultima persona con cui desiderava parlare.

 

«Cosa vuoi?»

 

«Potter ti sta prendendo in giro. Sabato uscirà con te, ma prima era negli spogliatoi a baciare una di Corvonero. Non ho idea di chi fosse, ma era molto preso».

 

Fu come se le avessero gettato addosso una secchiata di acqua gelida, seguita da una bollente.

Il pensiero volò a Stephanie. Che era di Corvonero. Possibile?

 

«Non mi importa. Non lo devo mica sposare» replicò sulla difensiva, tornando al suo tema.

Quando sollevò gli occhi, la persona era già scomparsa.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Era troppo stanco e troppo affamato per andare in Dormitorio, lavarsi e scendere a cena.

Il naso aveva smesso di sanguinare – dopo che vi aveva premuto sopra un lembo di camicia – ma doleva oltre l’umana sopportazione; il labbro inferiore era gonfio e livido; le mani erano solcate da graffi frastagliati e rossi.

Non era uno spettacolo gradevole, ma non era dell’umore adatto per curarsi degli altri.

 

Quando entrò in Sala Grande, però, tutti si zittirono.

Ignorandoli, prese posto accanto a James, la cui forchetta cadde e tintinnò nel piatto.

Lo fissava a bocca aperta; poi, quando rinvenne, ispirò bruscamente.

 

«Chi?» ringhiò, alzandosi e lanciando occhiate di fuoco per tutta la sala.

Sirius lo tirò giù.

 

«Pix. Si è divertito per bene. È tutto sangue, non stare lì a preoccuparti, sto benone» disse, servendosi una generosa porzione di pasta al sugo, un piatto insolito ma che adorava.

 

«Devi andare in Infermeria» consigliò Peter, timidamente.

 

«Dopo», lo liquidò, «adesso ho fame e voglio mangiare».

 

Lentamente, gli studenti ripresero a chiacchierare quando i professori comparvero in Sala, sedendo ai loro posti.

Sirius si nascose dietro a James, ingobbendosi. Non desiderava la loro attenzione e neppure le loro domande.

 

«Senti», iniziò James, scoccando una rapida occhiata a Remus, che, pallido, era sul punto di vomitare, «non ho avuto modo di chiedertelo, ieri: Remus è venuto da te, al campo?»

 

Sirius lo fissò perplesso, quindi negò.

James fissò nuovamente Remus, con aperta ostilità, borbottando un “idiota”.

 

«Allora, le segrete sono pulite come le avevo lasciate?» domandò, ricordando la punizione scontata con Lily.

Lo stomaco si contrasse. “Ti sta prendendo in giro. Ah, come la conosci poco!”.

Non pensarci adesso. Domani, rimandalo a domani.

 

«Non sono quelle segrete; sono quelle sotto» farfugliò, la bocca piena di pasta.

 

«Uhm. Ti sono vicino, amico».

 

«Disse quello che ha scontato la pena in Biblioteca» lo redarguì, scrollandosi di dosso la sua mano. James rise.

 

«Hai finito?» domandò.

 

«Sì, adesso sì» rispose, posando la forchetta nel piatto.

James batté le mani e si alzò. Poi ordinò a Remus di fare lo stesso, ignorando il fatto che il ragazzo avesse ancora il piatto mezzo pieno e la forchetta in mano.

 

«Ti accompagniamo in Infermeria» spiegò.

 

«Sei la mia dannata balia?»

 

«Muovi il culo» replicò, trascinandolo in piedi.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

«Chi ti ha conciato così?» domandò aspramente Madama Chips, le mani sui fianchi.

 

«Pix. Mi ha attaccato nelle segrete».

 

«Perché non ti sei difeso?»

 

«E come avrei potuto? Non ho più la bacchetta» spiegò, stringendosi nelle spalle.

La donna espirò rumorosamente, spingendolo sulla branda.

Iniziò ad armeggiare con pozioni e intrugli, borbottando tra sé.

Era indignata dal fatto che Silente avesse riservato ad un ragazzo una punizione così squallida.

 

«Mandarti laggiù, in quel luogo infestato di topi e Merlino solo sa cos’altro. E senza bacchetta, per giunta! Io non lo capisco, non lo capisco» ripeteva in continuazione, mentre imbeveva un fazzoletto di cotone di una strana cosa blu e maleodorante, passandola quindi sul labbro di Sirius... che balzò in piedi e gridò come una ragazzina, gli occhi pieni di lacrime.

 

«Torna qui, Black; una volta il Vaiolo di Drago si contraeva così, sai? E i draghi non c’entrano nulla, credimi» lo spinse nuovamente sul letto e gli disse di stare fermo.


Bruciava come se la donna avesse acceso un fuoco sulla sua pelle. Era insopportabile; contrasse ogni muscolo a lui noto e trattenne lì il dolore, senza riuscirci granché.

Poi la porta si aprì e Remus lo distrasse per due meravigliosi, dolcissimi secondi.

Avrebbe potuto amarlo, in quel momento. Poi però il dolore tornò e si sentì di odiarlo.

 

«James è dovuto tornare indietro a fare non so cosa» spiegò tranquillo, sedendosi accanto a lui.

Sirius ne approfittò per stringergli il braccio e sfogare il dolore. Remus sopportò stoicamente, sorridendo a nessuno in particolare.

 

«Come sta, Madama Chips?»

 

Il malumore della donna affiorò nuovamente.

 

«Bene; finora nessun taglio ha schiumato, questo è un buon segno. Ma Silente... non si rende conto... bah».

Tamponò il fazzoletto su ogni singolo graffio alla mano sinistra e Sirius si sentì sul punto di svenire.

Quella immotivata tortura si protrasse per altri dieci, estenuanti, brucianti minuti, poi Sirius non fu più capace di tollerare alcun tocco.

Spinse via Remus, si distese sul letto e premette un braccio sugli occhi.

Stava ascoltando Remus e Madama Chips discutere; seguì un breve silenzio e quando tolse il braccio incontrò l’espressione turbata e accigliata della McGranitt.

Allora capì che  doveva essersi addormentato, giacché non ricordava affatto l’ingresso della donna.

 

«Non andrai più laggiù» esordì lei, spingendo sul naso gli occhialetti tondi.


Sirius annuì pensosamente, domandandosi quindi cosa avrebbe fatto, dal giorno seguente sino alla fine dell’anno.

 

«E quindi?»

 

«Trascorrerai il tempo nelle cucine; ti occuperai di lavare i piatti e spazzare il pavimento. E, ah, non provare neppure  a chiedere aiuto agli elfi» snocciolò velocemente, dirigendosi alla porta.

Non gli concesse neppure il tempo di replicare; non che ce ne fosse ragione, comunque. Cucine erano sinonimo di cibo a scrocco, gustoso, delizioso cibo a scrocco. Andava più che bene, in effetti, e per la prima volta in sette anni si ritrovò ad essere grato a Pix.

 

«Dov’è Remus? E James?»

 

«I tuoi compagni sono in Dormitorio».

 

«Bene, me ne vado anch’io, allora». Fece per alzarsi, ma Madama Chips lo spinse nuovamente giù, sostenendo che avrebbe trascorrere la notte lì: non si fidava a non averlo sott’occhio ed era risaputo che la notte era sempre il momento più critico dopo un incidente.

Sirius protestò tanto e a lungo e alla fine gettò la spugna.

Si spogliò, tirò via le coperte e affondò la faccia nel cuscino.

 

 

 

°        °        °

 

 

 

James Potter si attardò in Sala Comune, quella notte.

Aveva provato a dormire, ma era finito con il rigirarsi continuamente da una parte all’altra, fino a che Peter e Frank non l’avevano preso e gettato fuori di peso. Letteralmente.

Era stato molto sgarbato e insensibile, da parte loro.

Così, offeso e irritato, si sdraiò sulla poltroncina (per quanto può sembrare strano ai lettori, è proprio quello che fece) e, le gambe penzoloni, osservò annoiato il fuoco consumarsi e assottigliarsi, riducendosi ad una manciata di braci ardenti.

La pendola si animò con inopportuna vivacità, battendo dodici, squillanti colpi. Mezzanotte. Sabato.

Un fremito di agitazione lo attraversò, trascinando con sé il ricordo delle parole dell’inaspettato interlocutore. E così, Lily stava solo pulendosi la coscienza così da non avere rimorsi una volta fuori da Hogwarts. Poco credibile. Conosceva Lily – be’, la intuiva – abbastanza da sapere che no, lei non avrebbe mai giocato a quel modo con una persona; l’ipocrisia era una componente estranea al suo essere, al suo carattere, alla sua persona, lo sapeva bene. Non una volta Lily aveva taciuto per sfogarsi poi alle spalle del diretto interessato; aveva sempre dato voce ai suoi pensieri, incurante dell’altrui pensiero o della possibilità di arrecare offesa. Lei era fatta così e in molti la detestavano, per questo. Perfino lui ci era cascato, nei primi tempi, associandosi ai più, considerando Lily non molto più di una ragazzina petulante e permalosa, sempre pronta a far polemica, sempre pronta a colpire di lingua ad ogni buona occasione. Solo in seguito si era ritrovato a desiderare che Lily lo colpisse di lingua, ma non nella maniera convenzionale. Pensiero poco carino, ma vero.

Ma sarebbe opportuno precisare che solo dopo si era ritrovato a desiderare Lily, punto. Anche questo, effettivamente, era un pensiero ancora meno carino.

Ma quali che fossero i suoi pensieri, di una cosa era assolutamente certo: Lily gli aveva proposto (Mio Merlino, non riesco ancora a crederci. Lei, lei mi ha chiesto di uscire! Ragazzi, facciamo un quantità di progressi!) di uscire insieme per il piacere di farlo, non per rimettersi in pari con la coscienza.

Stop. Tutto il resto, tutto quel che veniva detto, era nullo.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Capelli: in ordine.

Maglioncino rosso porpora: in ordine.

Colletto perfettamente stirato della camicia: in ordine.

Pantaloni neri risalenti ai tempi del quarto anno (Non ho più messo su un centimetro da quando avevo quattordici anni. Questo è male. Questo è preoccupante): in ordine.

Scarpe da ginnastica basse, comode e un po’ logore: in ordine.

Filo impercettibile di eyeliner: in ordine.

Lily ruotò di novanta gradi, osservando con aria critica il proprio profilo. Non aveva messo tutta quella cura per Potter, ma per se stessa, ovviamente. Ci teneva ad essere presentabile e in ordine, come sempre. Il fatto che l’attendesse il primo (e probabilmente ultimo) appuntamento con Potter non cambiava niente, non decideva niente, non contava niente. E il tenue senso di nervosismo che provava, come un peso fastidioso sullo stomaco, era dovuto solo ai suoi momentanei dissapori con Mary e Marlene, niente di più, niente di meno.

Logico e coerente. Andava tutto meravigliosamente bene.

 

«Ti fai bella per Potter?»

Sussultò quando intravide il riflesso di Mary nello specchio, comodamente abbandonata contro lo stipite della porta del bagno. Il suo viso era una maschera di finta innocenza. Di cattiveria mal celata.

Aveva un problema. Quale fosse o con chi, Lily non ne aveva idea.

 

«Ovviamente no. Sono sempre io, quella puntigliosa e polemica, ricordi?»

 

«Ti interessa Potter?» Il tono della sua voce lasciava sottintendere qualcos’altro, come una vaga minaccia o un vago risentimento.

Lily aggrottò la fronte.

 

«Ci sarebbe qualcosa di male, in tal caso?» domandò.

Il sorriso scivolò via dal viso di Mary mentre si faceva vicina, afferrandola per le spalle. La sua presa era insolitamente forte, come un tacito monito.

 

«Non fa per te. E tu non fai per lui. Lily, per Merlino, stiamo parlando di Potter, quello stesso Potter che ha rovinato i tuoi anni qui, quello che ha distrutto la tua amicizia con Pi—»

 

«Basta» sibilò Lily, scansandola bruscamente, «basta. Non sai di cosa stai parlando».

 

«Non ti riconosco più Lily. Sei un’altra persona» disse Mary, scuotendo la testa. Il dispiacere nei suoi occhi era quasi vero. Quasi.

 

«Allora siamo in due, Mary» ribatté, cantilenando quasi il suo nome, come per rievocare l’amica di sempre, invitarla a tornare. Ma la nuova Mary pareva insensibile alle sue frecciate e molto più sfacciata di quanto fosse stata la vecchia.

E tutto ciò, per Lily, avrebbe avuto anche coerenza se avesse colto l’anello mancante della catena di trasformazione. Cosa aveva scatenato la metamorfosi? E perché?

 

«Qual è il problema?» L’affrontò di petto, incrociando le braccia. Ma l’altra non aveva chiaramente voglia di affrontare l’argomento – quale che fosse – in quel momento, in quel giorno. Forse non l’avrebbe mai affrontato.

 

«Vai a divertirti, Lily; ma non ti ci appassionare molto, o toccherà a noi raccogliere i pezzi. Ricordati cosa ti aspetta e, soprattutto, chi». Osò perfino lasciarle un bacio sulla guancia, come per cancellare l’asprezza del suo tono. Quando Lily si voltò, di Mary non v’era più traccia.

Non le restò altro da fare che scoccare un’ultima occhiata al proprio riflesso – che adesso non la convinceva più – e raggiungere Potter in Sala d’Ingresso.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Stava ancora rimuginando sull’inspiegabile comportamento di Mary, ripromettendosi di parlarle quanto prima, quando scese l’ultimo gradino e vide James seduto su una panca, in attesa, con la testa rivolta al soffitto. Le palpebre erano immobili, il respiro lento, come se stesse dormendo. O pensando. James assorto era uno spettacolo affascinante.

Non c’era malizia sul suo viso e neppure la più piccola traccia della tristemente nota arroganza; era un volto serio di un diciassettenne serio che stava rimuginando su qualcosa di serio.

Lily si accorse del sorriso sulle sue labbra solo quando notò che lui si era alzato in piedi. Lo cancellò in un secondo scarso.

 

«Ciao» la salutò, dondolandosi sui talloni.

 

«Stai bene?»

 

James strinse il viso in un’espressione genuinamente perplessa, come perplesso era il suo sorriso.

«Certamente. Perché me lo domandi?»

 

«Ti ho visto pensieroso» replicò semplicemente, stringendosi nelle spalle, pentita d’averglielo domandato. Cosa le importava dei turbamenti di Potter? Erano affari suoi, dopotutto. E per lei era solo un conoscente, quasi un amico. Quasi.

 

«Ma dai? Lily Evans che mi fissa per capire cos’ho» gongolò, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. La malizia nei suoi occhi castano-verdi brillava inequivocabile.

Lily batté in ritirata, indossando la sua migliore maschera infastidita e guardinga.

 

«Non mettermi in bocca parole che non ho detto, Potter» lo avvertì, piegando un po’ la testa.

James sembrò sul punto di ribattere con qualcosa di molto arguto e molto malizioso, ma pareva proprio che il buon senso avesse prevalso, indirizzandolo al silenzio, limitandolo ad un sorriso compiaciuto.

 

«Rinfodera gli artigli, è una giornata troppo bella per litigare. Dai, andiamo» la esortò, offrendole il braccio. Lily fissò lui, quindi il suo braccio e, ignorando entrambi, si incamminò verso il portone, scoccando un cenno di saluto – per mera educazione, nient’altro – a Gazza, che fissava ogni studente con l’aria di uno che ha avuto una brutta, bruttissima giornata.

James la seguì – senza però profondersi nella stessa educazione – affiancandola, quasi ad ostentare che sì, finalmente James Potter e Lily Evans uscivano insieme.

Riuscì nell’intento, comunque: molte teste si voltarono per guardarli, parlottando fitto.

Lily finse di non notare alcun cambiamento e decise di instaurare una blanda forma di dialogo.

 

«Allora, che programmi abbiamo?» domandò, stringendosi nel cappotto. Ad occhi bassi poté notare le scarpe di Potter – quelle della divisa – impeccabilmente lucide ed inequivocabilmente nuove. Improvvisamente, provò imbarazzo per i propri vestiti e desiderò aver indossato qualcosa di più nuovo, di meno consunto.

A rafforzare le sue paranoie, un alone sbiadito all’altezza della coscia destra, manifestazione chiara di una stoffa lisa e prossima a lacerarsi.

Potter doveva aver detto qualcosa perché la stava chiamando insistentemente per avere una risposta.

 

«Evans? Evans, ehi?»

 

«Cosa?»

 

«Ti stavo dicendo che potremmo andare ai Tre Manici e da Mielandia, se ne hai voglia. Oppure possiamo fare quello che vuoi tu, per me non fa differenza» ripeté, stringendosi nelle spalle e rabbuiandosi all’improvviso. Lily aveva forse intenzione di ignorarlo per tutto il resto della giornata?

Davvero, io non avrei mai voluto dirtelo, ma... lo fa per mettersi a posto la coscienza, così da non avere rimorsi quando uscirete di qui.”

No, no. Era una menzogna, non doveva lanciarsi in congetture peraltro errate. Lily gli aveva domandato di uscire perché aveva piacere a trascorrere qualche ora con lui, non per lenire i morsi della coscienza.

 

«Oh, per me fa lo stesso; Hogsmeade mi annoia sempre allo stesso modo, a prescindere dai posti che scelgo di visitare» replicò distrattamente, stringendosi nelle spalle.

 

«Bene... bene» acconsentì scioccamente, con la sensazione che un grosso macigno gli fosse rotolato nello stomaco, appesantendolo, guastando i delicati meccanismi del corpo umano.

 

Nulla sarebbe andato come aveva incentivato: adesso ne era pienamente certo.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

Cose terribili stavano per accadere, cataclismi spaventosi stavano per abbattersi su Hogwarts, oscuri eventi erano acquattati nelle tenebre, pronti a ghermirli tutti.

E tutto questo perché James Potter era pentito. Pentito d’aver accettato l’invito. E non un invito qualsiasi, ma l’Invito, quello con la I maiuscola.

Insomma, come poteva essere altrimenti? Lily non aveva detto una parola che fosse stata una; si era limitata a trangugiare la sua Burrobirra, rigirandosi il boccale scintillante tra le dita con aria assente. Aveva tentato diversi approcci (quello serio, quello simpatico, quello malizioso, perfino quello sfrontato e provocante) ma Lily aveva retto il gioco per venticinque secondi o poco più, tuffandosi poi nel suo cauto silenzio.

James aveva dapprima finto che la cosa andasse bene, si era sforzato di mostrarsi a suo agio, ma poi aveva iniziato ad avvertire l’irritazione risalire dallo stomaco, accompagnata dal sempre più forte senso di imbarazzo e disagio. Da lì il passo era stato sorprendentemente breve per desiderare di trovarsi altrove, con chiunque altro, tranne che con quella versione slavata di Lily Evans.

Inutile precisare che avrebbe preferito litigarci – una sana litigata alla vecchia maniera – piuttosto che osservarla stare in religioso silenzio.

Sì, Lily era carina da fissare, ma per un tempo necessariamente breve; dopo, oltre a diventare inaspettata noiosa, tendeva a creare inconsapevolmente tensione e malessere.

E siccome James Potter non aveva mai vantato troppa pazienza – era piuttosto famoso per il contrario, invero – non si sorprese affatto quando sbuffò platealmente, passandosi le mani nei capelli.

 

«Senti, Evans, onestamente: se non volevi uscire con me, perché me l’hai chiesto? Per farmi contento?»

Lily si riscosse ed mostrò la decenza di arrossire imbarazzata.

 

«No, ovviamente no».

 

«Allora perché non avevi nient’altro da fare?»

 

«No!»

 

«Per compassione? Per pietà? Per togliermi finalmente dai piedi?»

 

«No! Ma per chi mi hai presa?!» squittì indignata, urtando involontariamente il suo boccale che schizzò liquido dappertutto.

 

«Sai, non mi è mai piaciuto litigare con te, mai. Ma adesso lo preferirei a questo silenzio annoiato e francamente imbarazzante» sbottò, frustrato e oltremodo deluso.

Questo era l’appuntamento dei suoi sogni... tramutato in incubo.

 

«Hai ragione. Hai veramente ragione, accidenti... Non sono affatto di compagnia, me ne rendo conto» disse, fissandolo dritto negli occhi, tanto intensamente che James si vide costretto a guardare altrove.

 

«È che...» sbuffò, scuotendo la testa.

 

«Che...? Parlamene».

Ci pensò su, mordicchiandosi la guancia. Poi ricordò come e quanto James si era fidato di lei, qualche giorno prima e si sentì in dovere di ricambiare la fiducia.

 

«Si tratta di Mary. È strana» aggiunse titubante, aggrottando la fronte.

 

«Mary? Macdonald?»

 

«Già».

James si rilassò contro lo schienale, concentrandosi attentamente su qualcosa.

 

«Cosa succede?»

 

«Non lo so, è questo il problema! Ci sto pensando e pensando e ripensando, ma non riesco a capire. È scostante, quasi arrogante, ha perfino tentato di convincermi a non uscire con te» buttò soprappensiero.

James sorrise come se avesse trovato la soluzione a qualche dilemma.

 

«Curioso, sai? Ha fatto lo stesso con me».

 

«Di cosa stai parlando?»

 

«Mi ha detto che avevi accettato di uscire con me solo per pulirti la coscienza, così da non avere rimorsi quando saremmo usciti da Hogwarts».

Lily doveva aver assunto un’espressione totalmente sgomenta e totalmente smarrita perché James si ritrovò improvvisamente a sorriderle di un sorriso rinfrancante.

 

«Ma tu non le hai creduto, vero?» domandò ansiosamente, incosciente d’averglielo chiesto ad alta voce. Quando lui le rispose, si sentì terribilmente in imbarazzo.

 

«No che non le ho creduto», sbuffò, «non posso certo dire di conoscerti bene, ma ti conosco abbastanza da sapere che questi giochetti non ti appassionano. Posso sapere cosa ti ha detto di me, invece?»

 

«Mah, niente... che in realtà ti interessavi ad altre, uhm, persone, che il tuo improvviso cambio di atteggiamento era solo finzione, cose così» tagliò corto, irritata e nervosa.

James, inaspettatamente, rise.

 

«È piuttosto evidente che mi conosce fin troppo poco» garantì, ritrovandosi a posare la mano su quella di lei.

 

 

 

 

 


  

  

 

NdA: 'giorno.

Come da me promesso, ecco il consueto aggiornamento settimanale.

È bene affrontare subito una questione un po' spinosa: questo è il penultimo aggiornamento. Il prossimo capitolo - che, prospetto, sarà piuttosto corposo e lungo - sarà l'ultimo. Questo per una serie di motivi e impedimenti che non sto qui ad elencarvi.

Dopotutto, questa storia doveva pur finire, prima o poi e io ho altri progetti su cui voglio focalizzarmi - per quel che mi è permesso, certo.

Comunque, non credo che questa volta mi lancerò nella classica introspezione di fine capitolo; facciamo un gioco: traete voi le vostre conclusioni, interpretate voi i dialoghi, i gesti e i fatti. Dopotutto, avete a che fare con questi personaggi da sedici capitoli, avete una certa competenza, ormai :)

Una cosa però devo dirla: Pix. Io ho sempre avuto questa bizzarra idea secondo cui lui e i Malandrini (Sirius in particolare) non andassero granché d'accordo. E poi, suvvia, non potevo lasciare quel povero ragazzo a marcire in quel luogo buio e infestato. L'espediente di Pix era per animare un po' la situazione, comunque, e per concedervi uno degli ultimi momenti Wolfstar. E poi, be', perché ne avevo voglia. XD

E il comportamento di Mary... è un piccolo mistero (che sarà svelato nel prossimo capitolo), ma sentitevi pure libere di rimuginarci su. :)

Non credo d'avere più niente da dire, quindi vi lascio alla mia risposta collettiva alle recensioni dello scorso capitolo, ringraziandovi tutte ancora una volta. :)

 

Risposta alle recensioni del quindicesimo capitolo:

Buongiorno, ragazze :)
Come avevo anticipato nell'ultimo capitolo, questa che state leggendo è una risposta collettiva; al momento è l'unico compromesso che sono riuscita a trovare con questa mancanza di tempo materiale che mi sta alquanto sul...lo stomaco.
Ciò detto, noto con piacere che per la maggiore avete preso le parti di Potter: ovviamente non c'è alcun bisogno di precisare che anche io mi unisco a voi.
Alcune di voi hanno espresso una forma di assolutamente giustificato malcontento verso Lily che, ahimé, è sempre la solita babbuina (o bertuccia, se preferite), altre hanno gridato all'alleluja: ebbene, sappiate che mi scindo, in questo caso, per parteggiare sia per un team che per l'altro.
Inoltre, avete anche espresso preoccupazione/ammirazione/indignazione (sì, Eleutera, qui mi rivolgo proprio a te) per Centonovantadue: permettetemi di rassicurarvi ancora una volta. E prometto solennemente di non abusare più di lui in questo modo, giurin giurello. *incrocia le dita dietro la schiena*
Vedo inoltre che tutte siete unanimi nella vostra solidarietà a Remus che, poretto, più cerca di risolvere le cose diplomaticamente più Sirius fraintende tutto. Un classico di questa fanfic.
E vedo anche che siete abbastanza concordi sul fatto che Sirius sia estremamente paranoico e che alcune di voi (Lucky, ad esempio, o Betabi) vorrebbero prenderlo sonoramente a sprangate: ebbene, sono solidale anche con voi.
Poi, per chi ha chiesto di Peter (Ginny e Elle), ebbene non è sparito (con mio sommo dispiacere) ma essendo un personaggio che mi sta tanto, ma proprio tanto sulle pokèballs tendo incosciamente (ma non poi tanto) a relegarlo ai margini e trattarlo quanto meno possibile. A torto, ne sono cosciente: prometto di ricordarmi di questo sprazzo di coerenza in futuro. :)
Invece, per quanto riguarda le giuste osservazioni esposte da March, io rispondo: hai ragione. Eccome se ne hai. Chi mi conosce sa che le long-fiction sono il mio punto debole, sa che io, oltre alle raccolte eterogenee, proprio non riesco ad andare. E sai perché, March? Perché perdo il controllo dei personaggi, dopo un certo numero di capitoli. Le osservazioni da te espresse circa Lily&Wolfstar mi erano balzate all'occhio ancor prima di stendere il quindicesimo capitolo. Ma, sapendo per esperienza che spesso rattoppare = pasticciare = distruggere, ho deciso di seguire la linea guida originale, apportando modifiche piccole ma non sostanziali. Come hai detto tu, la WS è tutta concentrata nel loro rapporto, nel loro vorrei-non vorrei-ma se vuoi; questa incompresione è probabilmente colpa mia, in quanto con "Wolfstar" ho sempre inteso Remus e Sirius come coppia ufficiale e dichiarata. Mea culpa. :)
Per la questione di Lily... è la stessa cosa della mia impossibilità nello gestire una LF. Nelle one-shot, io e lei andiamo meravigliosamente d'accordo, ma in questa... mi ci è voluto del tempo per riportarla in linea con le mie personalissime considerazioni sul personaggio e questo perché, in teoria, questa ff doveva terminare secoli fa, ma una cosa ha tirato l'altra e si è protratta sino ad oggi e, capiscimi, non potevo far mutare Lily da un capitolo all'altro, sarebbe stato poco... credibile? Probabilmente. Comunque, mi dispiace che Lily non ti sia sembrata Lily fino a questo momento; d'altra parte, però, ti sono vicina. Dopotutto, anche io ho faticato a gestire quella Lily, quella avanti-quindicesimo-capitolo. BTW, ti ringrazio per le osservazioni (vorrei riceverne più spesso, a dire il vero; nessuno è perfetto, io men che meno) che hanno confermato i dubbi che mi portavo dietro e che sono un ottimo spunto per lavorarci su. :3
Ultimo ma non meno importante, un caloroso benvenuto a Carolina e Giusy :)
Ne approfitto, inoltre, per ricordare ancora una volta che l'aggiornamento avverrà settimanalmente, ogni martedì, tempo e cose varie permettendo.
Vi saluto ragazze e perdonatemi ancora una volta, nella speranza che questa misera risposta collettiva possa andare comunque bene. :)
Alla prossima!
 

 

 

 

Passo e chiudo.

   
 
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